Cassazione Civile, sez. II°, 28/05/07 n. 12479

Pres. VELLA Antonio - Est. MAZZACANE Vincenzo - P.M. SGROI Carmelo
CONSOB (Commissione Nazionale per la Società e la Borsa) c/  T.E.

Vai al commento del Dott. Alessandro Colavolpe
 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso dell'11.12.1998 T.E. proponeva opposizione presso il Tribunale di Chiavari avverso la delibera del 21.10.1998 della Consob con la quale era stata disposta la sua sospensione per due mesi dall'albo dei promotori finanziari; il presupposto di tale sanzione risiedeva nella contestazione di aver compiuto numerose operazioni aventi per oggetto titoli azionari caratterizzate dall'essere state effettuate da una parte della clientela nelle stesse date, sugli stessi titoli, con gli stessi segni, spesso con i medesimi limiti di prezzo e, se ineseguite, poi riproposte con limiti di prezzo identici per tutti i clienti; tali fatti configuravano, ad avviso della Consob, l'esercizio abusivo di una gestione di fatto dei patrimoni dei clienti mediante operazioni aventi ad oggetto valori mobiliari in violazione delle norme che riservavano alle imprese di investimento, alle banche ed agli agenti di cambio l'attività di gestione dei patrimoni tramite operazioni aventi per oggetto valori mobiliari.

L'opponente sosteneva che le circostanze sopra enunciate non integravano un affidamento gestorio, posto che esse si spiegavano con la semplice considerazione che quei clienti avevano ritenuto di seguire i suggerimenti forniti dal promotore di fiducia.

Si costituiva in giudizio la Consob chiedendo il rigetto dell'opposizione in quanto infondata.

Interveniva poi in giudizio la S.p.a. Banca Fideuram aderendo alle domande del T..

Con sentenza del 24.1.2002 il Tribunale adito ha accolto il ricorso e, per l'effetto, ha annullato la delibera sopra menzionata della Consob ordinando la reiscrizione del T. nell'albo dei promotori finanziari.

Il Tribunale, premesso che al T. era stato addebitato il fatto di avere svolto attività di gestione di patrimoni senza esservi abilitato in base ad elementi meramente presuntivi, ha rilevato che, ai fini della configurabilità del concetto di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, occorreva, secondo il legislatore comunitario, l'esistenza di un mandato su base discrezionale; orbene nella fattispecie il T. non aveva ricevuto alcun mandato da parte dei suoi clienti, considerato che tutti gli ordini di effettuare operazioni in titoli portavano la sottoscrizione dei clienti stessi, i quali avevano poi dichiarato per iscritto di aver assunto in autonomia la decisione degli investimenti effettuati.

Per la cassazione di tale sentenza la Consob ha proposto un ricorso basato su di un unico motivo cui il T. e la Banca Fideuram hanno resistito con controricorso depositando successivamente una memoria.


MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l'unico motivo formulato la Consob, denunciando violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, artt. 31 e 196, del D.Lgs. 23 luglio 1996, n. 415, artt. 1, 17 e 18 e art. 1703 c.c., censura la sentenza impugnata per aver escluso la configurabilità degli estremi della gestione di portafogli di investimento nei comportamenti ascritti al T., essendo state effettuate le operazioni di investimento e di disinvestimento in esecuzione di un preventivo, diretto ed esplicito atto dispositivo del cliente, cosicchè il T. avrebbe svolto una attività di consulenza consentita ai promotori finanziari.

La ricorrente rileva che le operazioni svolte dal T. non possono essere qualificate come attività di consulenza, posto che quest'ultimo agiva non in modo omnicomprensivo, bensì avendo riguardo esclusivo ai prodotti ed ai servizi che aveva l'incarico di offrire in veste tutt'altro che neutrale.

La Consob inoltre afferma che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di Chiavari, il legislatore italiano ha delineato una definizione di gestione dei patrimoni diversa e più ampia di quella tracciata dalla direttiva comunitaria e comunque non in contrasto con quest'ultima, senza riferimento agli elementi del mandato e della discrezionalità.

La ricorrente aggiunge che, anche volendo interpretare la nozione di gestione introdotta dal legislatore italiano ritenendola coincidente con quella contenuta nella normativa comunitaria, la sentenza impugnata è comunque meritevole di censura per aver configurato, in modo non condivisibile, tanto il concetto di mandato quanto quello di discrezionalità; sotto un primo profilo, invero, per il legislatore comunitario sussiste un rapporto di mandato tra clienti e promotore ogni volta che intervenga un accordo gestorio consistente nell'affidamento da parte dell'investitore, di un patrimonio ad un soggetto affinchè quest'ultimo decida quale sia l'investimento mobiliare più appropriato per incrementare il patrimonio stesso; quanto poi alla discrezionalità, la ricorrente assume che essa attiene alle possibilità di investimento e di disinvestimento di strumenti finanziari in funzione della valorizzazione del patrimonio del cliente e non alla fase esecutiva delle operazioni, come sembra al contrario aver presupposto il Tribunale di Chiavari.

La Consob, infine, premessa la inevitabilità del ricorso ad elementi presuntivi nell'accertamento della violazione contestata, e rilevato che nella fattispecie un consistente gruppo di clienti aveva effettuato operazioni di conversione tra comparti del medesimo fondo comune di investimento caratterizzate da evidenti analogie (quali la loro tipologia in relazione al comparto di disinvestimento ed a quello di re investimento e la data di esecuzione), ritiene legittimo dedurre che i clienti del T. non avevano maturato autonomamente le decisioni di conversione, cosicchè era rimasto provato che quest'ultimo aveva svolto una attività sostanzialmente riconducibile ad un servizio di investimento riservato ad altri soggetti.

La censura è infondata.

La sentenza impugnata, dopo aver affermato che per la configurabilità di una gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, ai sensi della legislazione italiana attuativa della direttiva 93/22/CEE del 10.5.1993, occorreva l'esistenza di un mandato su base discrezionale, ha rilevato che nella fattispecie il T. non aveva ricevuto alcun mandato da parte dei suoi clienti, non ponendo in essere quindi alcuna attività di gestione riservata, essendo stato accertato che tutti gli ordini di effettuare operazioni in titoli portavano la sottoscrizione dei clienti stessi, i quali avevano poi dichiarato per iscritto di aver assunto in autonomia la decisione in ordine agli investimenti effettuati.

Orbene deve anzitutto condividersi la linea di demarcazione tracciata dalla sentenza impugnata, alla luce della normativa italiana di riferimento per differenziare la gestione su base individuale di portafogli di investimento, per conto di chi ha conferito il relativo incarico (con le conseguenti ricadute circa la valutazione dello svolgimento di una attività riservata ad altri soggetti autorizzati) da quella della mera consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari.

Invero il criterio decisivo a tali fini consiste nel verificare la sussistenza o meno di una autonoma decisione, da parte degli investitori, circa le diverse operazioni finanziarie intraprese e quindi, nell'ipotesi che tale elemento non ricorra, nell'accertare l'esistenza di un ampio e preventivo programma strategico di investimenti elaborati direttamente dal gestore, sulla base evidentemente di un pregresso conferimento di un incarico di carattere generale da parte del cliente; particolarmente significativi in tal senso sono il D.Lgs. n. 415 del 1996, art. 1, comma 3, che definisce servizi di investimento, tra gli altri, "la gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi", nonchè l'art. 20, comma 1, lettera b) del citato D.Lgs., dove è previsto che, nella gestione di tali portafogli, "il cliente può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere", posto che tali disposizioni richiamano necessariamente un rapporto di mandato che presuppone quindi un consenso preventivo per una serie imprecisata di operazioni in conformità della direttiva comunitaria 93/22.

Deve quindi aderirsi all'orientamento recente ma ormai consolidato di questa Corte, secondo cui tanto ai sensi del D.Lgs. 23 luglio 1996, n. 415, con cui è stata recepita la direttiva 93/22 CEE del 10.5.1993 relativa ai servizi di investimento sul settore dei valori mobiliari, quanto, ai sensi della L. 2 gennaio 1991, n. 1, si ha gestione patrimoniale ove siano presenti gli elementi del mandato e dello svolgimento su base discrezionale ed individualizzata, cosicchè, ove difettino tali elementi, si è al di fuori della gestione patrimoniale, rientrandosi nell'area, consentita ai promotori finanziari, della consulenza ed assistenza nelle attività decisionali del cliente (Cass. 20.3.2003 n. 4081; Cass. 2.7.2004 n. 12126; Cass. 12.4.2005 n. 7546).

Dalle esposte considerazioni discende altresì l'infondatezza della tesi della ricorrente, in ordine alla configurazione da parte del legislatore italiano di un concetto di "gestione" più ampio di quello delineato dalla direttiva comunitaria alla luce delle sopra richiamate disposizioni e del rilievo che il D.Lgs. n. 415 del 1996, è stato emanato proprio allo scopo di armonizzare l'ordinamento interno con la normativa comunitaria alla quale ha inteso dare attuazione.

Pertanto nella fattispecie, sulla base degli accertamenti compiuti dal Tribunale di Chiavari, circa la preventiva sottoscrizione da parte dei clienti di tutti gli ordini relativi alla effettuazione di operazioni in titoli, è evidente che non ricorre l'ipotesi di gestione di portafogli di investimento per conto di terzi, come correttamente ritenuto dalla sentenza impugnata.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Ricorrono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio, posto che le questioni di diritto sollevate dalla Consob non erano ancora state risolte in termini consolidati all'epoca di proposizione del ricorso dalla giurisprudenza di questa Corte.


P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese di giudizio.