L'azione di responsabilità promossa dal socio di S.r.l.

(commento al Decreto del Tribunale di Voghera del 01/10/2007 )

 

L'art. 2476, terzo comma, c.c. legittima ciascun socio, indipendentemente dalla sua partecipazione societaria, all'esercizio dell'azione di responsabilità contro gli amministratori. Per il tribunale di Voghera l'azione promossa dal socio di minoranza si configura come azione sociale nella quale il socio agisce come sostituto processuale ex art. 81 c.p.c. e la società è litisconsorte necessario.

 

Il decreto qui commentato affronta, anche se indirettamente, l'interessante tema riguardante l'azione di responsabilità promossa dal singolo socio contro gli amministratori di società a responsabilità limitata. In particolare, il decreto del presidente del tribunale di Voghera ha per oggetto la nomina di un curatore speciale ex art. 78 c.p.c. volto a rappresentare la società nell'azione di responsabilità contro l'amministratore unico promossa da un socio di minoranza ai sensi dell'art. 2476 c.c.; nomina resasi necessaria a causa di un evidente conflitto di interessi generato dal fatto che lo stesso soggetto assume la qualità di amministratore unico dell'ente litisconsorte e di titolare dell'interesse a contraddire.

E' noto che, in virtù di quanto disposto dall'art. 2476, primo comma, c.c., gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società per i danni arrecati alla società medesima a causa e per effetto dell'inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall'atto costitutivo. Tale responsabilità si configura come risarcitoria, di natura contrattuale, che grava solidalmente su tutti gli amministratori; anche se, in virtù di quanto disposto dall'art. 2476, primo comma, seconda parte, c.c. non si estende agli amministratori che dimostrino di essere esenti da colpa o comunque abbiano fatto constatare il proprio dissenso.

Sul punto, tuttavia, l'art. 2476 c.c., a differenza di quanto previsto per le s.p.a. dall'art. 2392, terzo comma, c.c., non indica adempimenti tipici per la segnalazione del dissenso, con la conseguenza che dovrà essere seguito il principio generale della idoneità dell'atto alla scopo, che è quello di informare tempestivamente tutti i componenti dell'organo amministrativo e l'organo di controllo, qualora esistente, dell'operazione dannosa attraverso comunicazioni scritte delle quali si possa dimostrare l'avvenuta ricezione. L'art. 2476, primo comma, c.c. stabilisce, pertanto, un'inversione dell'onere della prova imponendo, altresì, implicitamente, in capo a ciascun amministratore, un dovere di diligente vigilanza sull'operato degli amministratori, in generale, e sulla condotta degli altri amministratori, in particolare.

L'elemento maggiormente innovativo in materia introdotto dalla riforma del diritto societario è senza dubbio rappresentato dalla legittimazione attiva all'azione di responsabilità contro gli amministratori concessa a ciascun socio, indipendentemente dalla quota di partecipazione al capitale sociale (art. 2476, terzo comma, c.c.).

Il riferimento generico a "ciascun socio" contenuto al terzo comma del suddetto articolo quale soggetto legittimato attivo all'esercizio dell'azione di responsabilità induce a ritenere che detta legittimazione spetti sia al socio amministratore, sia al socio che non partecipa all'amministrazione, rimanendo in tal modo coperta anche l'ipotesi in cui tutti i soci partecipino all'amministrazione della società. In caso contrario, infatti, il legislatore avrebbe adottato la terminologia utilizzata al secondo comma del medesimo articolo laddove si circoscrive il diritto di controllo ai soci "che non partecipano all'amministrazione".

La ratio della legittimazione individuale è da rinvenirsi - come chiarito nella relazione al D. Lgs. 6/2003 - nella più accentuata rilevanza contrattuale delle persone dei soci. E' noto, infatti, che la "nuova" società a responsabilità limitata si presenta come un modello societario del tutto autonomo e non interferente con la società per azioni, caratterizzata da una propria disciplina che pone in risalto la figura del socio ed i rapporti contrattuali tra i soci medesimi.

La possibilità concessa al singolo socio di promuovere azione di responsabilità contro gli amministratori si inserisce nel contesto delle misure poste a tutela del socio di minoranza legittimato, sempre secondo quanto disposto dall'art. 2476 c.c., sia ad esercitare il diritto di controllo sull'operato degli amministratori (secondo comma), sia a chiedere che sia adottato un provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi (terzo comma).

In merito al primo aspetto, al singolo socio - che non partecipa all'amministrazione della società - è riconosciuto, quale corollario al diritto ad esercitare individualmente l'azione di responsabilità, il diritto ad avere notizie dall'organo amministrativo in merito allo svolgimento degli affari sociali ed a consultare, anche con l'ausilio di professionisti di fiducia, la documentazione della società. In tale ottica, il diritto di informazione e quello di consultazione sono stati considerati strumentali rispetto all'esercizio dell'azione di responsabilità, poiché attribuiscono al socio uti singulus i poteri istruttori necessari per realizzare un controllo penetrante sulla gestione sociale e tutelarsi, quindi, nei confronti dell'operato dei soci di maggioranza e degli amministratori.

Con riferimento al secondo aspetto, preme segnalare che il singolo socio non ha un indiscriminato potere di revocare gli amministratori, competendo la decisione relativa al giudice, chiamato a prendere un provvedimento cautelare in presenza di gravi irregolarità. Su questo punto, il decreto in esame chiarisce che la scelta di promuovere l'azione di responsabilità e non anche di richiedere un provvedimento cautelare è rimessa al socio e non è sindacabile in sede giudiziaria.

L'azione di responsabilità promossa dal socio di minoranza, tuttavia, non può qualificarsi come azione surrogatoria, non essendo il socio qualificabile come creditore della società, bensì come azione autonoma, esercitata dal socio in nome proprio e nell'interesse della società, titolare effettiva del diritto fatto valere in giudizio (Trib. Roma 21 maggio 2007, n. 10199; Trib. Milano 13 gennaio 2005, decr. e Trib. Torino 11 gennaio 2005, entrambe in Giur.it, 2005, 523 ss.; Trib. Piacenza 23 agosto 2004, ord., in Corriere del merito, I, 2005, 27). Società e socio, infatti, hanno una legittimazione concorrente e disgiuntiva in ordine alla medesima azione di responsabilità.

Da ciò consegue, come peraltro sostenuto nel decreto qui commentato, che l'azione individuale ha natura derivativa, collocandosi tra quelle forme di sostituzione processuale di cui all'art. 81 c.p.c., secondo cui "fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo un diritto altrui" (in senso conforme, Trib. Milano 21 dicembre 2005, ord., in Le Società , 2007, 193 ss. Contra, Trib. Milano 4 maggio 2005, ord., in Giur. it., 2005, 1653 ss., che ha ritenuto pleonastica la citazione e la costituzione in giudizio della società).

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Autore: Dott. Daniele Fico - tratto da "Il Quotidiano Giuridico" - 29/11/2007