IL  CONSORZIO

 

(Vai al "Codice commentato delle nuove Società"  artt. 2609, 2614 e 1615 cod. civ.)

 

 

Indice:

Fonti normative
Definizione e caratteri generali
Le parti
Scopi consortili. Consorzi interni e consorzi con attività esterna
Forma
Oggetto
Obblighi consortili
Contributi consortili
Organi consortili
Pubblicità
Fondo consortile e regime di responsabilità verso i terzi
Variazione delle persone dei consorziati
Scioglimento

 

Fonti normative

La disciplina generale dei consorzi tra imprenditori per il coordinamento della produzione e degli scambi è contenuta nel Libro V, titolo X, capo II, artt. 2602 e seguenti del Codice civile.

Nella legislazione speciale va segnalata soprattutto la normativa di agevolazione e sostegno per i consorzi fra imprese minori: legge 21-5-1981, n. 240 "Provvidenze a favore dei consorzi e delle società consortili tra piccole e medie imprese nonché delle società consortili miste" (che ha sostituito la precedente legge 30-4-1976, n. 374); legge 21-2-1989, n. 83 "Interventi di sostegno per i consorzi tra piccole e medie imprese industriali, commerciali ed artigiane"; legge 5-10-1991, n. 317 "Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese"; legge 16-2-1993, n. 38 "Conversione in legge del d.l. 19-12-1992, n. 490 , recante interventi di sostegno in favore dei consorzi per l'esportazione fra piccole e medie imprese".

Numerose disposizioni di legge extracodicistiche - che saranno richiamate di volta in volta nel testo - si riferiscono, poi, a particolari fattispecie di consorzi tra imprenditori.

 

Definizione e caratteri generali

La definizione legislativa dell' art. 2602, Codice civile , individua tre elementi rilevanti ai fini della qualificazione della nostra figura: a) le parti, che devono essere (due o) più imprenditori ( art. 2082, Codice civile ); b) l'organizzazione comune; c) la disciplina o lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.

 

Le parti

Riguardo alle parti, può trattarsi di imprenditori agricoli ( art. 2135, Codice civile ) o commerciali ( art. 2195, Codice civile ) di imprenditori piccoli o normali, secondo la suddivisione codicistica ( art. 2083, Codice civile ) o di altre dimensioni, rilevanti secondo leggi speciali, come, ad esempio, piccole e medie imprese (rectius: imprese minori).

In taluni casi la legge (art. 19, secondo comma, legge 19-8-1977, n. 675; art. 6, terzo comma, legge 8-8-1985, n. 443 ) ammette la partecipazione ai consorzi di soggetti non imprenditori (come, ad esempio, le Regioni, le Camere di Commercio, le Associazioni di industriali, le Università) che intervengono in funzione di sostegno finanziario (cc.dd. consorzi misti).

 

Scopi consortili. Consorzi interni e consorzi con attività esterna

L'art. 2602 non precisa quale debba essere lo scopo ultimo dei consorziati.

Anteriormente alla riforma della disciplina codicistica dei consorzi, attuata con la legge 10-5-1976, n. 377, si riteneva, per lo più, che la causa del contratto fosse la regolamentazione della concorrenza tra i partecipanti ( art. 2602 , vecchio testo).

Ora, invece, gli scopi consortili possono essere molteplici e la loro individuazione nel caso concreto dipende dalla posizione, concorrenziale o meno, dei contraenti e dall'oggetto del contratto.

Al riguardo occorre premettere che la definizione dell' art. 2602 comprende due sottospecie di consorzi: i consorzi interni e quelli con attività esterna. Nei primi l'organizzazione comune creata con il contratto si limita a disciplinare, a controllare, a coordinare l'attività dei singoli imprenditori consorziati che, però, continuano a svolgere individualmente tutte le fasi del ciclo economico. Nei secondi, invece, si programma lo svolgimento in comune di una o più (ma non di tutte) le fasi delle imprese partecipanti (fasi che, prima della stipulazione del contratto, le imprese consorziate svolgevano individualmente o non svolgevano affatto).

Le fasi del ciclo produttivo da svolgere in comune possono essere, ad esempio: l'acquisto di beni strumentali; di materie prime; di semilavorati; la distribuzione; la pubblicità; la contabilità; la depurazione degli scarichi; la prestazione di garanzie creditizie, ecc. Un'elencazione non tassativa di queste fasi è contenuta nell' art. 6, legge 21-5-1981, n. 240 .

Poiché l'oggetto del consorzio con attività esterna è la gestione di un servizio, ne consegue lo svolgimento di attività con terzi, in relazione alla quale il legislatore prevede una disciplina particolare ( artt. 2612 e segg. Codice civile ), che integra quella generale applicabile a tutti i consorzi ( artt. 2603 - 2611, Codice civile ).

In relazione alla diversità dell'oggetto si profila la gamma dei possibili scopi perseguibili dai consorziati.

Nei consorzi con attività esterna, se gli imprenditori non sono in rapporto di concorrenza, lo scopo ultimo dei consorziati è solo l'acquisizione di un beneficio mutualistico, cioè di un risparmio di costo, che si produce in capo alle singole imprese consorziate come conseguenza della concreta fruizione del servizio svolto dal consorzio. Ciò consente alle imprese consorziate di evitare il maggior costo (dell'acquisto della materia prima o della distribuzione o della pubblicità o della ricerca o del credito, ecc.) che esse avrebbero dovuto sopportare ove avessero svolto individualmente tali fasi, rivolgendosi al mercato. La realizzazione di questo risparmio in capo alle singole imprese consorziate presuppone, quindi, che l'attività economica svolta dal consorzio non miri al conseguimento di un profitto in capo al patrimonio consortile e, conseguentemente, il servizio venga fatto pagare ai consorziati tendenzialmente al prezzo di costo.

Sotto questo profilo il consorzio con attività esterna presenta spiccate analogie funzionali con altre figure mutualistiche ed, in primis, con la cooperativa.

Se gli imprenditori sono, invece, in rapporto di concorrenza, accanto allo scopo mutualistico può realizzarsi anche uno scopo di regolamentazione della concorrenza in relazione alla fase del ciclo economico svolta in comune attraverso il consorzio. Lo scopo di regolamentazione della concorrenza caratterizza, per lo più, anche i consorzi meramente interni.

Poiché il legislatore non richiede che lo scopo consortile venga indicato nel contratto ( art. 2603, Codice civile ) le parti non sempre lo specificano limitandosi a segnalare, in negativo, che il consorzio non ha scopi di lucro; ciò per evitare confusione, evidenziando la differenza causale con altre figure associative, come la società, che pure sono caratterizzate dallo svolgimento in comune di attività economica.

Tuttavia, l'individuazione del concreto scopo consortile può essere rilevante in ordine alla disciplina applicabile: non tanto in ordine alla disciplina del Codice civile che, in linea di principio, si applica indistintamente a tutti i consorzi riconducibili all' art. 2602, Codice civile , e, quindi, prescinde dallo scopo ultimo dei consorziati, quanto in ordine alla disciplina che riguarda e, in certa misura, reprime le intese restrittive della libertà di concorrenza sancendone la nullità ( art. 2, legge 10-10-1990, n. 287 ).

 

Forma

Il contratto di consorzio deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità ( art. 2603, primo comma, Codice civile ). Non è necessario l'atto pubblico ma può bastare la scrittura privata. In quest' ultimo caso, nei consorzi con attività esterna, le sottoscrizioni dovranno essere autenticate al fine di poter procedere all'iscrizione dell'estratto (o del contratto) ex art. 2612 , Codice civile (v. l' art. 108, disp. att., Codice civile , in relazione all' art. 2296, Codice civile ).

 

Oggetto

Per quanto riguarda il contenuto del contratto, l'unica indicazione sicuramente e sempre essenziale è quella dell'oggetto.

Il contratto dovrà quindi specificare in che cosa consiste la disciplina o il coordinamento dell'attività dei consorziati (nei consorzi interni) o di quali fasi delle imprese consorziate assume lo svolgimento il consorzio (nei consorzi con attività esterna).

Va segnalato che alla previsione di determinati oggetti consortili si riferiscono talune disposizioni di legge. Così, ad esempio, in materia di appalto, consorzi possono essere costituiti sia per la fase dell'assunzione dell'appalto (legge 25-6-1909, n. 422; regolamento 12-2-1911, n. 278; art. 27 bis, DLgsCPS 14-12-1947, n. 1577 ; art. 6, lett. f), legge 21-5-1981, n. 240 ; art. 6, primo comma, legge 17-2-1987, n. 80) sia per la fase dell'esecuzione (art. 6, secondo comma, legge 17-2-1987, n. 80). Ai consorzi-fidi - che hanno per scopo di agevolare l'accesso al credito da parte degli imprenditori consorziati, consentendo loro di ottenere dalle banche tassi di interesse meno elevati e, più in generale, condizioni contrattuali più favorevoli di quelle che avrebbero potuto spuntare individualmente - si riferiscono l' art. 19, legge 12-8-1977, n. 675 , e gli artt. 6, lett. o) e 12 della legge 21-5-1981, n. 240 .

 

Obblighi consortili

A parte l'obbligo dei consorziati di consentire il controllo e le ispezioni da parte degli organi previsti dal contratto, al fine di accertare l'esatto adempimento delle obbligazioni assunte, obbligo che deriva dalla legge ( art. 2605, Codice civile ), e sussiste, perciò, anche nel silenzio del contratto, la previsione contrattuale di altri obblighi consortili ( art. 2603, secondo comma, n. 3 ) non deve ritenersi sempre necessaria. Lo sarà nei consorzi con funzione di regolamentazione della concorrenza e lo potrebbe essere anche nei consorzi (con attività esterna) con funzione prevalentemente mutualistica (ove, ad esempio, lo imponga l'esigenza di garantire l'economicità dell'impresa consortile, esigenza la cui soddisfazione potrebbe dipendere da un'utilizzazione minimale del servizio consortile da parte dei consorziati).

Gli obblighi possono configurarsi o come obblighi positivi, cioè di contrarre con (o attraverso) il consorzio oppure come obblighi negativi, cioè di astenersi dal contrarre con imprese che offrono il medesimo servizio fornito dal consorzio. Se nel contratto non è contenuta alcuna previsione al riguardo, nessun obbligo nè positivo nè negativo grava sui consorziati.

 

Contributi consortili

I contributi dei consorziati ( art. 2603, secondo comma, n. 3 ) non vanno confusi, anzitutto, con i corrispettivi che le singole imprese consorziate sono tenute a corrispondere per servizi ad esse specificamente resi dal consorzio, ove questo svolga quell'attività di "intermediazione" tra singoli consorziati e terzi cui si riferisce l' art. 2615 , secondo comma, Codice civile. Anche ai fini tributari questi corrispettivi sono soggetti ad un trattamento diverso dai contributi ( artt. 108 e 111, DPR 22-12-1986, n. 917 ; art. 4, quarto comma, DPR 26-10-1972, n. 633 ).

I contributi vanno distinti in contributi iniziali che servono a dotare il consorzio di un patrimonio originario e contributi successivi il cui versamento può essere previsto dal contratto sia sotto forma di contributi ordinari periodici sia sotto forma di contributi straordinari.

In relazione ai contributi la situazione soggettiva dei consorziati è diversa a seconda che si tratti di consorzi interni o di consorzi con attività esterna. Nei primi, che non sono destinati ad entrare in relazione con i terzi, non si pone l'esigenza di un patrimonio iniziale e quindi la previsione di un obbligo contributivo con cui costituirlo. Nei consorzi con attività esterna, invece, è essenziale la previsione del "modo di formazione del fondo consortile" ( art. 2612 , secondo comma, n. 5, Codice civile), e cioè sostanzialmente di un contributo iniziale anche in relazione al privilegio della responsabilità limitata al solo fondo consortile di cui godono i consorziati ( art. 2615 , primo comma, Codice civile). La determinazione dell'entità dei contributi è, però, rimessa all'autonomia delle parti, salvo ipotesi eccezionali in cui l'entità minima del contributo è fissata dalla legge ( art. 2, primo comma, legge 21-2-1989, n. 83 ).

Non essenziali devono ritenersi, invece, i contributi successivi che possono essere pretesi nei confronti dei singoli consorziati solo se previsti nel contratto. Al riguardo, l'autonomia delle parti gode la massima ampiezza e si ritiene che possa essere previsto anche l'obbligo per i consorziati di ripianare integralmente le perdite.

 

Organi consortili

I caratteri dell'organizzazione consortile sono solo sommariamente delineati dagli artt. 2606 e 2608 , Codice civile. Questa situazione, se lascia ampi margini all'autonomia delle parti, crea però notevoli incertezze. E' proprio per questo che spesso si preferisce realizzare gli scopi consortili attraverso l'utilizzazione di una società, specialmente di capitali (spa o srl) usufruendo così di una disciplina molto più rigida ma anche più completa e, quindi, preferibile, qualora si voglia anteporre la certezza giuridica alla libertà di determinare il contenuto del contratto.

Gli artt. 2606 e 2608 , modellano un'organizzazione di tipo corporativo basata sulla ripartizione dei poteri tra un organo assembleare ( art. 2606 ) e un organo amministrativo ( artt. 2608; 2612, primo comma; 2615 bis ).

La previsione di questi due organi deve ritenersi essenziale quantomeno nei consorzi con attività esterna che godono del regime della responsabilità limitata ( art. 2615, primo comma, Codice civile ).

Per quanto riguarda le rispettive competenze, spetta all'assemblea deliberare, a maggioranza, in ordine all'attuazione dell'oggetto del consorzio ( art. 2606, primo comma, Codice civile ) e nelle altre materie ad essa riservate dal contratto. Per le modifiche del contratto si richiede, invece, il consenso di tutti i consorziati ( art. 2607, Codice civile ) che non deve necessariamente essere raccolto in assemblea. In entrambi i casi si tratta di norme dispositive.

Mancano regole legali per la disciplina del procedimento assembleare che nella prassi statutaria si tende a ricalcare su quello delle società di capitali.

In mancanza di diversa previsione contrattuale le maggioranze si calcolano per teste e non per quote di capitale (arg. ex art. 2606 , primo comma, Codice civile).

 

Pubblicità

Per i soli consorzi con attività esterna è previsto un regime di pubblicità da attuare attraverso l'iscrizione nel registro delle imprese (art. 8, legge 29-12-1983, n. 580 e art. 7, secondo comma, n. 3 Reg. 7-12-1995, n. 581) di un estratto del contratto, contenente: 1) la denominazione e l'oggetto del consorzio e la sede dell'ufficio; 2) il cognome e il nome dei consorziati; 3) la durata del consorzio; 4) le persone a cui vengono attribuite la presidenza, la direzione e la rappresentanza del consorzio ed i rispettivi poteri; 5) il modo di formazione del fondo consortile e le norme relative alla liquidazione.

Per evitare la redazione dell'estratto si può pubblicare anche l'intero contratto.

L'iscrizione, che non richiede la preventiva omologazione dell'autorità giudiziaria, produce sicuramente gli effetti della pubblicità dichiarativa (c.d. opponibilità ai terzi). Secondo l'opinione preferibile, l'iscrizione deve ritenersi essenziale anche ai fini dell'applicazione della regola della responsabilità limitata ex art. 2615 , primo comma, Codice civile, con la conseguenza che, in difetto di iscrizione, deve applicarsi il regime di responsabilità previsto dall' art. 38 , Codice civile, per le associazioni non riconosciute.

La pubblicità riguarda anche le successive modificazioni delle indicazioni contenute nell'estratto originariamente pubblicato ( art. 2612, terzo comma, Codice civile ).

Alla pubblicità va assoggettata anche la situazione patrimoniale del consorzio che va redatta annualmente dagli amministratori del consorzio, osservando le norme relative al bilancio di esercizio delle società per azioni ( art. 2615 bis, Codice civile ).

 

Fondo consortile e regime di responsabilità verso i terzi

Nei consorzi con attività esterna il patrimonio consortile (c.d. fondo), formato con i contributi dei consorziati e con i beni successivamente acquisiti è dotato di autonomia patrimoniale perfetta, nel senso che è destinato esclusivamente alla soddisfazione dei creditori consortili, cosicché i singoli consorziati non possono chiederne la divisione sino alla scadenza del contratto - salva la liquidazione parziale in conseguenza del recesso o dell'esclusione - e i loro creditori particolari non possono agire esecutivamente sul fondo nè chiedere la liquidazione della quota del singolo consorziato o espropriarla ( art. 2614, Codice civile ). D'altra parte, per le obbligazioni consortili - a seguito della modifica dell' art. 2615 , primo comma, Codice civile - i creditori possono rivalersi esclusivamente sul patrimonio consortile.

Questo regime di responsabilità vale per le obbligazioni consortili in senso stretto, cioè per le obbligazioni assunte in nome e nell'interesse del consorzio ( art. 2615, primo comma, Codice civile ) mentre per le obbligazioni assunte dagli organi consortili in nome del consorzio ma nell'interesse dei singoli consorziati, questi ultimi rispondono solidalmente con il fondo consortile ( art. 2615, secondo comma, Codice civile ).

In applicazione di questo criterio, si ritiene che siano obbligazioni assunte per conto del consorzio quelle relative all'organizzazione e al funzionamento dell'azienda consortile, come, ad esempio, il canone per l'affitto dei locali, le retribuzioni dei dipendenti, ecc., mentre obbligazioni assunte per conto dei singoli consorziati sono tutte quelle inerenti ad operazioni interessanti la singola impresa.

Poiché nell'ipotesi di obbligazione contratta per conto del singolo consorziato ( art. 2615, secondo comma ) il consorzio è responsabile verso i terzi come garanzia del singolo consorziato, qualora sia costretto a soddisfare il terzo creditore, potrà agire in rivalsa verso il consorziato, debitore principale. Se quest' ultimo è insolvente, il suo debito nei confronti del consorzio si ripartisce tra tutti i consorziati in proporzione delle rispettive quote.

 

Variazione delle persone dei consorziati

Le condizioni di ammissione dei nuovi consorziati devono essere previste nel contratto ( art. 2603 , secondo comma, n. 5). In mancanza il contratto deve ritenersi chiuso, con la conseguenza che il successivo ingresso di nuovi consorziati, in quanto modifica del contratto, richiederà il consenso di tutti i consorziati ex art. 2607 , Codice civile. Non così, invece, se il contratto è aperto ( art. 1332, Codice civile ). In tal caso l'ingresso di nuovi imprenditori non ne costituisce modifica e spetterà all'organo amministrativo (arg. ex art. 2525, Codice civile) o all'assemblea, se così prevede il contratto, decidere sulla domanda di adesione.

L'adesione deve avvenire in forma scritta, cioè nella stessa forma imposta per la manifestazione di volontà dei contraenti originari.

Anche il trasferimento della partecipazione contrattuale costituisce modifica del contratto ed è, quindi, soggetto alla regola dell' art. 2607 , regola che non si applica, invece, in caso di trasferimento, a qualunque titolo, dell'azienda poiché, in tal caso, in assenza di patto contrario, l'acquirente subentra nel contratto di consorzio, salvo il potere degli altri consorziati di escluderlo per giusta causa entro un mese dalla notizia dell'avvenuto trasferimento di azienda ( art. 2610, Codice civile ).

Altri casi di esclusione o di recesso possono essere previsti dal contratto ( artt. 2603, secondo comma, n. 6, e 2609, Codice civile ) come, ad esempio, la cessazione dell'attività d'impresa, l'apertura di una procedura concorsuale, ecc.

Gli effetti del recesso e dell'esclusione sono disciplinati dall' art. 2609 , Codice civile. Nonostante l'equivoca dizione dell' art. 2609 , primo comma, il consorziato receduto o escluso ha diritto alla liquidazione della quota, che, tuttavia, dovrà avvenire con criteri conformi alla causa non lucrativa del contratto. Ove, poi, i consorziati abbiano conferito un mandato per l'attuazione degli scopi del consorzio, il rapporto cessa nei confronti del consorziato receduto o escluso. Tale effetto si verifica anche quando il mandato sia stato dato con un unico atto e ciò in deroga alla disciplina generale del mandato collettivo ex art. 1726 , Codice civile ( art. 2609, Codice civile ).

Manca, invece, una disciplina legale del procedimento di recesso o di esclusione. Per quest' ultimo è da ritenere che la competenza spetti all'assemblea dei consorziati, ex art. 2527, Codice civile e che per la delibera sia sufficiente la maggioranza.

 

Scioglimento

Il consorzio si scioglie: per scadenza del termine stabilito per la sua durata; per il conseguimento dell'oggetto; per volontà unanime dei consorziati o anche per volontà della sola maggioranza qualora sussiste una giusta causa; per provvedimento dell'autorità governativa nei casi ammessi dalla legge e per le altre cause eventualmente previste nel contratto ( art. 2611, Codice civile ). Nei consorzi con attività esterna può esser causa di scioglimento anche il fallimento del consorzio.

Inoltre, lo scioglimento può essere causato anche dal recesso, dall'esclusione o dalla risoluzione giudiziaria in relazione alla singola partecipazione, qualora questa debba considerarsi essenziale ( artt. 1459 e 1466, Codice civile ) cioè se il suo venir meno provoca l'impossibilità di conseguire l'oggetto ( art. 2611 , n. 2).

Allo scioglimento segue, nei consorzi interni, la ripartizione degli eventuali beni comuni che avverrà secondo la disciplina della divisione (Libro III, titolo VII, capo I del Codice civile). Nei consorzi con attività esterna, invece, essendo il patrimonio consortile autonomo e vincolato alla soddisfazione prioritaria dei creditori del consorzio, non si potrà procedere alla sua suddivisione se non dopo la liquidazione. Le norme relative alla liquidazione devono essere stabilite nel contratto e, coinvolgendo l'interesse dei terzi creditori, devono essere riportate nell'estratto da pubblicare ex art. 2612 . In ogni caso tali norme dovranno rispettare il principio per cui non si può procedere alla ripartizione di beni tra i consorziati prima del pagamento dei creditori del consorzio. Eventuali lacune contrattuali potranno essere colmate applicando per analogia le disposizioni degli artt. 2275 e segg., Codice civile.

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