La violazione del diritto di sottoscrizione dei soci nella srl e questioni pratiche attinenti alla ricostruzione del capitale sociale

 

La sentenza del Tribunale di Milano n. 14144/07 esamina, nell'ambito della disciplina delle modifiche del capitale sociale della società a responsabilità limitata, il caso della violazione del diritto di opzione dei soci nella particolare operazione di azzeramento e ricostruzione del capitale sociale dovuta a perdite che hanno interamente eroso il capitale sociale.

Il legislatore della riforma ha ridisegnato i contorni della società a responsabilità limitata facendone un tipo sociale indipendente ed autonomo dalla società per azioni dotato di proprie caratteristiche in cui viene dato particolare rilievo al profilo personalistico, vale a dire alle persone dei soci ed ai rapporti tra questi ultimi. Nell'ambito della nuova concezione della società a responsabilità limitata, il legislatore ha modificato anche il metodo con cui disciplinare la società a responsabilità limitata, passando dal sistema dei richiami del codice civile del 1942 (vale a dire un gruppo limitato di disposizioni essenziali specificamente dettate per la società a responsabilità limitata e il rinvio alle disposizioni della società per azioni) ad una disciplina autonoma. La tematica dell'aumento e della riduzione del capitale non si discosta dalla nuova concezione della società a responsabilità limitata.

L'art. 2481-bis c.c., avente ad oggetto la disciplina dell'aumento di capitali con nuovi conferimenti, è una norma centrale della nuova società a responsabilità limitata e da essa si desume l'essenzialità delle persone dei soci in questo tipo di società.

L'art. 2481-bis I comma c.c. riconosce al socio il diritto a sottoscrivere l'aumento di capitali mediante nuovi conferimenti in proporzione alla partecipazione posseduta. Il testo di legge usa l'espressione "diritto di sottoscrizione" anziché quella tradizionale di "diritto di opzione" e dispone che esso "spetta" ai soci e non che deve essere "offerto" agli stessi. La differenza tra le due espressioni ("diritto di sottoscrizione" nelle srl e "diritto di opzione" nelle spa) non deve eccessivamente allarmare l'interprete poiché sottolinea una diversità formale finalizzata a mettere in rilievo esclusivamente la differenza tipologica tra società a responsabilità limitata e società per azioni. La sostanza non ne risulta mutata: la stessa Relazione Ministeriale definisce il diritto di sottoscrizione di cui all'art. 2481-bis c.c. come il tradizionale diritto di opzione di cui all'art. 2441 c.c..

Per quanto concerne il profilo dell'esclusione o limitazione del diritto di sottoscrizione, la disciplina dell'art. 2481-bis c.c. presenta una serie di regole alquanto rigide volte a tutelare la posizione del socio ed a impedire possibili abusi. Infatti, in caso di aumento di capitali con nuovi conferimenti, l'esclusione del diritto a sottoscrivere l'aumento di capitale da parte dei soci deve essere espressamente prevista dallo statuto, non essendo sufficiente che tale possibilità sia contenuta nella delibera della società; ciò vuol dire che l'eventualità di escludere il diritto di sottoscrizione in capo ai soci nella società a responsabilità limitata, deve essere oggetto di negoziazione e di apposita clausola derogante la disciplina legale tra gli stessi al momento della redazione dello statuto. In altri termini, in mancanza di una norma statutaria di questo tipo, non sarà possibile procedere ad aumenti con esclusione del diritto di opzione ed offerta ai terzi. A ciò si deve poi aggiungere il fatto che, anche nel caso di scelta statutaria volta a derogare l'anzidetta disciplina legale, il socio che non ha consentito alla decisione in questione ha, comunque, il diritto di recedere dalla società ai sensi dell'art. 2473 c.c.. Il diritto di recesso, in tal caso, è insopprimibile dalla maggioranza ed è altresì inderogabile dall'autonomia privata statutaria.

L'art. 2481-bis c.c. (I comma seconda parte) non consente l'esclusione del diritto di sottoscrizione nei casi di aumenti di capitale deliberati nell'ambito di operazioni di ricostruzione del capitale per perdite superiori ad un terzo con il capitale sociale al di sotto dei minimi di legge: l'art. 2481-bis c.c. introducendo la possibilità per via statutaria di escludere il diritto di sottoscrizione fa sempre salvo il caso previsto dall'art. 2482-ter c.c. (Riduzione del capitale al disotto del minimo legale). La salvezza contenuta nell'art. 2481-bis c.c. è di importanza non secondaria: in questo modo il legislatore della riforma ha voluto risolvere una tematica molto discussa nel sistema delle società del codice civile del 1942. Nella vigenza del precedente ordinamento societario, si discuteva in merito alla possibilità di escludere o limitare il diritto di opzione nel caso di ricostruzioni del capitale di cui all'art. 2447 c.c. (vale a dire perdite superiori di oltre un terzo del capitale con quest'ultimo al di sotto dei minimi di legge); le posizioni della dottrina e della giurisprudenza erano alquanto diversificate, anche se prevalente era l'interpretazione secondo la quale non si potesse escludere o limitare il diritto di opzione (sul tema si rimanda all'approfondito Studio n. 3658 del Consiglio nazionale del Notariato - La riduzione del capitale per perdite approvato dalla Commissioni Studi in data 11 dicembre 2001). Il problema fondamentale consisteva nel tentativo di conciliare l'interesse della società ad una ricapitalizzazione sociale finalizzata alla continuazione dell'attività sociale mediante l'immissione di nuove risorse finanziarie da parte di terzi, con la tutela della partecipazione del singolo socio che, in caso di esclusione del diritto di opzione sull'aumento del capitale a seguito dell'abbattimento del medesimo, veniva estromesso dalla compagine societaria.

L'esclusione del diritto di opzione nei casi di ricapitalizzazione a causa del capitale andato interamente perduto, si prestava altresì ad abusi da parte della maggioranza nei confronti della minoranza: esso era uno strumento utilizzato per diluire o estromettere dalla compagine societaria i soci di minoranza.

Il legislatore della riforma ha inteso intervenire su questi temi con la salvezza dell'art. 2481-ter c.c. fatta dall'art. 2481-bis c.c., impedendo, in tal modo, ogni limitazione o esclusione del diritto di sottoscrizione nel caso di perdita di oltre un terzo del capitale e riduzione del medesimo al disotto dei minimi di legge. La ratio di questa scelta viene espressamente richiamata dalla Relazione Ministeriale con l'intenzione "di impedire prassi non commendevoli che la pratica ha a volte elaborato per ridurre sostanzialmente o addirittura eliminare la partecipazione della minoranza" (Racugno, Le modificazioni del capitale sociale nella nuova s.r.l. in Riv. Soc., 2003, 819).

In merito al diritto dei soci alla sottoscrizione del capitale, l'art. 2481-bis II comma c.c. dispone che la decisione di aumento deve indicare i termini entro i quali il diritto di sottoscrizione può essere esercitato, termini che non possono essere inferiori a 30 giorni dal momento in cui viene comunicato al socio che l'aumento può essere sottoscritto. La riforma ha in tal modo codificato l'interpretazione maggioritaria nell'ambito della vigenza del precedente sistema del diritto societario che riteneva estensibile alla società a responsabilità limitata il termine minimo previsto per l'esercizio del diritto di opzione delle società per azioni, malgrado il mancato richiamo dell'art. 2441 II secondo comma c.c. da parte dell'art. 2495 c.c. (Trib. Roma 8 gennaio 1996 in Le Società , 1996, 698). Nel caso oggetto della sentenza del Tribunale di Milano qui in esame, la delibera non aveva in alcun modo assegnato lo spatium deliberandi minimo di 30 giorni ai soci; inoltre, i soci di maggioranza avevano sottoscritto l'intero aumento del capitale sociale nel corso dell'assemblea estromettendo in tal modo i soci di minoranza. Il Tribunale di Milano ha ritenuto non legittima la delibera in esame per la mancata assegnazione del termine non inferiore a 30 giorni per la sottoscrizione del capitale sociale. Particolarmente interessante è la sanzione applicata dal Tribunale di Milano: la nullità della delibera in questione per violazione di norme imperative. Il diritto alla sottoscrizione dell'aumento di capitale è coessenziale alla partecipazione sociale poiché consente al socio di mantenere inalterata la sua partecipazione alla società. Vi è di più. Nell'ipotesi di ricostruzione del capitale sociale in seguito a perdite, il diritto di opzione consente al socio di rimanere tale. Da ciò ne segue che la sua indebita soppressione o violazione non può che essere sanzionata con la nullità della relativa delibera (si veda Trib. Torino 3 giugno 1986 in Giur. Comm., 1988, II, 242; Trib. Roma 30 novembre 1988 in Le Società , 1989, 294; Trib. Milano 18 aprile 1991 in Giur. It., 1991, I, 2, 768. Per la sanzione dell'annullabilità App. Milano 2 dicembre 1994 in Le Società , 1995, 919). Tale conclusione trova nuovi argomenti nell'ambito della nuova disciplina della società a responsabilità in relazione ai profili personalistici poc'anzi messi in evidenza.

Se la nuova disciplina degli aumenti di capitali nel caso di ricostruzione del medesimo presenta dei profili di inderogabilità, occorre verificare se sia possibile conciliare l'esigenza di continuazione di un impresa che si trova in una situazione di crisi finanziaria con la tutela della posizione individuale dei soci, problema che spesso ricorre nella pratica. Premesso che come ha chiarito l'interpretazione maggioritaria in sede di ricostruzione del capitale non esiste un obbligo a pervenire alla sottoscrizione del medesimo nel corso dell'assemblea di ripianamento (sul punto si rinvia Busi, S.pa. e S.r.l. - Operazioni sul capitale, Milano, 2004, 260), nei casi di capitale sociale andato interamente perduto, spesso l'impresa ha un immediato bisogno di risorse finanziarie fresche per poter continuare ad operare e pagare i propri debiti; tale impellente esigenza potrebbe trovare un "impasse" nella necessità di attendere lo spirare del tempo necessario per l'eventuale esercizio del diritto di sottoscrizione da parte dei soci. Infatti, ai sensi dell'art. 2481-bis II comma c.c., è necessario che venga concesso un termine di almeno 30 giorni ai soci per l'esercizio del diritto di opzione decorrenti dal momento in cui viene comunicato ai medesimi che l'aumento di capitale può essere sottoscritto. Se poi il socio non partecipa all'assemblea, può trascorrere un periodo superiore ai 30 giorni dal momento dell'adozione della decisione di ricapitalizzazione. Il lasso di tempo in questione, che occorre in ogni caso rispettare e che la riforma del diritto societario ribadisce, spesso gioca contro le esigenze di un'immediata risoluzione della crisi finanziaria della società.

La prassi ha cercato di tenere conto delle diverse esigenze coinvolte e di conciliare i contrastanti interessi con una escamotage pratico la cui legittimità è stata di recente ribadita dalla corte di cassazione (Cass. 17 novembre 2005 n.2362 in Mass. Giur. It. 2005). In sintesi, la società procede, dopo aver abbattuto il capitale sociale ed eliminato in tal modo le perdite, a deliberare l'aumento il capitale e i soci presenti in assemblea, che hanno interesse ad un'immediata ricapitalizzazione, sottoscrivono l'intero aumento così come deliberato anche per conto dei soci non presenti o dei soci che, comunque, non hanno esercitato il diritto di sottoscrizione nell'assemblea di ricostituzione del capitale. Al fine di non violare il diritto di sottoscrizione di questi ultimi, i soci sottoscrittori offrono in opzione la parte di capitale sociale da loro sottoscritta e di spettanza dei soci non sottoscrittori per il termine previsto dalla legge. Se poi il socio a cui è stato offerto il capitale sociale decide di non esercitare l'opzione nel termine indicato nell'opzione e quindi di non sottoscrivere l'aumento di capitale a lui riservato, il suddetto socio risulterà estromesso dalla società (o nel caso in cui decidesse di sottoscrivere l'aumento per una parte del diritto di opzione a lui spettante, vedrà diluita la sua partecipazione alla società). Pertanto, la sottoscrizione dell'intero capitale sociale deliberato come aumentato in sede assembleare da parte di uno o di alcuni dei soci, deve intendersi come condizionata risolutivamente (totalmente o parzialmente) alla sottoscrizione da parte dei soci non sottoscrittori in sede assembleare. La legittimità di questa prassi è stata richiamata dalla sentenza del Tribunale di Milano qui in commento che l'ha ritenuta pienamente legittima.

Vai alla sentenza del Tribunale di Milano, Sezione 8° Civile, 17/01/2007 n. 14144