Project Financing: i requisiti del Concessionario e le modalità di selezione del Promotore

Commento a Consiglio di Stato, sez. V, 20 ottobre 2004 n. 6847

 

Le sentenze in commento toccano due aspetti essenziali della procedura di cui agli artt. 37-bis ss. della L. n. 109 del 1994, i requisiti del concessionario e le modalità di selezione del promotore. Mentre riguardo al primo profilo può considerarsi consolidato l'orientamento giurisprudenziale e della stessa Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, lo stesso non può dirsi per la questione dell'individuazione del promotore. La contraddizione tra l'ampio margine di discrezionalità proprio della valutazione di pubblico interesse e la necessità di ancorare i criteri di scelta delle proposte concorrenti ad elementi sindacabili, risente della posizione di vantaggio assicurata al promotore con l'introduzione in suo favore del diritto di prelazione da parte della L. n. 166 del 2002. Autore: dott. Matteo Baldi - in "Urbanistica e appalti", 4/2005, p. 435  

L'articolazione della procedura

La sentenza del tribunale pugliese, dopo un lungo ed approfondito excursus sugli aspetti relativi alla struttura del project financing e sul quadro normativo di riferimento, affronta una serie di nodi della procedura che conduce all'individuazione del concessionario.

E' noto che il procedimento si articola in una prima fase in cui si valuta la fattibilità complessiva delle proposte, ai fini dell'individuazione di quelle ritenute rispondenti al pubblico interesse (art. 37-ter) ed in una seconda fase in cui si svolge la vera e propria procedura di gara (art. 37-quater).

La fase più delicata è quella relativa alla scelta del promotore, anche per le conseguenze legate alla previsione in suo favore del diritto di prelazione in seguito alle modifiche introdotte dalla L. n. 166 del 2002.

La selezione tra la proposte è disciplinata dall'art. 37-ter, che tuttavia detta una struttura procedimentale minima per la valutazione di pubblico interesse e la conseguente individuazione dell'offerta ottimale da porre a base di gara.

Il primo aspetto affrontato dalla sentenza è il regime temporale di applicazione della L. n. 166 del 2002, che viene in considerazione a seguito della previsione nella proposta del ricorrente, quale corrispettivo dei lavori, della costituzione in favore del concessionario di un diritto di superficie su un congruo numero di stalli (o posti) per auto per una durata pari a 99 anni. Il ricorrente incidentale aveva rilevato l'incompatibilità della previsione con la durata complessiva della concessione di costruzione e gestione, e quindi anche del diritto di superficie sulle aree del parcheggio interrato in 30 anni, e dunque in sostanza l'inapplicabilità delle disposizioni di cui alla L. n. 166 del 2002, ed in particolare dell'art. 7 comma 1 lett. l), nella parte in cui ha modificato il comma 2-bis dell'art. 19 della L. n. 109 del 1994 sostituendo all'inciso "la durata della concessione non può essere superiore a trenta anni" l'inciso "l'amministrazione aggiudicatrice, al fine di assicurare il perseguimento dell'equilibrio economico-finanziario degli investimenti del concessionario, può stabilire che la concessione abbia una durata anche superiore a trenta anni".

L'art. 7 comma 2 della L. n. 166 del 2002 nel porre la disciplina transitoria, prevede che la procedura di comparazione delle proposte, di cui all'art. 37-ter, comma 1, della L. 11 febbraio 1994, n. 109, come modificato dal comma 1, è estesa anche alle proposte già ricevute dalle amministrazioni aggiudicatrici e non ancora istruite.

Il riferimento all'istruttoria non è molto perspicuo, in quanto non consente di ancorare l'applicazione della nuova disciplina ad un atto formale, che costituisca un riferimento temporale certo.

La norma estende alle proposte non ancora istruite la procedura di comparazione, di cui all'art. 37-ter, comma 1. Si tratta probabilmente di un refuso derivante dalla formulazione della norma antecedente alle modifiche apportate dal Senato, in cui era disciplinata una procedura di comparazione piuttosto dettagliata [1]. Poiché una procedura di comparazione, nel caso di presentazione di più proposte concernenti il medesimo intervento, in realtà, era immanente anche al regime previgente, la previsione deve interpretarsi nel senso dell'applicazione della nuova procedura, per ciò che concerne sia il più ristretto termine - pacificamente considerato non perentorio - di quattro mesi per la pronuncia sulle proposte, che decorre dalla data di entrata in vigore della legge, sia gli altri aspetti della nuova disciplina e quindi anche la possibilità per il promotore di adeguare la propria proposta a quella ritenuta dall'amministrazione più conveniente nella successiva fase di procedura negoziata [2].

Il tenore della norma sembra indicare che invece alle proposte che abbiano superato la fase di valutazione di pubblico interesse di cui all'art. 37-ter, in quanto già istruite si applica la disciplina previgente.

L'Autorità di vigilanza [3] ha tuttavia identificato il momento che segna il passaggio al nuovo regime, nella pubblicazione del bando di cui all'art. 37-quater, comma 1 lett. b) per l'individuazione dei soggetti da invitare alla procedura negoziata.

Poiché tale atto segna l'indizione della vera e propria procedura di gara, producendo l'effetto di rendere vincolante come offerta la stessa proposta del promotore, soltanto alle gare indette prima del 18 agosto 2002, data di entrata in vigore della L. n. 166 del 2002, non risulterebbe applicabile la nuova disciplina.

In merito agli effetti dello jus superveniens nell'ambito di una procedura di gara, l'orientamento prevalente in giurisprudenza è nel senso che il bando di gara, una volta adottato, continua a regolare le fasi della procedura, restando insensibile ai mutamenti sopravvenuti della normativa [4].

Dal punto di vista delle fasi del procedimento la proposta ex art. 37-bis è un'istanza alla quale corrisponde unicamente un dovere di esame e valutazione da parte dell'amministrazione.

Una volta conclusa tale fase procedimentale, inizia la successiva fase di gara che pertanto, anche se la fase precedente non si è conclusa al momento dell'entrata in vigore della nuova normativa, sarà ad essa soggetta in quanto procedimento autonomo.

L'Autorità inoltre, sempre per i bandi indetti prima del 18 agosto 2002, si è posta il problema dell'applicabilità o meno della nuova disciplina legislativa, ed in particolare del diritto di prelazione stabilito in favore del promotore, alla successiva fase della procedura negoziata di cui all'art. 37-quater, comma 1, lett. b).

L'Autorità non ha ritenuto applicabile la nuova disciplina, sul presupposto del carattere unitario del procedimento volto all'affidamento della concessione, articolato in due sottofasi che non possono essere considerate autonome, richiamando il precedente Atto di regolazione n. 51 del 26 ottobre 2000, in cui si evidenziava che il vero procedimento di affidamento è quello negoziale, rispetto al quale la fase della gara licitazione si pone come mero subprocedimento, finalizzato unicamente all'individuazione delle migliori offerte.

Al carattere unitario della procedura di affidamento consegue l'immodificabilità delle regole inizialmente poste fino al provvedimento conclusivo dell'aggiudicazione, anche a tutela della trasparenza e della par condicio che si traducono nel rispetto delle condizioni che hanno indotto alla partecipazione o alla non partecipazione alla gara o alla formulazione dell'offerta.

Tale ultimo argomento appare decisivo per escludere l'applicabilità della normativa sopravvenuta ai bandi precedenti l'entrata in vigore della nuova disciplina, anche a volere ammettere la possibile compresenza di fasi autonome, cui consegue la conservazione della vecchia norma per la fase procedimentale già esauritasi ma non la sua resistenza per la fase successiva durante la quale è intervenuto lo jus superveniens [5].

In sostanza la peculiarità della distinzione della procedura in due fasi rende necessaria una diversa considerazione degli istituti propri dell'appalto.

Infatti è l'inserimento dell'intervento nella programmazione triennale, che determina l'applicazione della L. n. 109 del 1994, con riguardo ai tempi, modi della presentazione delle proposte e requisiti soggettivi, per cui all'avviso di cui all'art. 37 comma 2-bis, introdotto dalla L. n. 166 del 2002 non può attribuirsi valore di bando, in quanto non rappresenta altro che la conferma di quanto normativamente già previsto [6].

Ne consegue che il momento in cui viene in considerazione la normativa sulle procedure di gara, per tutti gli aspetti non espressamente disciplinati, anche in relazione ai requisiti ed alla composizione dei soggetti aspiranti concessionari, non è quello dell'avviso ma quello del bando.

Nella fattispecie in esame l'avviso era stato pubblicato il 31 maggio 2002, e quindi prima dell'entrata in vigore della L. n. 166 del 2002 (avvenuta il 18 agosto 2002, nel termine ordinario dei quindici giorni successivi alla pubblicazione sulla G.U.R.I. n. 158 supplemento ordinario del 3 agosto 2002) e quindi della novella all'art. 19 comma 2. I giudici pugliesi hanno affermato l'applicabilità della nuova norma sul presupposto che la determinazione della durata della concessione è elemento tipico del bando di gara per l'affidamento, a licitazione privata o mediante appalto-concorso, della concessione di costruzione e gestione (cfr. art. 85 comma 1 lett. f) del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554).

Sulla stessa linea dei giudici pugliesi il Consiglio di Stato con la sentenza n. 6847 del 2004, nega che all'avviso possa essere attribuita la qualificazione di bando, che spetta unicamente all'atto che indice la gara di cui all'art. 37-quater, lett. a), della L. 109/94, cioè la licitazione privata per la scelta dei soggetti competitori con il promotore, in quanto ad esso si deve l'introduzione dell'effettiva procedura di gara, con il relativo invito alla presentazione delle offerte.

 

Finalità e contenuti dell'avviso

Restando sempre nell'ambito dei presupposti della procedura, le due sentenze mettono in luce il vincolo determinato dall'avviso.

La programmazione triennale, oltre al rispetto della normativa urbanistica, presuppone la preventiva predisposizione di studi di fattibilità delle opere da realizzare (art. 14, comma 2 L. n. 109 del 1994).

Generalmente l'attività che precede la programmazione e quindi l'esecuzione degli studi di fattibilità, è improntata sugli elementi relativi all'utilità sociale dell'opera, anche se dovrebbe estendersi all'analisi sulla remuneratività dell'opera stessa, essendo quest'ultima una componente fondamentale per individuare "i bisogni che possono essere soddisfatti tramite la realizzazione di lavori finanziabili con capitali privati", che vanno individuati con priorità nel programma ai sensi dell'art. 14, comma 2.

Poiché l'art. 37-bis richiede a sua volta tra gli elementi della proposta uno studio di fattibilità dell'opera, c'è il rischio di trovarsi di fronte ad una duplice analisi di fattibilità dello stesso intervento, una compiuta dall'amministrazione in base all'art. 14, comma 2 in sede di predisposizione del programma, l'altra compiuta dal privato promotore in sede di proposta, con immaginabili conseguenze in termini di sovrapposizioni ed incongruenze.

In tal modo lo strumento rischierebbe di essere snaturato, perché se lo studio di fattibilità dell'amministrazione non è completo ed adeguato, dovendo l'opera comunque eseguirsi, in quanto compresa nel programma, la proposta del privato finirebbe per essere utilizzata quale mezzo per completare gli studi necessari per la corretta programmazione dell'amministrazione [7].

Il punto di equilibrio va quindi ricercato nel diverso livello dei rispettivi studi che, per quello predisposto dall'amministrazione, dovrebbe arrestarsi ad uno stadio preliminare, limitato ad un'analisi delle caratteristiche economico-finanziarie dell'intervento, suscettibile di verificarne la realizzabilità tramite il ricorso al project financing.

Lo studio predisposto dall'amministrazione è comunque un presupposto procedimentale della programmazione alla quale, a sua volta, si deve conformare la proposta di cui all'art. 37-bis, per cui, pur senza assumere carattere vincolante, le risultanze dello studio concorrono all'esercizio della discrezionalità amministrativa in cui si esprime il giudizio di rispondenza della proposta al pubblico interesse di cui all'art. 37-quater, sulla base degli elementi di cui all'art. 37-ter.

L'art. 37-bis, comma 2-bis L. 109/94, richiama per l'avviso le modalità di cui all'art. 80 del regolamento di cui al D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554.

Sotto il profilo contenutistico l'art. 80, comma 7 D.P.R. 554/99 impone l'indicazione di una serie di elementi: tipologia delle commesse, importo dei lavori, località di esecuzione, etc. [8].

L'art. 80 del D.P.R. n. 554 del 1999, si riferisce tuttavia agli avvisi ed ai bandi relativi alle procedure di appalto, per cui il richiamo dell'art. 37-bis, comma 2-bis va inteso, come suggerisce lo stesso tenore letterale, limitato alle modalità di pubblicità.

L'avviso infatti non è assimilabile ad un bando in quanto la sua funzione non è tanto quella di dettare la lex specialis della procedura, ma quella di "rendere pubblica la presenza nei programmi di interventi realizzabili con capitali privati".

Il Consiglio di Stato nell'evidenziare il presupposto rilevante ai fini dell'applicazione del D.P.R. n. 554 del 1999, distingue chiaramente il bando, la cui pubblicazione è l'elemento determinante per l'individuazione della disciplina in concreto applicabile in caso di successione di leggi nel tempo, dall'avviso la funzione del quale è limitata ad evidenziare l'avvenuto inserimento nella programmazione triennale dei lavori pubblici dell'intervento da realizzare con la finanza di progetto.

La proposta costituisce la concretizzazione della fase programmatoria, attualizzando e specificando il perseguimento di quell'interesse pubblico, solo tratteggiato al momento della redazione del programma, attraverso le analisi che si sono tradotte nello studio di fattibilità predisposto dall'amministrazione ai fini della redazione del programma triennale [9].

Pertanto rileva il principio generale legato all'autovincolo dell'amministrazione: il rispetto della par condicio e della trasparenza.

L'amministrazione in sostanza è libera di specificare in sede di avviso quali sono gli elementi immutabili e quali gli elementi aperti all'apporto ideativo del privato, come è nell'essenza dell'istituto, consentendo a tutti i concorrenti di individuare, sulla base di queste indicazioni, la combinazione ottimale nella proposta della redditività dell'intervento con il conseguimento dell'interesse pubblico.

Ovviamente quanto più dettagliate saranno le indicazioni contenute nell'avviso tanto minore sarà il margine di scostamento della proposta, salvo che l'amministrazione non abbia specificato la possibilità integrare o modificare gli elementi inseriti nell'avviso.

Nel caso in esame dinanzi ai giudici pugliesi l'avviso contemplava la facoltà di presentare proposte integrative e migliorative.

Correttamente il Tribunale ha ritenuto che la formulazione dell'avviso lasciasse ampia libertà di intervento al promotore nell'elaborazione progettuale e nella strutturazione del project financing, con il solo limite del rispetto delle caratteristiche di tipo progettuale, gestionale, tecnico-economico e finanziario proprie dell'opera infrastrutturale da realizzare.

La sentenza sottolinea che il rispetto della par condicio è insito nell'omogeneità degli elementi di base a disposizione dei partecipanti per la strutturazione della proposta e nell'unicità dei parametri di cui all'art. 37-ter e dei subcriteri fissati dalla commissione; ma soprattutto evidenzia che l'immutabilità degli elementi indicati nell'avviso determinerebbe lo snaturarsi dell'istituto, "che risponde appieno all'interesse pubblico proprio quando offre, salvi i limiti dianzi evidenziati, una gamma potenzialmente diversificata di soluzioni tecniche, economiche, gestionali e finanziarie, non essendo riducibile alle finalità e quindi ai vincoli propri di una comune gara d'appalto".

Per ciò che concerne propriamente la procedura di selezione, è implicita una fase di verifica dell'ammissibilità della proposta, che consiste nell'accertamento dei requisiti del promotore stabiliti dall'art. 37-bis della legge e dall'art. 99 del D.P.R. n. 554 del 1999, nella presenza nella proposta di tutti gli elementi stabiliti dall'art. 37-bis: lo studio di inquadramento territoriale ed ambientale, lo studio di fattibilità, il progetto preliminare, la bozza di convenzione, il piano economico-finanziario, asseverato da un istituto di credito, la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione, e nella rispondenza della proposta all'oggetto dell'avviso.

Pertanto rileva anche la sussistenza di un asseveramento completo del piano economico-finanziario, che è parte integrante della proposta.

L'asseverazione dovrà quindi avere ad oggetto, per attestare la coerenza del piano economico-finanziario, non solo gli elementi strettamente economico-finanziari, cioè l'eventuale prezzo massimo che l'amministrazione aggiudicatrice intende corrispondere, l'eventuale prezzo minimo che il concessionario è tenuto a corrispondere per la costituzione o il trasferimento di diritti, l'eventuale canone da corrispondere all'amministrazione aggiudicatrice, il livello iniziale massimo, la struttura e le modalità di adeguamento delle tariffe (verifica dell'equilibrio costi/ricavi e conseguenti flussi di cassa generati dal progetto), ma anche quelli strettamente attinenti alla gestione, che pure concorrono a determinare il complessivo equilibrio della prestazione, cioè la percentuale dei lavori da appaltare all'esterno, i tempi di esecuzione e d'avvio della gestione, la durata della concessione, la qualità e le modalità di gestione, e la struttura finanziaria dell'operazione (elemento riassuntivo rilevante) [10].

Ne consegue l'inammissibilità della proposta, nell'ipotesi in cui l'asseveramento non venga presentato ovvero non risponda ai criteri indicati dalla norma, oppure della necessità, nel corso di tale valutazione, di richiedere integrazioni al promotore ed all'istituto di credito.

L'Autorità di vigilanza [11] ha infatti chiarito che è consentita la presentazione dell'offerta da parte del soggetto privato promotore anche priva dell'asseverazione, purché quest'ultima, già richiesta, venga prodotta ad integrazione della proposta in tempo utile per consentire la valutazione di cui all'art. 37-ter. La sentenza conferma l'ammissibilità dell'integrazione della proposta sotto tale profilo. 

Attiene alla fase dell'ammissibilità anche la verifica sulle modalità di presentazione della proposta e dei documenti allegati.

Veniva infatti censurata la clausola dell'avviso pubblico di selezione delle proposte in project financing nella parte in cui si limitava a richiedere l'inserimento delle proposte e della relativa documentazione in busta (plico) chiuso, anziché in plico sigillato e controfirmato sui lembi di chiusura.

Il Tribunale, dopo aver precisato in punto di fatto che le proposte risultavano tutte contenute in plichi chiusi, che non presentavano segno alcuno di apertura o lacerazione, che erano stati aperti, dopo la fissazione dei subcriteri di valutazione, in seduta pubblica, ha correttamente rilevato che le stringenti regole relative alla sigillatura e controfirma dei plichi contenenti offerte e relativa documentazione nelle gare d'appalto, non sono applicabili alla procedura di project financing, ispirata, a maggiore libertà di forme e quindi contrassegnata da minori vincoli formali [12].

Altra censura riguardava il diverso livello di approfondimento che caratterizzava il progetto dell'impresa la cui proposta è stata preferita.

Il Tribunale respinge la doglianza sulla base di un duplice ordine di considerazioni, che non appare del tutto condivisibile.

La prima considerazione riguarda la facoltà, ammessa nell'avviso, di presentare proposte integrative e migliorative, facoltà che secondo la motivazione della sentenza avrebbe consentito un livello di approfondimento della progettazione preliminare coerente con le integrazioni e le migliorie.

In realtà tale facoltà non è legata al livello di progettazione, in quanto si risolve nella possibilità di introdurre variazioni rispetto a quanto stabilito nell'avviso, che è perfettamente compatibile con il livello di progettazione preliminare, come si evince dallo stesso contenuto delle modifiche (previsione nella proposta delle ricorrenti della cessione a terzi in diritto di superficie per ben 99 anni di un numero di stalli per auto pari a circa un terzo del totale, e previsione nella proposta delle controinteressate della realizzazione di un numero aggiuntivo di stalli per auto rispetto a quelli orientativamente indicati nell'avviso pubblico).

D'altra parte, argomentando dagli artt. 85, comma 2, e 87, lett. g) del regolamento, il progetto preliminare è sempre suscettibile di proposte di variante, che saranno valutate in sede di gara, previa la necessaria indicazione delle parti dell'opera o del lavoro che è possibile variare e la determinazione delle relative condizioni.

In sostanza, come nelle ipotesi di concessione ex art. 19 L. n. 109 del 1994, in cui è posto a base di gara un progetto preliminare - le varianti eventualmente proposte riguardano il progetto preliminare, non la redazione del definitivo che deve essere predisposto non dal concorrente, ma dall'aggiudicatario, unitamente al progetto esecutivo, così nella procedura di cui agli artt. 37-bis e ss., le eventuali innovazioni rispetto alle caratteristiche dell'opera individuate nell'avviso, non implicano un mutamento del livello progettuale rispetto a quello preliminare previsto dall'art. 37-bis.

Il Tribunale osserva inoltre che l'amministrazione comunale aveva provveduto essa stessa alla redazione di una progettazione di livello preliminare, e quindi il più approfondito livello progettuale non soltanto non poteva ritenersi precluso, ma anzi doveva ritenersi naturale e coerente con gli obiettivi della procedura selettiva.

Tuttavia soltanto per la concessione di cui all'art. 19 comma 2, è consentito all'amministrazione, qualora già disponga di progettazione definitiva o esecutiva, di limitare l'oggetto della concessione, sotto il profilo progettuale, alla revisione della progettazione e al suo completamento da parte del concessionario.

Il collegamento tra la progettazione tecnica e quella finanziaria è essenziale nel project financing, in quanto dal coordinamento dei due elementi si costruisce l'equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa; da ciò la duplice scelta, nel sistema previgente, di affidare la progettazione definitiva al concessionario nella concessione di cui all'art. 19 e quella preliminare al promotore nel sistema di cui agli artt. 37-bis e seguenti.

Per evitare di ingenerare effetti negativi di resistenza legati alla preesistenza di precedenti progetti, redatti dall'amministrazione senza la contestuale elaborazione del piano economico-finanziario, nell'ipotesi in cui l'amministrazione dispone di un progetto preliminare dovrebbe utilizzare lo strumento della concessione di cui all'art. 19. L'ammissibilità del ricorso alla procedura di cui agli artt. 37-bis e ss. anche in presenza di una progettazione preliminare presta il fianco ad un uso distorto dell'istituto, che si traduce nella sua possibile utilizzazione per supplire a carenze nell'elaborazione progettuale della pubblica amministrazione.

L'Autorità di vigilanza ha peraltro specificato, in relazione alla procedura di cui all'art. 19, che il progetto preliminare posto in visione dei concorrenti deve essere "per così dire arricchito di ulteriori elementi... per corrispondere ad esigenze che possano trovare giustificazioni solo nelle scelte e nell'attività della pubblica amministrazione", mentre la prestazione di progettazione definitiva deve formare, di regola, parte integrante dell'oggetto del contratto di concessione - con conseguente suo espletamento in una fase successiva all'affidamento - da porre a carico del solo concorrente che in esito alla gara risulta essere l'effettivo ed unico aggiudicatario [13] .

Va tuttavia considerato che, affinché si possa operare una compiuta valutazione del progetto, anche in relazione all'asseveramento, da parte dell'istituto di credito, del piano economico-finanziario, di cui il progetto costituisce una parte essenziale, è necessario che lo stesso sia in concreto portato ad un grado di definizione maggiore di quello del preliminare, onde consentire una più dettagliata individuazione dei costi che, in base alla tripartizione dei progetti di cui art. 16, è legata non al progetto preliminare, ma al progetto esecutivo.

Pertanto, poiché il progetto ad un livello più approfondito del preliminare rappresenta un quid pluris rispetto a quanto richiesto dalla legge, non potrebbe considerarsi invalida una proposta che lo contenga, non ravvisandosi in concreto alcuna lesione, anche in considerazione del tipo di comparazione oggetto della procedura di selezione, in cui l'analisi tecnico-progettuale viene condotta parallelamente a quella economico finanziaria e quindi finisce per richiedere in concreto un livello di approfondimento progettuale più accurato del preliminare.

 

I requisiti del promotore

La sentenza della V Sezione del Consiglio di Stato n. 6847, affronta ancora la configurazione della procedura per i profili che si riflettono sui requisiti del promotore.

L'art. 37-bis della L. n. 109/1994 ha individuato direttamente, quali soggetti promotori, i soggetti di cui all'art. 10, ossia i soggetti ammessi, in linea generale, a partecipare alle gare per l'affidamento di lavori pubblici, cioè le imprese singole, ed i consorzi di cooperative e tra imprese artigiane, i consorzi stabili, i raggruppamenti temporanei e i GEIE (gruppi europei di interesse economico).

La possibilità di attivare l'iniziativa è prevista anche in favore delle società di ingegneria e di "soggetti dotati di idonei requisiti tecnici, organizzativi, finanziari e gestionali, specificati dal regolamento".

Questa capacità di promozione è svincolata dalla sussistenza di requisiti specifici proporzionati all'entità dell'intervento, nel senso che per le imprese di costruzione non è richiesta una attestazione SOA corrispondente all'entità ed alla categoria dei lavori da eseguire, e per le società di progettazione non è richiesto alcun requisito, per cui è sufficiente l'appartenenza alla categoria definita dall'art. 17, comma 1, lett. f).

L'individuazione degli altri soggetti promotori è invece rimessa al regolamento, in quanto la norma si limita ad una generica definizione, "soggetti dotati di idonei requisiti tecnici, organizzativi, finanziari e gestionali", riservandone la specificazione al regolamento.

Il regolamento ha stabilito i requisiti del concessionario-non esecutore e quelli del promotore, in maniera uniforme, in quanto lo strumento individuato dal legislatore, per la realizzazione dell'intervento su iniziativa del promotore, e con risorse totalmente o parzialmente a carico dello stesso, è la concessione, di cui all'art. 19 comma 2, espressamente richiamata dall'art. 37- bis.

L'art. 98 del regolamento prevede che i requisiti dei concessionari che intendono eseguire i lavori con la propria organizzazione d'impresa sono equiparati a quelli previsti per gli appaltatori dagli artt. 8 e 9 della legge, nei limiti dell'esecuzione diretta, dovendosi cioè far riferimento alla quota dei lavori non affidata all'esterno, cioè ad imprese terze o ad imprese collegate, in coerenza con le previsioni dell'art. 2, comma 4.

La stessa norma prevede ulteriori requisiti che devono possedere i concessionari, anche se intendono eseguire i lavori in proprio, attestanti la capacità economico-finanziaria e gestionale riferita allo specifico intervento oggetto di concessione.

I requisiti attinenti la capacità economico-finanziaria di cui all'art. 98 comma 1 lett. a), b), c) e d), sono gli unici che devono possedere i concessionari-non costruttori, o comunque i concessionari che pur essendo imprese di costruzioni, non intendono eseguire direttamente i lavori, oggetto della concessione.

Il regolamento non prevede requisiti specifici del promotore diversi rispetto a quelli del concessionario non esecutore, in quanto l'art. 99 si limita a rinviare ai requisiti del concessionario previsti dall'art. 98.

L'art. 99 tuttavia, nel richiamare i requisiti del concessionario, prevede che questi debbano essere posseduti dal promotore, "anche associando o consorziando altri soggetti".

Tale espressione sembra consentire possibilità di aggregazioni più ampie di quelle previste per il concessionario e comunque la partecipazione all'associazione o al consorzio anche di soggetti privi dei requisiti sia per la costruzione che per la gestione del servizio, che intervengono in qualità di meri finanziatori in coerenza con la natura tipica del project financing.

Per le associazioni e i consorzi l'art. 98 comma 4 richiama l'art. 95 per la misura del possesso dei requisiti relativi al fatturato medio (comma 1 lett. a) ed al capitale sociale (comma 1 lett. b), cioè dei requisiti economico-finanziari; per cui valgono le percentuali di ripartizione tra la mandataria e le mandanti (o le consorziate) stabilite dall'art. 95.

L'art. 99 invece si limita a stabilire che il promotore deve essere in possesso, al fine di ottenere l'affidamento della concessione, dei requisiti previsti dall'art. 98, anche associando o consorziando altri soggetti. Dal mancato richiamo all'art. 95, sembra potersi ritenere rilevante la considerazione unitaria del gruppo, a prescindere dalle entità del possesso dei requisiti nelle singole imprese parti del raggruppamento, previste appunto dall'art. 95, nella disciplina delle associazioni o consorzi.

Lo stesso art. 37-bis comma 2 consente che i soggetti suindicati presentino la proposta, dopo essersi eventualmente associati o consorziati con enti finanziatori e con gestori di servizi.

Il Consiglio di Stato [14] aveva in precedenza chiarito che seppure, attraverso il richiamo all'art. 10, la qualità di promotore può essere assunta da un'ATI, il sistema normativo non impone alle imprese singole di seguire il modello del raggruppamento, argomentando sulla distinzione tra la fase di promozione e quella più propriamente realizzativa dell'opera.

Nella prima fase è sufficiente che il promotore sia in possesso dei requisiti che lo abilitano non tanto a realizzare l'oggetto della concessione, quanto piuttosto a garantire la serietà e l'attendibilità della proposta; in questa fase l'eventuale assunzione della veste di ATI rimane in prospettiva.

Né la costituzione dell'ATI può ritenersi implicazione necessaria della proposta proveniente da più soggetti, con conseguente formulazione ai sensi dell'art. 13, comma 5, dell'impegno a conferire mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi.

E' soltanto nella seconda fase, in cui si pone l'esigenza della verifica della capacità realizzativa dell'opera, che viene in considerazione il modello tipico del raggruppamento in quanto, valendo gli stessi requisiti richiesti al concessionario, sorge la necessità di creare un centro unitario di imputazione [15].

Pertanto, nella prima fase, ai fini dell'ammissibilità della proposta proveniente da più soggetti è sufficiente la sottoscrizione congiunta.

La peculiarità della distinzione della procedura in due fasi rende necessaria una diversa considerazione degli istituti propri dell'appalto.

Il Consiglio di Stato con la sentenza in commento afferma che la duplice fase della procedura non ne intacca la sostanziale unitarietà che trova il suo momento qualificante nell'aggiudicazione della concessione mediante una procedura negoziata da svolgere fra il promotore ed i soggetti presentatori delle due migliori offerte selezionati mediante apposita gara, ovvero, nel caso in cui alla gara abbia partecipato un solo soggetto, fra quest'ultimo ed il promotore.

In tale ambito anche la licitazione privata di cui all'art. 37-bis, comma 1, lett. a), seppure caratterizzata dalla circostanza che la gara non si conclude con l'affidamento dei lavori, ma con l'individuazione delle due migliori offerte che, insieme al promotore parteciperanno alla fase successiva si inserisce "nella sequenza procedimentale che terminerà con l'aggiudicazione della concessione, rivelandosi strumentale, sebbene ex se non sufficiente, all'individuazione del concessionario" [16].

Ne consegue che il momento in cui viene in considerazione la normativa sulle procedure di gara, per tutti gli aspetti non espressamente disciplinati, anche in relazione ai requisiti ed alla composizione dei soggetti aspiranti concessionari, è quello del bando.

Il comma 3 dell'art. 99 prescrive infatti che il promotore "al fine di ottenere l'affidamento della concessione" deve "comunque possedere, anche associando o consorziando altri soggetti, i requisiti previsti dall'art. 98", indipendentemente dall'appartenenza del soggetto alle diverse categorie specificate nel comma 1.

La scansione temporale tra la fase della proposta, per la quale è sufficiente il possesso dei requisiti di cui all'art. 99, comma 1 e la fase dell'affidamento della concessione, per la quale è richiesta la sussistenza dei requisiti di cui all'art. 98, non può avere altro effetto che la valorizzazione dell'apporto propositivo di diverse competenze imprenditoriali e professionali, incoraggiando la presentazione di proposte sulla base dei requisiti meno penetranti previsti dall'art. 99, comma 1.

In sostanza l'art. 99, comma 3 agevola il ricorso a forme associative, senza rinunciare alle garanzie legate alla capacità economico-finanziaria e tecnica, attestate dai requisiti di cui all'art. 98, che devono essere in possesso del promotore che intenda ottenere l'affidamento della concessione a prescindere dalla composizione soggettiva.

Ai fini dell'affidamento della concessione, è infatti inevitabile la coincidenza dei requisiti del promotore-concessionario, con quelli del concessionario puro, per cui viene a configurarsi una sorta di doppia qualificazione, duttile nella fase di promozione e stringente in quella dell'affidamento [17].

Quanto al momento in cui vengono in considerazione i requisiti del concessionario, la sentenza del Consiglio di Stato n. 6847 si pone nel solco di un orientamento tracciato dall'Autorità di vigilanza che con la determinazione n. 20/2001, lo identifica nell'indizione della gara di cui all'art. 37-quater, "in analogia con quanto avviene per gli altri sistemi di affidamento dei lavori pubblici" e con la determinazione n. 4/2002 del 6 marzo 2002, chiarisce che dal momento dell'indizione del sub-procedimento negoziato "prende vita il confronto concorrenziale finalizzato alla finale aggiudicazione".

Nell'ipotesi in cui, essendo state presentate offerte valide ed ammissibili per la fase di gara di cui all'art. 37-quater, comma 1 lett. a), si giunga comunque alla fase di trattativa privata di cui alla successiva lett. b), il promotore privo dei requisiti del concessionario sarà escluso da tale gara [18].

In realtà il tenore letterale dell'art. 99 comma 3, si riferisce all'affidamento della concessione.

Sembrerebbe più rispondente alle caratteristiche del sistema di gara fare riferimento ai fini della verifica del possesso dei requisiti, alla fase procedurale che rileva per l'affidamento, cioè la procedura negoziata di cui al comma 1, lett. b) [19].

Tuttavia, anche se il riferimento all'indizione della gara di cui all'art. 37-quater, comma 1 lett. a), appare poco coerente con la posizione del promotore che, a differenza di quanto avviene per gli altri sistemi di affidamento, non partecipa a tale gara, in quanto la comparazione avviene tra le singole offerte e non comprende la proposta del promotore, la necessità dell'equiparazione del promotore agli altri concorrenti anche in relazione ai requisiti, trova la sua logica nel carattere unitario della procedura.

Il Consiglio di Stato sottolinea infatti che la procedura negoziale ha un'indubbia natura concorsuale fra soggetti preselezionati nelle diverse fasi della procedura complessa, che non si sottrae ai principi di par condicio nonché di economicità e speditezza delle operazioni concorsuali. In questa prospettiva i concorrenti devono essere posti nelle stesse condizioni di partecipazione al confronto, anche sotto il profilo degli oneri procedurali concernenti la dimostrazione del possesso dei requisiti per l'aggiudicazione, posti a garanzia dell'amministrazione. In sostanza se è il bando di cui all'art. 37-quater comma 1 lett. a) che segna l'inizio della procedura di gara sulla proposta, il soggetto che sarà individuato come concessionario all'esito della procedura negoziata non può essere sottoposto a regole diverse a seconda della circostanza che si tratti del promotore o di uno dei soggetti selezionati a seguito della licitazione privata.

In sostanza la gara di cui all'art. 37-quater costituisce un procedimento unico, articolato in due fasi, per cui il bando costituente la lex specialis, seppure con la peculiarità che alla prima fase della gara non partecipa il promotore, assolve la sua funzione anche nei confronti del promotore, per tutti gli effetti che residuano, tra i quali quello della pubblicazione, in tutti i casi in cui assume rilevanza (così oltre che ai fini della determinazione dei requisiti, nei casi di successione di leggi nel tempo). 

In questa prospettiva non dovrebbe considerarsi ammissibile l'integrazione del soggetto promotore anche nel corso della procedura negoziata, affermata in giurisprudenza [20] sul presupposto che "l'aspirante promotore dà corpo alle esigenze realizzative (fino ad allora inespresse) dell'amministrazione predisponendo un progetto completo, ancorché migliorabile, senza alcuna garanzia di rientro dell'investimento, e che, una volta divenuto promotore, lo mette a disposizione dell'amministrazione con l'unica certezza di recuperare le spese sostenute" per cui non è possibile considerare la proposta del promotore, pur potenzialmente vincolante per espressa previsione dell'art. 37-quater, comma 2, alla stregua di una offerta qualsiasi [21].

 

La procedura di comparazione in funzione della valutazione di pubblico interesse

La seconda fase della procedura attiene alla valutazione delle proposte sotto i profili costruttivo, urbanistico ed ambientale, della qualità progettuale, della funzionalità, della fruibilità dell'opera, dell'accessibilità al pubblico, del rendimento, del costo di gestione e di manutenzione, della durata della concessione, dei tempi di ultimazione dei lavori della concessione, delle tariffe da applicare, della metodologia di aggiornamento delle stesse, del valore economico-finanziario del piano e del contenuto della bozza di convenzione

Dopo l'elencazione dei criteri la norma precisa che l'amministrazione deve verificare la sussistenza di elementi ostativi alla realizzazione dell'opera.

L'amministrazione dovrà svolgere un'istruttoria tecnica rigorosa, di livello comparabile e proporzionato al grado di approfondimento degli studi forniti dal promotore.

L'esame indicato nella norma rappresenta una fase della procedura di valutazione volta ad espellere le proposte che prima facie appaiono non fattibili.

La verifica dell'insussistenza di elementi ostativi alla realizzazione dell'opera, va condotta alla stregua dei criteri indicati dalla norma, per giungere ad una valutazione sulla possibilità di realizzazione, sotto il profilo progettuale (che attiene all'eseguibilità del progetto), urbanistico-ambientale, giuridico-amministrativo (es. non potrebbe considerarsi fattibile una proposta che non sia suscettibile di ottenere gli atti di autorizzazione e di assenso necessari), dei costi di gestione e manutenzione (es. un intervento che richieda elevati costi), delle tariffe da applicare (es. potrebbe ritenersi non fattibile una proposta che preveda tariffe troppo alte per la tipologia dell'utenza).

Dunque non tutti i criteri indicati dalla norma vengono in considerazione in questa fase, rectius, non tutti vengono presi in considerazione con lo stesso grado di approfondimento.

L'Autorità di vigilanza [22] ha chiarito che l'attività valutativa concerne in via preliminare l'assenza di elementi ostativi alla realizzabilità della proposta, ossia la sua idoneità tecnica, e, superata tale verifica, la valutazione della rispondenza al pubblico interesse della proposta stessa. Quest'ultima valutazione attiene alla rispondenza della proposta alle priorità fissate nel piano triennale e nell'elenco annuale, e quindi alla compatibilità con altri interventi, che è condizionata dalla necessità del concorso finanziario dell'amministrazione, in relazione alle diverse esigenze di spesa pubblica per altri interventi e dalla programmazione di interventi diversi nella stessa area.

La valutazione di fattibilità non implica la necessaria rispondenza della proposta all'interesse pubblico, in quanto una proposta può risultare fattibile sotto il profilo tecnico, economico, giuridico, gestionale ma non essere di pubblico interesse se comparata ad una diversa proposta, riguardante la realizzazione della medesima opera pubblica, che appare maggiormente di pubblico interesse sotto (almeno) uno dei profili indicati dalla norma (perché per esempio prevede tariffe più basse per l'utenza, una migliore accessibilità al pubblico, una qualità progettuale superiore etc.).

La struttura del procedimento delineato dalla norma in effetti non è tale da consentire di tracciare una netta cesura tra le due fasi che finiscono per sovrapporsi.

Gli stessi elementi utilizzati per la valutazione della fattibilità della proposta vengono in considerazione ai fini della valutazione della rispondenza al pubblico interesse, ma richiedono un esame condotto su un piano diverso.

Il tribunale pugliese respinge il vizio sollevato dal ricorrente della carenza di una preventiva valutazione di fattibilità delle proposte presentate, rilevando che in base all'art. 37-ter non è consentita una sorta di analisi preliminare di fattibilità distinta dalla valutazione complessiva della proposta condotta sulla base di tutti e di ciascuno di quegli elementi, in quanto "la valutazione di fattibilità della proposta coincide con la valutazione globale di quegli elementi, ne è la risultante, esprime in chiave riassuntiva e sintetica il giudizio tecnico, economico e finanziario cui è chiamata l'amministrazione".

L'identità degli elementi ai quali la norma ancora la valutazione di fattibilità della proposta, con quelli che rappresentano il parametro della valutazione di pubblico interesse e l'unicità della procedura, escludono un rapporto di pregiudizialità [23], tra la fase della verifica di fattibilità e quella della valutazione di pubblico interesse.

Questo aspetto costituisce il nodo gordiano della procedura di scelta del promotore perché coinvolge l'annosa questione della distinzione tra discrezionalità amministrativa e discrezionalità tecnica.

L'ambito della discrezionalità amministrativa [24] si caratterizza per la strumentalità della valutazione dei fatti rispetto al momento dell'agire amministrativo, vale a dire all'individuazione della scelta ritenuta più opportuna per l'interesse pubblico.

La discrezionalità tecnica invece non è scelta, si esaurisce nell'ambito della valutazione che peraltro richiede il ricorso a specifiche cognizioni tecnico-specialistiche. La scelta è riservata ad una successiva fase procedimentale, di competenza della stessa o di altra amministrazione, nei casi in cui la discrezionalità tecnica costituisca presupposto per l'esercizio di una discrezionalità amministrativa; oppure la determinazione della misura da adottare nella fattispecie concreta si rinviene direttamente nella legge, nei casi in cui alla discrezionalità tecnica segue un'attività amministrativa vincolata nell'emanazione e nei contenuti ovvero vincolata esclusivamente nei contenuti.

La determinazione della rispondenza dell'attività amministrativa all'interesse pubblico tocca in sostanza il punto critico del diritto amministrativo, il rapporto tra legalità e discrezionalità, rispetto al quale appare attuale la riflessione di M. S. Giannini [25], che individua l'aspetto tipico della discrezionalità, sul presupposto che non vi è un unico modo di soddisfare l'interesse pubblico, nell'apprezzamento dell'autorità che dà luogo ad un numero indefinito di scelte possibili e che non può essere assoggettato a precise regole logiche o tecniche.

E' proprio nella critica dell'assimilazione della discrezionalità tecnica alla discrezionalità amministrativa, compiuta dalla dottrina ed in parte recepita dalla giurisprudenza [26], che si coglie la difficoltà della procedura di scelta del promotore.

Mentre l'Autorità di vigilanza tende ad una scansione procedimentale in due sub-fasi la prima, inquadrabile nell'ambito della discrezionalità tecnica, di verifica dell'idoneità tecnica della proposta, e la seconda, tipica della discrezionalità amministrativa di valutazione della rispondenza al pubblico interesse della proposta stessa, il tribunale pugliese respinge tale distinzione.

Pertanto, volendo tentare una sintesi che tenga conto del concreto atteggiarsi della procedura, il punto di partenza è il vincolo che grava sull'amministrazione nell'esercizio della propria discrezionalità in ordine all'individuazione delle proposte di pubblico interesse, discrezionalità che non può quindi svolgersi al di fuori di quei parametri di carattere urbanistico, ambientale progettuale, funzionale, di fattibilità, di economicità etc. che rappresentano la base di valutazione delle proposte ai sensi dell'art. 37-ter.

Dovrebbe mantenersi l'articolazione della procedura in più fasi, con formazione progressiva della determinazione finale, con la particolarità che gli stessi elementi delle proposte di cui all'art. 37-ter sono sottoposti ad una doppia valutazione, una rientrante nell'ambito della discrezionalità tecnica in relazione alla "fattibilità" delle proposte, che potrebbe concludersi con la valutazione della proposta come "non fattibile", "fattibile", "fattibile con modifiche", l'altra tipica della discrezionalità amministrativa, di valutazione finale di rispondenza o meno al pubblico interesse.

In tal modo non vengono intaccati i caratteri di unicità e globalità della procedura, in quanto le varie fasi delineate dal disposto dell'art. 37-ter L. n. 109 del 1994, confluiscono in un'unica valutazione di merito che sfocia nella valutazione di pubblico interesse.

La duplice fase consente di separare le competenze sull'istruttoria della proposta e sulla verifica dell'ammissibilità che rientrano in un ambito di gestione, come tale rimesso alla competenza dirigenziale, dalla valutazione della rispondenza della proposta al pubblico interesse, che costituisce atto di governo.

In tal senso finisce per esprimersi la stessa sentenza in commento, che distingue la valutazione tecnica ed economico-finanziaria, coincidente con la valutazione di fattibilità, rimessa alla commissione all'uopo costituita, dall'apprezzamento, "di squisita discrezionalità e che compete in modo precipuo all'amministrazione, della rispondenza della proposta all'interesse pubblico".

In un successivo passo della motivazione il tribunale rimarca tale differenza tra la fase di valutazione di fattibilità e quella relativa alla rispondenza della proposta all'interesse pubblico, sottolineando che l'esito della procedura potrebbe condurre al risultato che tra due o più proposte in comparazione, "egualmente giudicate in modo favorevole, non sia quella "migliore" sotto il profilo tecnico, economico e finanziario, ad essere adottata, magari risultandone un'altra maggiormente rispondente all'interesse pubblico".

La configurazione della procedura, la dicotomia discrezionalità tecnica-discrezionalità amministrativa, si riflette sulle modalità di comparazione delle proposte.

Anche con la nuova formulazione dell'art. 37-ter risultante dalle modifiche introdotte dalla L. n. 166, non sono dettate regole specifiche per questa procedura di comparazione, che quindi si svolgerà informalmente, anche mediante audizioni dei promotori ordinate a fornire chiarimenti, ad illustrare la proposta, sul modello di una trattativa privata.

Il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa non è prescritto dalla norma, anche se la comparazione implica un riferimento a criteri, assimilabili ai "pesi" con una diversa incidenza a seconda delle caratteristiche dell'intervento (per cui può esservi una prevalenza dell'aspetto gestionale, architettonico, etc.), per individuare la proposta che ha realizzato la combinazione ottimale degli elementi indicati dalla norma.

Le censure esaminate dai giudici pugliesi riguardavano sia l'avviso pubblico di selezione, per non aver indicato gli elementi di valutazione delle proposte e i relativi parametri numerici, sia l'autonoma determinazione da parte della commissione degli elementi stessi e dei correlati punteggi, che il ricorrente riteneva in contrasto con l'art. 37-ter della L. n. 109 del 1994 per non aver tenuto conto del relativo e implicito ordine decrescente d'importanza.

Il tribunale ha chiarito in primo luogo che l'elencazione di cui all'art. 37-ter non attiene ad un ordine decrescente di importanza, risultando evidente che una rigida predeterminazione dell'ordine di importanza dei parametri sarebbe in contrasto con la peculiarità della procedura suscettibile di applicarsi ad una serie di interventi che non potrebbero essere inquadrati in una rigida classificazione.

In relazione all'art. 19, e quindi agli elementi di cui all'art. 21 comma 2 lett. b) ma con argomentazioni estensibili alla procedura di cui agli artt. 37-bis ss., l'Autorità di vigilanza, con la determinazione n. 1 del 22 gennaio 2003, ha fornito alcune indicazioni esemplificative, che si fondano sull'adattabilità dei criteri alle diverse tipologie di intervento [27].

Il tribunale fa chiarezza sui caratteri e le finalità della selezione delle proposte in project financing, che si incentra sulla valutazione globale della "fattibilità" delle proposte sotto una pluralità di aspetti convergenti verso il risultato di individuare la proposta ottimale sotto il profilo tecnico, economico e finanziario.

La peculiarità della procedura risiede proprio nella duplice fase procedimentale, che rende improponibili analogie o parallelismi con una gara d'appalto a licitazione privata con aggiudicazione all'offerta economicamente più vantaggiosa.

In tale ultimo caso infatti l'esistenza di un progetto preliminare e di un piano economico-finanziario redatto dall'amministrazione fornisce la base della graduazione degli elementi valutativi.

Nella procedura di project financing si ha, o quantomeno dovrebbe aversi, uno studio di fattibilità predisposto dall'amministrazione, che però costituisce solo il primo gradino dell'idea progettuale, la cui elaborazione è rimessa alla capacità ideativa, tecnica ed economico-finanziaria del promotore.

Da ciò la suddivisione della procedura in fasi, la prima delle quali conduce alla valutazione di fattibilità di una proposta, ma non ne implica di per sé ancora la sua suscettività di esser posta in gara nella licitazione privata o nell'appalto concorso per l'affidamento della concessione di costruzione e gestione, perché soggetta al vaglio di un'ulteriore valutazione spiccatamente discrezionale, relativa alla rispondenza della proposta all'interesse pubblico.

In sostanza l'attività valutativa che svolge l'amministrazione nelle procedure di gara con il criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, che viene in considerazione nella fase finale di scelta del concessionario, disciplinata dal successivo art. 37-quater comma 1 lett. a), si esaurisce nell'ambito della sfera della discrezionalità tecnica alla quale è estranea ogni valutazione dell'interesse pubblico. Invece lo specifico richiamo all'interesse pubblico contenuto nell'art. 37-ter rende ben più ampia la discrezionalità dell'amministrazione, che incontra unicamente gli ordinari limiti della congruità, dell'adeguata motivazione e della corretta ponderazione dei diversi interessi confliggenti [28].

L'inserimento dell'opera nel programma triennale implica già una valutazione positiva sul pubblico interesse alla realizzazione dell'opera, per cui la discrezionalità dell'amministrazione nella fase di valutazione delle proposte risulta circoscritta alle caratteristiche dell'intervento.

Sotto quest'ultimo profilo la valutazione della rispondenza dell'opera al pubblico interesse risente delle componenti dello studio di fattibilità predisposto dall'amministrazione, che toccano gli aspetti urbanistico-territoriali, di sostenibilità ambientale, urbanistica e socio-economica e le modalità di gestione, e rappresentano altrettanti parametri di valutazione. L'amministrazione non può discostarsi significativamente dalle risultanze degli studi che hanno costituito il presupposto dell'inserimento dell'opera nel programma triennale, dovendo tener conto della coerenza rispetto ad esse della proposta.

Ne consegue che, come evidenziato dai giudici pugliesi, la fissazione nell'avviso di selezione di valori numerici da aggregare agli elementi valutativi specificati dall'art. 37-ter, costituisce una mera facoltà dell'amministrazione. In concreto l'esercizio di tale facoltà dipenderà dal grado di approfondimento dello studio di fattibilità redatto dall'amministrazione ai fini dell'inserimento nel programma, che costituisce la materia prima per la costruzione degli elementi di valutazione.

Ulteriore corollario dell'atteggiarsi del procedimento come delineato nella sentenza è sia la piena ammissibilità di un giudizio di fattibilità ancorato ad una valutazione non estrinsecata in "pesi" numerici, sia l'ammissibilità di un'articolazione da parte degli organi dell'amministrazione (nella specie della commissione tecnica), degli elementi di valutazione in sottovoci, "intese a enuclearne gli aspetti di maggior incidenza cui aggregare punteggi, a ovvi fini di delimitazione della discrezionalità valutativa della commissione tecnica e di maggiore trasparenza".

Quest'ultima precisazione evidenzia altresì il limite del ricorso ai punteggi, che è unicamente quello di circoscrivere la discrezionalità tecnica nella valutazione della fattibilità della proposta, ma non può estendersi alla valutazione di pubblico interesse, rispetto alla quale l'autovincolo dell'amministrazione va rintracciato in elementi meno rigidi dell'attribuzione di punteggi.

Lo stesso tribunale ha evidenziato inoltre il limite della discrezionalità nell'individuazione dei criteri, siano essi ancorati o meno a pesi numerici, che è quello tipico di congruità ed adeguatezza rapportata all'ambito tecnico-concettuale di ciascun aspetto. Il rispetto di tale limite implica che ogni altro apprezzamento compreso nella valutazione di pubblico interesse, si configura quale apprezzamento di merito, come tale sottratto al sindacato giurisdizionale.

Tralasciando gli aspetti relativi alle censure formulate nei confronti dei subcriteri, specifiche del caso concreto, la sentenza esprime la doppia anima dell'istituto, tra procedura concorsuale e discrezionalità amministrativa.

L'evidenziato carattere di fattispecie a formazione progressiva non intacca la sostanziale unicità e globalità della procedura, impressa dal fine perseguito, l'individuazione del concessionario di costruzione e gestione, che dovrebbe far propendere per la prevalenza del primo profilo.

In tal senso l'altra sentenza in commento del T.A.R. Toscana considera la fase di scelta del promotore pur sempre soggetta ai canoni procedimentali tipici delle gare per la scelta del contraente in materia di opere e servizi pubblici.

I giudici toscani precisano che ai fini del rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e giusto procedimento nella valutazione comparativa delle proposte presentate, è indispensabile introdurre sufficienti parametri di valutazione e criteri di computo, pur mantenendo la distinzione tra discrezionalità tecnica, propria della commissione e discrezionalità amministrativa.

La natura meramente consultiva della commissione non implica il venir meno dell'esigenza di predeterminazione dei parametri di giudizio dei vari profili delle proposte da valutare, insita nel corretto esercizio della stessa funzione di consulenza, risultando altrimenti omesso il criterio di valutazione con conseguente compromissione dell'obbligo di motivazione e del principio della imparzialità e del giusto procedimento.

Inoltre nel caso oggetto della sentenza del TAR Toscana lo stesso organo di governo dell'amministrazione aveva stabilito che i progetti dovevano essere comparativamente valutati dalla commissione tecnica, previa fissazione dei relativi criteri, vincolando la discrezionalità tecnica della stessa non nei contenuti ma nel quomodo, prescrivendo che la valutazione dovesse essere preceduta dalla fissazione dei criteri relativi ai vari profili delle proposte indicati come specifici oggetti di valutazione, sul presupposto che negli atti normativi e generali già adottati non fossero stati predeterminati tutti i criteri.

La sentenza precisa infine che le indicazioni contenute nell'avviso pubblico, concernenti la progettazione con la specificazione dei parametri organizzativi, dei fattori di dimensionamento e degli elementi caratterizzanti la qualità del progetto, valgono quali direttive per la redazione del progetto, non quali criteri per la valutazione del grado di utilità e pregio delle varie soluzioni approntate dal promotore nella formulazione della sua proposta. Questo ovviamente non implica che i criteri di valutazione delle proposte non possano essere già contenuti nell'avviso.

Quest'ultima pronuncia tuttavia, sul presupposto che l'art. 37-ter L. n. 109/1994 non procedimentalizza la valutazione di pubblico interesse sulla base dei criteri valevoli per le vere e proprie procedure di gara, finisce per richiedere il rispetto dei principi di par condicio e di trasparenza insiti nella natura para-concorsuale.

Pertanto a ben vedere le due anime della procedura non sono così lontane, in quanto i limiti derivanti dall'innegabile carattere di confronto concorrenziale, il rispetto della par condicio e della trasparenza, sono quelli tipici dell'attività amministrativa tutte le volte in cui viene in considerazione una valutazione che si estrinseca nella comparazione di due o più interessi confliggenti.

Quel che rileva ai fini del rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e giusto procedimento, è la predeterminazione di adeguati criteri di valutazione, che tuttavia non debbono necessariamente tradursi in pesi numerici, sul modello dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

La fissazione di criteri di punteggio matematico finirebbe per porsi in contrasto con la complessiva ratio delle disposizioni che riserva l'applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa alla successiva fase di gara, quella per l'individuazione delle due migliori offerte di cui all'art. 37-quater, comma 1, lett. a), mentre con la rigida applicazione del criterio si avrebbe una procedura articolata in ben tre fasi di gara, di cui due fondate sul criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, oltre la procedura negoziata finale.

Anche il rapporto tra la discrezionalità tecnica e la discrezionalità amministrativa scivolerebbe su un piano diverso, in quanto non si avrebbe discrezionalità tecnica preordinata all'esercizio adeguato della discrezionalità amministrativa. Infatti ancorando la discrezionalità tecnica al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, sarebbe ad essa consequenziale un'attività amministrativa vincolata - l'individuazione della proposta - assimilabile all'aggiudicazione, che lascerebbe ben poco margine alla discrezionalità amministrativa in cui si estrinseca la valutazione di pubblico interesse di cui all'art. 37-ter.

Il problema è particolarmente sentito in seguito all'innesto nella procedura delineata dalla L. n. 415 del 1998, della posizione di favore per il promotore conseguente alle modifiche introdotte dalla L. n. 166 del 2002, che riconoscono il diritto di prelazione nella fase della procedura negoziata, non facilmente conciliabile con i principi concorsuali di derivazione comunitaria.

Infatti nell'ipotesi in cui, all'esito della procedura negoziata di cui all'art. 37-quater una delle due offerte selezionate risulti più conveniente della proposta, individuata come proposta di pubblico interesse, viene assicurata una posizione di vantaggio al promotore che, in tale evenienza, potrà adeguare la propria proposta a "quella" (si tratta in realtà di un'offerta e non di una proposta in quanto la proposta è solo quella individuata di pubblico interesse che in fase di procedura negoziata viene messa a confronto con le offerte) giudicata dall'amministrazione più conveniente, potendo così assicurarsi l'affidamento della concessione.

Solo nel caso in cui il promotore non si avvalga di tale facoltà, risulterà aggiudicatario della concessione il concorrente che avrà presentato la proposta più conveniente.

Nella versione della norma precedente all'approvazione in seconda lettura dal Senato, era previsto [29], per evitare i possibili profili di incompatibilità con le regole comunitarie sulla concorrenza, che la posizione di vantaggio fosse limitata alla designazione del promotore, non traducendosi in una prelazione in quanto non direttamente collegata al sorgere del vincolo contrattuale, che si ha solo a seguito della gara preordinata all'aggiudicazione, poiché in questa fase si concreta quel vantaggio della preferenza rispetto ad altri contraenti [30].

Con la soluzione adottata in ultima battuta, pur non essendo previsto un diritto di prelazione in favore del promotore, si sono riproposti i dubbi di compatibilità con la direttiva 93/37/CEE del 14 giugno 1993, disciplina comunitaria in materia di appalti di lavori pubblici, che impone comunque l'affidamento della concessione all'esito di una procedura di selezione dei concorrenti sulla base di uno dei criteri di cui all'art. 30 [31].

La Commissione CEE ha ritenuto, con il parere motivato [32] che si inserisce nella procedura di infrazione ai sensi dell'art. 226, comma 2, del Trattato che la posizione di vantaggio del promotore sia in conflitto con gli artt. 43 e 49 in materia di libertà di stabilimento, di libera prestazione dei servizi ed in particolare con i principi di parità di trattamento, di trasparenza e di proporzionalità. La Commissione ha osservato che il rispetto dei predetti principi implica l'applicazione uniforme delle regole di formulazione delle offerte, vietando all'amministrazione di prendere in considerazione una modificazione apportata all'offerta iniziale di un solo concorrente, che risulterebbe avvantaggiato in tal modo rispetto agli altri [33].

Tuttavia la verifica del rispetto dei principi di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione, in relazione agli artt. 43 e 49 del Trattato CEE, va operata con riferimento alla procedura nel suo complesso e non ad una singola fase, vale a dire alla fase di trattativa privata tra il promotore ed i concorrenti che hanno presentato le migliori offerte nella fase assimilabile alla licitazione privata, momento terminale della procedura.

Considerando la procedura nel suo complesso è indubbio che, nell'ipotesi in cui più soggetti presentino una proposta, la relativa scelta è operata sulla base di una comparazione che ha individuato quella ritenuta di pubblico interesse e che comunque tutti i soggetti potenzialmente interessati sono messi nella condizione di poter presentare una proposta. Pertanto l'introduzione del diritto di prelazione in concreto anticipa la fase del confronto tra le proposte al momento dell'individuazione di quella ritenuta di pubblico interesse, che consente al soggetto di assumere la posizione di promotore, alla quale è collegata la possibilità di avvalersi del diritto di prelazione.

Secondo la Commissione, il rispetto del principio di parità di trattamento richiede che tutti i soggetti potenzialmente interessati ad assumere il ruolo di promotore siano informati del vantaggio legato alla posizione di promotore, ai fini dell'attribuzione della concessione dei lavori ed in particolare dell'esistenza del diritto di prelazione nella fase di aggiudicazione.

Pertanto l'avviso pubblicato ai sensi dell'art. 37-bis introdotto dalla L. n. 166 del 2002 dovrebbe contenere sia l'informazione sull'acquisizione della posizione di vantaggio nella fase finale di selezione del concessionario, sia la definizione dei criteri in base ai quali l'amministrazione procede, in caso di più proposte concernenti il medesimo intervento, alla scelta della proposta che sarà posta a base di gara, consentendo in tal modo ai potenziali promotori di conoscere gli elementi in base ai quali valutare l'opportunità o meno di presentare una proposta.

Si tratterebbe quindi di integrare il dettato normativo che stabilisce unicamente i contenuti minimi dell'avviso con gli elementi che costituiscono i criteri di selezione della proposta.

Tuttavia poiché al momento della presentazione della proposta non esiste un progetto, non sempre risulta agevole per l'amministrazione estrapolare dagli elementi di cui dispone quelli che, sulla base delle caratteristiche e delle finalità dell'opera, costituiranno i criteri per l'individuazione della proposta ottimale, sul modello dell'offerta economicamente più vantaggiosa. In concreto la possibilità di indicare già nell'avviso i criteri in base ai quali l'amministrazione procederà alla scelta della proposta che sarà posta a base di gara, è strettamente legata al grado di approfondimento degli studi di fattibilità preliminari all'inserimento dell'intervento nel programma triennale.

Una eccessiva formalizzazione dell'avviso, nel senso dell'assimilazione al bando di gara con l'introduzione di pesi e punteggi sul modello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, finirebbe per snaturare le caratteristiche dell'istituto, imperniate sulla capacità ideativa del promotore.

Rileva quindi in sostanza l'osservanza dell'obbligo di motivazione e del principio dell'imparzialità e del giusto procedimento, tramite la predeterminazione dei profili sotto i quali valutare le proposte oppure la specificazione degli elementi di valutazione [34].

 

La direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e il "dialogo competitivo"
Conclusioni

E' indubbio che la procedimentalizzazione della fase di individuazione del promotore sul modello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, con l'adozione di criteri numerici, consente il superamento del deficit di concorrenza sollevato in sede comunitaria in relazione alla posizione di privilegio legata alla qualifica di promotore.

Tuttavia, de jure condendo, verrebbe meno anche la necessità di articolare la procedura in tre fasi, in quanto, anticipando la sostanza del confronto alla fase di selezione delle proposte, potrebbe ridursi la procedura ad una fase unica, articolata in due sub-fasi.

La mancanza di un progetto preliminare, che costituisce la base per gara di cui all'art. 37-quater, comma 1 lett. a), non potrebbe considerarsi ostativa ai fini della selezione finale del concessionario.

Per le situazioni in cui non è disponibile né un progetto preliminare né una definizione delle stesse soluzioni da adottare, la recente direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi [35], introduce la figura del "dialogo competitivo", quale particolare forma di affidamento di lavori, servizi o forniture che si attaglia, per ciò che concerne i lavori, alle procedure di cui agli artt. 37-bis ss. della L. n. 109 del 1994.

In base al 31° considerando, le amministrazioni aggiudicatici che realizzano progetti particolarmente complessi, possono trovarsi nell'impossibilità oggettiva di definire i mezzi atti a soddisfare le loro esigenze o di valutare ciò che il mercato può offrire in termini di soluzioni tecniche e/o di soluzioni giuridico/finanziarie.

Ai fini del ricorso a tale procedura, un appalto pubblico è considerato particolarmente complesso quando l'amministrazione aggiudicatrice non è oggettivamente in grado di definire, conformemente all'art. 23, paragrafo 3, lett. b), c) o d) della direttiva, i mezzi tecnici atti a soddisfare le sue necessità o i suoi obiettivi, e/o non è oggettivamente in grado di specificare l'impostazione giuridica e/o finanziaria di un progetto.

L'art. 1 comma 11 lett. c) della direttiva definisce il "dialogo competitivo" una procedura alla quale qualsiasi operatore economico può chiedere di partecipare, e nella quale l'amministrazione aggiudicatrice avvia un dialogo con i candidati ammessi a tale procedura al fine di elaborare una o più soluzioni, atte a soddisfare le sue necessità e sulla base della quale o delle quali i candidati selezionati saranno invitati a presentare le offerte.

Il dialogo competitivo è quindi una procedura di selezione, assimilabile alle procedure negoziate, in cui l'amministrazione si avvale, ai fini della definizione del contenuto e dell'oggetto del contratto, del contributo propositivo dei soggetti operanti nel settore di mercato rilevante, dotati dei requisiti di capacità economico-finanziaria connessi e proporzionati all'oggetto dell'appalto.

Il ricorso a tale procedura è ammesso solo in presenza dei presupposti indicati dall'art. 29 comma 1, costituiti dalla complessità dell'appalto, che richiede il concorso dell'operatore economico per l'individuazione delle soluzioni idonee a soddisfare le necessità dell'amministrazione, quando non risulti possibile, sulla base di una valutazione rimessa alla discrezionalità dell'amministrazione, un grado di determinazione dell'oggetto del contratto suscettibile di consentire il ricorso alla procedura aperta o ristretta.

La prima fase della procedura è finalizzata ad individuare la soluzione ottimale in relazione alle esigenze ed agli obiettivi dell'amministrazione. A tal fine viene avviato un dialogo con i candidati che riguarda tutti gli aspetti dell'appalto.

Il confronto, analogamente a quanto previsto dell'art. 37-bis ai fini dell'individuazione della proposta di pubblico interesse, è sostanzialmente rimesso all'iniziativa dei candidati, con il solo limite del rispetto della parità di trattamento di tutti gli offerenti, che si traduce nella possibilità di accesso non discriminatorio alle informazioni rilevanti. Si tratta delle informazioni concernenti il processo di maturazione degli obiettivi delle amministrazioni, che vengono definiti sulla base delle soluzioni proposte.

E' un processo dinamico che parte dall'individuazione degli obiettivi che si propone l'amministrazione per soddisfare determinate esigenze definite in modo generico, sulla base delle quali i concorrenti formuleranno le soluzione proposte, per gradi di definizione sempre più particolareggiati, fino all'individuazione della soluzione ottimale.

E' prevista infatti la possibilità, che deve essere indicata nel bando o nel documento descrittivo, di prevedere l'articolazione della procedura per fasi successive in modo da eliminare le soluzioni non rispondenti ai criteri precisati nel bando di gara o nel documento descrittivo. La norma (art. 29, comma 4) si riferisce ai criteri di aggiudicazione, anche se in realtà non si tratta di criteri di aggiudicazione in senso proprio, in quanto l'aggiudicazione è rimessa ad una successiva fase e potrà avvenire unicamente con il ricorso al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (art. 29, comma 1).

Si tratta piuttosto dei criteri fissati dall'amministrazione ai fini della valutazione della rispondenza delle soluzioni alle proprie esigenze, in termini analoghi a quanto previsto dall'art. 37-ter, ma senza una elencazione definita in quanto la previsione comunitaria si rimette interamente alla determinazioni dell'amministrazione.

In sostanza l'amministrazione per conseguire l'obiettivo di individuare e definire i mezzi più idonei a soddisfare le proprie necessità, e fermo restando che vengono in considerazione tutti gli aspetti dell'appalto, si trova di fronte ad una duplice possibilità:

- selezione articolata su più fasi in cui vengono progressivamente eliminate le soluzioni non rispondenti ai criteri, di fattibilità e pubblico interesse, definiti con un primo livello di approssimazione dall'amministrazione nel bando e poi per gradi di approfondimento maggiori in progressione;

- selezione su una fase unica, maggiormente rispondente all'essenza del dialogo competitivo, basate sul confronto tra le soluzioni offerte fino all'individuazione di quella ottimale.

La prima opzione presuppone un grado di definizione preventiva dei criteri, suscettibile di consentire una scelta tra soluzioni eliminando quelle non rispondenti ai criteri prefissati dall'amministrazione.

In base al comma 4 dell'art. 29 questa modalità è finalizzata a ridurre il numero di soluzioni da discutere durante la fase del dialogo. L'amministrazione quindi potrebbe lasciare aperta a tutti i concorrenti la possibilità di adeguarsi alle soluzioni individuate, ma potrebbe già prevedere una prima selezione delle offerte, anche senza un confronto diretto, per progressiva eliminazione di quelle che non soddisfano i criteri predeterminati, identificando le soluzioni con le offerte.

E' proprio la predeterminazione dei criteri che consente di operare una selezione dei concorrenti già in questa fase, riducendo il numero dei concorrenti e consentendo il passaggio alle fasi successive solo di alcune offerte, scelte in base ai criteri di aggiudicazione precisati nel bando di gara o nel documento descrittivo.

La seconda opzione, assimilabile per certi versi al concorso di idee, sarà adottata nei casi in cui l'amministrazione non è in grado di fornire criteri di valutazione predeterminati, in quanto sono possibili una pluralità di soluzioni per il conseguimento dell'obiettivo.

Una volta conclusa la fase del dialogo competitivo si apre la procedura di gara vera a propria.

A differenza di quanto previsto dall'art. 37-quater della L. n. 109 del 1994, la base della procedura non è costituita dal progetto di un concorrente, il promotore, la cui proposta è stata valutata come rispondente al pubblico interesse in base all'art. 37-ter e posta base di gara.

La seconda fase infatti è un confronto tra le offerte finali, non eliminate nella prima fase nell'ipotesi in cui vi sia stata una preventiva selezione in base ai criteri predeterminati, che dovranno conformarsi alle soluzioni presentate e specificate nella fase del dialogo. Si tratterà di offerte complete sotto il profilo progettuale, in quanto "devono contenere tutti gli elementi richiesti e necessari per l'esecuzione del progetto" (art. 29 comma 6).

 

La disposizione prevede la possibilità che le offerte, possano essere chiarite, precisate e perfezionate, con il limite del rispetto degli elementi fondamentali "dell'offerta o dell'appalto quale posto in gara".

In sostanza le integrazioni non possono tradursi in varianti del nucleo fondamentale comune delle soluzione individuate, che determinerebbero un'alterazione della concorrenza o un effetto discriminatorio, in quanto anche se non vi è un progetto posto a base di gara, come nell'ipotesi della procedura di cui all'art. 37-quater della L. n. 109 del 1994, all'esito del confronto concorrenziale svolto nella fase del dialogo competitivo, le offerte finali sono il frutto di soluzioni presentate e specificate nella fase del dialogo, alle quali devono conformarsi, perché costituiscono la base della successiva fase di gara.

La direttiva in sostanza detta un procedimento che si caratterizza per il modo di formazione delle offerte, a formazione progressiva, che sovverte l'impostazione classica in quanto non si è di fronte ad un oggetto definito dall'amministrazione, che costituirà il contenuto del contratto da stipulare, ma ad una pluralità di proposte che, nel loro insieme ed all'esito del dialogo, concorrono alla determinazione degli elementi essenziali dell'oggetto e del contenuto del contratto e costituiscono la base delle offerte progettuali complete sulle quali si opera la selezione finale.

Soltanto nella seconda fase del dialogo competitivo viene in rilievo la gara da svolgersi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base dei consueti elementi conformemente all'art. 53 (la qualità, il prezzo, il pregio tecnico, le caratteristiche estetiche e funzionali, le caratteristiche ambientali, il costo d'utilizzazione, la redditività, il servizio successivo alla vendita e l'assistenza tecnica, la data di consegna e il termine di consegna o di esecuzione).

L'amministrazione dovrà precisare nel documento descrittivo, la ponderazione relativa che attribuisce a ciascuno dei criteri scelti per determinare l'offerta economicamente più vantaggiosa, prevedendo eventualmente una forcella in cui lo scarto tra il minimo e il massimo sia appropriato.

Nell'ipotesi in cui la ponderazione sia impossibile per ragioni dimostrabili, l'amministrazione dovrà indicare l'ordine decrescente d'importanza dei criteri.

Un meccanismo analogo potrebbe introdursi nella procedura di comparazione tra le proposte di cui all'art. 37-ter.

La difficoltà è data dal limite del potere di modifica dell'amministrazione rispetto al piano economico-finanziario asseverato che costituisce il nucleo centrale della proposta ed il presupposto dell'equilibrio economico-finanziario della realizzazione dell'opera e della connessa gestione, che è l'essenza dell'istituto.

Per cui gli interventi dell'amministrazione possono tradursi in correttivi ed indicazioni che non incidono sugli aspetti essenziali della proposta, mentre ogni altra modifica più penetrante va concordata con il promotore e sottoposta ad una verifica di compatibilità con l'equilibrio economico-finanziario risultante dal piano [36].

Sia nella valutazione della proposta che nell'individuazione dei limiti del potere di modifica dell'amministrazione un ruolo centrale spetta al piano economico-finanziario, previsto come uno degli elementi essenziali della proposta [37] .

Tuttavia l'amministrazione se non può imporre modifiche unilaterali al piano asseverato può proporre modifiche, sempre che non rendano inattuabile la proposta stessa, che, sul modello del dialogo competitivo, consentano ai concorrenti di prospettare una pluralità di soluzioni per il conseguimento dell'obiettivo. Pertanto nel caso in cui vi siano più proposte la possibilità di individuare più soluzioni presuppone che sia data a tutti i concorrenti la possibilità di adeguare le proprie proposte in ordine agli aspetti evidenziati dall'amministrazione, nel rispetto del principio di non discriminazione.

Con tale modalità in sostanza vi è un primo nucleo di elementi di valutazione che viene individuato direttamente dall'amministrazione, il cui rispetto costituisce la base minima per il vero e proprio confronto, ed un secondo che scaturisce dalle soluzioni proposte, restando riservato all'amministrazione di enucleare gli elementi sui quali fondare la valutazione, consentendo ai concorrenti di formulare offerte conformi alle soluzioni emerse dal primo confronto.

In sostanza si tratta di anticipare alla fase di selezione del promotore quel "dialogo competitivo multiplo e flessibile, non limitato dalla struttura formalmente più rigida della licitazione privata" [38], che è riservato alla fase di negoziazione di cui all'art. 37-quater, comma 1 lett. b).

 


Note:

1 La proposta di modifica all'art. 37-ter così disponeva: "La pronuncia delle amministrazioni aggiudicatrici deve intervenire entro sei mesi dalla ricezione della proposta del promotore e deve valutare comparativamente le sole proposte eventualmente pervenute entro due mesi dalla pubblicazione dell'avviso relativo alla presentazione della prima proposta. Ove necessario, il responsabile del procedimento concorda per iscritto con il promotore un più lungo programma di esame e valutazione. Qualora una delle proposte presentate nei due mesi successivi alla pubblicazione dell'avviso risulti più conveniente della prima, le amministrazioni aggiudicatrici devono invitare il primo proponente ad adeguare la propria. In tal caso il primo proponente verrà designato come promotore; nel caso contrario, si passerà alla proposta più conveniente".

2 In tal senso R. De Nictolis, La nuova riforma dei lavori pubblici, in questa Rivista, 2002, 1294.

3 Determinazione n. 27/2002 del 16 ottobre 2002 "Prime indicazioni sulla applicazione della legge 1 agosto 2002 n. 166".

4 Cons. Stato, sez. V, 30 ottobre 1997, n. 1209, in Cons. Stato, 197, I, 1405; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 6 dicembre 1996, n. 586 e T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 29 novembre 1996, n. 1718 in TAR, 1997, I, 665 e 1997, I, 98.

5 Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 29 dicembre 1997, n. 2239 in TAR, 1998, II, 133; T.A.R. Calabria, Catanzaro, 22 dicembre 1997, n. 777 in questa Rivista, 1998, 164, nel senso che il procedimento di gara non è caratterizzato da più fasi autonome subprocedimentali, per cui la legge da applicare sarebbe solo quella in vigore al momento della definizione del procedimento, con conseguente rilievo dello jus superveniens.

6 In tal senso T.A.R. Milano, sez. III, 9 settembre 2003, n. 3724 che, sia pure con riferimento al regime anteriore all'entrata in vigore della L. n. 166/2002, ha ritenuto che ai fini dell'individuazione della disciplina applicabile in caso di successione di leggi nel tempo (nel caso di specie la questione riguardava la portata dell'art. 232, D.P.R. n. 554/99) occorre fare riferimento non tanto all'avviso quanto al bando pubblicato per indire la licitazione privata per la scelta dei soggetti che intendono competere con il promotore.

7 M. Zoppolato, Il project financing, in D. Tassan Mazzocco - C. Angeletti - M. Zoppolato, Legge quadro sui lavori pubblici (Merloni-ter) - Commento alla Legge 18 novembre 1998, n. 415, Milano, 1999, 572, rileva che "in presenza di un'opera già pianificata, la proposta privata assume la natura di stimolo ad un procedimento che la stessa amministrazione dovrebbe o comunque potrebbe avviare, eventualmente con le forme della concessione di costruzione e gestione: sicché la legge, anziché porre in essere un mezzo per avvalersi delle capacità propositive dei privati, rischia di rivelarsi come un vano tentativo di "scaricare" sui privati quei compiti (di studio della fattibilità e sostenibilità economica dell'opera) che spetterebbero invece alla p.a.".

8 L'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici con deliberazione 31 marzo 2004, n. 55, sembra estendere all'avviso i contenuti obbligatori previsti per gli avvisi ed i bandi di gara dall'art. 80 comma 7 del D.P.R. n. 554 del 1999.

9 Secondo L. Bellagamba, L'affidamento del project financing nei lavori pubblici, San Marino, 2003, 214, l'amministrazione non è vincolata alle indicazioni del programma, potendo valutare di pubblico interesse anche una proposta che se ne discosti.

10 "L'attività di asseverazione è volta quindi ad un esame critico ed analitico del progetto, in cui vengono valutati gli aspetti legati alla fattibilità dell'intervento, alla sua remuneratività ed alla capacità di generare flussi di cassa positivi" (atto di regolazione dell'Autorità del 18 luglio 2000, n. 34). Con il successivo atto di regolazione n. 14 del 5 luglio 2001, 2001 Q/183, "Precisazioni funzionali ad eliminare le remore alla piena operatività del sistema della finanza di progetto", l'Autorità ha chiarito il senso del riferimento contenuto nell'atto di regolazione n. 34/2000 agli elementi che formano oggetto dell'attività di asseverazione quali indicati nell'art. 85 del D.P.R. 554/99. Con la seconda determinazione l'Autorità ha precisato che taluni degli elementi di cui all'art. 85 del D.P.R. 554/99 possono non richiedere una specifica valutazione, bensì una mera indicazione dei dati di base inseriti nella proposta del promotore, che siano di riferimento per l'amministrazione al fine di individuare gli elementi da porre a base di gara per la scelta dell'offerta economicamente più vantaggiosa, in relazione alla diversa importanza delle opere e delle gestioni. Pertanto "le indicazioni di cui all'art. 85 del D.P.R. 554/99 non hanno carattere tassativo, non debbono essere cioè elementi che formino obbligatoriamente oggetto di valutazione nell'attività di asseverazione. L'ambito di questa valutazione può essere convenuto tra istituto di credito e promotore purché sia accertata la coerenza degli elementi tipici e necessari del piano dal punto di vista economico-finanziario. L'amministrazione potrà, ove lo ritenga, richiedere integrazioni all'asseverazione qualora in relazione alla tipologia del progetto presentato ravvisi la necessità di una valutazione ulteriore su particolari elementi".

11 Atto di regolazione n. 14 del 5 luglio 2001, cit.

12 Il Tribunale richiama T.A.R. Lombardia, Milano, 22 giugno 2000, n. 2036 e T.A.R. Sicilia, Palermo, 30 giugno 2004, n. 1358. Quest'ultima sentenza sancisce l'illegittimità della fissazione dei criteri valutativi successivamente alla conoscenza del contenuto dei progetti, in quanto in contrasto con i principi di correttezza che risultano applicabili anche alle procedure di project financing.

13 Determinazione dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici 22 gennaio 2003, n. 1, che richiama la precedente la determinazione n. 12 del 7 marzo 2000. L'Autorità ha specificato che "l'inserimento, nel bando di gara, di una clausola che obbliga tutti i partecipanti a redigere e presentare in sede di offerta la progettazione definitiva, nell'accezione di cui all'art. 16, comma 4, della L. n. 109/94 (e quindi comprensiva anche di elaborati non strettamente indispensabili nella fase relativa all'affidamento della concessione), oltre a non ritenersi compatibile - per tutte le sopra esposte argomentazioni - con l'attuale quadro normativo, reca con sé il concreto rischio di un'indebita restrizione di quel principio di libera concorrenza che mira a garantire nell'ambito degli appalti pubblici la massima partecipazione possibile da parte di tutti gli operatori qualificati presenti sul mercato, in quanto pone a carico dei soggetti interessati alla gara un onere supplementare - anche di ordine economico - e può costituire causa aggiuntiva di esclusione dalla procedura di aggiudicazione".

14 Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2002, n. 3916.

15 Precisa ancora la sentenza che la necessità di un centro di imputazione unitario non può trovare conferma né nell'ultima parte dell'art. 37-bis, secondo cui "i soggetti dotati di idonei requisiti tecnici ..." possono essere "eventualmente associati o consorziati con enti finanziatori e con gestori di servizi" né nell'art. 37-quater, comma 2, sulla vincolatività della proposta, in quanto "il termine associati non deve intendersi riferito all'istituto dell'ATI, ma all'eventuale collegamento, nelle forme ritenute più idonee, con enti finanziatori o gestori di servizi e perché il carattere impegnativo della proposta è garantito dalla sottoscrizione di tutti coloro che si propongono quali promotori".

16 Così Cons. Stato, sez. V, 5 settembre 2002, n. 4468, in questa Rivista, 2003, 324, con nota di M. Baldi. La sentenza muove dal presupposto dell'assimilazione dal punto di vista del regime giuridico dell'appalto alla concessione, sulla base della direttiva 93/37/CEE, che individua il tratto distintivo delle due figure contrattuali unicamente nella diversità della controprestazione dei lavori (consistente nella concessione unicamente nel diritto di gestire l'opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo - art. 1), cui consegue la piena applicabilità dell'art. 21 della direttiva 93/37/CEE. Il carattere di disposizione generale regolatrice delle modalità di partecipazione alle gare per l'affidamento della realizzazione di opere pubbliche dell'art. 21, in ragione di tale assimilazione, ne impone la piena operatività anche, come accade nel caso del project financing, quando l'amministrazione aggiudicatrice debba stipulare un contratto di concessione di lavori.

17 Determinazione 4 ottobre 2001 n. 20/2001 cit.

18 Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2004, n. 495, esclude la possibilità di accordare al promotore la facoltà di dimostrare anche in un momento successivo all'aggiudicazione il possesso dei requisiti e rileva che la mancata partecipazione alla procedura negoziale del promotore, o la sua esclusione per ragioni di ordine formale, non determinano l'arresto del procedimento e la necessità della sua rinnovazione fin dall'atto di iniziativa, ritenendo tale interpretazione in contrasto sia con lettera della legge sia con i principi generali della contrattualistica pubblica, "in quanto subordina la soddisfazione dell'interesse pubblico alla volontà ed ai comportamenti di soggetti che agiscono unicamente tutela di interessi privati".

19 Cfr. T.A.R. Lazio, Latina, 14 gennaio 2003, n. 1, in www.appaltiecontratti.it, che richiama la determinazione n. 20/2001 dell'Autorità per affermare la necessità del possesso dei requisiti richiesti per il concessionario al momento della indizione della gara, ma in altro passo della sentenza sostiene che i predetti requisiti devono essere posseduti dal promotore all'atto della gara negoziata (nel caso oggetto della sentenza la questione non era rilevante in quanto il possesso dei requisiti era stato dimostrato dopo l'aggiudicazione. Il riferimento alla procedura negoziata emerge nella parte in cui la sentenza considera irrilevante la semplice manifestazione di volersi associare solo dopo l'aggiudicazione della gara, perché non sorretta da una correlata dichiarazione dell'altra impresa con la quale associarsi formulata prima della procedura negoziata. Nel senso che il momento in cui il promotore deve essere qualificato anche come concessionario, non coincide con l'indizione della gara di cui all'art. 37-quater, lett. a) del comma 1, ma con quello che precede l'avvio della procedura negoziata di cui alla successiva lett. b), L. Bellagamba, L'affidamento del project financing nei lavori pubblici, cit., 168.

20 T.A.R. Umbria, 21 agosto 2002 n. 645. La sentenza richiama la determinazione dell'Autorità di vigilanza n. 4/2002, nella parte in cui consente al promotore di modificare la compagine sociale sino al momento dell'indizione del sub-procedimento negoziato, ma nel caso di specie, dopo la sub-fase endoprocedimentale di "allineamento" del promotore all'offerta scaturita all'esito della procedura di licitazione, veniva dato ingresso alla sub-fase conclusiva consistente nel confronto tra i due concorrenti (tramite un unico rilancio migliorativo basato sul parametro "dell'offerta economicamente aggiuntiva per l'acquisizione della proprietà dell'area edificabile", ai fini dell'aggiudicazione della concessione) ed in questa sub-fase, dopo l'assegnazione da parte dell'amministrazione di un termine per prendere visione dell'offerta migliorativa, depositare la documentazione relativa all'adeguamento dei parametri tecnici, economico-finanziari, convenzionali e gestionali e la documentazione necessaria a dimostrare il possesso dei requisiti di cui all'art. 98 del D.P.R. 554/1999, il promotore associava l'Azienda Trasporti Consorziale S.p.a. (A.T.C.), presentando la documentazione richiesta con riferimento alla nuova compagine.

21 La stessa sentenza citata nella nota che precede, sottolinea che in assenza di prescrizioni espresse, in sede di gara si deve sempre privilegiare, tra le diverse interpretazioni possibili, quella più favorevole all'ammissione delle imprese aspiranti e ad una scelta del contraente tra il maggior numero di offerte, nell'interesse pubblico connesso alla massima partecipazione ed alla probabilità di ottenere offerte finali più convenienti all'amministrazione. Tuttavia non sembra considerare che la posizione del promotore, in assenza di un bando, è regolata interamente dalla legge. Sul principio che privilegia l'interpretazione delle clausole del bando nel senso più favorevole all'ammissione delle offerte delle ditte concorrenti, cfr. Cons. Stato, 22 maggio 1998, n. 801, in Cons. Stato, 1998, 5-6, 988; Cons. Stato, sez. V, 31 marzo 1994, n. 236, in Giur. It., 1994, III, 1, 521.

22 Determinazione 4 ottobre 2001 n. 20, Oggetto: "Finanza di progetto", Rif: Q/178/c-AG 149-R/987/01.

23 Il TAR Toscana, con la sentenza in commento esclude che la valutazione comparativa tra più proposte (per individuare quelle di pubblico interesse) debba reputarsi subordinata ad una pregiudiziale verifica in ordine all'ammissibilità di ciascuna di esse. Tuttavia il riferimento è alla fattibilità sotto il profilo tecnico, gestionale e finanziario più che all'ammissibilità, in quanto la stessa sentenza esamina l'ammissibilità della proposta sotto il profilo soggettivo, ed oggettivo con specifico riferimento all'asserita incompletezza della documentazione amministrativa, alla completezza e regolarità delle dichiarazioni attestanti il possesso dei requisiti soggettivi, tecnici e finanziari previste dall'art. 75 del D.P.R. n. 554/1999, valutandola positivamente sul presupposto che la distinzione per struttura e funzione rispetto alla fase della procedura concorsuale per la scelta del concessionario, implica l'inestensibilità di prescrizioni a pena di esclusione applicabili nella gara per l'affidamento finale delle opere pubbliche.

24 Sui vari aspetti della discrezionalità, v. M. S. Giannini, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, Milano, 1939; V. Bachelet, L'attività tecnica della pubblica amministrazione, Milano 1967; V. Cerulli Irelli, Note in tema di discrezionalità e sindacato di legittimità, in Dir. Proc. Amm., 1984, 462 ss.; C. Marzuoli, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, Milano, 1985; G. Barone, (voce) Discrezionalità. I) Diritto amministrativo, in Enc. Giur., vol. IX, 1989, 8 e ss; F. Salvia, Attività amministrativa e discrezionalità tecnica, in Dir. Proc. Amm., 1992, 685; D. De Pretis, Valutazione amministrativa e discrezionalità tecnica, Padova, 1995.

25 M. S. Giannini, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, Milano, 1939, 63-64.

26 Cfr. F. Benvenuti, Introduzione al tema, in Potere discrezionale e controllo giudiziario, a cura di V. Parisio, Milano, 1998, 3; F. G. Scoca, Sul trattamento giurisprudenziale della discrezionalità, ibidem, 107; Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 1999, n. 601, che opera una distinzione tra la "opportunità" propria della valutazione di merito, che implica la possibilità di scelta tra più opzioni per il corretto perseguimento dell'interesse pubblico, e la "opinabilità" tipica della valutazione tecnica, in cui l'ambito soggettivo è quello proprio di ogni giudizio tecnico e concerne il fatto, non l'interesse pubblico. Sotto il profilo dell'incidenza del sindacato giurisdizionale in relazione alla discrezionalità tecnica ed in particolare sulla distinzione tra sindacato intrinseco forte e sindacato intrinseco debole, v. la recente pronuncia Cons. Stato, sez. VI, 1° ottobre 2002, n. 5156, in questa Rivista, 2003, 448 con note di commento di F. Agnino e M. Di Cagno.

27 L'Autorità chiarisce che il "valore tecnico ed estetico dell'opera progettata" assurge al ruolo di parametro di giudizio "centrale" quando la concessione non ha la prevalente finalità della gestione, ma anche (o forse soprattutto) quella di costruire l'opera, per cui la componente legata alla progettazione architettonica dell'opera da realizzare risulterà prevalente, come può accadere per piscine, ospedali, residenze per anziani, cimiteri, mentre lo stesso elemento potrà trovarsi ad assumere un peso percentualmente inferiore quando si dovranno soppesare le offerte relative ad appalti per la realizzazione di impianti a rete (pubblica illuminazione, distribuzione gas metano). Con la stessa determinazione n. 1/2002, l'Autorità individua le possibili migliorie al progetto posto a base di gara: soluzioni tecnologiche innovative, flessibilità dell'utilizzazione, contenimento dei consumi energetici, minore impatto ambientale, particolari tipologie di impianti, qualità dei materiali e delle finiture, semplicità di manutenzione.

28 Cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, 30 giugno 2004, n. 1358 nel senso che è tipica del project financing un'amplissima discrezionalità valutativa all'amministrazione procedente.

29 La proposta di modifica all'art. 37-ter così disponeva: "La pronuncia delle amministrazioni aggiudicatrici deve intervenire entro sei mesi dalla ricezione della proposta del promotore e deve valutare comparativamente le sole proposte eventualmente pervenute entro due mesi dalla pubblicazione dell'avviso relativo alla presentazione della prima proposta. Ove necessario, il responsabile del procedimento concorda per iscritto con il promotore un più lungo programma di esame e valutazione. Qualora una delle proposte presentate nei due mesi successivi alla pubblicazione dell'avviso risulti più conveniente della prima, le amministrazioni aggiudicatrici devono invitare il primo proponente ad adeguare la propria. In tal caso il primo proponente verrà designato come promotore; nel caso contrario, si passerà alla proposta più conveniente".

30 Cfr. Scognamiglio, Dei contratti in generale (Comm.), 157, nel senso che la prelazione possiede una sua caratteristica natura rientrando comunque negli accordi inerenti la formazione del contratto.

31 L. Bellagamba, in A. Massari - L. Bellagamba - M. Greco, La Merloni-quater - Commento alle innovazioni alla legge quadro sui LL.PP. introdotte dalla legge 1° agosto 2002 n. 166 ("Collegato Infrastrutture"), Rimini, 2003, 98.

32 Commissione CE, parere 2001/2182 C (2003) 3764, a titolo dell'art. 226 del trattato che istituisce la Comunità europea riguardo a talune disposizioni della L. n. 109/94 (c.d. legge-quadro in materia di lavori pubblici) e successive modificazioni e integrazioni.

33 La Commissione richiama in proposito la sentenza della Corte di Giustizia del 25 aprile 1996, Bus wallons, causa C-87/94.

34 La sentenza del TAR Toscana in commento sembra richiedere sia l'indicazione delle sub-categorie in cui si articola ogni profilo sia i criteri di graduazione dei giudizi.

35 Sulla direttiva, v. M. Protto, in Le novità sul governo del territorio a cura di F. Caringella - G. De Marzo, 1 ss., ed in particolare 10 sul dialogo competitivo.

36 Sul punto T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 2 luglio 2001, n. 4729, cit.: "le modifiche che, ai sensi dell'art. 37-quater comma 1 lett. a), l'amministrazione è legittimata ad apportare alla proposta di project financing possono consistere unicamente in lievi correttivi, non in interventi idonei ad alterare il quadro finanziario proposto dal promotore. Con la conseguenza che, qualora il progetto presenti profili che l'amministrazione giudica non coerenti con le funzioni da insediare e lo stralcio delle relative previsioni privi la proposta dei corrispondenti introiti finanziari, dovrà ritenersi integrata la presenza di elementi ostativi alla realizzazione dell'opera e la proposta non potrà giudicarsi di pubblico interesse".

37 Cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2002, n. 3916: "La proposta del promotore non può, quindi, essere valutata indipendentemente dal piano economico-finanziario e se questo risulta incongruo la proposta non può non essere valutata inidonea allo scopo". Il ruolo centrale il piano di finanziamento, la congruenza del quale rappresenta una condizione preliminare ed essenziale per garantire l'attendibilità della proposta e la sua concreta fattibilità, e la non suscettibilità di modifiche unilaterali dell'amministrazione ma solo di lievi correttivi, è pure evidenziato in T.A.R. Calabria, Catanzaro, 23 febbraio 2004, n. 449.

38 Cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 18 luglio 2002, n. 1547, cit., che ha confermato che le varianti ammissibili nella fase della procedura di licitazione non devono essere tali da snaturare il progetto, che resta il parametro sul quale effettuare le valutazioni comparative, mentre nella successiva fase negoziale è ammissibile un più ampio margine di intervento in quanto, in questa fase si apre un dialogo competitivo multiplo e flessibile sul progetto del promotore e quello (rectius le varianti) del concorrente risultato vincitore all'esito della fase precedente.

Autore: dott. Matteo Baldi - in "Urbanistica e appalti", 4/2005, p. 435