RESPONSABILITA' PER RITARDATA RESTITUZIONE DELLA COSA LOCATA: CORRISPETTIVO, RISARCIMENTO O RESTITUZIONE?

 

Commento alla sentenza Cassazione civile, sez. III, 15 maggio 2007 n. 11189

 

 

tratto da: "Danno e Responsabilità", 6 / 2008, p. 663

 

 

L'obbligazione di restituire la cosa locata non ha carattere sinallagmatico, ma consegue alla natura propria della locazione che è contratto a termine; essa nasce alla scadenza della locazione ed ha natura contrattuale, derivando dal contratto locativo. Corrispondentemente ha natura contrattuale la responsabilità per la ritardata riconsegna della cosa o per la trasformazione o il deterioramento di essa non dovuto all'uso.

La responsabilità del conduttore si estende ai danni che sono causalmente collegati alla sua condotta con esclusione di quelli riconducibili unicamente alla condotta del locatore. E' pertanto responsabile del danno consistente nella perdita di vantaggiose occasioni di vendita della cosa locata o nella risoluzione del contratto di vendita di essa il conduttore che, ritardando la riconsegna della cosa o riconsegnandola trasformata o deteriorata, ponga in essere le condizioni della perdita delle occasioni o della risoluzione della vendita.

 

 

L'Autore dubita che il diritto al corrispettivo dovuto in caso di ritardata restituzione della cosa locata (art. 1591 c.c.) sia da qualificarsi come ipotesi di risarcimento del danno, ritenendo più adeguata una lettura in termini di ultrattività del rapporto o in chiave restitutoria. Sottolinea, inoltre, il ruolo che il contratto assume, anche dopo la sua caducazione per scadenza o causa di risoluzione, nel determinare la quantificazione dell'equivalente pecuniario di una prestazione avente ad oggetto il godimento di un bene locato.

 

 

I fatti di causa

 

In vista dell'imminente scadenza di un contratto di locazione, un proprietario/locatore stipulava con un terzo soggetto un preliminare di vendita di un terreno, obbligandosi a consegnarlo sgombro da cose. Pur a fronte di inviti e diffide al rilascio, il conduttore continuava ad occupare oltre la durata contrattuale il fondo e neppure si curava di rimuovere alcuni manufatti ivi installati.

 

La mancata restituzione della cosa locata impediva al proprietario di adempiere le proprie obbligazioni ed induceva il promissario acquirente, inutilmente decorso il termine per la conclusione del definitivo, a chiedere al giudice competente di pronunciare la risoluzione del preliminare con condanna del promittente venditore alla "restituzione del doppio della caparra ed al risarcimento dei danni " [2] .

 

Questi i fatti. Ai fini dell'analisi che svolgeremo, merita attenzione un ulteriore dato di natura processuale: ricevuta la citazione, il convenuto estendeva il contraddittorio nei confronti del conduttore del fondo (il Comune di Roma), chiamandolo in causa onde essere garantito in caso di accoglimento delle domande dell'attore.

 

In primo grado il Tribunale dichiarava la risoluzione del contratto preliminare, condannava il promittente venditore al pagamento di "cento milioni " [3] ed il Comune a tenerlo indenne.

 

La sentenza veniva in parte riformata dalla Corte di Appello la quale, per quanto interessa, riteneva applicabile al rapporto locatizio la limitazione di responsabilità prevista dall'art. 1225 c.c.; in altre parole, il Comune era sì stato "negligente ", ma era da ritenersi "assolutamente imprevedibile " il comportamento del locatore consistente nell'assumere, nel preliminare di vendita, l'obbligazione di consegnare il terreno libero e sgombro [4] . Il capo della sentenza di condanna nei confronti del promittente venditore veniva confermato; era, invece, riformato quello relativo alla responsabilità del conduttore.

 

Il procedimento giungeva, dunque, dinanzi alla Suprema Corte con due sole parti in causa [5] : il convenuto ed il terzo chiamato, nella loro rispettiva qualità di locatore e conduttore. I quesiti che il ricorrente pone, tutti volti ad ottenere una pronuncia che dichiari non operativa la limitazione di cui all'art. 1225 c.c., possono essere così formulati: (i) l'obbligazione di restituire il bene oggetto di locazione e la conseguente responsabilità hanno natura contrattuale, o extracontrattuale? Inoltre, (ii) può ritenersi operante il criterio della prevedibilità del danno nelle ipotesi di responsabilità per ritardata restituzione della res locata?

 

Nel corso di queste note confronteremo le risposte fornite dalla Suprema Corte con lo stato dell'arte in dottrina e giurisprudenza. I ragionamenti che ne deriveranno saranno di stimolo per una breve riflessione sul ruolo (e sulla forza) del contratto nella fase della sua caducazione per scadenza.

 

 

Natura della responsabilità del conduttore per ritardata restituzione

 

La soluzione proposta dalla sentenza in commento si inserisce e conferma un orientamento pressoché granitico: l'obbligazione restitutoria del conduttore, secondo univoca interpretazione della dottrina [6] e della giurisprudenza [7] , ha natura contrattuale e, conseguentemente, è di natura contrattuale la responsabilità per inadempimento di questa obbligazione.

 

Per rinvenire soluzioni divergenti è necessario risalire addirittura agli anni cinquanta [8] , epoca in cui la giurisprudenza ha sostenuto la natura extracontrattuale dell'obbligazione di restituzione e della responsabilità che ne deriva. Il dato che faceva cadere in errore i giudici era costituito dalla considerazione per cui l'obbligazione restitutoria "sorge " [9] allorquando termina la locazione; posta questa premessa, attraverso un ragionamento sillogistico, la Suprema Corte affermava che fondamento della restituzione non poteva essere il contratto, ormai scaduto e dunque inadatto a produrre effetti, ma la mancanza di titolo a detenere la cosa al di là del termine di scadenza [10] . Di qui la natura extracontrattuale dell'obbligazione e della relativa responsabilità, in caso di violazione.

 

Una simile lettura si rivela sfuocata: la locazione è da ricondursi alla categoria dei contratti restitutori [11] , con ciò intendendosi quei rapporti in cui la restituzione, pur non essendo oggetto di un'obbligazione che possa considerarsi funzionalmente preordinata per l'attuazione o l'esecuzione del contratto, è conseguenza del venir meno del rapporto [12] . Caratteristica principale dei contratti restitutori è che l'obbligazione di restituzione ha carattere non sinallagmatico; ciò significa (soltanto) che il suo inadempimento non può produrre il venir meno del contratto ma non (anche) che questa si collochi al di là e fuori del rapporto [13] .

 

In altre parole, l'obbligazione di restituzione nasce dal contratto e più precisamente nel momento in cui il conduttore prende in consegna il bene [14] ; essa diviene però attuale ed esigibile allorquando il contratto viene meno a seguito della scadenza o al verificarsi di un'altra causa prevista dalla legge. Alla base della ormai superata interpretazione si poneva un errore di prospettiva: il confondere il piano della nascita e, dunque, dell'esistenza dell'obbligazione, con quello dell'efficacia e dell'esigibilità.

 

 

I rimedi: mora del debitore e risarcimento del danno

 

Una volta chiarito che la restituzione è prestazione oggetto di un'obbligazione contrattuale, risulta evidente che all'inadempimento consegue l'applicazione dei rimedi ordinari ex art. 1218 e ss. c.c. [15] Limitandoci all'ipotesi del ritardo [16] , vengono dunque in rilievo gli istituti della mora del debitore e del risarcimento del danno.

 

In dottrina e giurisprudenza non emergono profili problematici circa l'operatività del primo strumento di tutela; si discute, tuttavia, se sia necessaria un'intimazione per iscritto [17] o se, invece, la ritardata restituzione della cosa locata dia luogo ad un'ipotesi di mora automatica [18] . La risposta, che prescinde da possibili particolari pattuizioni contrattuali [19] , la si rinviene nel combinato disposto degli artt. 1182, comma 2, e 1219 c.c.; più precisamente, identificata la restituzione di un immobile nel cd. locus rei sitae, e dunque in un luogo diverso dal domicilio del creditore, sembra possa agevolmente concludersi che il locatore, per giovarsi degli effetti della mora, dovrà inviare richiesta scritta di adempimento.

 

Con riferimento alle modalità di consegna va ricordato che, pur non essendo necessario il rispetto di canoni formali, quali la sottoscrizione di un verbale [20] , neppure è sufficiente che il conduttore si limiti ad abbandonare la cosa locata, occorrendo, invece, un atto idoneo a far riacquistare il potere di fatto sulla res [21] ; ove, peraltro, il locatore non cooperi o rifiuti illegittimamente di ricevere in restituzione il bene, troveranno applicazione le norme sulla mora del creditore [22] .

 

Secondo strumento di tutela è il risarcimento del danno.

 

E' opinione condivisa [23] che l'art. 1591 c.c. prospetti due poste di danno: la prima, identificata nella mancata disponibilità della cosa a far data dalla scadenza del contratto sino alla effettiva riconsegna, legislativamente liquidata nel corrispettivo pattuito; la seconda rappresentata dall'eventuale maggior danno patito dal locatore in conseguenza del ritardo.

 

La disposizione in esame non risulta essere stata oggetto di dibattiti di carattere interpretativo; sembra, a nostro avviso, che il punto meriti maggiore attenzione [24] .

 

 

Il diritto al corrispettivo

 

L'art. 1591 c.c. recita che il conduttore in mora "è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna ".

 

Nelle sentenze e nelle opere di dottrina si legge che il locatore ha "comunque " diritto a questo corrispettivo [25] ; detto altrimenti, il conduttore non avrebbe la facoltà di provare che la controparte non ha subito alcun danno per il ritardo, o che tale danno è inferiore all'importo del canone di locazione [26] . Secondo l'opinione largamente maggioritaria la disposizione in esame identifica un'ipotesi di liquidazione del danno ope legis che prescinde in modo assoluto dall'esistenza e dall'entità del pregiudizio effettivamente sofferto dal locatore [27] .

 

La natura e la funzione risarcitoria di questa somma, per quanto consta, non sono discusse; una lettura approfondita permette però di imbattersi in considerazioni che non sembrano porsi esattamente in linea con questa qualificazione. Ad esempio, alcuni autori, che pure non sembrano manifestare dubbi sul carattere risarcitorio di questo corrispettivo, affermano che, in virtù della costituzione in mora, il contratto scaduto si considera "come se fosse ancora in vigore " [28] ; altri descrivono come priva di senso l'opinione secondo cui la decorrenza del termine finale della locazione vale a "precludere ipso iure ogni effetto destinato ad esplicarsi in un tempo successivo " [29] ; altri ancora, infine, ritengono l'obbligazione del corrispettivo "effetto del sinallagma di fatto ancora operante " [30] .

 

Detto più chiaramente, a dispetto del tenore della rubrica [31] dell'articolo, non sembra azzardato interrogarsi se più che di fronte ad un'obbligazione risarcitoria [32] , ci troviamo (ancora) dinanzi all'obbligazione principale di dare il corrispettivo; se, in altri termini, la ritardata restituzione della cosa locata disciplinata nell'art. 1591 c.c. dia luogo ad una sorta di proiezione o ultrattività del contratto, oltre la propria scadenza [33] .

 

La domanda che ci poniamo è solo in parte nuova; chi per primo ha il merito di averla posta non si è però curato di risolverla adeguatamente, forse ritenendola mera questione accademica, poco rilevante sotto il "profilo pratico " [34] . La rilevanza pratica è la seguente: l'ultrattività del contratto è limitata al diritto al corrispettivo o investe il rapporto, in tutto o in parte? Quale, ad esempio, la sorte delle obbligazioni ed altri vincoli [35] nascenti dal contratto di locazione? Il riferimento è, non solo, alle obbligazioni di non mutare la destinazione e di usare la diligenza del buon padre di famiglia poste a carico del conduttore, ma anche alle obbligazioni di manutenzione, di pagare le indennità previste ex art. 1592 c.c., piuttosto che alla garanzia per molestie. Può ritenersi che sopravvivano?

 

Si pensi, poi, alla clausola generale di buona fede [36] . In dottrina vi è stato chi ha proposto di rompere i margini della fase di esecuzione e di ritenere la stessa operante anche in momenti successivi allo scioglimento del contratto [37] . Può, dunque, questa interpretazione applicarsi anche al caso in esame?

 

Lo spazio di queste brevi note non permette di fornire adeguata ed argomentata risposta ad ogni singola questione [38] ; l'interesse per l'eventuale permanenza in vita della singola obbligazione menzionata, in ogni caso, a nostro avviso, sfuma ed è assorbito da una considerazione di più ampia portata.

 

Ratio dell'art. 1591 c.c. e sua (possibile) rilevanza nella disciplina delle obbligazioni restitutorie di prestazioni non restituibili in natura

 

Fingiamo per un attimo che nel codice non ci sia l'art. 1591 e proviamo ad interrogarci su quali potrebbero essere gli strumenti a disposizione del locatore per recuperare l'equivalente del godimento del bene locato.

 

Una prima via potrebbe essere quella di prospettare un danno risarcibile sulla base del combinato disposto degli artt. 1218 e 1590 c.c. Tale soluzione potrebbe però comportare problemi di prova a carico del locatore e condurre, come è stato osservato, a ritenere dimostrata una limitata diminuzione di valore [39] .

 

Permarrebbe, a nostro avviso, un'altra ipotesi da esaminare: quella di servirsi dei rimedi restitutori. La ripetizione dell'indebito, come ci ha spiegato da tempo autorevole dottrina, è però costruita sull'archetipo della restituzione di una res materiale esistente [40] e non è facilmente adattabile alla restituzione di un godimento; rimarrebbe, forse, la via dell'azione sussidiaria di arricchimento, istituto che neppure si è mostrato capace di superare le problematiche relative al giudizio di equivalenza in denaro della diminuzione patrimoniale [41] .

 

Questa premessa, che muove da un ragionamento per assurdo, vuole mettere adeguatamente in luce che l'art. 1591 c.c., che ha ad oggetto fattispecie in cui, venuto meno il contratto per scadenza o altra causa (eventualmente di risoluzione), il conduttore continua a godere di utilità di carattere economico non restituibili in natura, individua nel contratto (pur scaduto) la regola di conversione da applicare per far recuperare al locatore l'equivalente del godimento del bene locato.

 

Ancor più che la qualificazione del corrispettivo come prestazione principale, ovvero come risarcimento o, addirittura, restituzione, interessa qui una diversa considerazione: quella secondo cui l'art. 1591 c.c. affida al contratto il compito di regolare la sistemazione dei rapporti di debito/credito che pur originano quando lo stesso è ormai venuto meno [42] .

 

Un esempio consentirà di intendere le possibili implicazioni di questa lettura [43] .

 

Da alcuni anni la dottrina dedica sempre maggiore attenzione alla tematica delle restituzioni da caducazione del contratto [44] . L'atteggiamento, in genere, della giurisprudenza consiste nel celarsi dietro la massima secolare secondo cui ogni qual volta nell'ambito di un rapporto contrattuale venga acclarata la mancanza ab initio o sopravvenuta della causa acquirendi, quanto in quello di qualsiasi altra causa che faccia venire meno un vincolo originariamente esistente (si legga, l'ipotesi della scadenza), l'azione accordata dall'ordinamento per ottenere la restituzione di quanto prestato è quella di ripetizione di indebito oggettivo [45] .

 

A questa lettura fa eco la dottrina maggioritaria che propone, salvo taluni più recenti correttivi [46] , un'interpretazione della condictio quale clausola generale capace di fondare la ripetizione di ogni prestazione non più sorretta da una causa giustificatrice [47] . In antitesi all'opinione dominante si sono levate voci che propongono di collocare nel contratto le obbligazioni restitutorie [48] .

 

In sintesi: si ritiene di segnalare che la ricerca (ancora in corso) di una soddisfacente soluzione passa anche per il ruolo che si vorrà attribuire alla disposizione in esame. Ove, eventualmente per le sole ipotesi di (ritardata) restituzione conseguente a risoluzione del contratto, si giunga a leggere la dazione del corrispettivo contrattuale quale restituzione per equivalente di una prestazione avente ad oggetto il godimento di una cosa locata [49] , l'art. 1591 c.c. potrebbe costituire un rilevante punto d'appoggio per l'interprete che, addentrandosi nel mondo delle restituzioni da caducazione, voglia offrire sostegno a quell'interpretazione (ad oggi) minoritaria che valorizza il contratto anche nella sua fase di scioglimento [50] e cerca in questo le coordinate per meglio governare e modulare le obbligazioni restitutorie.

 

Il punto necessita di ben altro spazio di approfondimento, ma la disposizione in materia di locazione potrebbe indurre ad utilizzare il contratto quale strumento per identificare il valore per equivalente di altre prestazioni non restituibili in natura, quali quelle di fare [51] o non fare o, ancora, quelle aventi ad oggetto un bene consumato. Come a dire: il contratto caducato non (sempre) scompare [52] .

 

 

Il maggior danno

 

Terminata questa breve digressione, permane un'ultima considerazione: la ritardata restituzione della cosa locata può dar luogo al risarcimento di un danno ulteriore [53] .

 

Trattandosi, come si è detto, di danno contrattuale, questo sarà regolato dalle disposizioni generali degli artt. 1223 e ss. c.c. Ciò significa che il conduttore potrà essere chiamato a risarcire sia il danno emergente che il lucro cessante.

 

La lettura dei casi affrontati dalla giurisprudenza mostra che il danno emergente potrà consistere, ad esempio, nel pagamento del doppio della caparra confirmatoria che l'acquirente della cosa locata o il nuovo conduttore abbiano versato al venditore/locatore in vista della disponibilità della cosa; sarà danno emergente anche il pagamento di una penale per l'inadempimento o per il solo ritardo nell'adempimento cui il locatore si sia obbligato nei confronti dell'acquirente, del nuovo conduttore, o di terzi soggetti [54] .

 

Oltre alla perdita subita, costituirà danno il mancato guadagno che, nei casi di ritardata restituzione, sarà generalmente rappresentato dalla privazione dei maggiori profitti che il locatore avrebbe conseguito dalla nuova locazione, piuttosto che dalla mancata alienazione ad un prezzo conveniente [55] .

 

Il problema a questo punto è: quali delle voci indicate, che costituiscono certamente diminuzioni di valore del patrimonio del danneggiato, sono poste di danno risarcibile? La risposta la si trova tramite applicazione dei criteri cd. limitativi [56] .

 

Riprendendo in esame le due poste indicate a titolo di lucro cessante, è stato ritenuto danno risarcibile in quanto conseguenza immediata e diretta la perdita del maggior corrispettivo di una nuova locazione e non, invece, il danno da mancata alienazione [57] .

 

Se non vi sono dubbi circa la necessità di utilizzare il criterio della causalità previsto dall'art. 1223 c.c. [58] , ben più discutibile è l'opportunità di ritenere operante quello della prevedibilità. Come è noto, l'art. 1225 c.c., ad eccezione che nei casi di dolo, limita il danno risarcibile a quello che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l'obbligazione [59] .

 

Parte della dottrina interpreta questa regola ritenendo che il giudizio vada collocato al momento della conclusione del contratto, essendo questo il tempo in cui sorge l'obbligazione restitutoria [60] ; altri autori e la più recente giurisprudenza [61] valutano, invece, la prevedibilità del danno con riferimento al momento in cui tale obbligazione diviene attuale ed esigibile.

 

Fermo restando che quest'ultima lettura può vantare un pregevole argomento storico [62] , non può non evidenziarsi che simili valutazioni dovrebbero essere sviluppate nei soli casi di inadempimento colposo e, posto che per dolo deve intendersi non solo il cd. dolo intenzionale, ma anche il cd. dolo eventuale [63] , andrà dichiarata la non operatività del limite in esame ogni qual volta si dimostri che, pur non avendo voluto danneggiare il locatore, il conduttore abbia previsto ed accettato il danno come possibile conseguenza [64] .

 

Tornando al caso di specie, in cui la pubblica amministrazione era stata addirittura diffidata al rilascio alcuni mesi prima della scadenza del contratto, non pare davvero che potesse operare il limite della prevedibilità. Di più: la ritardata restituzione della cosa locata, almeno secondo l'id quod plerumque accidit e dunque salvo prova contraria, presuppone in genere la volontarietà dell'omissione del conduttore e, per conseguenza, l'esclusione del criterio previsto dall'art. 1225 c.c.

 

Criterio che non viene preso in considerazione nel testo della sentenza, ma che, a nostro avviso, avrebbe invece potuto influire sulla decisione in commento, è quello dell'art. 1227 c.c. [65]

 

Non è possibile, in mancanza di dati (non ultimo cronologici) più puntuali, immaginare una sua concreta applicazione nel caso in esame. Rimane la considerazione che in situazioni in cui il locatore abbia avuto notizia della volontà (pur illecita) del conduttore di non restituire l'immobile, sembra legittimo dubitare che possa costituire posta di danno integralmente risarcibile, specie se a titolo di danno emergente, l'eventuale diminuzione patrimoniale che sia stata cagionata dalla condotta del locatore [66] .

 

Autore: Luca Guerrini [1] 

 

Note:

 

1) Assegnista di ricerca nell'Università degli Studi di Genova.

2) Questo quanto riportato in sentenza. In mancanza degli atti di causa non è possibile ricostruire se la domanda svolta dall'attore sia stata di risoluzione del contratto (cui consegue ex artt. 1453 e 1458 c.c. la restituzione della caparra ed il risarcimento del danno, ove provato) ovvero se il promissario acquirente si sia avvalso ex art. 1385, comma 2, c.c. del diritto di recesso (in questo caso dovendosi identificare nel doppio della caparra l'ammontare della somma che può essere richiesta a titolo di risarcimento). La ricostruzione è, per giunta, resa più ardua dalla presenza, nel testo della motivazione, di un riferimento ad una clausola risolutiva espressa; non può escludersi che la risoluzione del contratto sia, dunque, da qualificarsi di diritto ove avvenuta a mezzo della dichiarazione prevista dall'art. 1456 c.c. Sul rapporto e la scelta, in presenza di caparra confirmatoria, tra esercizio del diritto di recesso e generale azione di risoluzione per inadempimento si veda, su tutti, V. Roppo, Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di G. Iudica e P. Zatti, Milano, 2001, 551 ss. Sugli istituti della clausola risolutiva espressa e della caparra v. i contributi di M. Dellacasa, La clausola risolutiva espressa, in Trattato del contratto, diretto da V. Roppo, Rimedi-2, a cura di V. Roppo, Milano, 2006, 295 ss.; M. Grondona, La clausola risolutiva espressa, Milano, 1998; M. Dellacasa, La caparra confirmatoria, in Trattato del contratto, diretto da V. Roppo, Rimedi-2, a cura di V. Roppo, Milano, 2006, 349 ss.

3) Come si anticipava nella nota precedente, non è dato capire se la somma indicata (cento milioni di lire) sia il doppio della caparra versata (e, dunque, esito di una domanda ex art. 1385, comma 2, c.c.), ovvero il risultato della sommatoria della restituzione della caparra versata e del risarcimento del danno (e, dunque, esito di una domanda ex art. 1385, comma 3, e 1453 c.c.).

4) Nello svolgimento del processo è testualmente riportato il passo della Corte: "certamente il Comune di Roma deve rispondere del proprio inadempimento, ma solo dei prevedibili danni da questo derivanti e non certo di impegni imprudentemente assunti dai locatori ".

5) Anche se non vi è traccia nella sentenza, si può ipotizzare che l'attore abbia ottenuto integrale soddisfazione o che, quantomeno, sia passato in giudicato il capo della sentenza a questo favorevole.

6) Cfr. A. Tabet, voce "Locazione (in generale) (Diritto civile) ", in Noviss. dig. it., IX, Torino, 1963, 996; G. Mirabelli, La locazione, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da F. Vassalli, VII, 4, Torino, 1972, 477 ss.; A. Tabet, La locazione-conduzione, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu e F. Messineo, XXV, Milano, 1972, 467; G.S. Coco, voce "Locazione (dir. priv.) ", in Enc. dir., XXIV, Milano, 1974, 982; R. Miccio, La locazione, in Giurisprudenza sistematica civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, Torino, 1980, 191 ss.; G. Provera, Locazione. Disposizioni generali, Art. 1571-1606 c.c., in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, 1980, 305 ss.; A. Bucci - E. Malpica - R. Redivo, Manuale delle locazioni, Padova, 1989, 133 ss.; B. Inzitari, voce "Locazione: I) Diritto civile ", in Enc. giur., XIX, Roma, 1990, 1 ss.; P. Zannini, voce "Locazione ", in Dig. disc. priv., sez. civ., XI, Torino, 1994, 109; A. Luminoso, I contratti tipici e atipici, in Trattato di diritto privato, a cura di G. Iudica e P. Zatti, Milano, 1995, 520; G. Grasselli, La locazione di immobili nel codice civile e nelle leggi speciali, Padova, 1999, 266; G. Gabrielli - F. Padovini, La locazione di immobili urbani, Padova, 2001, 455 ss.; A. Mazzeo, Il danno risarcibile in materia di locazione, in Il diritto civile nella giurisprudenza, a cura di P. Cendon, I danni risarcibili nella responsabilità civile, II, I danni da inadempimento, Torino, 2005, 483; G. Trifone, La locazione: disposizioni generali e locazioni di fondi urbani, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, XII, Obbligazioni e contratti, 4, Torino, 2007, 74.

7) Cfr., da ultimo, Cass. 8 gennaio 2005, n. 268, in Guida al dir., 2005, IX, 89; Cass. 16 dicembre 2004, n. 23450, ivi, 2005, IV, 78; Cass. 2 dicembre 2004, n. 22669, ivi, 2005, II, 68; Cass. 30 luglio 2004, n. 14624, in Foro it., 2005, I, 114; Cass. 22 luglio 2004, n. 13628, in Giur. it., 2005, 1155, con nota di Gandolfi; Cass. 16 giugno 2004, n. 11328, in Guida al dir., 2004, XXXII, 72; Cass. 30 marzo 2004, n. 6290, ivi, 2004, XX, 70; Cass. 18 aprile 2003, n. 6285, ivi, 2003, XXII, 60; Cass. 1 luglio 2002, n. 9545, in Giur. it., 2003, 879, con nota di Boggiano; Cass. 23 maggio 2002, n. 7546, ivi, 2003, 680 con nota di Petri; Cass. 2 marzo 2000, n. 2328, ivi, 2000, 1788, con nota di Zuccaro.

8) Cass. 29 febbraio 1952, n. 564, in Foro it., 1953, I, 153, con nota di Bianco; Cass. 11 maggio 1954, n. 1487, in Foro it., Rep. 1954, voce "Locazione ", n. 191; Cass. 26 ottobre 1956, n. 3954, ivi, Rep. 1956, voce "Locazione ", n. 174; Cass. 27 marzo 1958, n. 1019, in Foro it., 1958, I, 1984; Cass. 28 marzo 1958, n. 1051, ivi, 1959, I, 114, con nota di Stolfi; Cass. 23 gennaio 1959, n. 169, in Foro it., Rep. 1959, voce "Locazione ", n. 104. L'indirizzo è mutato a partire da Cass. 25 gennaio 1960, n. 61, in Foro it., 1960, I, 383, con nota di Tabet e Cass. 27 gennaio 1960, n. 89, in Foro pad., 1960, I, 132.

9) In questo senso anche D. Barbero, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, II, Torino, 1958, 354 che, pur tuttavia, contrariamente a quanto si legge nelle successive citazioni di molti autori, non sembra aderire alla tesi della responsabilità extracontrattuale.

10) Ricostruisce in questi termini la tesi in esame, A. di Majo, La tutela civile dei diritti, Milano, 2003, 355.

11) Cfr., tra gli altri, A. Tabet, La locazione-conduzione, cit., 467; G. Provera, Locazione. Disposizioni generali, Art. 1571-1606 c.c., cit., 305-306; A. Luminoso, I contratti tipici e atipici, cit., 519.

12) Così testualmente A. Dalmartello, Appunti in tema di contratti reali, contratti restitutorii e contratti sinallagmatici, in Riv. dir. civ., 1955, I, 817 ss., in partic. 836.

13) Cfr. nuovamente A. Tabet, La locazione-conduzione, cit., 473; G. Provera, Locazione. Disposizioni generali, Art. 1571-1606 c.c., cit., 308.

14) Sulla necessità della precorsa apprensione v. nuovamente A. Dalmartello, Appunti in tema di contratti reali, contratti restitutorii e contratti sinallagmatici, cit., 825. L'A. precisa (852) che l'obbligazione restitutoria scaturisce e deriva da una previa attribuzione di durata limitata, a favore dell'obbligato, quale "indice od espressione del limite cronologico, inerente ed immanente all'attribuzione; mai contropartita dell'attribuzione stessa ". Cfr. anche R. Miccio, La locazione, cit., 192; G. Gabrielli - F. Padovini, La locazione di immobili urbani, cit., 443.

15) Sul punto v. G. Visintini, Inadempimento e mora del debitore, in Il codice civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger, continuato da F.D. Busnelli, Milano, 2006.

16) Altre forme di inadempimento sono l'inadempimento radicale e definitivo (ad es. mancata restituzione per perimento del bene imputabile al conduttore) o l'adempimento inesatto (ad es. restituzione di un bene deteriorato). Tali fattispecie sono approfondite da A. Tabet, La locazione-conduzione, cit., 473 ss.

17) In questo senso, Cass. 15 ottobre 1997, n. 10115, in Foro it., 1998, I, 1205, secondo cui "la costituzione in mora del conduttore - necessaria (art. 1219 c.c.) per gli obblighi risarcitori previsti dall'art. 1591 c.c. - si determina, sia nel caso di risoluzione giudiziale del contratto (art. 1458, comma 1, c.c.), sia nel caso di risoluzione di diritto (art. 1456 e 1457 c.c.) dalla proposizione della domanda ". In dottrina, v. A. Tabet, La locazione-conduzione, cit., 473; B. Inzitari, voce "Locazione: I) Diritto civile ", cit., 9.

18) Così l'indirizzo maggioritario tra cui v. Cass. 19 luglio 2002, n. 10560, in Giur. it., 2003, 1352, con nota di Guida, secondo cui il conduttore, nel caso in cui non restituisca l'immobile locato, deve essere considerato in mora, ai sensi dell'art. 1591 c.c., sin dal giorno della scadenza legale o convenzionale del contratto. In dottrina aderiscono G. Provera, Locazione. Disposizioni generali, Art. 1571-1606 c.c., cit., 310 (il quale non manca nella nota 13 di sollevare alcune perplessità); G. Grasselli, La locazione di immobili nel codice civile e nelle leggi speciali, cit., 273.

19) Ove infatti le parti stabiliscano che luogo di restituzione è il domicilio del creditore, si avrà costituzione automatica ex art. 1219, comma 2, n. 3), c.c.

20) Cfr. Cass. 24 marzo 2004, n. 5841, in Rass. loc. cond., 2005, 99, con nota di De Tilla.

21) Cass. 12 aprile 2006, n. 8616, in Foro it., Rep. 2006, voce "Locazione ", n. 148, afferma che l'obbligazione di restituzione dell'immobile locato non si esaurisce in una qualsiasi generica messa a disposizione delle chiavi, ma richiede, per il suo esatto adempimento, un'attività consistente in una incondizionata restituzione del bene, vale a dire in un'effettiva immissione dell'immobile nella sfera di concreta disponibilità del locatore. In questo senso A. Tabet, La locazione-conduzione, cit., 472; G. Provera, Locazione. Disposizioni generali, Art. 1571-1606 c.c., cit., 309; G. Mirabelli, La locazione, cit., 486.

22) Nuovamente Cass. 12 aprile 2006, n. 8616, cit., recita: "qualora venga a mancare la cooperazione del locatore, si rende necessaria, ai fini della liberazione dagli obblighi connessi alla mancata restituzione, un'offerta fatta a norma dell'art. 1216 c.c., e grava sul conduttore, quale debitore della prestazione, la prova positiva di tale attività ". Cass. 27 aprile 2004, n. 7982, in Foro it., Rep. 2004, voce "Locazione ", n. 123, precisa che gli effetti liberatori conseguono solo alla riconsegna dell'immobile al sequestratario nominato. V., infine, Cass. 10 febbraio 2003, n. 1941, in Giur. it., 2003, 1574, con nota di Sorrentino, secondo cui un'eventuale offerta non formale ex art. 1220 c.c., oltre ad impedire l'applicabilità della mora del debitore, preserva il conduttore dalla sola responsabilità per il ritardo e, quindi, esclude il solo obbligo di corrispondere al locatore, a titolo risarcitorio, il maggior danno (in questo senso, da ultimo, v. anche Cass. 7 giugno 2006, n. 13345, in Arch. loc., 2007, 87).

23) Valga il generale riferimento agli autori citati nella precedente nota 5.

24) In questo senso già R. Miccio, La locazione, cit., 201.

25) Così R. Miccio, La locazione, cit., 195; G. Provera, Locazione. Disposizioni generali, Art. 1571-1606 c.c., cit., 319.

26) Cfr. Cass. 7 giugno 1995, n. 6368, in Arch. locazioni, 1995, 814; G. Mirabelli, La locazione, cit., 484; A. Tabet, La locazione-conduzione, cit., 478; G. Gabrielli - F. Padovini, La locazione di immobili urbani, cit., 458; G. Trifone, La locazione: disposizioni generali e locazioni di fondi urbani, cit., 77.

27) Così G. Provera, Locazione. Disposizioni generali, Art. 1571-1606 c.c., cit., 320. In dottrina molti autori si esprimo in termini pressoché identici; cfr. G. Mirabelli, La locazione, cit., 485 ("limite minimo di liquidazione "); A. Tabet, La locazione-conduzione, cit., 477 ("liquidazione legale minima "); A. Luminoso, I contratti tipici e atipici, cit., 521 ("penale ex lege "); G. Gabrielli - F. Padovini, La locazione di immobili urbani, cit., 458 e A. Mazzeo, Il danno risarcibile in materia di locazione, cit., 485 ("liquidazione automatica del danno "); G. Trifone, La locazione: disposizioni generali e locazioni di fondi urbani, cit., 77 ("determinazione legale del danno ").

28) Così A. Tabet, voce "Locazione (in generale) (Diritto civile) ", cit., 1024 che proseguendo (1025) osserva che a poco vale obiettare che il contratto è scaduto "giacché finiti ne sono gli effetti di godimento, ma il contratto esiste quale realtà storica anche quando è terminato ". In questo senso anche A. Bucci - E. Malpica - R. Redivo, Manuale delle locazioni, cit., 141, che ritengono l'art. 1591 c.c. produttivo di una "protrazione legale del rapporto fino alla materiale riconsegna del bene, ferma restando la responsabilità del conduttore per la violazione dell'obbligo di tempestiva riconsegna ".

29) Vedi P. Zannini, voce "Locazione ", cit., 109.

30) Cfr. G.S. Coco, voce "Locazione (dir. priv.) ", cit., 981.

31) Sul valore della rubrica legis v. G. Tarello, L'interpretazione della legge, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu e F. Messineo, continuato da L. Mengoni, Milano, 1980, 101; M. Dellacasa, Sulle definizioni legislative nel diritto privato. Fra codice e nuove leggi civili, Torino, 2004, passim, in partic. 98 ss. Utilizza questo canone interpretativo, proprio con riferimento all'art. 1591 c.c., G. Provera, Locazione. Disposizioni generali, Art. 1571-1606 c.c., cit., 320.

32) Così Cass. 7 febbraio 2006, n. 2525, in Contratti, 2006, 973, "il conduttore che continua ad occupare l'immobile dopo la cessazione del contratto non adempie all'obbligazione di dare il corrispettivo nei termini convenuti ai sensi dell'art. 1587, n. 2, c.c., bensì risarcisce un danno da mora, così adempiendo ad un'obbligazione risarcitoria che si sostituisce a quella contrattuale ". In questo senso, v. anche Cass. 24 maggio 2003, n. 8240, in Foro it., Rep. 2003, voce "Locazione ", n. 145.

33) Non mancano riscontri anche in giurisprudenza. V., ad esempio, Cass. 10 febbraio 2003, n. 1941, cit., ove il Supremo Collegio afferma che "il pagamento del solo canone [è] correlato al fatto stesso del permanere del conduttore nella detenzione della cosa e dovuto in forza di un rapporto ex lege, geneticamente collegato a quello contrattuale, del quale peraltro ripete solo l'essenza minimale ". Ben più esplicita, Cass. 9 novembre 1993, n. 11055, in Foro it., Rep. 1993, voce "Locazione ", n. 164 secondo cui il conduttore in mora nella restituzione della cosa locata "continua a godere del bene in base al rapporto contrattuale ".

34) Il riferimento è a R. Miccio, La locazione, cit., 195 che, dopo essersi interrogato su quale sia il titolo che, in caso di ritardata restituzione, giustifica la corresponsione del corrispettivo a favore del locatore, liquida la questione affermando che il problema "poco importa sotto il profilo pratico ".

35) Si richiama il contributo di P. Schlesinger, Riflessioni sulla prestazione dovuta nel rapporto obbligatorio, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1959, 1275 secondo cui può parlarsi di vincolo obbligatorio soltanto quando la realizzazione dell'utilità perseguita dal creditore sia collegata da una relazione strumentale ad un comportamento del soggetto obbligato. Si è dunque preferito scindere il riferimento ad obbligazioni ed altri vincoli a carattere non necessariamente obbligatorio.

36) Sul punto, tra tutti, cfr. And. D'Angelo, La buona fede, in Trattato di diritto privato, diretto da M. Bessone, XIII, Il contratto in generale, IV**, Torino, 2004, 2 ss. ove l'A., sottolineati i larghi spazi di indefinizione del precetto, afferma che l'ambito applicativo dell'art. 1375 c.c. non sembra circoscritto alla disciplina dell'adempimento.

37) Cfr. M. Bessone - And. D'Angelo, voce Presupposizione, in Enc. dir., XXXV, Milano, 1986, 346.

38) Il punto risulta trattato soltanto da A. Bucci - E. Malpica - R. Redivo, Manuale delle locazioni, cit., 140, i quali "per una certa simmetria sistematica " ritengono che alla persistenza degli obblighi del conduttore debba far riscontro una permanenza degli obblighi del locatore.

39) Sulla problematicità di definire il corrispettivo quale posta di danno v. R. Miccio, La locazione, cit., 197, cui (199-200) si rinvia per la formulazione di un'ipotesi in cui alla ritardata restituzione non consegue alcun danno.

40) Il riferimento è al noto passo di P. Rescigno, voce Ripetizione dell'indebito, in Noviss. dig. it., XV, Torino, 1968, 1224, in partic. 1226, secondo cui il nostro legislatore è rimasto fermo ad una concezione della condictio "orientata alla cosa " e perciò limitata alle prestazioni indebite di dare. Aderisce, di recente, a questa interpretazione D. Carusi, Le obbligazioni nascenti dalla legge, in Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, diretto da P. Perlingieri, III, 15, Napoli, 2004, 228 e ss., in partic., 231.

41) Per una diffusa analisi del problema della conversione in denaro di una prestazione non restituibile si vedano E. Moscati, in L. Aru - E. Moscati - P. D'Onofrio, Delle obbligazioni, Artt. 2028 - 2042 c.c., in Comm. Scialoja Branca, Bologna-Roma, 1981, 169-176; nonché P. Trimarchi, L'arricchimento senza causa, Milano, 1962, 136.

42) La disposizione in esame, così interpretata, permette un parallelo con l'art. 2126 c.c.: si tratta di due fattispecie in cui situazioni in vario senso acontrattuali sono regolate da previsioni contrattuali. Sul punto si veda D. Maffeis, Contratti illeciti o immorali e restituzioni, Milano, 1999, 57 ss. nonché D. Carusi, Le obbligazioni nascenti dalla legge, cit., 234 ss.

43) Per un collegamento tra risoluzione e contratto di locazione si veda V. Roppo, Il contratto, cit., 948, ove l'A. interpreta l'art. 1591 c.c. quale testimonianza di una possibile "ultrattività del rapporto contrattuale anche dopo il fatto risolutorio ".

44) Cfr., di recente, E. Bargelli, "Sinallagma rovesciato " e ripetizione dell'indebito. L'impossibilità della restitutio in integrum nella prassi giurisprudenziale, in Riv. dir. civ., 2008, I, 87; E. Moscati, Caducazione degli effetti del contratto e pretese di restituzione, ivi, 2007, 435; Id., Questioni vecchie e nuove in tema di ingiustificato arricchimento e pagamento dell'indebito, in Il diritto delle obbligazioni e dei contratti: verso una riforma, Atti del convegno di Treviso, 23-25 marzo 2006, ivi, 2006, 459; B. Schmidlin, La caducità del contratto e le azioni di restituzione: il contratto risolto: caduco o sopravvivente?, in Caducazione degli effetti del contratto e pretese di restituzione, a cura di L. Vacca, Torino, 2006, 161; S. Pagliantini, La risoluzione dei contratti di durata, Milano, 2006; E. Moscati, Verso il recupero dei "quasi contratti "? (Le obbligazioni restitutorie dal contratto ai "quasi contratti "), in Valore della persona e giustizia contrattuale. Scritti in onore di Adriano De Cupis, Milano, 2005, 192; A.M. Benedetti, Chi esegue male si tiene il compenso? La retroattività della risoluzione nei contratti professionali, in questa Rivista, 2005, 519; D. Carusi, Le obbligazioni nascenti dalla legge, cit.; A. di Majo, La teoria del saldo e la irripetibilità delle prestazioni, in Corr. giur., 2004, 1503; D. Maffeis, Responsabilità medica e restituzione del compenso: precisazioni in tema di restituzioni contrattuali, in Resp. civ. e prev., 2004, 1121; R. Omodei-Salè, Il rischio del perimento fortuito nella vendita di cosa viziata. Risolubilità del contratto e obbligazioni restitutorie, Padova, 2004; A. di Majo, La tutela civile dei diritti, cit.; A. D'Adda, Gli obblighi conseguenti alla pronuncia di risoluzione del contratto per inadempimento tra restituzioni e risarcimento, in Riv. dir. civ., 2000, II, 529; C. Castronovo, La risoluzione del contratto dalla prospettiva del diritto italiano, in Europa e dir. privato, 1999, 793; D. Maffeis, Contratti illeciti o immorali e restituzioni, cit.; P. Gallo, Obbligazioni restitutorie e teoria del saldo, in Studi in onore di Pietro Rescigno, III, 2, Milano, 1998, 385. Tra gli altri, svolgono una lettura di diritto comparato: A. Albanese, La ripetizione dell'indebito nei modelli di civil law, in Contratto e impr./Europa, 2007, 833; Ant. D'Angelo, L'errore senza rimedio, Milano, 2006, 23 ss.; A. di Majo, Il regime delle restituzioni contrattuali nel diritto comparato ed europeo, in Europa e dir. privato, 2001, 531. Significativa è l'ampiezza della riflessione anche nei Trattati: cfr., da ultimo, l'ampia e ragionata indagine di M. Dellacasa, Gli effetti della risoluzione, in Trattato del contratto, diretto da V. Roppo, Rimedi-2, a cura di V. Roppo, Milano, 2006, 370. Anche se meno recenti non si può omettere la citazione di alcuni punti fermi in materia, ovvero i contributi di A. Luminoso, in A. Luminoso - U. Carnevali - M. Costanza, Risoluzione per inadempimento, Artt. 1453-1454 c.c., in Comm. Scialoja Branca, Bologna-Roma, 1990; A. Belfiore, Risoluzione per inadempimento e obbligazioni restitutorie, in Scritti in onore di Giuseppe Auletta, II, Milano, 1988, 243; E. Moscati, in L. Aru - E. Moscati - P. D'Onofrio, Delle obbligazioni, Artt. 2028 - 2042 c.c., cit.; U. Breccia, La ripetizione dell'indebito, Milano, 1974.

45) Da ultimo, v. Cass. 12 dicembre 2005, n. 27334, in Foro it., Rep. 2006, voce "Indebito ", n. 1; Cass. 1 luglio 2005, n. 14084, ivi, Rep. 2005, voce "Indebito ", n. 5; Cass. 19 luglio 2004, n. 13357, ivi, Rep. 2004, voce "Indebito ", n. 14; Cass. 4 febbraio 2000, ivi, Rep. 2000, voce "Indebito ", n. 3.

46) V. Roppo, Il contratto, cit., 949; R. Sacco, Le risoluzioni per inadempimento, in R. Sacco - G. De Nova, Il contratto, II, in Trattato di diritto civile, diretto da R. Sacco, Torino, 2004, 669 ss.; M. Dellacasa, Gli effetti della risoluzione, cit., 391-392 ritengono, infatti, che la disciplina dell'indebito copra le sole fattispecie di restituzione di prestazioni di dare, trovando, invece, spazio nelle altre ipotesi, tra cui le prestazioni di fare, l'art. 2041 c.c.

47) E. Moscati, in L. Aru - E. Moscati - P. D'Onofrio, Delle obbligazioni, Artt. 2028 - 2042 c.c., cit., 119 ritiene che la disciplina dell'indebito fondi una "clausola generale ". U. Breccia, Il pagamento dell'indebito, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, IX, Obbligazioni e contratti, 1, Torino, 1999, 932, che pure definisce la condictio "polo normativo " al quale farebbero capo le singole pretese restitutorie, altrove (Id., La ripetizione dell'indebito, cit., 236-237) avverte la necessità di segnalare che la disciplina dell'indebito, apparentemente unitaria, "potrebbe presentare aspetti strutturali diversi a seconda che in origine esista o meno una (valida) causa giustificativa del vincolo ".

48) Cfr. A. di Majo, La tutela civile dei diritti, cit., 325; P. Gallo, Obbligazioni restitutorie e teoria del saldo, cit., 385 ss.; A.M. Benedetti, Chi esegue male si tiene il compenso? La retroattività della risoluzione nei contratti professionali, cit., 523.

49) Secondo M. Dellacasa, Gli effetti della risoluzione, cit., 388, invece, la restituzione del valore di godimento è governata dalle norme in materia di arricchimento senza causa; conseguentemente andrà restituito il corrispettivo che può essere tratto dalla locazione del bene in base alla quotazione media di mercato.

50) A. di Majo, La tutela civile dei diritti, cit., 355 ritiene che "l'ambito della tutela contrattuale comprende anche obbligazioni che regolano, per così dire, la fase dell'esaurimento del contratto, oltre che quella dell'esecuzione dello stesso ".

51) Sembra muoversi in questa direzione la recente Cass. 15 gennaio 2007, n. 738, in Contratti, 2007, 738 con nota di Pianese e Della Nezi (che, tuttavia, non toccano questo profilo) in materia di contratto di appalto.

52) Si pone qui la complessa ed affascinante problematica dell'esecuzione del rapporto quale fattore di recupero del contratto e possibile superamento della regola di retroattività nei rapporti interni tra le parti. Il profilo, cui in questa sede si accenna con riferimento alla risoluzione, viene di solito affrontato avuto riguardo al solo rimedio della nullità (sul punto cfr. V. Roppo, Il contratto, cit., 857 ss.; R. Sacco, La conclusione dell'accordo, in R. Sacco - G. De Nova, Il contratto, I, cit., 337 ss.; A di Majo, La nullità, in Trattato di diritto privato, diretto da M. Bessone, XIII, Il contratto in generale, VII, Torino, 2002, 118 ss.).

53) Sulle problematiche relative alla prova del maggior danno si rinvia al recente contributo di R. Foffa, Danni da mancata restituzione dell'immobile: la seconda giovinezza dell'art. 1591 c.c., in questa Rivista, 2007, 61.

54) Si pensi all'ipotesi dell'appaltatore che deve eseguire dei lavori sul fondo già oggetto di locazione e non restituito. Cfr. A. Tabet, La locazione-conduzione, cit., 478.

55) Si veda nuovamente A. Tabet, La locazione-conduzione, cit., 479; G. Provera, Locazione. Disposizioni generali, Art. 1571-1606 c.c., cit., 319.

56) Così G. Visintini, Trattato breve della responsabilità civile, Padova, 2005, 681.

57) A. Tabet, La locazione-conduzione, cit., 479, definisce "indiretto, e come tale non risarcibile, il danno per la mancata alienazione della cosa ad un prezzo conveniente, perché la natura commutativa della compravendita lascia inalterati i valori delle cose e delle utilità che le parti si scambiano ". Contra, R. Miccio, La locazione, cit., 199.

58) Su cui v. G. Visintini, Trattato breve della responsabilità civile, cit., 680.

59) Sviluppa ampiamente il profilo, proprio con riferimento al caso di specie, F. Rolfi, Brevi note sulla prevedibilità del danno da inadempimento, in Corr. giur., 2008, 706 ss. Secondo l'A.l'art. 1225 c.c. svolge la funzione di delimitare l'area dei danni risarcibili incidendo direttamente sull'an del risarcimento.

60) Così A. Tabet, La locazione-conduzione, cit., 479.

61) Da ultimo, Cass. 30 gennaio 2007, n. 1956, ined. afferma che in tema di responsabilità contrattuale, la prevedibilità del danno risarcibile "deve essere valutata con riferimento non al momento in cui è sorto il rapporto obbligatorio ma a quello in cui il debitore, dovendo dare esecuzione alla prestazione e, potendo scegliere fra adempimento e inadempimento, è in grado di apprezzare più compiutamente e quindi di prevedere il pregiudizio che il creditore può subire per effetto del suo comportamento inadempiente ". In dottrina, G. Visintini, Trattato breve della responsabilità civile, cit., 700; C.M. Bianca, Dell'inadempimento delle obbligazioni, Artt. 1218-1229, in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, 1979, 381.

62) Nuovamente G. Visintini, Trattato breve della responsabilità civile, cit., 700-701 ove è analizzata la differente terminologia legislativa utilizzata nel code civil, nel codice civile 1865 ed in quello vigente.

63) A. Tabet, La locazione-conduzione, cit., 480, ritiene che per dolo si debba intendere la mera previsione dell'evento, e non la volontarietà dello stesso.

64) Cfr. C.M. Bianca, Dell'inadempimento delle obbligazioni, Artt. 1218-1229, cit., 375 ss.

65) In questo senso, cfr. F. Rolfi, Brevi note sulla prevedibilità del danno da inadempimento, cit., 709. Contra, A. Tabet, La locazione-conduzione, cit., 480.

66) Si pensi al contratto di vendita o di locazione, stipulato successivamente alla dichiarazione del conduttore, contenente caparra confirmatoria o clausola penale. Se, da una parte, non si dubita che il locatore debba ottenere il risarcimento del danno a titolo di lucro cessante per le occasioni perdute, dall'altra, i criteri della gravità della colpa e dell'ordinaria diligenza previsti agli artt. 1227, comma 1 e 2, c.c., dovrebbero, a nostro avviso, condurre ad una diminuzione se non ad un giudizio di non risarcibilità del danno emergente.