Tribunale civile di Lecce - Sez. II - 12 giugno 2006 n. 1105

Pres. Giardino - Rel. Zuppetta

 

 

Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 15 novembre 2004, la signora Piccino Anna Maria - premesso di avere acquistato in data 1 febbraio 2001, tramite la Banca Popolare pugliese, della quale era cliente, obbligazioni Cirio, denominate nell'ordine di acquisto "Cirio 01-04 6.25%" senza indicazione alcuna del codice ISIN, che è il codice degli strumenti finanziari, per un controvalore di euro 96.000,00 - esponeva che il direttore della filiale Luciano Mele, aveva asserito trattarsi di obbligazioni emesse dalla omonima società italiana operante nel settore agroalimentare, già acquistate dalla b anca e riservata per i migliori clienti; che, in realtà, già nella primavera del 2000, il Gruppo Cirio era entrato in un'irreversibile fase di crisi patrimoniale, senza che di ciò l'esponente fosse messa al corrente, con la conseguente perdita dell'intero capitale investito, nonché di euro 10.825,64 a titolo di lucro cessante che avrebbe guadagnato se avesse acquistato per il medesimo periodo di tempo, titoli di stato, al tasso del 3%, oltre al danno esistenziale da quantificarsi secondo il prudente apprezzamento del giudice; in particolare deduceva che la banca intermediaria era incorsa in gravi inadempimenti comportanti responsabilità civile professionale e, soprattutto, aveva omesso di fornirle adeguate informazioni sul rischio connaturato all'acquisto di quel titolo, del quale non le aveva consegnato il prospetto informativo dell'emissione, né fatto conoscere il relativo rating; che, infine, la banca convenuta neppure le aveva fornito alcuna informazione sul progressivo peggioramento delle condizioni economiche dell'emittente, il cui tracollo finanziario veniva dalla deducente appreso soltanto dagli organi di informazione.
Censurava inoltre l'omesso espletamento dell'attività di vigilanza da parte della Consob, volta ad impedire che l'intermediario finanziario agisca in situazione di conflitto d'interessi con il risparmiatore, nonché a garantire la stabilità dei mercati e la trasparenza delle operazioni finanziarie.
Dedotta, pertanto, la responsabilità di entrambi i convenuti, adiva codesto Tribunale perché venisse accertata e conseguentemente dichiarata la nullità del contratto di negoziazione/collocamento delle obbligazioni de quo, per contrarietà a norme imperative, nonché, in via gradata, il suo annullamento per conflitto di interessi, ovvero la risoluzione del medesimo per grave inadempimento, con conseguente condanna dei convenuti al risarcimento dei danni come innanzi specificati, oltre interessi e rivalutazione, con vittoria di spese e competenze del giudizio.
Si costituiva la Banca Popolare Pugliese, in persona del legale rappresentante pro-tempore, la quale contestava l'avversa domanda deducendone l'infondatezza in fatto ed in diritto.
Parte attrice replicava depositando memoria ex articolo 6 D.Lgs 5/2003, alla quale rispondeva la banca convenuta ai sensi dell'articolo 7 del D.Lgs pre. cit., cosicché l'attrice depositava istanza di fissazione di udienza cui seguiva nota di precisazione delle conclusioni, ai sensi dell'articolo 10, da parte della B.P.P. fissata l'udienza collegiale del 3 ottobre 2005, si costituiva Consob la quale eccepiva, in via pregiudiziale, la nullità della notificazione dell'atto di citazione, in quanto avvenuta presso l'Avvocatura generale dello Stato, e chiedeva, comunque, il rigetto della domanda principale per difetto di legittimazione passiva, il tutto con richiesta di rimessione in termine e salvezza di spese e competenze del giudizio.
La causa veniva trattenuta per la decisione su tutto quanto rimesso all'esame del Collegio.


Motivi della decisione
La domanda è fondata e merita accoglimento.
In via preliminare, occorre revocare il decreto di fissazione dell'udienza collegiale, in ordine all'ammissione delle prove orali, atteso per un verso che i capitoli formulati appaiono superflui ovvero di contenuto valutativo, e rilevato per altro verso che i dati cartacei esibiti agli atti consentono, comunque, di pervenire ad una valutazione sulla natura degli strumenti finanziari oggetto del giudizio nonché sulle modalità seguita per la loro cessione all'attrice.
L'analitica disamina cui sono pervenute le numerose sentenze di merito già occupatesi della merita de quo, consente inoltre di disporre di sufficienti elementi di conoscenza senza dovere ricorrere ad una consulenza tecnico-contabile.
Sotto il primo profilo va rilevato che i titoli oggetto del giudizio sono obbligazioni "corporate" (emesse cioè da società industriali), con scadenza febbraio 2004, senza l'attribuzione di alcun rating da parte di agenzie specializzate.
In ordine alle modalità seguite per la cessione di tali prodotti finanziari alla risparmiatrice, va osservato che i bond in questione (circostanza questa non contestata dalla banca) erano stati emessi in Lussemburgo e ceduti poi sul mercato secondario non regolamentato (cd. Over the counter) alla clientela retail (cioè agli investitori non professionali) dopo che i titoli avevano superato oltre alla fase del cd. grey market, anche quello del cd. Mercat primario, nel quale essi vengono emessi e trovano collocamento presso i portafogli degli investitori istituzionali che compongono il consorzio di collocamento e/o garanzia i quali, a loro volta, vengono ricercati dai cd. managers (costituiti di regola da banche di investimento) sulla base di uno specifico mandato loro conferito dalla società emittente.
Va ulteriormente precisato che, secondo la disciplina delle emissioni in questione sull'euromercato, una volta formato il consorzio di collocamento, i lead managers fissano il prezzo del bond unitamente alla data del lancio e redigono l'offering circular che contiene una serie di informazioni sull'emittente (in particolare sulla composizione della compagnia sociale, sull'indebitamento complessivo, sul patrimonio ecc.), l'indicazione dei soggetti che garantiscono l'emissione, nonché il regime giuridico della stessa (in particolare le modalità del rimborso, le condizioni per il rimborso anticipato, i presupposti del default ed il cross-default, il regime fiscale, i diritti ed i doveri degli obbligazionisti).
Sennonché, in relazione alle osservazioni svolte dalla difesa di parte attrice, circa il mancato rispetto delle regole di cui agli articoli 94 e 100 del Tulf, deve preliminarmente escludersi che l'emissione del prestito obbligazionario (denominato anche notes) sull'euromercato, avvenuta seconda lo modalità sopra descritte, rientri nell'ambito della disciplina di sollecitazione all'investimento (in tal senso vedasi Trib. Monza sentenza 218/05 in www.ilcaso.it) la quale viene definita dall'articolo 1 lettera t) del Tulf come «ogni offerta, invito ad offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma rivolto al pubblico, finalizzati alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti finanziari», si caratterizza per il fatto di essere desinata ad una pluralità indistinta di soggetti e, in relazione ad essa, l'articolo 94 del Tulf prevede l'obbligo in capo agli offerenti di redigere il prospetto informativo e di comunicarlo preventivamente alla Consob.
Le modalità di cessione degli strumenti finanziari in concreto seguite, rientrano invece nell'ambito della negoziazione su base individuale, disciplinata dagli articolo 1 comma 5 lettera a) del Tulf e 32 del regolamento Consob 11522/98, in relazione alla quale non è previsto un obbligo di prospetto (va inoltre segnalato che la Banca d'Italia nel bollettino n. 41 del novembre 2003 ha affermato che la sequenza "assunzione a fermo" - cioè acquisito da parte della banca di obbligazioni quotate sull'euromercato e collocate agli investitori professionali in esenzione della procedura sulla sollecitazione al pubblico risparmio, ai sensi dell'articolo 100 comma 1 lettera a) del Tulf "negoziazione sul mercato secondario", non integra violazione dell'obbligo di prospetto neanche in presenza di attività propositive da parte degli intermediari).
Conseguentemente, va accolta l'eccezione di legittimazione passiva sollevata dalla Consob, il che esonera questo Collegio dall'esame della domanda, formulata in via subordinata dal predetto convenuto, di rimessione in termini sulle richieste istruttorie, per sopravvenuta carenza di interesse all'accoglimento della stessa.
Ciò premesso va rilevato, con riguardo all'emissione in questione, che il consorzio di collocamento era costituito da Euroimmobilire Investment Bank, Banca Akros Spa, Banca Commerciale Italiana Banca Immobiliare Spa, Caboto-Gruppo Intesa ed infine Mediobanca Spa, dovendosi subito precisare che nessuno di tali istituti risulta appartenere al gruppo B.P.P. né alcuna società dello stesso è noto che abbia svolto attività di lead manager ovvero di co-lead manager: di talché l'invocato conflitto d'interessi non può sussistere.
Né pare ragionevole ritener che il conflitto di interessi ricorre allorquando l'intermediario diviene portatore dell'interesse al conseguimento della commissione; in tali situazioni vi è la normale contrapposizione di interessi delle controparti che si verifica in tutti i rapporti contrattuali (come è stato esattamente rilevato da Trib. Venezia sentenza 22 novembre 2004, pubbl. su I contratti, 2005, 5), occorre invece che l'intermediario abbia un interesse "a trasferire al cliente quell'elevatissimo rischio che altrimenti correrebbe in proprio" detenendo appunto quei titoli che il cliente acquisisce, mentre risulta provato per tabulas che la B.P.P. abbia acquistato i titoli negoziati in data successiva alla sottoscrizione medesima.
Deve, invece, ritenersi che la banca abbia violato le disposizioni di cui agli articoli 21 lettera a) e b) del D.Lgs 58/98 (cd. Tuif) e 28 del regolamento Consob 11522/98 che impongono all'istituto di credito di prestare i servizi di investimento con diligenza e di operare in modo che i clienti siano sempre adeguatamente informati, cd. suitability rule.
In proposito va ribadito che i titoli in questione erano stati emessi in assenza di rating da parte di agenzie specializzate (laddove il rating misura la capacità dell'emittente di pagare puntualmente le cedole e rimborsare il capitale a scadenza), mancanza che non consente di evidenziare il grado di solvibilità del debitore laddove tale elemento costituisce un dato essenziale onde potere effettuare una scelta consapevole di investimento.
Va, inoltre, aggiunto che secondo quanto dichiarato dal dott. Alessandro Profumo - amministratore delegato del gruppo bancario Unicredito italiano - alle Commissioni del Senato VI e X, nella seduta congiunta del 20 febbraio 2004, il rating assegnato all'interno del gruppo era passato da BB (cioè da sub-investiment grade all'origine) a tripla C, corrispondenti a rischi di default a un anno, rispettivamente del 2.3% e del 23.5% e a tre anni dell'11% e del 48% (in proposito va rammentato che secondo la bibliografia finanziaria, in particolare secondo la classificazione dell'agenzia Standard & Poors i titoli con rating BB - cui corrisponde la dicitura Ba3 di Moody's - vengono considerati come obbligazioni caratterizzate da elementi speculativi (non investment grade) che nel lungo periodo non possono dirsi garantite bene, laddove le garanzie di rimborso di interessi e capitale è limitata e può venire meno in caso di future condizioni economiche sfavorevoli: neppure tale giudizio di affidabilità risulta essere stato portato a conoscenza della cliente.
A ciò va aggiunto che, secondo quanto successivamente conosciuto, dall'analisi del bilancio della società capogruppo relativa all'anno 1999 (l'unico conoscibile al pubblico prima della operazione oggetto del giudizio) «si potevano scorgere alcune gravi distonie e notevoli squilibri di natura finanziaria che avrebbero potuto allertare l'operatore, quantomeno in relazione al rischio non indifferente che il risparmiatore riprendeva nell'atto di sottoscrizione di un titolo obbligazionario, si badi bene di durata triennale».
Al riguardo va osservato che la banca doveva fornire una completa informazione circa i rischi connessi a quella specifica operazione che il cliente intendeva porre in essere (obbligo imposto dall'articolo 28, comma 2, del regolamento Consob n. 11522/98) informazione che, trattandosi di soggetto tenuto ad agire con la diligenza dell'operatore particolarmente qualificato (articolo 21 lettera a) Tuif, 26 lettera e) reg. Consob cit. e 1176 Cc) nell'ambito di un rapporto in cui gli è imposto di tutelare l'interesse dei clienti (articoli 5 e 21 lettera ) Tuif nonché 47 Costituzione che impone la tutela del risparmio), necessariamente comprendeva l'indicazione della natura altamente rischiosa dell'investimento, desumbile dall'essere i titoli originariamente destinati ad investitori qualificati, dall'assenza di rating e dall'esame del bilancio del gruppo Cirio, che evidenziava una criticità verosimilmente nota all'interno dell'istituto, secondo le dichiarazioni rese in sede parlamentare dell'amministratore delegato del gruppo; dovendosi ritenere, sotto tale profilo, che la banca sia obbligata a conoscere tali dati e, conseguentemente, a riferirli al cliente laddove risulta acquisita agli atti la documentazione dalla quale desumere la violazione della regola comportamentale asseritamene commessa.
Occorre ancora aggiungere che l'articolo 23 u.c. del D.Lgs 58/1998 pone a carico dei soggetti abilitati all'esercizio dei servizi di investimento l'onere di provare di avere agito con la specifica diligenza richiesta (nel caso di specie di avere adeguatamente informato il cliente della natura speculativa delle obbligazioni) e tale onere probatorio, non è stato assolto dalla banca che si è limitata a sottoporre all'attrice, contestualmente all'ordine di acquisto (all. n. 5 del fascicolo di parte della banca convenuta), un modulo nel quale l'intermediario, secondo una dicitura prestampata, sconsigliava l'operazione definendola genericamente "non adeguata" con riferimento alle informazioni acquisite dal cliente ai sensi dell'articolo 6 comma 1 reg. Consob, prendendo atto che la cliente ciò nonostante, sottoscriveva l'ordine di compravendita mobiliare de quo.
L'ampiezza della formulazione testé utilizzata, induce a circoscrivere la portata stessa della dichiarazione apposta in calce all'ordine di acquisto sottoscritto dal cliente ed a negarle il valore di esternazione di una reale consapevolezza sulla natura dell'operazione a sul rischio ad essa correlato.
Né merita adesione la deduzione difensiva dell'istituto secondo cui la risparmiatrice sarebbe comunque stata in grado di valutare la pericolosità dell'operazione alla luce delle indicazioni contenute nel documento di rischi degli investimenti di cui all'articolo 28 comma 1 lettera b) reg. Consob n. 11522/98, stante la natura generale e standardizzata di tali indicazioni, laddove la banca avrebbe dovuto fornire precise indicazioni circa la pericolosità di quello specifico investimento, né la consegna del documento informativo può ritenersi idonea a determinare una presunzione di conoscenza dei rischi dell'investimento in capo a risparmiatrici non professionali come quella agente nel presente giudizio.
In ordine all'ulteriore rilievo secondo cui l'istituto avrebbe comunque dovuto segnalare l'inadeguatezza dell'operazione ai sensi dell'articolo 20 del regolamento sopra menzionato in applicazione della cd. suitability rule, occorre osservare che l'intermediario non è esonerato dall'obbligo di valutare l'adeguatezza dell'operazione anche ove (come ne caso di specie) la cliente abbia rifiutato di fornire le informazioni di cui all'articolo 28 comma 1 lettera a) del reg. Consob, dovendo in tal caso tenere conto di tutte le informazioni comunque in suo possesso (si ribadisce che l'attrice era già cliente della banca convenuta), ad esempio "età, professione, presumibile propensione al rischio anche alla luce della pregressa ed abituale operatività, situazione del mercato"; tanto si desume sia dai principi generali in tema di correttezza, diligenza e trasparenza dei comportamenti negoziali imposti dalla normativa generale e speciale (articoli 1175 e 1176 comma 2 e 21 D.Lgs 58/1998) ma anche dall'articolo 29 del citato reg. Consob che impone all'intermediario finanziario di astenersi dal compiere per conto degli investitori operazioni non adeguate e prevede che lo stesso utilizzi ogni altra informazione disponibile anche diversa da quella fornita, ex articolo 28 reg. cit. dai clienti, autorizzandolo in caso di conferma scritta dell'ordine d'acquisto a darvi correttamente esecuzione.
Con riguardo alla signora Piccino deve ritenersi che l'operazione di acquisto delle obbligazioni in questione non fosse adeguata in considerazione della sua dimensione (comportando l'impiego pressoché dell'intero suo patrimonio mobiliare), della natura altamente rischiosa dei titoli acquistati (anche in relazione alla loro durata triennale), della circostanza (già evidenziata che la cliente non era un investitore professionale, bensì una vedova ultrasettantenne il cui reddito era costituito dalla pensione di reversibilità del marito) nonché per la mancata indicazione del suo profilo di rischio (dato questo che non può far presumere una profonda conoscenza del mercato) elementi questi tutti convergenti e chiaramente a conoscenza dell'istituto.
La domanda attorea risulta quindi fondata essendo stata dimostrata la violazione, da parte della banca, delle prescrizioni contenute negli articoli 21 Tulf, 28 e 29 reg. Consob 11522/98.
La mancata osservanza degli obblighi di informazione e di valutazione, come innanzi specificati, è senz'altro espressione di inadempimento contrattuale e, come tale, foriera dell'obbligo di risarcimento dei danni che ne sono derivati.
L'attrice ha chiesto il risarcimento del danno conseguente alla perdita dell'intero capitale investito, nonché di euro 10.825,64 a titolo di lucro cessante che avrebbe guadagnato se avesse acquistato per il medesimo periodo di tempo, titoli di stato, al tasso del 3% oltre al danno esistenziale da quantificarsi secondo il prudente apprezzamento del giudice.
Il danno da risarcire corrisponde alla perdita del capitale investito pari ad euro 96.000,00 che infatti al momento della scadenza naturale del titolo (febbraio 2004) e della presente decisione non è stato restituito.
È dovuto inoltre il risarcimento del danno, cd. lucro cessante, per il ritardo nella liquidazione del dovuto e per la perdita della possibilità di effettuare altri investimenti remunerativi, il quale può essere risarcito in via equitativa, in misura pari agli interessi legali sull'importo di euro 96.000,00, dal febbraio 2001 alla data odierna, oltre agli ulteriori interessi sulla somma complessiva, sino all'effettivo rimborso.
Priva di significative allegazioni risulta l'ulteriore richiesta di risarcimento del danno esistenziale che, pertanto, va rigettata.
Le spese della presente procedura, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.


Il Tribunale di Lecce, Seconda sezione civile, definitivamente pronunciando, così provvede:
a) condanna la Banca Popolare Pugliese al risarcimento dei danni di cui in motivazione, in favore di Piccino Anna Maria, liquidati in euro 96.000,00, maggiorati degli interessi legali dal febbraio 2001 ad oggi, oltre agli ulteriori interessi dalla data odierna sino al soddisfo;
b) rigetta le altre domande proposte dall'attrice;
c) condanna la B.P.P. al pagamento, in favore dell'attrice, delle spese della presente procedura, che liquida in euro 3.500 per onorari, 300 per spese, ed euro 1.700 per diritti oltre Iva e Cpa e rimborso forfetario come per legge;
d) condanna l'attrice al pagamento delle spese processuali, in favore della Consob, liquidate in euro 2.300 per onorari, euro 1.100 per diritti ed euro 300 per competenze, oltre Iva, Cpa e rimborso forfetario come per legge.