Commento di Giuseppe Buffone alla sentenza Cass. S.U. 11/11/08 n. 26972

(tratto dal sito www.altalex.com)

 

Sono le sentenze della Corte di Cassazione (SS.UU.) n. 26972, 26973, 26974, 26975. E verranno ricordate, citate, commentate, annotate, studiate... per molto tempo. Con le decisioni suaccennate, infatti, la Suprema Corte, con la penna del Cons. Preden, chiude il cerchio in tema di danno non patrimoniale, consegnando ad operatori ed interpreti le regole del risarcimento del danno ex art. 2059 c.c..

Come si ricorderà, a suo tempo, la Cassazione aveva rimesso la questione alle SS.UU. affidando l'ordinanza ad 8 "quesiti". Procedendo ad una analisi "a caldo" della decisione, è appena il caso di verificare, una per una, le soluzioni date.

Con una precisazione: è l'ingiustizia cd. costituzionalmente qualificata a legittimare l'operatività dell'art. 2059 c.c.. Deve trattarsi, cioè, della lesione di un diritto inviolabile della persona.

La decisione del Collegio, nella sua massima composizione, persegue il dichiarato fine di evitare le duplicazioni risarcitorie nel tentativo di deflazionare il contenzioso civile depurandolo delle controversie bagatellari. Ed, allora, il neobipolarismo della responsabilità civile, in punto di danno non patrimoniale, viene ricondotto ad unità: il danno non patrimoniale è uno solo, pur dinnanzi alla possibilità di diverse nozioni adottate al fine descrittivo ma non concettuale. Altrimenti detto: non esiste una autonoma categoria di danno "esistenziale". I pregiudizi cd. esistenziali confluiscono nella nozione "allargata" di danno biologico come recepita dal codice delle assicurazioni negli artt. 138, 139. Il giudice, cioè, tiene conto di tutti i riflessi negativi del danno, dal punto di vista statico (lesione della integrità fisica) e dinamico (tutti gli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato). La nozione di danno biologico ha, dunque, una valenza onnicomprensiva.

Quanto alla operatività del danno non patrimoniale, esso può trovare respiro sia nella responsabilità aquiliana che in quella contrattuale, in questo caso essendo sufficiente - ai fini risarcitori - l'art. 1218 c.c. non richiedendosi il cumulo delle azioni.

Quanto alla prova, il danno non patrimoniale è un pregiudizio - conseguenza e pertanto, deve essere allegato e provato dal danneggiato (senza distinguere in ragione delle voci).

La decisione delle SS.UU. farà discutere.

Essa, di fatto, disattende la Scuola del Prof. Cendon secondo il quale la sentenza è animata da un certo "terrore", di fronte alla soluzioni (infelici) di taluni giudici di merito. "Ma in questo modo [gli ermellini] gettano anche il bimbo assieme all'acqua sporca".

Al di là del dibattito, che da oggi trova nuovo respiro, va sicuramente condiviso l'assunto per cui se si decide che il diritto civile protegge le persone allora bisogna tener conto che queste "sono, fanno, soffrono" (prof. Cendon).

Ed il danno deve tenerne conto.

IL QUESITO DELL'ORDINANZA 4712/2008

RISPOSTA DELLE SEZIONI UNITE

1) Rispetto alla tripartizione delle categorie del danno non patrimoniale operata dalla corte costituzionale nel 2003, è lecito ed attuale discorrere, a fianco del danno morale soggettivo e del danno biologico, di un danno esistenziale, con esso intendendosi il danno derivante dalla lesione di valori/interessi costituzionalmente garantiti, e consistente nella lesione al fare a-reddituale del soggetto, diverso sia dal danno biologico (cui imprescindibile presupposto resta l'accertamento di una lesione medicalmente accertabile) sia dal danno morale soggettivo (che attiene alla sfera dell'intimo sentire)?

Se sia concepibile un pregiudizio non patrimoniale, diverso tanto dal danno morale quanto dal danno biologico, consistente nella lesione del fare areddituale della vittima e scaturente dalla lesione di valori costituzionalmente garantiti.

Il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. Non può, dunque, farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata "danno esistenziale", perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell'atipicità, sia pure attraverso l'individuazione della apparente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario né è necessitata dall'interpretazione costituzionale dell'art. 2059 c.c., che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione

In caso di lesione di diritti costituzionalmente inviolabili della persona, vengono in considerazione pregiudizi che, in quanto attengono all'esistenza della persona, per comodità di sintesi possono essere descritti e definiti come esistenziali, senza che tuttavia possa configurarsi una autonoma categoria di danno.

2) I caratteri morfologici del danno "esistenziale" così rettamente inteso consistono nella gravità dell'offesa, del diritto costituzionalmente protetto (come pur postulato da autorevole dottrina), ovvero nella gravità e durevolezza delle conseguenze dannose scaturenti dal comportamento illecito?

Se sia corretto ravvisare le caratteristiche di tale pregiudizio nella necessaria sussistenza di una offesa grave ad un valore della persona, e nel carattere di gravità e permanenza delle conseguenze da essa derivate.

Il pregiudizio di tipo esistenziale è risarcibile solo entro il limite segnato dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dell'evento di danno. Se non si riscontra lesione di diritti costituzionalmente inviolabili della persona non è data tutela risarcitoria. La gravità dell'offesa costituisce requisito ulteriore per l'ammissione a risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona conseguenti alla lesione di diritti costituzionali inviolabili. Il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio. La lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza.

3) Va dato seguito alla teoria che distingue tra una presunta "atipicità dell'illecito patrimoniale" rispetto ad una presunta "tipicità del danno non patrimoniale" (Cass. 15022/2005, secondo la quale, come si è già avuto modo di ricordare in precedenza, mentre per il risarcimento del danno patrimoniale, con il solo riferimento al danno ingiusto, la clausola generale e primaria dell'art. 2043 c.c. comporta un'atipicità dell'illecito, eguale principio di atipicità non può essere affermato in tema di danno non patrimoniale risarcibile che sarebbe, dunque, tipico in quanto la struttura dell'art. 2059 c.c. limita il risarcimento del danno non patrimoniale ai soli casi previsti dalla legge"), o va piuttosto precisato che quello della atipicità dell'illecito - di cui alla Generalklausel dell'art. 2043 - è concetto riferibile all'evento di danno, inteso (secondo la migliore dottrina che si occupa dell'argomento fin dagli anni 60) come lesione di una situazione soggettiva giuridicamente tutelata, e giammai come conseguenza dannosa dell'illecito, sì che il parallelismo con la (pretesa, ma non dimostrata) "tipicità del danno non patrimoniale" parrebbe confondere, anche rispetto a tale ultima fattispecie, il concetto di evento di danno con quello di conseguenza dannosa dell'evento?

Se sia corretta la teoria che, ritenendo il danno non patrimoniale "tipico", nega la concepibilità del danno esistenziale.

In assenza di reato, e al di fuori dei casi determinati dalla legge, pregiudizi di tipo esistenziale sono risarcibili purché conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona. Palesemente non meritevoli dalla tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, sono i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale, ai quali ha prestato invece tutela la giustizia di prossimità. Non vale, per dirli risarcibili, invocare diritti del tutto immaginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità: in definitiva il diritto ad essere felici. Al di fuori dei casi determinati dalla legge ordinaria, solo la lesione di un diritto inviolabile della persona concretamente individuato è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale.

4) Deve, ancora, darsi seguito all'orientamento, espresso da Cass. n. 23918 del novembre 2006, secondo il quale il dictum di cui alla sentenza a sezioni unite di questa corte del precedente mese di marzo doveva intendersi limitato, quanto al riconosciuto danno esistenziale, al solo ambito contrattuale, ovvero affermarsi il più generale principio secondo cui il danno esistenziale trova cittadinanza e concreta applicazione tanto nel campo dell'illecito contrattuale quanto in quello del torto aquiliano?

Se sia corretta la teoria secondo cui il danno esistenziale sarebbe risarcibile nel solo ambito contrattuale e segnatamente nell'ambito del rapporto di lavoro, ovvero debba affermarsi il più generale principio secondo cui il danno esistenziale trova cittadinanza e concreta applicazione tanto nel campo dell'illecito contrattuale quanto in quello del torto aquiliano.

L'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. consente di affermare che anche nella materia della responsabilità contrattuale è dato il risarcimento dei danni non patrimoniali. Dal principio del necessario riconoscimento, per i diritti inviolabili della persona, della minima tutela costituita dal risarcimento, consegue che la lesione dei diritti inviolabili della persona che abbia determinato un danno non patrimoniale comporta l'obbligo di risarcire tale danno, quale che sia la fonte della responsabilità, contrattuale o extracontrattuale. Se l'inadempimento dell'obbligazione determina, oltre alla violazione degli obblighi di rilevanza economica assunti con il contratto, anche la lesione di un diritto inviolabile della persona del creditore, la tutela risarcitoria del danno non patrimoniale potrà essere versata nell'azione di responsabilità contrattuale, senza ricorrere all'espediente del cumulo di azioni

5) A quale tavola di valori/interessi costituzionalmente garantita pare corretto riferirsi, oggi, per fondare una legittima richiesta risarcitoria a titolo di danno esistenziale? In particolare, un danno che non abbia riscontro nell'accertamento medico, ma incida tuttavia nella sfera del diritto alla salute inteso in una ben più ampia accezione (come pur postulato e predicato in sede sovranazionale) di "stato di completo benessere psico-fisico" può dirsi o meno risarcibile sotto una autonoma voce di danno esistenziale da lesione del diritto alla salute di tipo non biologico dacché non fondato su lesione medicalmente accertabile? (la questione trova una sua possibile, concreta applicazione, tra le altre, nella vicenda dell'uccisione dell'animale di affezione, di cui sopra si è dato cenno);

Se sia risarcibile un danno non patrimoniale che incida sulla salute intesa non come integrità psicofisica, ma come sensazione di benessere.

E' l'ingiustizia cd. costituzionalmente qualificata a legittimare l'operatività dell'art. 2059 c.c.. Deve trattarsi, cioè, della lesione di un diritto inviolabile della persona, presidiato dalla Costituzione o dalle Carte internazionali come la CEDU.

E' compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione. Il giudice, però, deve evitare duplicazioni e, per la liquidazione, far riferimento ad una unica voce di danno non patrimoniale inteso nei sensi descrittivi degli artt. 138, 138 codice delle assicurazioni. Danno morale e danno da perdita del rapporto parentale possono costituire solo "voci" del danno biologico nel suo aspetto dinamico, nel quale, per consolidata opinione, è ormai assorbito il cd. danno alla vita di relazione, i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita, conseguenti a lesioni dell'integrità psicofisica, sicché darebbe luogo a duplicazione la loro distinta riparazione

6) Quali sono i criteri risarcitori cui ancorare l'eventuale liquidazione di questo tertium genus di danno onde evitare illegittime duplicazioni di poste risarcitorie? Possono all'uopo soccorrere, in parte qua (come accade per il danno morale soggettivo) le tabelle utilizzate per la liquidazione del danno biologico, ovvero è necessario provvedere all'elaborazione di nuove ed autonome tabelle?

Quali debbano essere i criteri di liquidazione del danno esistenziale.

Al danno biologico va riconosciuta portata tendenzialmente omnicomprensiva confermata dalla definizione normativa adottata dal d.lgs. n. 209/2005, recante il Codice delle assicurazioni private ("per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente dell'integrità psico-fisica della persona, suscettibile di valutazione medico-legale, che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito"), suscettibile di essere adottata in via generale, anche in campi diversi da quelli propri delle sedes materiae in cui è stata dettata, avendo il legislatore recepito sul punto i risultati, ormai generalmente acquisiti e condivisi, di una lunga elaborazione dottrinale e giurisprudenziale. In esso sono quindi ricompresi i pregiudizi attinenti agli "aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato". L'equità consente il ricorso alle cd. tabelle per il ristoro del danno

7) Quid iuris, ancora, in ordine a quella peculiare categoria di danno cd. "tanatologico" (o da morte immediata), la cui risarcibilità è stata costantemente esclusa dalla giurisprudenza tanto costituzionale quanto di legittimità, ma che pare aver ricevuto un primo, espresso riconoscimento, sia pur a livello di mero obiter dictum, con la sentenza n. 15760 del 2006 della III sezione di questa corte?

Se costituisca peculiare categoria di danno non patrimoniale il ed. danno tanatologico o da morte immediata.

Il giudice potrà invece correttamente riconoscere e liquidare il solo danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l'agonia in consapevole attesa della fine. Viene così evitato il vuoto di tutela determinato dalla giurisprudenza di legittimità che nega, nel caso di morte immediata o intervenuta a breve distanza dall'evento lesivo, il risarcimento del danno biologico per la perdita della vita e lo ammette per la perdita della salute solo se il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile, al quale lo commisura. Una sofferenza psichica siffatta, di massima intensità anche se di durata contenuta, non essendo suscettibile, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, di degenerare in patologia e dare luogo a danno biologico, va risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione.

8) Quali sono, in concreto, gli oneri probatori e gli oneri di allegazione posti a carico del danneggiato che, in giudizio, invochi il risarcimento del danno esistenziale (il problema si è posto in tutta la sua rilevanza in fattispecie quali quella dell'uccisione di un figlio minore: la relativa domanda risarcitoria è stata, difatti, negata, con riferimento al caso di specie, da Cass. 20987/2007, proprio in relazione ad una vicenda di uccisione di una giovanissima figlia, per insufficiente allegazione e prova, da parte dei genitori/attori, della relativa situazione di danno, diversa da quella relativa al danno morale soggettivo e da quella psicofisica di danno biologico).

Quali siano gli oneri di allegazione e di prova gravanti sul chi domanda il ristoro del danno esistenziale.

Il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza che deve essere allegato e provato. Per quanto concerne i mezzi di prova, per il danno biologico la vigente normativa (artt. 138 e 139 d.lgs. n. 209/2005) richiede l'accertamento medico-legale. Si tratta del mezzo di indagine al quale correntemente si ricorre, ma la norma non lo eleva a strumento esclusivo e necessario. Così come è nei poteri del giudice disattendere, motivatamente, le opinioni del consulente tecnico, del pari il giudice potrà non disporre l'accertamento medico- legale, non solo nel caso in cui l'indagine diretta sulla persona non sia possibile (perchè deceduta o per altre cause), ma anche quando lo ritenga, motivatamente, superfluo, e porre a fondamento della sua decisione tutti gli altri elementi utili acquisiti al processo (documenti, testimonianze), avvalersi delle nozioni di comune esperienza e delle presunzioni. Per gli altri pregiudizi non patrimoniali potrà farsi ricorso alla prova testimoniale, documentale e presuntiva. Attenendo il pregiudizio (non biologico) ad un bene immateriale, il ricorso alla prova presuntiva è destinato ad assumere particolare rilievo, e potrà costituire anche l'unica fonte per la formazione del convincimento del giudice, non trattandosi di mezzo di prova di rango inferiore agli altri. Il danneggiato dovrà tuttavia allegare tutti gli elementi che, nella concreta fattispecie, siano idonei a fornire la serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto.

tratto da www.altalex.com - 12 novembre 2008