Effetti del fallimento del promittente venditore
sul contratto preliminare di vendita immobiliare.
Ipotesi di scioglimento del contratto da parte del curatore.
Effetti del fallimento del venditore sul contratto di vendita definitivo.

 

 

Rilievi generali sulla natura del contratto preliminare.

 La prassi negoziale in materia di compravendita immobiliare prevede, in genere, la preventiva stipulazione dei cosiddetti "compromessi", nella prevalente forma del contratto preliminare ovvero, in via residuale, del contratto definitivo in forma di scrittura privata.

Solo in un momento successivo le parti pervengono alla redazione del rituale atto pubblico ed alla relativa trascrizione, ai fini della prevista opponibilità.

Seppur collocati nella stessa fase negoziale, i due tipi contrattuali sopra richiamati hanno natura ed effetti diversi.

Il contratto preliminare ha come oggetto l'obbligo di concludere un futuro contratto, detto definitivo, del quale predetermina il contenuto essenziale.

Lo stesso produce solo effetti obbligatori e non reali, comportando l'impegno di prestare, in un tempo successivo, il consenso al trasferimento della proprietà dell'immobile.

Il contratto definitivo, al contrario, produce immediatamente l'effetto traslativo della proprietà (o di altro diritto reale), senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà.

Ciò che distingue i due tipi di contratto è quindi la diversa qualificazione della volontà dei contraenti, da accertarsi attraverso l'esame delle clausole contrattuali nel loro senso letterale e logico e nel loro complesso.

Va in proposito osservato che la consegna del bene e/o il pagamento del prezzo non sono decisivi al fine di escludere la ricorrenza di un preliminare, ben potendo trattarsi di effetti anticipati del successivo contratto definitivo (fattispecie del preliminare di vendita ad effetti anticipati).

Le ragioni sottostanti alla scelta del contratto preliminare sono riconducibili, come noto, alla possibilità, per le parti, di fissare in tal modo un certo regolamento di interessi, riservandosi una nuova valutazione della convenienza dell'affare nel prosieguo, anche sulla base di eventuali diversi elementi sopravvenuti.

Prima delle innovazioni introdotte dall'art. 3 D.L. 31 dicembre 1996, n. 669 convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 1997, n. 30 ' di cui infra ' la posizione del promissario acquirente era assai debole rispetto alle prerogative conservate dal promittente venditore.

Ciò in quanto il contratto preliminare, in virtù del principio di tassatività degli atti soggetti a trascrizione, non era trascrivibile. La stipula di tale contratto non impediva quindi al promittente venditore di disporre del proprio diritto in favore di altri, il cui acquisto ben avrebbe potuto prevalere sul primo acquirente. Nessuna tutela sussisteva inoltre in relazione ad eventuali trascrizioni e iscrizioni (pignoramenti, sequestri, ipoteche...) a carico dello stesso promittente.

L'unico strumento a disposizione del promissario acquirente, al fine di reagire alle descritte situazioni pregiudizievoli (ed all'ingiustificato inadempimento dell'obbligo del promittente di pervenire al contratto definitivo), era l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre ex art. 2932 c.c. e la trascrizione della relativa domanda ai sensi dell'art. 2652 n. 2 c.c..

Attraverso tale mezzo, il promissario può infatti chiedere al giudice la pronuncia di una sentenza che produca gli stessi effetti del contratto definitivo non concluso. La trascrizione di tale sentenza, che ha natura costitutiva, prevale sulle trascrizioni ed iscrizioni eseguite nei confronti del convenuto (promittente venditore) dopo la trascrizione della relativa domanda giudiziale. Ciò in quanto gli effetti della sentenza retroagiscono al momento della trascrizione della domanda (che ha quindi una funzione di "prenotazione").

Va ancora rilevato come, prima delle suddette innovazioni legislative (ed ancora oggi, in difetto di applicazione delle stesse), i crediti restitutori e risarcitori del promissario acquirente, derivanti dal mancato acquisto del diritto promesso, avessero natura chirografaria.

  

La nuova normativa sulla trascrizione del contratto preliminare.

Nel contesto sin qui delineato va quindi inserita la richiamata normativa (art. 3 legge 28 febbraio 1997, n. 30), la quale ha introdotto rilevanti novità nel sistema della pubblicità immobiliare, nella materia dei connessi privilegi nonché nell'ambito degli effetti del fallimento sul contratto preliminare di compravendita immobiliare, creando tre nuove norme civilistiche (artt. 2645 bis, 2775 bis e 2825 bis c.c.) ed aggiungendo un nuovo comma (il quinto) all'art. 72 Legge fall..

Il legislatore ha in tal modo perseguito l'obiettivo di rafforzare la tutela della posizione del promissario acquirente, tenuto conto degli inconvenienti e dei danni derivanti dalla precedente regolamentazione contrattuale.

Esaminiamo brevemente il contenuto di tali nuove disposizioni, nella specifica prospettiva dell'applicazione in ambito fallimentare:

a)     E' prevista la trascrizione dei contratti preliminari aventi ad oggetto la conclusione di taluno dei contratti di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell'art. 2643 c.c., purché stipulati per atto pubblico o per scrittura privata con sottoscrizione autentica o accertata giudizialmente. Si tratta quindi della trascrizione dei preliminari traslativi, costitutivi o modificativi di diritti reali su beni immobili, redatti nelle citate forme. Tale trascrizione produce gli stessi effetti di "prenotazione" in precedenza attribuiti alla trascrizione di domande giudiziali. Vale a dire che l'efficacia della trascrizione del contratto definitivo (ovvero di altro atto che costituisca comunque esecuzione del preliminare) retroagisce al momento della trascrizione del preliminare, allo stesso modo previsto per la sentenza emessa nel giudizio ex art. 2932 c.c.. Ciò comporta quindi l'inopponibilità, all'acquirente, delle trascrizioni ed iscrizioni eseguite contro l'alienante dopo la trascrizione del preliminare.

b)     E' previsto un nuovo privilegio speciale immobiliare (sul bene oggetto del contratto) a favore del promissario acquirente, in relazione ai crediti maturati dallo stesso nel caso di mancata esecuzione del preliminare trascritto. Ciò consente quindi al creditore di essere preferito agli altri nella distribuzione del ricavato dalla vendita del bene. Tale privilegio, collocato al n. 5 bis dell'art. 2780 c.c., è di natura iscrizionale, in quanto la relativa costituzione deriva dalla trascrizione del preliminare ineseguito. E' inoltre disciplinato il rapporto esistente tra il privilegio e le ipoteche relative ad operazioni di finanziamento fondiario connesse alla realizzazione ed all'acquisto del bene, con prevalenza accordata alle ipoteche, a determinate condizioni. Rispetto alle ipoteche diverse da quelle espressamente indicate, è invece sorto il problema se debba applicarsi, nella fattispecie, la generale disciplina che prevede la prevalenza dei privilegi immobiliari alle ipoteche, anche se anteriori (art. 2748, secondo comma, c.c.). La tesi maggioritaria è nel senso dell'applicazione della regola generale.

c)      L'efficacia della trascrizione del preliminare, sia ai fini della opponibilità rispetto alle successive trascrizioni ed iscrizioni sia in relazione al privilegio immobiliare, ha la durata massima di tre anni, al cui decorso la stessa cessa e si considera come mai prodotta. Sono infatti previsti due termini: uno breve, pari ad un anno dalla data convenuta tra le parti per la stipula del definitivo ed uno lungo, pari a tre anni dalla stessa trascrizione (in mancanza della data del definitivo).

d)     All'art 72 legge fall. è stato aggiunto un quinto comma, che contiene la disciplina degli effetti dello scioglimento del preliminare trascritto, a seguito di scelta operata dal curatore del promittente venditore.

 

Dopo tali note generali ' che i limiti del presente scritto non consentono di approfondire ulteriormente ' si ritiene di poter procedere alla breve trattazione degli effetti del fallimento del promittente venditore sul contratto preliminare di vendita immobiliare, in contrapposizione alla diversa ipotesi del contratto definitivo.

  

Fallimento del promittente venditore. Ipotesi di scioglimento del contratto.

Nel sistema fallimentare, il contratto preliminare è quindi ora espressamente disciplinato dal richiamato art. 72, quinto comma, legge fall. nei seguenti termini:

"Qualora l'immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell'art. 2645 bis codice civile e il curatore, ai sensi del precedente comma, scelga lo scioglimento del contratto, l'acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all'art. 2775 bis codice civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento".

Prima della "novella", il consolidato orientamento della giurisprudenza ha sempre ricondotto tale contratto tra quelli in corso di formazione alla data di fallimento, con conseguente applicazione del regime di sospensione e facoltà di scelta del curatore tra lo scioglimento ed il subentro nel contratto stesso in caso di fallimento del promittente venditore (art. 72, quarto comma, legge fall.).

Ciò in ragione degli effetti meramente obbligatori e non reali del contratto preliminare.

Il suddetto nuovo comma, nel dissipare ogni dubbio interpretativo sulla disciplina da applicare, ha tuttavia apprestato una rilevante tutela in favore del promissario acquirente, attraverso il privilegio ora attribuito ai crediti derivanti dallo scioglimento del contratto a seguito della scelta del curatore.

In precedenza tali crediti, essendo al contrario collocati in sede chirografaria, erano infatti sostanzialmente irrecuperabili, con evidente situazione di grave pregiudizio per il promissario acquirente, dai risvolti sociali e psicologici anche drammatici se si pone mente alla rilevanza dell'acquisto di un immobile adibito ad abitazione principale.

Il beneficio del suddetto privilegio è comunque subordinato all'avvenuta trascrizione del contratto preliminare e nel caso in cui i relativi effetti non siano cessati prima della dichiarazione di fallimento, vale a dire solo se la sentenza di fallimento viene depositata entro un anno dalla data convenuta per la stipula del contratto definitivo o entro tre anni dalla trascrizione del contratto preliminare se non è stata fissata la data del definitivo.

I crediti assistiti da tale privilegio sono, in genere, quelli relativi al versamento di una caparra ovvero del prezzo, in tutto o in parte. Vertendosi in materia di scioglimento di un rapporto pendente, per effetto della facoltà di scelta riconosciuta al curatore, non è dovuto alcun risarcimento del danno. Eventuali addizioni apportate al bene durante la detenzione, poi cessata a causa dello scioglimento del preliminare, sono ritenute "debiti  di massa" e devono essere rimborsate in prededuzione dalla curatela.

Tornando alla facoltà accordata al curatore di decidere lo scioglimento del preliminare, va precisato che l'esercizio della stessa non è necessario laddove il contratto non sia opponibile alla massa, in quanto risultante da scrittura priva di data certa anteriore al fallimento. In tal caso il curatore può limitarsi ad eccepirne l'inopponibilità ex art. 45 legge fall..

Tale scelta deve essere invece necessariamente esercitata nell'ipotesi contraria, nel caso il curatore intenda evitare il trasferimento del diritto di proprietà.

In tale ipotesi, per espressa previsione normativa e per effetto dell'opponibilità conseguente alla trascrizione, ricade la fattispecie del contratto preliminare trascritto ai sensi dell'art. 2645 bis c.c..

La scelta di scioglimento del curatore può essere operata anche in pendenza del giudizio promosso dal promissario acquirente ex art. 2932 c.c., il quale abbia altresì trascritto la relativa domanda giudiziale in epoca anteriore al fallimento, e trova preclusione nel solo passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica, stante l'effetto traslativo prodotto da tale giudicato.

E' infatti orientamento consolidato che il fallimento, pur impedendo la successiva proposizione del giudizio ex art. 2932 c.c. nei confronti del curatore, non comporta l'improseguibilità dello stesso giudizio instaurato in epoca anteriore.

Ne consegue che al diritto del promissario attore di ottenere l'accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica si oppone il controdiritto del curatore, subentrato al fallito nel processo, di paralizzare tale domanda. E' quindi onere del curatore di far constatare la scelta di sciogliersi dal contratto proponendo in giudizio la relativa eccezione, laddove la fase in cui si trova il giudizio lo consenta.

Ciò comporta che l'esercizio del suddetto potere di scioglimento impedisce al giudice di accogliere la domanda del promissario, imponendone il rigetto. L'impossibilità di emanare la sentenza di accoglimento interrompe quindi il nesso di prenotazione dipendente dalla tempestiva trascrizione della domanda giudiziale.

Per converso, laddove il potere del curatore non venga dedotto in giudizio, il giudice non può dichiarare improponibile ovvero inammissibile la domanda del promissario ma deve pervenire, sussistendone i requisiti, alla pronuncia di accoglimento.

Va, infine, per completezza richiamato il principio statuito dalla Suprema Corte in relazione all'esercizio della facoltà del curatore laddove il giudizio ex art. 2932 c.c. sia nella fase di legittimità. In tal caso, avuto riguardo alle preclusioni proprie del giudizio di legittimità, la dichiarazione di scioglimento, purché anteriore al passaggio in giudicato della sentenza, può essere utilmente effettuata dal curatore in via stragiudiziale (Cass. Civ. 16 maggio 1997, n. 4358).

Per effetto dello scioglimento del preliminare il promissario acquirente, oltre ad essere creditore privilegiato per i titoli e nei termini sopra indicati, deve restituire il bene laddove ne abbia ottenuto la detenzione nonché i relativi frutti. A tale ultimo proposito dovrebbe quindi essere tenuto al pagamento di una indennità di occupazione, determinata con riferimento al valore locativo del bene a decorrere dalla data di fallimento ovvero dalla data di manifestazione della volontà di scioglimento del curatore.

 

 

Effetti del fallimento del venditore sul contratto di vendita definitivo.

Dalla nota diversa natura ed efficacia di tale contratto rispetto al preliminare deriva una differente disciplina nel fallimento, la quale è improntata ad una ben maggiore tutela della posizione dell'acquirente. Ciò alla evidente condizione che il contratto definitivo di vendita, seppur non riprodotto nel previsto atto pubblico e successiva trascrizione, risulti comunque da una scrittura privata resa opponibile al fallimento.

In mancanza del requisito della opponibilità ricorre l'ipotesi contemplata dall'art. 45 Legge fall.: il curatore può quindi eccepire tale inopponibilità ed acquisire l'immobile alla procedura fallimentare, senza tenere conto degli effetti reali prodotti da tale tipo di contratto (tra i soli contraenti).

E' infatti noto come la vendita degli immobili, ai fini della relativa opponibilità verso i terzi (e del curatore) richieda l'espletamento delle relative formalità di pubblicità, vale a dire la trascrizione dell'atto.

Ricorrendo tale situazione, al curatore non è pertanto consentita alcuna facoltà di scelta tra l'esecuzione e lo scioglimento del contratto, il quale è definitivo ed opponibile sotto ogni profilo.

Ma ad analoga conclusione si deve pervenire nel caso in cui le parti abbiano stipulato una scrittura privata contenente un atto definitivo di vendita, non trasfusa nell'atto pubblico, e che, alla data di fallimento, sia pendente un giudizio per l'accertamento giudiziale dell'autenticità delle sottoscrizioni, con trascrizione della relativa domanda.

In tale ipotesi si ritiene infatti che dalla trascrizione, in epoca anteriore al fallimento, della domanda volta ad ottenere l'accertamento giudiziale del contratto derivi l'opponibilità alla massa del contratto stesso.

Ciò per effetto della nota funzione di prenotazione di tale trascrizione, alla cui data retroagiscono gli effetti della sentenza di verifica dell'autenticità delle sottoscrizioni.

Laddove l'indicata formalità della trascrizione sia stata espletata prima del fallimento e non sia controversa la natura di vendita definitiva, il curatore non ha quindi alcun potere di impedire l'emanazione della suddetta pronuncia e di interrompere il previsto meccanismo di opponibilità dell'atto di vendita.

E' quindi evidente la differenza che intercorre tra tale ipotesi giudiziale e negoziale rispetto a quella, sopra descritta, del giudizio ex art. 2932 c.c. relativo all'esecuzione di un contratto preliminare.

Mentre in tale ultimo caso al curatore è infatti consentito di sciogliersi dal contratto fino a quando non sia passata in giudicato la pronuncia ex art. 2932 c.c., nella prima ipotesi è precluso l'esercizio di tale facoltà, in quanto gli effetti reali della relativa sentenza retroagiscono, ai sensi dell'art. 2652 n. 3 c.c., al momento della trascrizione della domanda volta ad ottenere l'accertamento giudiziale del contratto, rendendo così opponibile l'atto al fallimento successivamente dichiarato.

Questo è il principio enunciato dalla Suprema Corte (Cass. Civ. 29 marzo 1999, n. 3000 e Cass. Civ. 22 aprile 2000, n. 5287).

Si ritiene opportuno rilevare che l'ultima delle sentenze richiamate ha cassato la decisione della corte di appello, la quale aveva al contrario affermato la possibilità di scioglimento della vendita in forma privata, nonostante l'anteriore trascrizione della domanda giudiziale avente ad oggetto la verificazione dell'autenticità dell'atto privato di vendita.

Diversamente ' aveva argomentato il giudice di secondo grado ' significherebbe teorizzare l'equipollenza all'atto traslativo della domanda di verificazione dell'autenticità di questo; equipollenza invece negata in quanto, ad avviso dello stesso giudice, la funzione della trascrizione non ammette equipollenti in materia di diritti reali immobiliari.

Ne era quindi derivata la conclusione ' riformata dalla Cassazione - che la trascrizione della domanda ex art. 2652 n. 3 c.c. non impedisce al curatore il potere di sciogliersi dal contratto, interdetto solamente nell'ipotesi di anteriore trascrizione del trasferimento immobiliare (Corte di Appello di Ancona 6 marzo 1997).

Autore: Dott.ssa Rita Silenti - tratto dal sito www.studioripa.it