L’ART. 5 DELLA LEGGE FALLIMENTARE E LA NOZIONE DI “INSOLVENZA” SECONDO LA CASSAZIONE

 

L’art. 5 della L.F. così recita: “L'imprenditore che si trova in stato d'insolvenza è dichiarato fallito. Lo stato d'insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.

I Giudici di legittimità hanno chiarito che l'insolvenza rilevante al fine della declaratoria di fallimento non indica un ‘fatto' (cioè un avvenimento puntuale) bensì “uno stato, e cioè una situazione dotata di un certo grado di stabilità” (Cass. civ., Sez. I, sentenza n. 29913 del 20/11/2018), intendendosi tale “uno stato d'impotenza economico - patrimoniale, idoneo a privare tale soggetto della possibilità di far fronte, con mezzi ‘normali’, ai propri debiti” (Cass. civ., Sez. Un., sentenza n. 1997 del 11/02/2003).

Ai fini della dichiarazione di fallimento, costituiscono indizi esteriori dell'insolvenza gli elementi sintomatici che esprimono lo stato di impotenza funzionale e non transitoria dell'impresa a soddisfare le proprie obbligazioni, secondo una tipicità -desumibile dai dati dell'esperienza economica- rivelatrice dell'incapacità di produrre beni o servizi con margine di redditività da destinare alla copertura delle esigenze dell'impresa medesima (prima fra tutte l'estinzione dei debiti), nonché dell'impossibilità di essa di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose compromissioni del patrimonio (Cassazione civile, sez. I, ordinanza n. 6978 del 11/03/2019).Trattasi, in altri termini, di “situazione (in prognosi) irreversibile, e non già mera temporanea impossibilità di regolare adempimento delle obbligazioni assunte(Cass. civ., Sez. I, sentenza n. 19611 del 30/09/2004Conforme ex multis: Cass. civ., Sez. I, sentenza n. 29913 del 20/11/2018). L'insolvenza deve essere considerata “dinamicamente, in relazione cioè al complesso delle operazioni economiche ascrivibili all'impresa: dunque a un elemento legato non all'incapienza in sé del patrimonio dell'imprenditore ma a una vera impotenza patrimoniale definitiva e irreversibile … l'incapacità dell'impresa di produrre risorse necessarie a fronteggiare il proprio indebitamento risponde a una nozione economico-aziendalistica dell'insolvenza, più che alla nozione giuridicamente rilevante ai fini dell'art. 5 legge fall. Invero, sul piano giuridico, l'insolvenza -presupposto oggettivo per l'assoggettamento dell'impresa al fallimento- deve essere valutata sulla base di un preciso quadro normativo, che direttamente discende dalla previsione di legge” (Cass. civ., Sez. I, sentenza n. 29913 del 20/11/2018).

Lo stato di insolvenza, inteso quale incapacità finanziaria, strutturale e irreversibile del Debitore a soddisfare le proprie obbligazioni, può manifestarsi esteriormente in vari modi; fermo restando che la legge fallimentare “non prevede un requisito di manifestazione all'esterno dello stato di insolvenza, ma degli indizi che ne costituiscono gli elementi sintomatici e sono apprezzabili dal giudice al fine della dimostrazione della sua sussistenza” (Cass. civ., Sez. I, ordinanza n. 6978 del 11 marzo 2019).

Anche il mancato pagamento di un solo debito può assurgere ad indice sintomatico di uno stato di impotenza funzionale; e ciò in quanto lo stato di insolvenza “prescinde dal numero dei creditori” (Cass. civ., Sez. VI - 1, ordinanza n. 9297 del 03/04/2019). In una sentenza più datata, la Cassazione rleva che il mancato pagamento di un solo debito è idoneo a evidenziare uno stato di insolvenza “allorché dimostri, nel contesto dei vari elementi emersi, la presenza di un patrimonio in dissesto e l'incapacità del debitore di soddisfare le proprie obbligazioni con mezzi ordinari” (Cass. civ., Sez. I, sentenza n. 19611 del 30/09/2004). Aggiungasi che, “una volta dichiarato il fallimento per l'accertata presenza delle condizioni richieste, la successiva estinzione delle obbligazioni non ne consente certamente la revoca ma solo la chiusura”.

Gli inadempimenti hanno, per quanto attiene alla configurabilità dello stato di insolvenza, un valore meramente indiziario non essendo da essi «direttamente deducibile» detto stato.

Gli inadempimenti sono infatti “equiparabili agli altri fatti esteriori idonei a manifestare quello stato, con valore, quindi, meramente indiziario, da apprezzarsi caso per caso, e con possibilità di escludersene la rilevanza ove si tratti di inadempimento irrisorio” (Cass. civ., Sez. I, sentenza n. 19027 del 08/08/2013).  Per altro, "lo stato di insolvenza dell'imprenditore commerciale, consistendo nell'impossibilità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, non suppone necessariamente l'esistenza di inadempimenti, né è da essi direttamente deducibile, essendo gli stessi, se effettivamente riscontrati, equiparabili agli altri fatti esteriori idonei a manifestare quello stato, con valore, quindi, meramente indiziario, da apprezzarsi caso per caso, e con possibilità di escludersene la rilevanza ove si tratti di inadempimento irrisorio". (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto la sussistenza dello stato di insolvenza della società debitrice in base al riscontro di rilevanti passività, di numerose procedure esecutive e dell'omesso deposito dei bilanci relativi ai due esercizi sociali precedenti il fallimento) (Cass. civ., Sez. VI-1, ordinanza n. 30209 del 15/12/2017).

Più di recente, la Cassazione  si è pronunciata in ordine al presupposto (oggettivo) dello stato di insolvenza e alla (connessa) questione della sua configurabilità nell'ipotesi in cui l'attivo superi il passivo (Cass. civ., Sez. VI, ordinanza n. 1069 del 20/01/2020). Con tale pronuncia si è chiarito che il significato oggettivo dell'insolvenza, rilevante agli effetti dell'art. 5 L.F., “deriva da una valutazione circa le condizioni economiche necessarie (secondo un criterio di normalità) all'esercizio di attività economiche”, valutazione che “sottende un giudizio di inidoneità solutoria strutturale del debitore”. Quanto ai debiti, il relativo computo deve tener conto anche dei dati “emergenti dai bilanci e dalle scritture contabili”. Quanto all'attivo, al fine della relativa determinazione, “i cespiti vanno considerati non solo per il loro valore contabile o di mercato, ma anche in rapporto all'attitudine ad essere adoperati per estinguere tempestivamente i debiti, senza compromissione -di regola- dell'operatività dell'impresa».

Ai fini della declaratoria del fallimento, inoltre, è irrilevante la consistenza immobiliare del Debitore, ove la stessa “non consente, oggettivamente, di far fronte nell'immediatezza alle suddette obbligazioni, ed implicando solo un soddisfacimento futuro ed incerto nel quantum, con la relativa liquidazione”.

Ciò che rileva è, piuttosto, la “mancanza di risorse finanziarie della società a fronte delle obbligazioni inadempiute”  con la conseguenza che “lo stato d'insolvenza richiesto ai fini della pronunzia dichiarativa del fallimento dell'imprenditore non è escluso dalla circostanza che l'attivo superi il passivo e che non esistano conclamati inadempimenti esteriormente apprezzabili”.

Per quanto attiene alla rilevanza delle iniziative dei creditori, poiché ciò che rileva al fine della declaratoria di fallimento “è la situazione di incapacità del debitore a fronteggiare con mezzi ordinari le proprie obbligazioni», eventuali protesti, pignoramenti e azioni di recupero dei crediti “non costituiscono parametro esclusivo del giudizio di dissesto, con la conseguenza che “lo stato di insolvenza dell'imprenditore è configurabile anche in assenza di protesti, pignoramenti e azioni di recupero dei crediti” (Cass. civ., Sez. I, sentenza n. 9856 del 28/04/2006).

Marzo 2020