MOBBING

 

Aspetti medico-legali, danno psichico e oltre. CTU
Dr. Paolo Giuseppe d'Angelo

 

 

Il mobbing può essere considerato come un insieme di comportamenti molesti ed indesiderati posti in essere nell’ambiente di lavoro, che causano sofferenza fisica, psicologica e morale.

Le principali categorie di vessazione che si possono realizzare sono:

 

 

- persecuzione psicologica

-

- offese verbali

-

- maggiori richieste di attività lavorativa

-

-  violenza fisica

-

- stigmatizzazione sociale.  

 

 

MOLESTIA SESSUALE

 

Tra i vari tipi di comportamenti che vengono ricondotti al mobbing certamente rientrano, come riconosciuto anche da una recente sentenza della Cassazione (C. Cass. 8/1/2000 n. 143), le molestie sessuali sul luogo di lavoro.

Per molestie sessuali si devono intendere, oltre che i veri propri tentativi di molestia e gli "atti sessuali" anche i corteggiamenti indesiderati e le cosiddette «proposte indecenti».

 

Il codice di condotta (allegato alla Raccomandazione della Commissione Europea 27/11/1991 n.131) definisce come molestia sessuale "ogni comportamento indesiderato a connotazione sessuale o qualsiasi altro tipo di comportamento basato sul sesso che offende la dignità degli uomini o delle donne nel mondo del lavoro".

 

La Suprema Corte riconosce che tali atti, "i più detestabili fra quelli che possono ledere la personalità morale e ... l'integrità psicofisica dei prestatori d'opera subordinati" fanno sorgere in capo al datore di lavoro "una vera e propria responsabilità contrattuale" per l'inadempimento dell'obbligo posto a suo carico dall'art. 2087 c.c. (v. C. Cass. 8/1/2000 n.143).

 

 

LA COSTRITTIVITA’  ORGANIZZATIVA

 

Nella letteratura internazionale sono individuabili molteplici classificazioni delle azioni negative tipiche del processo di mobbing.

 

Leymann (1990, 1992, 1993, 1996) divide le azioni implicate nel processo di mobbing in cinque categorie di attacchi alla vittima.

 

Niedl (1995) individua sette categorie di attacchi.

 

Anche l’INAIL nell’Allegato 1 alla circ. n. 71/2003 sostiene che nel mondo del lavoro possono emergere quadri patologici ricollegabili a “fattori di costrittività” nell’organizzazione del lavoro.

 

Nel documento vengono individuate  le più frequenti condizioni di "costrittività organizzativa":

 

- marginalizzazione dall’attività lavorativa, svuotamento delle    mansioni, mancata assegnazione dei compiti lavorativi con inattività forzata, mancata assegnazione degli strumenti di lavoro,  ripetuti trasferimenti ingiustificati.

-prolungata attribuzione di compiti dequalificanti.

- prolungata attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi.

- impedimento sistematico e strutturale all’accesso a notizie.

- inadeguatezza strutturale e sistematica delle informazioni inerenti l'ordinaria attività di lavoro.

- esclusione reiterata del lavoratore rispetto ad iniziative formative, di riqualificazione e aggiornamento professionale.

-         esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo”.

 

     

I SETTE PARAMETRI CHE INDIVIDUANO IL MOBBING

 

Ege ha proposto sette parametri affinché si possa asserire di essere in presenza di mobbing.

 

 

AMBIENTE LAVORATIVO

 

 

- FREQUENZA

 

 

- DURATA

 

 

- TIPO DI AZIONI

 

 

- DISLIVELLO TRA GLI ANTAGONISTI

 

 

- ANDAMENTO SECONDO FASI SUCCESSIVE

 

 

- INTENTO PERSECUTORIO

 

 

1. AMBIENTE LAVORATIVO

 

 

Il 1°  criterio è che la vicenda conflittuale avvenga sul posto di lavoro

 

2. FREQUENZA

 

È un criterio che permette di distinguere ciò che va considerato mobbing da ciò che è invece una situazione conflittuale transitoria.

Ege scrive “…il parametro della frequenza deve indicare una cadenza delle azioni ostili di alcune volte al mese”.

 

 “Sasso nello stagno”: rappresenta l’eccezione alla condizione indicata. 

“La condizione di “sasso nello stagno” sussiste quando:

 

1)si rileva la presenza di una singola azione ostile portante, i cui effetti si ripercuotono sulla persona quotidianamente ed “internamente” , anche dopo che la prima azione si è…esaurita;

 

2) l’azione iniziale è accompagnata e/o seguita da almeno altre due azioni ostili di supporto, appartenenti ad una categoria diversa da quella dell’azione principale;

 

3) le azioni secondarie siano messe in atto da aggressori diversi (ad es. colleghi);

 

4) queste ultime azioni abbiano una cadenza di almeno alcune volte al mese”. (Ege, 2002)

 

 

3. DURATA

 

Anche questo è un criterio importantissimo.

 

Ege scrive “… perché si possa parlare di mobbing il conflitto sul lavoro deve durare da almeno 6 mesi; tale limite, tuttavia, può essere abbassato anche a soli tre mesi, ammesso però che la frequenza degli attacchi sia quotidiana e che siano riferite azioni appartenenti ad almeno tre delle categorie previste dal LIPT Ege”.

 

4.

TIPO DI AZIONI

 

Leymann elaborò una lista di 45 azioni ostili, divise in cinque categorie:

A)attacchi ai contatti umani e alla possibilità di comunicare;

B) isolamento sistematico;

C) cambiamenti delle mansioni lavorative;

D) attacchi alla reputazione;

E)violenze  e minacce di violenze.

 

Queste categorie Leymann le riportò nel famoso LIPT.

Per Ege si può parlare di mobbing se le azioni subite sono riconducibili ad almeno due delle categorie indicate nel LIPT.

 

5. DISLIVELLO TRA GLI ANTAGONISTI

 

In una condizione di mobbing deve essere percepibile un dislivello di potere tra i due protagonisti della vicenda conflittuale, con la conseguenza che la vittima si viene a trovare sempre in una posizione di svantaggio.

 

Spesso il mobber cerca di nascondersi dietro un gruppo di persone; a volte cerca degli alleati prima di passare all'azione o si assicura almeno la loro complicità durante il conflitto.

La vittima subisce tutta la violenza e l'energia distruttiva dello scontro, mentre l'aggressore può dividere le sue forze e quindi consuma meno energia per portare avanti il conflitto. Inoltre per la vittima è molto più stancante dover lottare contro molte persone invece di potersi concentrare su un unico aggressore”. (Ege, 1998, 99)

 

Possono essere individuate tre tipologie di mobbing: orizzontale, verticale discendente e verticale ascendente.

 

Si parla di mobbing orizzontale qualora la vessazione coinvolga soggetti che ricoprono la stessa posizione gerarchica all'interno dell'organizzazione.

 

II mobbing verticale discendente si presenta quando la vessazione viene esercitata da una persona in posizione gerarchica superiore rispetto alla vittima.

In rari casi è stato delineato anche il c.d mobbing verticale ascendente.

 

 

6. ANDAMENTO SECONDO FASI SUCCESSIVE

 

Il mobbing risulta essere un vero e proprio processo, che evolve gradualmente nel tempo, spesso a partire da una condizione di conflitto non risolto, come una sorta di escalalion dello stesso conflitto.

Leymann elaborò un modello a quattro fasi successive.

Ege ha proposto un modello a 6 fasi .

In sostanza, perché una vicenda possa essere ritenuta mobbing, devono essere ben identificabili al suo interno non solo il senso di progresso, ma anche le fasi cronologicamente definite.

 

Schematicamente il modello Ege è così rappresentato:

 

    

pre fase

 

Condizione Zero                                                                             fase 1

                                                                                             

                                                                                              Conflitto mirato

          fase 2

 

Inizio  del Mobbing

                                                                                                          fase 3

                                                                                             

                                                                                  Primi sintomi psico-somatici

 

fase 4

 

Errori ed abusi dell'Amministrazione del Personale

                                                                                                           

fase 5

 

Serio aggravamento della salute psico-fisica della vittima

 

 fase 6

 

Esclusione dal mondo del lavoro

 

7.

INTENTO PERSECUTORIO

 

Perché si possa parlare di mobbing, ci deve essere da parte dell'aggressore un chiaro scopo negativo nei confronti della vittima”.  (Ege,2002).

 

 L’intento persecutorio è dato da tre fattori: lo scopo politico, l'obiettivo conflittuale e la carica emotiva.

 

GLI STRUMENTI DI VALUTAZIONE DEL MOBBING

 

1. LIPT. Leymann ha elaborato LIPT (Leymann Inventory of Psycological Terror).

Ege in base agli studi fatti sulla realtà italiana ha modificato il questionario. Il test di mobbing  « LIPT Ege » consta di trenta domande suddivise in tre sezioni successive.

La sezione I riguarda i dati personali e dell'azienda.

La sezione II riguarda le azioni ostili subite.

La sezione III è relativa alle varie conseguenze che il soggetto ha accusato.

 

 

COLLOQUI SULLA VICENDA LAVORATIVA

 

L'esperto di mobbing effettua colloqui specifici con la persona.

Questi colloqui perseguono diversi scopi:

 

A) ottenere i dati che ancora mancano per la valutazione dei sette parametri; 

B) valutare lo stato clinico e la sintomatologia espressa;

C) ricercare elementi utili per individuare la struttura di personalità, gli stili difensivi al fine di avere elementi sullo stato anteriore del soggetto;

D) invitare il paziente a fornire il maggior numero di elementi oggettivi che comprovino agli occhi di un terzo la condizione di mobbing.

 

Anche l’INAIL  ha contribuito alla definizione di un percorso metodologico.

 

“…In campo psichiatrico, molto più che in altre branche specialistiche, assume particolare importanza la ricostruzione dello stato anteriore del soggetto anche in riferimento ai fattori  eziologici concausali extralavorativi.

Le possibili conclusioni diagnostiche eziologiche sono:

 

1) presenza di disturbi/patologie preesistenti cui ricondurre tutto il quadro clinico.

2) presenza di disturbi/patologie preesistenti (predisponenti) che hanno ruolo concausale.

3) Assenza di disturbi/patologie preesistenti”.

 

 

SOMMINISTRAZIONE DI TEST

 

I tests comunemente utilizzati:

Test proiettivi di personalità

- Costitutivi: Rorschach

- Costruttivi: Reattivo di Wartegg

- Interpretativi: T AT

Questionari di personalità: MMPI 2

Tests di efficienza intellettiva: Matrici progressive di Raven e         Wais

 

 

                                     LE CONSEGUENZE DEL MOBBING

 

Gli effetti del mobbing sulla salute psicofisica delle vittime possono essere di intensità non trascurabile e manifestarsi attraverso una sintomatologia variegata:

 

- disturbi del tono dell’umore;

 

-disturbi psicosomatici;

 

- alterazione del comportamento;

 

- disturbi d’ ansia.

 

Più raramente si manifestano disturbi ascrivibili all’universo psicotico.

 

Nei casi in cui la sofferenza psichica è esclusivamente legata alle angherie subite, si ritiene che due possono essere gli inquadramenti diagnostici:

la sindrome da disadattamento  e la sindrome post traumatica da stress.

Il mobbing è un fenomeno che rientra nella categoria dello stress; è da tenere sempre in considerazione la variabilità soggettiva.

Esistenza della soglia individuale di resistenza allo violenza psicologica. Tale soglia è il risultato dell'interazione dei seguenti aspetti: intensità della violenza, tempo di esposizione, tratti di personalità.

 

Disturbo Post-traumatico da Stress

Paura intensa, sentirsi inerme, continuo rivivere l'evento traumatico, l'ottundimento della reattività generale.

Presenza di ansia, insonnia  non presenti prima del trauma.

Alcuni individui riferiscono irritabilità o scoppi d'ira o difficoltà a concentrarsi o a eseguire compiti.

Vi è compromissione della modulazione affettiva, comportamento autolesivo e impulsivo, disturbi somatici, sentimenti di inefficienza, vergogna, disperazione; in alcuni casi più gravi compaiono sintomi di natura psicotica.

Il quadro sintomatologico deve essere presente per più di 1 mese e il disturbo deve causare disagio clinicamente significativo o menomazione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti.

 

Il  Disturbo Post-traumatico da Stress in base alla durata e all’esordio si distingue:

 

- Acuto. Questa specificazione dovrebbe essere usata quando la durata dei sintomi è inferiore a 3 mesi.

 

- Cronico. Questa specificazione dovrebbe essere usata quando i sintomi durano 3 mesi o più.

 

- Ad Esordio Tardivo. Questa specificazione indica che sono trascorsi almeno 6 mesi tra l'evento e l'esordio dei sintomi.

 

I pazienti affetti da Disturbo Post-traumatico da Stress presentano un maggiore rischio di Disturbo di Panico, Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Fobia Sociale, Fobia Specifica, Disturbo Depressivo Maggiore, Disturbo di Somatizzazione e Disturbi Correlati ad abuso di Sostanze.

 

Disturbo dell’adattamento

 

 

A. Si ha lo sviluppo di sintomi emotivi o comportamentali in risposta ad uno o più fattori stressanti identificabili che si manifesta entro 3 mesi dell'insorgenza del fattore o dei fattori stressanti.

 

B.Questi sintomi o comportamenti sono clinicamente significativi come evidenziato da uno dei seguenti punti:

1) marcato disagio che va al di là di quanto prevedibile in base all'esposizione al fattore stressante

  2) compromissione significativa del funzionamento sociale o lavorativo  o scolastico.

C. La sintomatologia correlata allo stress non soddisfa i criteri per un altro disturbo specifico in Asse I e non rappresenta solo un aggravamento di un preesistente disturbo in Asse I o in Asse II.

 

D. I sintomi non corrispondono a un Lutto.

 

E. Una volta che il fattore stressante (o le sue conseguenze) sono superati, i sintomi non persistono per più di altri 6 mesi.

 

Il Disturbo di Adattamento può essere

Acuto: se l'alterazione dura per meno di 6 mesi

Cronico: se l'alterazione dura per 6 mesi o più.

I Disturbi dell'Adattamento sono codificati in base al sottotipo, che è scelto secondo i sintomi predominanti:

Con Umore Depresso

Con Ansia

Con Ansia e Umore Depresso Misti

Con Alterazione della Condotta

Con Alterazione Mista dell'Emotività e della Condotta

Non Specificato.

DIAGNOSI EZIOLOGICA

 

1) Il mobbing deve essere legato « da un rapporto di causalità esclusivo o almeno preminente e diretto con la professione », che la causa lavorativa deve essere « adeguata e preminente ». (Mascaro et al. 1993, 91).

2) Il mobbing può essere una concausa.

 

 

                                          ESITO DELL'ANALISI e NESSO CAUSALE

 

L’importanza dell’apporto specialistico di un Consulente Tecnico.

 

Al  medico-legale viene richiesto un giudizio su: durata della malattia, incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni, eventuale pericolo per la vita e insanabilità, certa o probabile, della malattia.

Solo attraverso l’articolato e necessario procedimento, che costituisce l’indagine per la formulazione della diagnosi eziologica si potrà addivenire ad un giudizio conclusivo che consentirà la valutazione medico-legale, cui può seguire un numero personalizzato espresso in percentuale.

 

                                       CRITERI PER LA VALUTAZIONE DEL DANNO

 

Va subito precisato che i comportamenti vessatori che determinano il mobbing possono avere una rilevanza penale oltrechè civile.

 

La rilevanza penale

 

a titolo meramente esemplificativo:

 

- art. 590 c.p., "lesioni personali colpose";

 

- art.594 c.p., "ingiuria";

 

- art.595 c.p., "diffamazione";

 

- I'art.609 bis c.p., "violenza sessuale";

 

- I'art.610 c.p., "violenza privata".

 

La rilevanza civile

 

 

La giurisprudenza ritiene risarcibili varie tipologie di danno, che possono essere liquidate cumulativamente, verificandosi sovente che il medesimo comportamento mobbizzante violi norme diverse, originando così differenti voci di risarcimento.

 

DANNO PATRIMONIALE

 

È  la conseguenza diretta e immediata della condotta lesiva del mobber.

Si scompone in due componenti: il lucro cessante e il danno emergente.

 

-         Valutazione della riduzione della capacità di produrre reddito.

-          

DANNO MORALE

 

Laddove ci siano stati comportamenti che integrano azioni anche penalmente sanzionate, è riconosciuta la risarcibilità del danno morale, che consiste nei patemi d'animo provati dalla vittima, e del danno alla vita di relazione (ex artt.2059 c.c. e 185 c.p.).

 

DANNO BIOLOGICO

 

 

Tale danno  consiste nella menomazione dell'integrità psicofisica del soggetto suscettibile di valutazione medico-legale.

L'ambito applicativo del danno biologico si è progressivamente esteso fino a comprendere anche il danno cd. psichico.

DANNO ESISTENZIALE

 

È un danno risarcibile per quei soggetti mobbizzati per i quali non si è determinato la comparsa di psicopatologie; si riconosce l’ingiustificata e dannosa compromissione della personalità morale del lavoratore.

Il mobbing è riconosciuto come malattia professionale non tabellare dall’INAIL e, come tale, è indennizzabile ai sensi dell’art. 13. del D. Lgs 38/2000.

Nel citato allegato 1 alla circ. n. 71/2003 è riportato che “…La vigente tabella delle menomazioni…relativa al danno biologico … prevede …unicamente le seguenti voci:

180.     Disturbo post traumatico da stress cronico moderato, a seconda dell'efficacia della psicoterapia              - fino a 6%

181. Disturbo post-traumatico da stress cronico severo, a seconda dell'efficacia della psicoterapia  - fino a 15%.

Per la valutazione percentuale del Disturbo dell'adattamento cronico si dovrà procedere con riferimento analogico a tali voci … con una valutazione percentuale che potrà collocarsi,

nelle forme di grado lieve/moderato, nell’intervallo previsto dalla voce 180, nelle forme di grado severo, con  importanti sintomi depressivi e della condotta, nella successiva voce 181”.

 

 

                                                      CONSIDERAZIONI FINALI

 

- Una chiarezza dei ruoli, una specificazione delle mansioni, una esplicitazione della scala gerarchica si ascrivono nella prassi organizzativa utile per permettere una sana interazione.

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È importante promuovere una cultura aziendale dell’etica e della responsabilità basata sulla tolleranza ed il rispetto, elaborando codici di comportamento e percorsi formativi per tutto il personale.

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 Importanza della consulenza-supervisone  per la cura sia dell’organizzazione aziendale sia degli aspetti emotivo- relazionali esistenti tra individui.