Gli effetti della cessione di azienda sul contratto di appalto di opere pubbliche

 

L'articolo 35 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 disciplina gli effetti delle cessioni di azienda (o di ramo di azienda) e degli altri atti di trasformazione e di fusione in relazione ai contratti di appalto di opere pubbliche.

Per analizzare al meglio la questione occorre innanzitutto chiarire che ai sensi dell'articolo 2555 del codice civile "l'azienda e il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa".

Il ramo di azienda costituisce un'articolazione o una sotto-organizzazione del complesso aziendale, funzionale all'esercizio di una determinata attivita. Questa definizione non viene fornita dal codice civile, ma rappresenta il risultato di elaborazioni dottrinarie e giurisprudenziali.

Si configura la fattispecie della cessione d'azienda o di un ramo di essa quando il trasferimento abbia ad oggetto l'intero complesso dei beni organizzati, ovvero una sua articolazione, che consenta la prosecuzione dell'attivita esercitata in capo al nuovo soggetto.

In tal senso occorre citare la definizione fornita dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 10993 del 21 ottobre 1995, laddove viene chiarito che "perche si abbia conferimento di azienda (o di un ramo della medesima) e necessario che venga trasferito un complesso di beni di per se idoneo a consentire lo svolgimento di una determinata attivita di impresa".

La cessione di azienda (o di un suo ramo) avra come oggetto beni materiali e beni immateriali, unitariamente considerati, in quanto tra loro funzionalmente collegati: attrezzature, immobili, personale, know how (brevetti, esperienza acquisita), avviamento e rapporti giuridici.

Proprio in riferimento ai rapporti giuridici l'articolo 2558 del codice civile prevede che se non e pattuito diversamente, l'acquirente dell'azienda subentra nei contratti in corso che non abbiano carattere personale, fatta salva la facolta per il contraente ceduto di recedere entro tre mesi per giusta causa.

Qualora il contraente ceduto sia una pubblica amministrazione la disciplina dettata dal codice civile deve essere analizzata in relazione alla normativa speciale per i contratti pubblici.

In materia di trasferimento della posizione soggettiva di un contraente all'interno del rapporto contrattuale l'articolo 339 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 (articolo prima sostituito dall'art. 22 del Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152 e poi abrogato dall'art. 231 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554) vietava all'appaltatore di cedere il contratto senza il consenso dell'amministrazione, sotto la comminatoria della immediata rescissione del contratto. Questa norma riproponeva quanto affermato dal codice civile all'articolo 1406, secondo il quale "ciascuna parte puo sostituire a se un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purche l'altra parte vi consenta".

Con la legge 19 marzo 1990, n. 55, recante "nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosita sociale", il legislatore si pone l'obiettivo di contenere il fenomeno dell'infiltrazione della criminalita organizzata negli appalti pubblici.

In particolare l'articolo 18, secondo comma, della legge, cosi come modificato dall'articolo 22 del Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, dispone che "le imprese, le associazioni, i consorzi aggiudicatari sono tenuti a eseguire in proprio le opere o i lavori compresi nel contratto. Il contratto non puo essere ceduto, a pena di nullita". Questa disposizione sancisce il principio generale dell'incedibilita del contratto stipulato da un imprenditore privato con una pubblica amministrazione ed e finalizzata ad impedire la sostituzione soggettiva della figura dell'appaltatore.

Dalla lettura di queste disposizioni emerge il contrasto tra la disciplina pubblicistica contenuta nell'articolo 18, comma secondo, della legge 19 marzo 1990, n. 55, che prevede la nullita assoluta della cessione di contratto, per cui la prestazione puo essere eseguita solamente dall'originario contraente, e la disciplina civilistica, che consente la libera cessione dei contratti qualora vi sia il consenso della controparte e che ammette la

successione nei rapporti in corso (che non abbiano carattere personale) nel caso di cessione di azienda.

La diversita di queste disposizioni e giustificata dal fatto che mentre nei rapporti fra privati l'ordinamento tutela in via prioritaria la cosiddetta "signoria della volonta", vale a dire l'autonomia contrattuale riconosciuta alle parti, nei contratti in cui interviene una pubblica amministrazione questa autonomia negoziale e sacrificata dal perseguimento dell'interesse pubblico generale, che viene soddisfatto attraverso il rispetto di una serie di prescrizioni normative.

In particolare il contratto stipulato da una pubblica amministrazione e considerato un negozio "intuitus personae", in quanto il soggetto contraente viene scelto di regola attraverso procedure ad evidenza pubblica e nel rispetto di determinati requisiti stabiliti dalla legge.

Pertanto, sussistendo un generale principio di immutabilita del contraente nei rapporti della pubblica amministrazione, l'automatica sostituzione dell'appaltatore non viene ammessa, dal momento che l'impresa cessionaria potrebbe subentrare nel contratto senza che l'amministrazione abbia verificato in capo alla stessa la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge, aggirando in questo modo il principio di par condicio tra i partecipanti alla gara.

Con l'entrata in vigore della legge Merloni viene dettato un regime intermedio tra il divieto assoluto di cessione del contratto di appalto sancito dalla legge 19 marzo 1990, n. 55 e la disciplina civilistica.

In particolare il primo comma dell'articolo 35 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 dispone testualmente che "le cessioni di azienda e gli atti di trasformazione, fusione e scissione relativi ad imprese che eseguono opere pubbliche non hanno singolarmente effetto nei confronti di ciascuna amministrazione aggiudicatrice fino a che il cessionario, ovvero il soggetto risultante dall'avvenuta trasformazione, fusione o scissione, non abbia proceduto nei confronti di essa alle comunicazioni previste dall'articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 maggio 1991, n. 187, e non abbia documentato il possesso dei requisiti previsti dagli articoli 8 e 9 della presente legge".

In realta l'articolo 18 della legge 19 marzo 1990, n. 55 e l'articolo 35 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 regolano due fattispecie diverse: infatti il primo disciplina direttamente un comportamento negoziale fra due privati rivolto al trasferimento della titolarita di un contratto di appalto con una pubblica amministrazione; il secondo invece prende in esame un negozio giuridico rivolto al trasferimento di un complesso di beni aziendali (o comunque ad una trasformazione imprenditoriale) e regola gli effetti che da questo negozio si producono sui contratti in corso.

Quindi, fermo restando che nel settore dei lavori pubblici il soggetto aggiudicatario non puo cedere il contratto d'appalto, l'articolo 35 della legge Merloni ammette il subentro nella posizione dell'appaltatore, qualora consegua a operazioni di cessione di azienda o di un ramo della stessa, di fusione, di scissione e in generale di trasformazione nella struttura societaria.

Questa disposizione e rivolta a contemperare le opposte esigenze di garantire l'affidabilita del soggetto contraente, mediante la preventiva verifica del possesso di tutti i requisiti richiesti e quella di consentire la circolazione dei beni aziendali.

Come affermato dal TAR Sardegna nella sentenza del 15 luglio 2003, n. 1047 l'articolo 35 della legge Merloni costituisce "un modello normativo che attua un compromesso tra le opposte esigenze di impedire l'arbitraria sostituzione del contraente, ma anche di consentire che l'acquirente dell'azienda possa fruire di tutte le utilita patrimoniali e di posizioni giuridiche che formano parte integrante del complesso aziendale: la chiave del compromesso consiste nel valorizzare la regola della necessaria verifica dei requisiti soggettivi del contraente e di ammettere il subentro quando, in concreto, il cessionario dell'azienda si sottoponga positivamente a detta verifica". Quindi viene sancito il principio per cui e ritenuto prevalente l'interesse del cessionario a subentrare in tutti i rapporti facenti capo all'azienda ceduta rispetto all'interesse dell'amministrazione a non subire la modifica del contraente prescelto.

Cosi come indicato dall'Autorita per la vigilanza sui lavori pubblici nella determinazione n. 11 del 5 giugno 2002 l'efficacia della cessione d'azienda (o di un ramo della stessa) nei confronti del committente pubblico e subordinata, in primo luogo, alla comunicazione della intervenuta modificazione soggettiva dell'aggiudicatario ai sensi dell'articolo 1 del D.P.C.M. 11 maggio 1991, n. 187, oltre alla dimostrazione del possesso dei requisiti di qualificazione richiesti e, in secondo luogo, alla non opposizione dell'amministrazione al subentro nel contratto, da esprimersi nel termine massimo di 60 giorni dalla data della comunicazione, qualora il cessionario risulti privo dei requisiti prescritti dalla normativa antimafia.

Sostanzialmente il contratto di cessione di azienda (o di ramo di azienda) acquista efficacia immediata fra il cedente e il cessionario (secondo il principio della efficacia iniziale inter partes), mentre produce effetti nei confronti della pubblica amministrazione committente solo in un momento successivo, qualora il soggetto cessionario abbia ottemperato a tutti gli adempimenti di cui al primo comma dell'articolo 35 e sempre che l'amministrazione non si opponga qualora venga accertata la carenza dei requisiti prescritti.

Il secondo comma dell'articolo 35 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 dispone infatti che "nei sessanta giorni successivi l'amministrazione puo opporsi al subentro del nuovo soggetto nella titolarita del contratto, con effetti risolutivi sulla situazione in essere, laddove, in relazione alle comunicazioni di cui al comma 1, non risultino sussistere i requisiti di cui all'articolo 10 sexies della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni".

Sebbene la norma reciti testualmente che "l'amministrazione puo opporsi" occorre considerare che qualora dalla verifica condotta emergano a carico dell'impresa cause ostative ai fini antimafia, l'ente committente non dispone di alcun margine discrezionale di valutazione e pertanto non vi e in tale circostanza la semplice facolta, bensi uno specifico obbligo di opporsi.

Inoltre dalla lettura del secondo comma dell'articolo 35 sembra che l'amministrazione possa opporsi al subentro esclusivamente in caso di assenza dei requisiti di onorabilita previsti dalla normativa antimafia e non anche nel caso di mancanza dei requisiti di qualificazione indicati dagli articoli 8 e 9 della legge 11 febbraio 1994, n. 109. Proprio l'articolo 8 della legge Merloni dopo aver affermato che "i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici devono essere qualificati ed improntare la loro attivita ai principi della qualita, della professionalita e della correttezza", rimanda ad un apposito regolamento il compito di istituite un sistema unico di qualificazione per tutti gli appaltatori.

La normativa in materia di lavori pubblici prescrive quindi il possesso di determinati requisiti di qualificazione per chiunque esegua lavori pubblici, pertanto qualora venga accertato l'assenza in capo al soggetto cessionario di tali elementi, l'amministrazione dovra negare il subentro.

Il diniego all'operazione dovra essere manifestato dall'amministrazione appaltante attraverso un provvedimento espresso, nel quale dovra essere fornita un'adeguata motivazione in ordine alle ragioni giuridiche che hanno determinato tale decisione.

Nel caso invece in cui decorrano inutilmente i 60 giorni dalla comunicazione senza che l'amministrazione si sia espressa nel merito della questione, e prevista l'applicazione dell'istituto del silenzio-assenso, per cui la legge attribuisce al silenzio (o inerzia dell'amministrazione) il valore tipico di un atto di accoglimento.

Il terzo comma dell'articolo 35 della legge Merloni dispone infatti che "ferme restando le ulteriori previsioni legislative vigenti in tema di prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosita sociale, decorsi i sessanta giorni di cui al comma 2 senza che sia intervenuta opposizione, gli atti di cui al comma 1 producono, nei confronti delle amministrazioni aggiudicatrici, tutti gli effetti loro attribuiti dalla legge".

La questione che presenta maggiori problematiche e quella relativa alla dimostrazione e alla verifica dei requisiti di qualificazione in capo al soggetto cessionario. Infatti nel caso di cessione di azienda (o di ramo di azienda) l'articolo 35 della legge Merloni prevede che il cessionario debba provvedere alla dimostrazione di tali requisiti.

Per affrontare questo aspetto occorre fare riferimento al D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, cioe al regolamento che istituisce il sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, emanato in attuazione dell'articolo 8 della legge 11 febbraio 1994, n. 109.

Il D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 prevede che per l'esecuzione di lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro l'appaltatore deve essere in possesso di un'attestazione di qualificazione rilasciata da una SOA autorizzata.

Per gli appalti di importo pari o inferiore a 150.000 euro non e invece necessaria l'attestazione di qualificazione, tuttavia l'articolo 28 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 dispone che gli esecutori debbano comunque essere in possesso di determinati requisiti di ordine tecnico-organizzativo.

L'articolo 28 indica i requisiti che le imprese devono avere per eseguire i lavori, prescrivendo, oltre al possesso di una adeguata attrezzatura tecnica, il rispetto di una serie di parametri in riferimento all'importo dei lavori eseguiti e al costo sostenuto per il personale nel quinquennio precedente. L'articolo 15, nono comma, del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 dispone che il cessionario, in caso di fusione o di altra operazione, che comporti il trasferimento di azienda o di un suo ramo, possa avvalersi per la qualificazione dei requisiti posseduti dall'impresa cedente.

Dal combinato disposto di queste due norme emerge che, ai fini della partecipazione alle gare, il soggetto cessionario puo legittimamente attestare il possesso dei requisiti richiesti dimostrando il fatturato, le spese per il personale e l'attrezzatura dell'azienda o del ramo di azienda acquisito.

Questa tesi e confortata dalla sentenza n. 2428/2003, nella quale il TAR Campania, sezione prima, afferma che "la cessione di ramo d'azienda consente al cessionario, nella pratica, proprio di avvalersi di requisiti dei quali era in precedenza sfornito, e che fanno parte dei beni immateriali dell'azienda (art. 2555 c.c.); pertanto, i requisiti sono riferibili al soggetto imprenditore, ma proprio in quanto titolare di quel determinato patrimonio aziendale (complesso di beni organizzato)".

In definitiva quindi, qualora la fattispecie della cessione d'azienda coinvolga un appalto di lavori pubblici di importo pari o inferiore a 150.000 euro, non si presentano particolari problemi per l'amministrazione committente, considerato che i requisiti da accertare in capo al cessionario sono gia stati verificati in capo all'iniziale contraente in sede di aggiudicazione del contratto.

Come abbiamo sopra affermato, nel caso in cui il contratto sia di importo superiore a 150.000 euro, l'idoneita dell'impresa ad eseguire i lavori e attestata da appositi organismi di diritto privato, chiamati SOA (societa organismi di attestazione), autorizzati ad operare dall'Autorita per la vigilanza sui lavori pubblici ai sensi dell'articolo 10 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34.

L'articolo 15, secondo comma, della norma sopra citata prevede che "l'impresa che intende ottenere l'attestazione di qualificazione deve stipulare apposito contratto con una delle SOA autorizzate". Il terzo comma dello stesso articolo dispone che "la SOA svolge l'istruttoria e gli accertamenti necessari alla verifica dei requisiti di qualificazione, anche mediante accesso diretto alle strutture aziendali dell'impresa istante, e compie la procedura di rilascio dell'attestazione entro novanta giorni dalla stipula del contratto".

Le verifiche condotte dalle SOA hanno ad oggetto la sussistenza di requisiti tecnico-organizzativi ed economico-finanziari desunti da diversi elementi quali: l'esperienza acquisita (dimostrata con la produzione di certificati di esecuzione dei lavori rilasciati dalle amministrazioni appaltanti), referenze bancarie, volume d'affari, direzione tecnica e organico.

Qualora detta verifica abbia esito positivo la SOA rilascia all'impresa una o piu attestazioni di qualificazione differenziate per categorie di lavori e di importo, le quali costituiscono mezzo di prova necessario e sufficiente per la partecipazione alle gare e conseguentemente per l'esecuzione di lavori pubblici.

L'attestazione SOA e un titolo che qualifica l'imprenditore nel suo complesso e non l'azienda o il singolo ramo d'azienda, pertanto essa non e trasmissibile.

Tuttavia occorre richiamare l'articolo 15, comma nono, del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 (gia citato in precedenza), il quale stabilisce che il cessionario ha facolta di avvalersi per la qualificazione dei requisiti posseduti dall'impresa cedente.

Questa norma deve essere interpretata nel senso che il nuovo soggetto possa avvalersi di tali requisiti al fine di ottenere un'attestazione SOA ex novo e non che questi possa avvalersi dell'attestazione SOA posseduta dall'impresa cedente.

Questa tesi trova conferma nella sentenza del TAR Puglia n. 391/2003, nella quale viene affermato che "il soggetto diverso non puo giovarsi della qualificazione ottenuta dalle imprese che lo hanno costituito direttamente nei confronti della pubblica amministrazione, ma solo verso le societa di attestazione, le quali possono valutare per il rilascio della certificazione al nuovo soggetto i requisiti gia accertati".

Sempre nella stessa decisione il TAR Puglia afferma che "l'articolo 15 comma nono permette non il recupero ma la possibilita di avvalersi dei requisiti (.) in una successiva, diversa ma comunque autonoma valutazione in cui si possa tenere conto degli elementi posseduti dalle imprese che hanno dato origine al nuovo soggetto ai fini del rilascio di una nuova ed altra attestazione". Del resto il D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 stabilisce che la disamina della documentazione volta a verificare la sussistenza dei requisiti degli esecutori di lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro spetta esclusivamente alle SOA autorizzate.

La societa incaricata, nell'istruttoria rivolta al rilascio dell'attestazione al cessionario, dovra accertare la sussistenza di diversi elementi. L'Autorita per la vigilanza sui lavori pubblici ha affermato nella determinazione n. 11 del 5 giugno 2002 che "una prima circostanza da verificare e quella che si sia perfezionato il contratto mediante il quale e stato trasferito quel complesso di beni organizzati (azienda o ramo di questa) la cui titolarita implica il possesso dei requisiti dei quali il nuovo soggetto intende avvalersi. Il semplice fatto che il contratto sia stato stipulato non e tuttavia di per se sufficiente a conferire al nuovo soggetto la titolarita dei requisiti di cui si tratta. Occorre infatti che mediante quel contratto i contraenti abbiano effettivamente proceduto ad un trasferimento di azienda o di un ramo di essa, circostanza che sussiste se il cedente ha trasferito in toto tutta la propria organizzazione o sotto-organizzazione e non singole sue parti e se, per effetto di tale trasferimento, ne sia rimasto privo. Non si avrebbe infatti un trasferimento di azienda se, ad esempio, i contraenti avessero inteso cedere uno o piu contratti di appalto in corso di esecuzione o anche determinate attrezzature o altre risorse gia facenti capo all'azienda ceduta".

A questo punto occorre affrontare il problema che si puo verificare qualora la cessione d'azienda (o di un suo ramo) si perfezioni nel corso dell'esecuzione di un appalto di opere pubbliche.

In particolare, stante il disposto dell'articolo 35 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 deve ritenersi che il cessionario provveda a comunicare all'amministrazione l'avvenuta cessione d'azienda (o di un suo ramo) dimostrando il possesso dei requisiti prescritti (tra i quali anche l'attestazione SOA). L'impresa cessionaria pero non sara in grado di disporre subito dell'attestazione di qualificazione visto che le SOA sono tenute a completare la procedura di rilascio dell'attestazione nel termine di 90 giorni dalla stipula del contratto.

Nell'ipotesi che il cessionario provveda a informare l'amministrazione dell'avvenuta cessione di azienda (o di un suo ramo), trasmettendo le ulteriori comunicazioni previste dal D.P.C.M. 11 maggio 1991, n. 187, e a dichiarare di aver attivato la procedura di ottenimento dell'attestazione di qualificazione (senza pero essere ancora in grado di esibirla), si potrebbe porre il problema del decorso del termine dei 60 giorni, previsti dal secondo comma dell'articolo 35, entro i quali l'amministrazione puo opporsi al subentro con effetti risolutivi della situazione in essere.

In realta deve ritenersi che i 60 giorni decorrano dal momento in cui il cessionario abbia completato tutti gli adempimenti richiesti dall'articolo 35 della legge Merloni, tra i quali vi e anche l'esibizione dell'attestato SOA.

A supporto di questa interpretazione giova richiamare la decisione n. 4360/2002 del Consiglio di Stato, quarta sezione, nella quale si afferma che "l'onere di tempestiva opposizione posto a carico dell'amministrazione dal combinato disposto dei commi 2 e 3 dell'articolo 35, e l'ulteriore sospensione dell'efficacia relativa alla cessione per altri sessanta giorni, non attengono alla verifica dei presupposti di cui al comma 1 - che per definizione devono essere gia stati realizzati - ma solo all'accertamento del possesso da parte del cessionario dei requisiti previsti dal comma 2, relativi al rispetto della c.d. legislazione antimafia".

In ogni caso, visto che il combinato disposto di queste disposizioni potrebbe dare spunto anche a diverse interpretazioni, si ritiene opportuno che l'amministrazione in tale circostanza provveda a comunicare al cessionario la sospensione dei termini, ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, fino a quando non venga esibito l'attestato di qualificazione.

Nel momento in cui verra presentata questa attestazione l'amministrazione provvedera alla verifica dei requisiti e in caso di esito positivo, adottera un provvedimento nel quale si prendera atto della modificazione soggettiva dell'appaltatore intervenuto a seguito della cessione di azienda (o di ramo di essa) e si autorizzera il cessionario alla prosecuzione dei lavori.

In realta l'articolo 35 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 non prevede l'obbligo per la pubblica amministrazione di adottare alcun provvedimento, anzi la norma dispone che l'eventuale silenzio dell'amministrazione decorsi i 60 giorni si consideri come volonta di non opporsi al subentro.

Tuttavia al fine di garantire la massima trasparenza dell'azione amministrativa e di esporre le motivazioni dell'avvenuta sostituzione della figura soggettiva dell'appaltatore e opportuno che l'amministrazione manifesti espressamente la propria volonta, anche in ossequio al principio generale sancito dall'articolo 2, primo comma, della legge 18 agosto 1990, n. 241 secondo cui "ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo, mediante l'adozione di un provvedimento espresso".

E' interessante analizzare la fattispecie che si verrebbe a configurare qualora la cessione d'azienda (o di un suo ramo) si verificasse nel corso del procedimento di gara (cioe quando non e stato ancora costituito il vincolo negoziale), anche in riferimento alla tutela della par condicio tra i concorrenti.

Il problema e quello di capire se l'articolo 35 della legge Merloni possa ammettere la trasmissibilita in seguito alla cessione di azienda, oltre del contratto d'appalto gia stipulato, anche della mera posizione di partecipante alla gara.

Dopo aver manifestato un primo orientamento negativo verso l'ammissibilita di questa ipotesi (vedi: sentenza del Consiglio di Stato, sezione quinta, n. 761 del 13 maggio 1995 e sentenza del Consiglio di Stato, sezione quinta, n. 754 del 10 febbraio 2000), la giurisprudenza amministrativa ha recentemente cambiato la propria posizione in merito all'argomento. Nella sentenza n. 4940 del 26 settembre 2002 il Consiglio di Stato, sezione quinta, ha affermato che "la cedibilita dei diritti connessi alla qualita di concorrente in una pubblica gara appare ammissibile nei soli casi in cui, ai fini della scelta del contraente, non rilevino le qualita soggettive di quest'ultimo e risulti, pertanto, indifferente per l'amministrazione l'apprezzamento dei suoi requisiti personali di serieta, moralita, capacita ed affidabilita". Anche il TAR Sardegna nella sentenza n. 1047 del 29 agosto 2003 ha riconosciuto l'ammissibilita della cessione della posizione di partecipante alla gara, disponendo che "l'interesse pubblico protetto dalle norme sulla partecipazione alla gara si considera comunque salvaguardato con la richiesta e la valutazione successiva dei requisiti del cessionario".

Viene pertanto riconosciuta la possibilita di subentro in seguito alla cessione di azienda (o di un ramo della stessa) anche nella fase compresa fra la presentazione dell'offerta e l'aggiudicazione, fatto salvo l'esito positivo della verifica inerente i requisiti oggettivi e soggettivi del cessionario. In questo modo si riesce a coniugare la liberta di iniziativa economica (sotto il profilo della adozione delle forme organizzative e degli assetti societari piu opportuni) con il principio della massima partecipazione alle gare, senza violare la par condicio tra i partecipanti (v. TAR Umbria, sentenza n. 718/2003).

Da ultimo questo orientamento si e consolidato con la recente decisione del Consiglio di Stato, sezione sesta, n. 7802 del 29 ottobre 2004, nella quale si afferma che "le vicende dell'impresa che siano mere operazioni di riorganizzazione societaria, che non incidono sull'affidabilita dell'impresa medesima, non possono, di per se e in astratto, precludere il subentro, in corso di gara, del soggetto che, nell'ambito della vicenda privatistica, subentra nella posizione di partecipante alla gara, dovendosi caso per caso verificare, alla luce della caratteristiche dell'appalto, se il nuovo soggetto possieda tutti i necessari requisiti di partecipazione richiesti dagli atti di gara".

Parte della dottrina ritiene infine che l'articolo 35 della legge Merloni sia applicabile in via analogica anche agli appalti di fornitura di beni e servizi. A supporto di questa interpretazione estensiva della norma occorre richiamare una considerazione fatta dal Consiglio di Stato, sezione quinta, nella sentenza n. 2208 del 24 aprile 2002, secondo cui "se si considera che il divieto di cessione del contratto, in deroga al principio comune che consente la cessione del medesimo con il consenso dell'altra parte, e stato introdotto nel settore pubblico con particolare riferimento alla materia dei lavori pubblici, appare un non senso, sotto il profilo ermeneutica, negare l'applicazione in via analogica ad altri settori della contrattualistica pubblica, delle norme che rimuovono il divieto stesso introducendo una disciplina piu tenue".

Autore: Dott. W. Damiani - tratto da www.appaltiecontratti.it - Febbraio 2005