Il punto sul lavoro a progetto alla luce della recente giurisprudenza di merito

 

1. Brevi cenni sul lavoro a progetto
L'istituto del lavoro a progetto e stato previsto dalla Legge 14 febbraio 2003 n. 30 (c.d. legge delega) e poi disciplinato dal Decreto Legislativo 10 settembre 2003 n. 276 e, segnatamente, dagli articoli 61/69, la cui portata e stata peraltro primariamente precisata dalla Circolare del Ministero del Lavoro n. 1 del 2004, intitolata "Disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative nella modalita del c.d. progetto".
Facendo applicazione dei criteri direttivi dell'art. 4, 1? comma, lett. c), della Legge n. 30/2003, l'art. 61 del D.Lgs. n. 276/03 richiede che il rapporto di collaborazione sia riconducibile ad uno o piu progetti, programmi o fasi di lavoro, che dovranno essere determinati dalla committente e gestiti in autonomia dal collaboratore.
Dunque, la causa del contratto di lavoro a progetto consiste nell'instaurazione di un rapporto sinallagmatico nell'ambito del quale il collaboratore, dietro il pagamento del compenso, si obbliga - mediante una collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, riconducibile ad uno o piu progetti specifici od a programmi di lavoro od a fasi dello stesso - a fornire alla committente un determinato risultato. A tal ultimo proposito, si evidenzia che, anche laddove non si dovesse accogliere la tesi della natura della prestazione a progetto quale obbligazione di risultato, ma si ritenesse la stessa un'obbligazione di mezzi (ed invero sussiste contrasto in dottrina a tal riguardo), "si ritiene indiscutibile che, per le stesse indicazioni normative di cui all'art. 61 di indipendenza dal tempo impiegato e di finalizzazione ad un risultato, l'attivita non possa comunque consistere in una mera messa a disposizione di energie lavorative (.)" (Tribunale di Torino, sentenza del 5 aprile 2005, in Lav. nella giur., n. 7/2005, p. 651).
Oggetto del contratto e, invece, il progetto.
Alla luce di queste preliminari osservazioni, possiamo, quindi, sostenere che ai connotati dell'istituto della collaborazione coordinata e continuativa elaborati dalla giurisprudenza prima dell'introduzione della fattispecie contrattuale del lavoro a progetto (coordinamento della collaborazione con l'organizzazione aziendale, svolgimento della stessa in via continuativa, prevalentemente personale e non subordinata) si e andato ad aggiungere un ulteriore elemento: la necessita che venga identificato uno o piu progetti o programmi o fasi di lavoro, con lo scopo di circoscrivere in modo maggiormente definito il rapporto di collaborazione.
Ed e proprio l'elemento del progetto quello piu innovativo e sul quale si concentrano le riflessioni sia in sede di analisi teorica che sul piano piu strettamente applicativo, posto che purtroppo il testo della legge non e del tutto chiaro a tal proposito.
Cio nonostante, e possibile mettere a fuoco alcuni principali dati definitori: (i) il progetto o il programma deve essere diretto in "in funzione di un risultato" (art. 61, 1? comma, D.Lgs. n. 276/2003); (ii) il progetto o il programma deve essere "individuato nel suo contenuto caratterizzante" in sede di stipula del contratto (art. 62, 1? comma, lett. b, D.Lgs. n. 276/2003); (iii) il progetto o il programma o la sua fase vengono individuati dalla committente in ragione delle proprie insindacabili scelte e valutazioni (cosi come si evince dal 3? comma dell'art. 69 del D.Lgs. 276/2003 , a norma del quale, in caso di rivendicazione della natura subordinata del rapporto, il controllo giudiziale non puo estendersi sino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano alla committente).
Sulla definizione di progetto e peraltro intervenuta la Circolare del Ministero del Lavoro n. 1 del 2004, la quale ha chiarito che lo stesso deve consistere in un'attivita produttiva ben identificabile e funzionalmente collegata ad un risultato finale, connesso all'attivita principale o accessoria dell'impresa committente; per quanto, invece, concerne, il programma di lavoro o la fase di esso, questo deve consistere in un tipo d'attivita che non e direttamente riconducibile ad un determinato risultato finale, ma si caratterizza per la produzione di un risultato solo parziale, destinato come tale ad essere integrato, in vista del risultato finale, da altre lavorazioni e risultati solo parziali.
Se e sicuramente vero che l'individuazione del progetto e elemento importante ai fini della validita del contratto, l'elemento caratterizzante la fattispecie rimane, comunque, l'autonomia della collaborazione in funzione del risultato finale.
In quest'ottica, il progetto ovvero il programma di lavoro o la fase di esso costituirebbero una semplice e specifica modalita organizzativa della prestazione lavorativa, restando - come gia detto - elemento caratterizzate e qualificatorio della fattispecie l'autonomia del collaboratore nello svolgimento dell'attivita professionale.
Tale autonomia si estrinseca nella facolta del collaboratore di autodeterminare le modalita ed i tempi di realizzazione del progetto in funzione del risultato finale, con la conseguenza che il collaboratore non sara sottoposto al potere direttivo e disciplinare della committente e nemmeno a vincoli d'orario di lavoro. Per il collaboratore si trattera semplicemente di coordinare la propria attivita all'interno del ciclo produttivo della committente in relazione alle esigenze organizzative di quest'ultima.
Infine, e il caso di ricordare che, per evitare un utilizzo elusivo della presente fattispecie contrattuale (con conseguente riconduzione alla predetta di ipotesi ascrivibili al lavoro subordinato), l'art. 69 del D.Lgs. n. 276/2003 ha introdotto un consistente apparato sanzionatorio. In particolare, due sono i casi disciplinati dal legislatore in relazione alle misure sanzionatorie: in primo luogo, e previsto che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase dello stesso, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di loro costituzione (1? comma dell'art. 69); in secondo luogo, viene stabilito che, nel caso in cui l'autorita giudiziaria accerti che un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, pur istaurato con l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, sia venuto in realta a configurare nel suo concreto atteggiarsi un rapporto di lavoro subordinato, tale contratto si trasformi ex lege in rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti (2? comma dell'art. 69).
Il 1? comma dell'art. 69 del D.Lgs. 276/2003 ha correttamente suscitato alcune perplessita: infatti, la dottrina, la Circolare del Ministero del Lavoro n. 1 del 2004 e la recente giurisprudenza hanno chiarito che le eventuali deficienze formali del contratto sotto il profilo della individuazione del progetto non valgono, di per se considerate, a produrre l'effetto di un'automatica conversione del rapporto in uno di lavoro subordinato ex tunc; piu in particolare, laddove il progetto non sia stato individuato o, comunque, non sia stato adeguatamente descritto, opererebbe, anche secondo la recente sentenza del Tribunale di Torino del 5 aprile 2004, solo una presunzione relativa (e, si badi, non assoluta) di esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, con conseguente "inversione dell'onere della prova", sicche "parte convenuta [n.d.r.: la committente] avrebbe potuto e dovuto offrire di provare l'autonomia dell'attivita svolta, a prescindere dalla bonta del progetto". Sempre secondo la citata pronunzia del Tribunale di Torino, laddove si accedesse alla tesi di una presunzione assoluta di esistenza della subordinazione, "resterebbe, a parere di questo giudice, un grave vulnus al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, potendo arrivare ad imporre le specifiche e forti tutele del lavoro subordinato ad attivita che in nessun modo abbiano concretamente presentato le caratteristiche che tali garanzie giustificano".
Quanto, invece, al 2? comma dell'art. 69 D.Lgs. n. 276/2003 , la norma non suscita alcuna perplessita, riprendendo correttamente i principi gia elaborati dalla giurisprudenza, per i quali l'elemento chiave, ai fini della qualificazione giuridica del rapporto, e "il reale svolgimento della prestazione lavorativa", cosi che la volonta negoziale espressa dalle parti non puo mai prevalere sul concreto dispiegarsi del rapporto.

2. Redazione del contratto di lavoro a progetto
Il contratto di lavoro a progetto deve essere stipulato in forma scritta e deve contenere, ai fini della prova, l'espressa indicazione dei seguenti elementi:
a) la durata determinata o determinabile della prestazione di lavoro;
b) il progetto, il programma di lavoro, o la singola fase di esso, individuato nel suo contenuto caratterizzante;
c) il corrispettivo ed i criteri per la sua determinazione, i tempi e le modalita di pagamento e la disciplina di eventuali rimborsi spese;
d) le forme di coordinamento del collaboratore rispetto all'attivita e all'organizzazione del committente;
e) le eventuali misure per la tutela della salute e della sicurezza del collaboratore.
In relazione alla forma del contratto, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con la citata Circolare n. 1 del 2004, ha correttamente sottolineato che, nonostante la forma scritta non sia richiesta ad substantiam, in ogni caso essa assume valore decisivo in relazione alla determinazione del progetto, del programma di lavoro o della fase di esso che viene dedotto in contratto, in quanto, in assenza di forma scritta, non sara agevole per la parte interessata dimostrare la riconducibilita della prestazione lavorativa alla fattispecie della collaborazione coordinata e continuativa.
In altre parole, la forma scritta sarebbe richiesta semplicemente ad probationem (in questo senso anche la recente giurisprudenza di merito: Tribunale Torino del 5 aprile 2005, cit.); il che tuttavia non significa che, in assenza di detta forma, non si ravvisino forti criticita per la committente, la quale sara infatti tenuta a superare la presunzione relativa di esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, fornendo la prova della natura autonoma della prestazione.
Infine, a proposito delle modalita di redazione del contratto, e interessante segnalare che - cosi come riconosciuto da recentissima giurisprudenza di merito (Tribunale di Milano, Giudice dott.ssa Porcelli, sentenza del 10 novembre 2005, a quanto consta inedita) - non e necessaria l'espressa indicazione in epigrafe al contratto per la quale il medesimo viene stipulato ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 276/2003, posto che "nessuna norma impone l'indicazione della tipologia contrattuale nell'intestazione del contratto e tanto meno a pena di nullita".

3. Disamina della giurisprudenza espressasi sul lavoro a progetto
Occorre premettere che, allo stato, si segnalano pochissime sentenze sul punto.
Oltre alla nota sentenza del Tribunale di Torino del 5 aprile 2005, si contano, infatti, solo alcune rare pronunce e, peraltro, per quanto ci consta inedite.
Partendo dalla disamina della citata sentenza del foro piemontese, occorre far preliminarmente notare che la stessa ha tratto origine da una vicenda piuttosto critica per la societa committente, in quanto connotata da: (i) "modalita disordinate di formalizzazione dei rapporti" (le quali, come ha segnalato il Giudice, "non sono prive di significato ai fini della complessiva valutazione della legittimita dei contratti a progetto in causa"), (ii) la presenza di contratti di lavoro a progetto che - ancorche fossero rispettivamente indirizzati a regolare il rapporto di collaborazione con soggetti appartenenti a tre distinte figure professionali (promoter, responsabili di stand e responsabili di agenzia) - erano redatti "su moduli del tutto identici", nel senso che era stata posta in essere una "standardizzazione di centinaia di contratti a progetto in tutto e per tutto identici tra loro ed identici altresi all'oggetto sociale"; (iii) elementi di fatto, accertati nel corso dell'istruttoria, volti ad evidenziare la soggezione dei collaboratori al potere direttivo ed addirittura disciplinare della societa committente, etc.
Tutto cio per chiarire che il riconoscimento della natura subordinata dei rapporti de quibus da parte del Giudice di Lavoro di Torino non deve scoraggiare un (corretto) ricorso alla forma contrattuale in questione, il quale deve chiaramente avvenire nel segno delle indicazioni di legge nonche delle precisazioni fornite dalla Circolare del Ministero del Lavoro e dalla rara giurisprudenza espressasi sul punto.
Venendo ai punti di maggiore interesse della predetta sentenza, si evidenzia che la stessa ribadisce / precisa:
- (a) l'importanza della specifica indicazione del progetto, nel senso che: "anche a non intendere la specificita quale "individualizzazione" del progetto sul singolo collaboratore non si puo accettare l'estremo opposto (.) di una standardizzazione di centinaia di contratti a progetto in tutto e per tutto identici tra loro ed identici altresi all'oggetto sociale", posto che "tale standardizzazione conferma che ai collaboratori non e stato affidato uno specifico incarico o progetto o una specifica fase di lavoro ma, in totale, l'unica attivita che non puo che essere identica per tutti, l'attivita aziendale in se stessa" (sul punto vedi in senso conforme la citata sentenza del Tribunale di Milano, Giudice dott.ssa Porcelli, del 10 novembre 2005);
- (b) la caratteristica per la quale l'attivita prestata nell'ambito del contratto di lavoro a progetto deve essere indipendente dal tempo di esecuzione, nel senso che anche "ammettendo che la prestazione possa essere di mezzi, si ritiene indiscutibile che (.) l'attivita non puo comunque consistere in una mera messa a disposizione di energie lavorative (.)", circostanza che conduce a ritenere illegittimi i vincoli sull'orario di lavoro, i quali - come opportunamente precisa la sentenza de qua - non possono essere surrettiziamente reintrodotti mediante escamotage (ad esempio, nel caso in oggetto, il Giudice ha riconosciuto l'illegittimita del controllo dell'orario di lavoro dei collaboratori attuato tramite l'obbligo posto a carico degli stessi di fornire tre volte al giorno, entro determinate fasce orarie, una dettagliata reportistica dell'attivita svolta e cio sulla base di non meglio precisate "giustificazioni di natura statistica", che in realta dissimulano il vero intento della committente di sottoporre i collaboratori ad evidenti vincoli d'orario);
- (c) il rapporto di mero coordinamento (e non di sottoposizione direttiva e gerarchica) che deve sussistere tra il collaboratore e la committente, con la conseguenza - di evidente portata pratico / operativa - per la quale "tale coordinamento non potra mai essere inteso come organizzazione su turni con costante monitoraggio dell'attivita piu volte al giorno", sicche la "stessa organizzazione del lavoro a turni appare incompatibile con il concetto di autonomia della prestazione, perche il sistema a turni e efficiente se ed in quanto vincolante (.)";
- (d) l'applicabilita, gia peraltro sostenuta da un orientamento dottrinale, della fattispecie contrattuale de qua anche in relazione ad attivita di carattere non altamente specialistico o di particolare contenuto professionale, ben potendo il lavoro a progetto "riguardare prestazioni eventualmente identiche a parte dell'attivita aziendale"; il tutto ovviamente, ferma la specificita di cui al precedente punto (a).
Per quanto concerne, invece, la citata pronunzia (inedita) del Tribunale di Milano - Giudice dott.ssa Porcelli, si precisa che la stessa mette opportunamente in luce il fatto che non e possibile far discendere la natura subordinata del rapporto dalla riconducibilita dell'attivita espletata nell'ambito del lavoro a progetto ad una figura professionale (nella fattispecie in esame, quella di informatore medico-scientifico) espressamente contemplata dalla contrattazione collettiva di settore tra le figure di lavoratori subordinati; tale conclusione e peraltro in linea con il principio, affermato dalla costante giurisprudenza, per cui "ogni attivita umana, di per se considerata, puo formare oggetto di un rapporto di natura sia autonoma sia subordinata: ai fini della qualificazione del rapporto e necessario, incede, indagare quali siano state le concrete modalita di espletamento del rapporto medesimo" (Tribunale di Milano, Cit.; in senso conforme, ex multis: Cass. 21 novembre 2001, n. 14664; Cass. 3 aprile 2000, n. 4036; Cass. 20 gennaio 2000, n. 608).
In buona sostanza, le pochissime sentenze della giurisprudenza di merito allo stato pronunziate paiono ribadire i concetti chiave delineati dalla legge (cosi come peraltro interpretati dalla dottrina maggioritaria) ed evidenziano particolari spunti pratici come quelli, ad esempio, della sostanziale incompatibilita tra il lavoro a progetto e l'organizzazione della prestazione lavorativa sulla base di turni e del divieto di introdurre escamotage mirati a consentire, seppur in modo velato, un controllo sulla presenza del collaboratore all'interno dell'azienda e, con esso, ad imporre - anche solo indirettamente - un vincolo d'orario, chiaro indice di subordinazione.

Autori: Dott.ssa Ivana Arrigo ed Avvocato Edgardo Ratti - tratto dal sito www.ilquotidianogiuridico.it - gennaio 2006