Nella sentenza in esame, la Suprema Corte rileva che la figura del danno emergente è necessariamente legata alla perdita della proprietà degli immobili acquistati, posto che soltanto in tale ipotesi il pagamento del prezzo di vendita sarebbe vanificato. Prima di tale momento, pertanto, non è riscontrabile un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile, bensì solamente un pregiudizio potenziale, non attuale e quindi non incidente sulla sfera patrimoniale del compratore in termini di effettività e concretezza.



Cassazione - Sezione seconda civile 
sentenza 29 novembre 2005 - 26 febbraio 2007 n. 4381

Presidente Calfapietra - Relatore Mazzacane
Pm Golia - conforme - Ricorrente V. Srl - Controricorrente L.



Svolgimento del processo


Con atto di citazione notificato il 24 maggio 1991 la Srl V. - E. Agricola Edilizia, premesso di aver acquistato con atto pubblico per notaio Vincenzo L. del 28.1.1988 per il prezzo di lire 175.000.000, di cui lire 113.274.403 versate in contanti, tre immobili siti in R, in relazione ai quali il venditore Antonio C. aveva dichiarato la completa libertà da vincoli pregiudizievoli ed ipoteche, salvo quello dipendente dal mutuo fondiario in favore del Credito Fondiario per la parte residua di prezzo, esponeva che, avendo avuto di recente l'occasione di vendere vantaggiosamente i predetti immobili e così, di realizzare un notevole guadagno, non aveva potuto concludere l'operazione per l'esistenza di due pignoramenti taciuti dal venditore e non resi manifesti per l'inerzia del notaio rogante.
La società attrice conveniva quindi in giudizio dinanzi al tribunale di Brindisi Antonio C. ed il notaio Vincenzo C. L. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti.
I convenuti, costituitisi in giudizio, contestavano il fondamento della domanda.
Il Tribunale con sentenza del 5.9.1997 rigettava la domanda.
A seguito di impugnazione da parte della V. si costituivano nel giudizio di appello il L. resistendo al gravame e gli eredi dello C., nel frattempo deceduto, ovvero il coniuge Elisa F in proprio e quale esercente la potestà sul figlio minore V., nonché Fabrizio, Silvia e Stefania C., i quali dichiaravano di aver rinunciato alla eredità del loro congiunto.
Con sentenza del 26.10.2001 la Corte di Appello di Lecce ha rigettato l'impugnazione.
Il Giudice di Appello, rilevato che il L. quale notaio incaricato della stipula dell'atto pubblico sopra menzionato aveva omesso di effettuare ogni indagine onde verificare se sul bene oggetto del trasferimento non fosse stato eseguito in precedenza alcun atto di pignoramento, ha ritenuto tale omissione fonte di responsabilità professionale per il suddetto professionista; ha peraltro aggiunto che la domanda risarcitoria proposta dalla V. doveva essere rigettata in quanto priva di supporto probatorio; infatti non era stata fornita la prova che le procedure esecutive riguardanti gli immobili suddetti fossero state definite con la vendita dei beni e neppure era stato provato il preteso mancato guadagno che l'appellante avrebbe potuto realizzare qualora avesse potuto procedere alla successiva rivendita degli immobili medesimi.
Per la cassazione di tale sentenza la V. ha proposto un ricorso articolato in un unico motivo cui il L. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Con l'unico motivo formulato la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 1223, 1226, 1362 e seguenti; 2697 e seguenti; 2729 Cc, 112, 115 e 191 Cpc nonché omessa motivazione, censura la sentenza impugnata per aver escluso la sussistenza di un danno per la V. quale conseguenza della accertata responsabilità professionale del notaio L. riguardo alle omesse visure relative agli immobili di cui alla vendita stipulata il 28.1.1988; la ricorrente deduce la mancata valutazione da parte del Giudice di merito delle certificazioni rilasciate dalla cancelleria delle esecuzioni immobiliari del Tribunale di Brindisi che attestavano la pendenza di tre procedure esecutive sui suddetti beni promosse in epoca antecedente alla stipula dell'atto pubblico.
La V., premesso che al fine di evitare la vendita all'asta degli immobili in questione avrebbe dovuto tacitare i creditori intervenuti nella procedura esecutiva con l'erogazione di somme cospicue e molto superiori al prezzo di lire 175.000.000 versato dall'esponente in base al menzionato atto di compravendita, rileva che il danno subito non è assolutamente condizionato alla subastazione dei cespiti, ben potendo essere apprezzato secondo criteri di verosimiglianza e secondo l' «id quod plerumque accidit», potendo essere commisurato all'ammontare del prezzo pagato e delle rate di mutuo corrisposte.
La censura è infondata.
Premesso che il motivo in esame attiene soltanto al mancato riconoscimento da parte della sentenza impugnata del danno emergente e non riguarda quindi il lucro cessante, come espressamente precisato dalla ricorrente, si rileva che il Giudice di Appello correttamente ha escluso un qualsiasi pregiudizio patrimoniale per la V. corrispondente al prezzo degli immobili pagato per contanti ed all'importo delle rate di mutuo corrisposte in assenza della prova che le procedure esecutive riguardanti tal beni si fossero concluse con la loro vendita.
Invero la stessa prospettazione offerta dalla ricorrente della natura del danno asseritamente subito quale conseguenza della accertata responsabilità professionale del L. è necessariamente legata alla perdita della proprietà degli immobili acquistati, posto che soltanto in tale ipotesi il pagamento del prezzo di vendita ed il versamento delle evento non si è finora verificato, ne consegue che non è riscontrabile un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile per la V., ovvero non meramente potenziale ma attuale e quindi incidente sulla sfera patrimoniale della ricorrente in termini di effettività e concretezza.
Pertanto è in particolare infondato il profilo di censura relativo alla dedotta omessa valutazione delle certificazioni attestanti la pendenza delle esecuzioni immobiliari presso il tribunale di Brindisi, posto che invece la sentenza impugnata ha esaminato tale documentazione ritenendola peraltro irrilevante ai fini del riconoscimento di un pregiudizio patrimonialmente apprezzabile per la V. , in difetto di prova della avvenuta vendita all'asta di beni, e dunque operando corretta applicazione dei requisiti previsti dall'ordinamento giuridico per la configurabilità del danno, tra i quali invero è compreso anche quello della sua attualità.
E' poi appena il caso di rilevare l'infondatezza dell'accennato richiamo ad una possibile valutazione equitativa del danno lamentato dalla ricorrente, posto che ovviamente anche tale forma di liquidazione presuppone comunque la prova della reale esistenza di un danno risarcibile, nella specie insussistente.
Il ricorso deve quindi essere rigettato.
Ricorrono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese di giudizio.