Le obbligazioni gravanti sul notaio nella stesura del rogito

Autore: Avv. Vito Amendolagine
pubblicato su: I Contratti n. 1/2024 – Editore: Ipsoa Wolters Kluwer

 

Abstract

Il presente itinerario ripercorre l’evolversi della giurisprudenza in tema di controversie concernenti la responsabilità del notaio derivante dalla predisposizione del rogito, la quale, si estende anche alle necessarie e presupposte attività preparatorie, trovando la propria ragione d’essere nel munus publicum sottostante al corretto esercizio della funzione notarile.

 

Diligenza qualificata

Il notaio è tenuto ad adempiere l’obbligazione contratta con la diligenza qualificata richiesta dagli artt. 1176, comma 2, e 2236 c.c. (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 29 agosto 2019, n. 21775), osservando la buona fede oggettiva o correttezza, intesa quale criterio di determinazione della prestazione contrattuale, costituendo essa fonte di integrazione del comportamento dovuto (Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860), che impone di compiere quanto necessario od utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio che non si sostanzi in attività gravose od eccezionali o, comunque tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici per il notaio (Cass. Civ., Sez. III, 30 marzo 2005, n. 6735; Cass. Civ., Sez. III, 9 febbraio 2004, n. 2422).

 

Accertamento identità contraenti

Conseguentemente, fra gli obblighi inerenti alla funzione notarile rientra anche quello di accertare la capacità legale a contrarre delle parti dell’atto rogando, ed è, pertanto, incontestabile che tale controllo debba riguardare anche l’eventuale qualità di fallito rivestita da una o più di tali parti, pur ammettendo che la sentenza dichiarativa di fallimento, che comporta quale effetto più eclatante il cosiddetto spossessamento del debitore, e cioè la perdita dell’amministrazione e della disponibilità dei beni da parte del fallito ed il passaggio dell’amministrazione al curatore, implica una forma del tutto particolare e limitata d’incapacità del fallito (Cass. Civ., Sez. III, 13 settembre 2023, n. 26448).

 

Natura responsabilità e obblighi di protezione

Premessa la natura contrattuale della responsabilità del notaio, consolidata ormai da molti decenni nella giurisprudenza di legittimità, incorre dunque in responsabilità per inadempimento del contratto d’opera professionale, quanto ai doveri comportamentali riconducibili a quello di adempiere il rapporto di prestazione d’opera secondo buona fede ai sensi dell’art. 1375 c.c., il notaio che roghi atti di compravendita, con previsione di pagamento rateale e con dichiarazione di rinuncia della venditrice all’iscrizione di ipoteca legale, allorquando risulti che egli abbia rogato altri atti di rivendita a terzi da parte dello stesso acquirente, di cui alcuni lo stesso giorno ed altri pochi giorni dopo (Cass. Civ., Sez. III, 4 marzo 2022, n. 7185).

Del resto, vanno opportunamente considerati anche gli sviluppi della giurisprudenza di legittimità, che configura ormai in capo al notaio anche speciali obblighi di protezione in favore di quei soggetti che sebbene siano formalmente terzi rispetto agli atti da lui rogati, sono però coinvolti dalle relative prevedibili conseguenze, anche riguardo ai quali, quindi, il notaio risponde a titolo di responsabilità contrattuale (Cass. Civ., Sez. III, 17 novembre 2020, n. 26192).

Invero, la funzione ontologicamente e ineludibilmente ibrida del notaio - da un lato quella pubblica, dall’altro quella contrattuale - ne ispessisce il contenuto degli obblighi che assume nei confronti delle parti di cui rogita il negozio, rendendoli veri e propri obblighi di protezione, che persino si estendono ai soggetti terzi rispetto al contratto d’opera professionale. In tale ottica, Cass. Civ., Sez. III, 8 aprile 2020, n. 7746, ha riconosciuto l’applicabilità dei principi del cd. contatto sociale qualificato, in un caso in cui il notaio aveva concluso il contratto d’opera professionale, finalizzato al rilascio di una procura speciale soltanto con il futuro alienante del bene ravvisando in tale contratto, benché concluso formalmente tra il notaio ed il futuro venditore, ed avente ad oggetto un negozio unilaterale, una fonte di obblighi di protezione anche nei confronti dell’aspirante acquirente, qualificato come terzo protetto dal contratto.

Pertanto il contenuto delle dichiarazioni delle parti nel contratto che il notaio deve rogare non è di per sé sufficiente per esonerare il notaio stesso dai suoi obblighi di protezione, consiglio ed a monte, informazione degli esiti delle verifiche catastali e proprietarie (Cass. Civ., Sez. III, 3 agosto 2023, n. 23718).

Qualora egli non adempia correttamente la propria prestazione, compresa quella attinente alle attività preparatorie, la responsabilità contrattuale sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto rogato, se da tale comportamento abbiano subito danni (Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 2018, n. 15761).

Allo stesso modo, si è esteso l’obbligo del notaio di verificare e segnalare alle parti la possibile esistenza di limiti alla commerciabilità dei beni immobili oggetto di garanzia in quanto edificati su terreni gravati da usi civici, sulla scorta del principio che nella diligenza professionale in concreto esigibile dal notaio in sede di stipula di un atto di costituzione in garanzia di beni immobili siti in una zona che presenta un potenziale rischio di sussistenza di vincoli pubblici rientra anche lo svolgimento di indagini più approfondite rispetto a quelle ordinarie (App. L’Aquila 21 febbraio 2023, in www.expartecreditoris.it).

Conseguentemente, rientra nella diligenza professionale esigibile dal notaio nel caso concreto, quella di verificare l’esistenza di vincoli di natura pubblica e/o collettiva, soprattutto se il potenziale pericolo riguardi una parte del territorio in cui egli opera professionalmente, perché in questo caso la situazione complessiva della zona in cui si trova l’immobile, almeno nelle sue linee generali, non potrebbe ritenersi ignota al notaio, in forza della professione dallo stesso svolta in quel territorio (App. Napoli 20 maggio 2022, in www.expartecreditoris.it). Ciò in quanto le parti ricorrono agli uffici di un notaio qualora intendano demandare a quest’ultimo un più accurato controllo sia quanto alla forma dell’atto che quanto alla sua validità ed efficacia, onde assicurarsi il conseguimento dello scopo perseguito con quello specifico atto negoziale, trattandosi di una prestazione professionale altamente qualificata, non altrimenti ottenibile facendo ricorso a figure professionali diverse da quella del notaio.

Va aggiunto poi che per giurisprudenza consolidata, il notaio deve assicurare la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed in particolare, la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dai partecipanti alla stipula dell’atto, e, quindi, nella compravendita, il trasferimento di un bene dietro pagamento dell’intero prezzo (Cass. Civ., Sez. II, 2 agosto 2023, n. 23600).

 

La buona fede nell’esecuzione della prestazione notarile

L’impegno imposto dall’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza va quindi correlato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualità dei soggetti coinvolti (Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860) e come più recentemente affermato anche da App. Napoli 22 aprile 2020, in www.expartecreditoris.it, sul piano della diligenza che il notaio deve osservare in tema di verifica dell’esistenza di usi civici sul bene immobile oggetto di compravendita. L’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza è infatti da valutarsi alla stregua della causa concreta dell’incarico conferito al professionista dalla parte committente, e in particolare, al notaio (Cass. Civ., SS.UU., 31 luglio 2012, n. 13617. Il riferimento alla serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed alla sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell’atto medesimo - cfr. altresì Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733, e, conformemente, Cass. Civ., Sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26020 - va valutato con l’interesse che l’operazione contrattuale è propriamente volta a soddisfare.

Tale principio di diritto non può spingersi, pena la violazione del reciproco dovere della buona fede gravante sui contraenti, sino a richiedere al notaio il dovere di rappresentare agli stipulanti circostanze non esistenti all’epoca del rogito e relative a fatti, atti, ovvero ad azioni giudiziarie ancora non proposte, e comunque non prevedibili al momento della stipula.

In buona sostanza, il notaio, se è inadempiente, lo è rispetto agli obblighi assunti con il contratto con cui ha ricevuto l’incarico, ragione per cui se il suddetto professionista si è obbligato a svolgere l’incarico con diligenza nei confronti di una società l’azione di responsabilità da inadempimento non può che essere intrapresa dalla stessa società, verso la quale, il notaio si era obbligato, sul presupposto che le società anche di persone, pur non avendo personalità giuridica, hanno comunque una loro soggettività giuridica, atteso che sebbene sprovvista di personalità giuridica, costituisce pur sempre un centro di interessi dotato di una propria sostanziale autonomia e di una propria capacità processuale. Pertanto, a prescindere dal dato formale per cui se il contratto con il notaio è stato stipulato dalla società e non dal socio, non si può sostenere che gli obblighi di corretta esecuzione del mandato professionale, assunti dal notaio con quel contratto, lo siano stati verso il socio anziché verso la società stessa, poiché quest’ultima, essendo autonomo centro di interessi, come si è detto, è altresì la parte creditrice della prestazione del professionista e, dunque l’unica a potersi dolere del suo inadempimento (Cass. Civ., Sez. III, 18 luglio 2023, n. 20990).

Nel caso però in cui un soggetto interessato a stipulare un mutuo ipotecario con una banca incarichi un notaio di effettuare le visure del bene destinato ad essere l’oggetto dell’ipoteca e a redigere la relativa relazione, con questo conferimento di incarico si determina l’assunzione di obblighi in capo al notaio non soltanto nei confronti del mutuatario, ma pure nei confronti della banca mutuante, e ciò sia che si intenda l’istituto bancario quale terzo ex art. 1411 c.c., che beneficia del rapporto contrattuale di prestazione professionale concluso dal cliente mutuatario, sia che si individui un’ipotesi di responsabilità da contatto sociale fondata sull’affidamento che la banca mutuante ripone nel notaio in quanto esercente una professione protetta. Pertanto, posto che è onere del notaio dimostrare di aver correttamente adempiuto il suo incarico e, quindi, di aver reso in modo completo tutte le notizie relative all’immobile su cui si andava a costituire il mutuo, in tale caso, l’eventuale danno dovrà essere parametrato in base alla colposa induzione dell’istituto di credito ad accettare in ipoteca, con riguardo al finanziamento, concernente un bene non idoneo a garantire la restituzione del credito erogato (Cass. Civ., Sez. III, 18 luglio 2023, n. 20794; conf. Cass. Civ., Sez. II, 9 maggio 2016, n. 9320).

 

Responsabilità per le attività preparatorie del rogito

In tema di responsabilità professionale del notaio, qualora egli non adempia correttamente la propria prestazione, compresa quella attinente alle attività preparatorie, la responsabilità contrattuale sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto rogato, se da tale comportamento abbiano subito danni e purché non lo abbiano esonerato da tali attività (Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., Sez. III, 13 giugno 2013, n. 14865) atteso che il rapporto professionale che intercorre tra notaio e cliente si inquadra nello schema del mandato, in virtù del quale, il professionista è tenuto ad eseguire personalmente l’incarico assunto ed è pertanto responsabile ai sensi dell’art. 1228 c.c., dei sostituti ed ausiliari di cui si avvale, dei quali deve seguire personalmente lo svolgimento dell’opera, con la conseguente sua responsabilità esclusiva nei confronti del cliente danneggiato (Cass. Civ., Sez. III, 29 settembre 2009, n. 20825).

Si è quindi ritenuto responsabile il notaio per avere erroneamente indicato nella nota di trascrizione predisposta dal medesimo professionista i diritti - invertendoli - spettanti alle parti per effetto della stipula di un atto di compravendita eseguito a suo rogito, con la conseguenza che alcuni istituti di credito avevano trascritto successivamente ipoteca in danno dell’alienante sullo stesso cespite in quanto risultava ancora di sua proprietà, con evidente pregiudizio per la parte acquirente (Trib. Pesaro 15 giugno 2015, in www.expartecreditoris.it).

L’art. 49 l. not. nel testo fissato dall’art. 1, L. n. 333/1976, secondo il quale il notaio deve essere certo della identità personale delle parti e può raggiungere tale certezza, anche al momento dell’attestazione, con la valutazione di tutti gli elementi atti a formare il suo convincimento, contemplando, in caso contrario, il ricorso a due fidefacienti da lui conosciuti, va interpretato nel senso che il professionista, nell’attestare l’identità personale delle parti, deve trovarsi in uno stato soggettivo di certezza intorno a tale identità, conseguibile, senza la necessaria pregressa conoscenza personale delle parti stesse, attraverso le regole di diligenza, prudenza e perizia professionale e sulla base di qualsiasi elemento astrattamente idoneo a formare tale convincimento, anche di natura presuntiva, purché, in quest’ultimo caso, si tratti di presunzioni gravi, precise e concordanti (Cass. Civ., Sez. III, 28 dicembre 2021, n. 41801; Cass. Civ., Sez. III, 7 dicembre 2017, n. 29321; Cass. Civ., Sez. III, 12 maggio 2017, n. 11767; Cass. Civ., Sez. III, 10 maggio 2005, n. 9757).

Pertanto, il notaio che abbia identificato le parti sulla base delle carte di identità successivamente risultate non autentiche, e che abbia fotocopiato, l’esistenza di una procura speciale a vendere la cui sottoscrizione poi è risultata apocrifa, facendo affidamento sulla presenza all’atto dei funzionari bancari e di intermediazione con i quali le parti avevano intrattenuto pregressi rapporti, non assolve all’obbligo di adeguata diligenza professionale sancito dall’art. 49 l. not. poiché la sua certezza soggettiva della identità delle parti, raggiunta al momento dell’attestazione, non è stata conseguita attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti. Tanto più che la semplice richiesta alle parti di mostrare un certificato anagrafico avrebbe consentito al notaio si accorgersi della falsità dei documenti d’identità esibiti dai contraenti in considerazione della discordanza, ad esempio, tra il numero di iscrizione all’anagrafe comunale riportato sulla carta di identità falsa e quello recato dalla certificazione anagrafica autentica (Cass. Civ., Sez. II, 1° giugno 2023, n. 15490).

Il notaio incaricato della redazione e autenticazione di un contratto di compravendita immobiliare non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti e non può quindi, limitarsi ad accertare la volontà delle stesse e sovrintendere alla compilazione dell’atto ma ha l’obbligo di compiere l’attività, preparatoria e successiva, necessaria ad assicurare tanto la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi, quanto l’attitudine dello stesso ad assicurare il conseguimento del suo scopo tipico e del risultato pratico voluto dalle parti della relativa stipulazione (Cass. Civ., Sez. II, 31 marzo 2022, n. 10474; Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296; Cass. Civ., Sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26020; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733), vale a dire l’interesse che l’operazione contrattuale è volta a soddisfare (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283; Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296, cit.; Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., SS.UU., 31 luglio 2012, n. 13617), a partire, evidentemente, dal compimento delle attività che concernono la sussistenza delle condizioni di validità e di efficacia dell’atto medesimo (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 1999, n. 5946).

L’inosservanza dei suddetti obblighi accessori da parte del notaio dà conseguentemente luogo, a suo carico, a responsabilità contrattuale per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità, dovendosi peraltro escludere alla luce di tale obbligo la configurabilità del concorso colposo del danneggiato ai sensi dell’art. 1227 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296, cit.; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733, cit.).

 

L’obbligo di informazione e consiglio

Il notaio, dovendo compiere l’attività necessaria ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici e il risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti, ha, in particolare, l’obbligo nei confronti delle stesse di informazione e di consiglio (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283, cit.). Tale obbligo, che sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto (Cass. Civ., Sez. VI, 5 luglio 2022, n. 21205) e trova fondamento nella clausola generale di buona fede oggettiva quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte (Cass. Civ., Sez. III, 20 agosto 2015, n. 16990), si concretizza, tra l’altro, nel dovere di dissuasione dei clienti dalla stipula dell’atto, salvo espressa dispensa delle parti (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297), che consiste nell’avvertire le parti degli effetti derivanti dai vincoli giuridici eventualmente gravanti sull’immobile, come quelli derivanti dall’esistenza di una trascrizione o iscrizione pregiudizievole sul bene oggetto di trasferimento (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283, cit.), e, più in generale, delle problematiche, che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire, collegate al possibile rischio, ad esempio, che una vendita immobiliare possa risultare inefficace a causa della condizione giuridica dell’immobile (Cass. Civ., Sez. II, 29 marzo 2007, n. 7707), sicché, il notaio che abbia la conoscenza od anche il solo sospetto di un’iscrizione pregiudizievole gravante sull’immobile oggetto della compravendita, deve informarne le parti, quand’anche sia stato esonerato dalle visure, essendo tenuto comunque all’esecuzione del contratto di prestazione d’opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, comma 2, c.c. e della buona fede (Cass. Civ., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15726).

Solo nel caso in cui il notaio sia stato espressamente esonerato, per concorde volontà delle parti, dallo svolgimento delle attività accessorie e successive, necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti e, in particolare, dal compimento delle visure catastali e ipotecarie allo scopo di individuare esattamente il bene e verificarne la libertà da pregiudizi, deve escludersi la sussistenza della responsabilità professionale del notaio stesso in quanto detta clausola non può essere considerata meramente di stile essendo stata parte integrante del negozio, a condizione, peraltro, che la stessa appaia giustificata da esigenze concrete delle parti, come nel caso della sussistenza di ragioni di urgenza di stipula dell’atto addotte dalle parti medesime (Cass. Civ., Sez. III, 1° dicembre 2009, n. 25270; Cass. Civ., Sez. II, 16 marzo 2006, n. 5868).

 

I limiti all’obbligo di consiglio

Per contro, deve ritenersi estraneo all’obbligo di diligenza relativo all’attività esercitata dal notaio solo quello di fornire informazioni oppure consigli non basati sullo stato degli atti a disposizione del professionista e sulle circostanze di fatto specificamente esistenti, note o comunque prevedibili, dovendosi valutare la diligenza del notaio ex ante e non ex post e, dunque, giammai sulla base di circostanze future e meramente ipotetiche (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297). Non rientrano, pertanto, tra gli obblighi di informativa e di consulenza, cui è tenuto il notaio al momento del rogito, tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione o iscrizione pregiudizievole (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297, cit.).

Neppure il notaio può ritenersi tenuto a garantire, nei confronti della banca mutuante, la convenienza economica dell’operazione ovvero i relativi rischi sul piano squisitamente finanziario, atteso che la sua responsabilità professionale non si spinge fino all’obbligo di accertare se il creditore potrà ragionevolmente soddisfarsi, in sede di espropriazione del bene, a fronte dell’inadempimento del mutuatario (Cass. Civ., Sez. III, 16 novembre 2020, n. 25865).

Pertanto, l’estensione del suddetto principio di diritto non vale fino al punto da ricomprendere tra gli obblighi di informativa e di consulenza, cui è tenuto il notaio al momento del rogito, tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione od iscrizione pregiudizievole, quantunque essi non siano ad essa direttamente collegati, proprio per la posizione di equidistanza dagli interessi delle parti contraenti che si richiede al notaio a tutela di un corretto ed imparziale presidio del traffico di negozi giuridici (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297; Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15726; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733).

Tra gli obblighi del notaio è quindi certamente incluso quello di acquisire informazioni, presso la conservatoria dei registri immobiliari, circa il carattere definitivo o meno del titolo giudiziale ivi trascritto poiché il professionista può e deve verificare se la sentenza di primo grado accertativa dell’usucapione di un bene immobile oggetto di compravendita sia passata in giudicato, in ragione del fatto che copia della sentenza viene depositata presso l’ufficio dei registri immobiliari ai sensi degli artt. 2657 e 2658 c.c. e chiunque ha diritto di prenderne visione ai sensi dell’art. 2673 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283).

Pertanto, l’omessa rilevazione di un vincolo di natura archeologica, sul cespite oggetto di compravendita o permuta, comporta la responsabilità del notaio per il danno conseguente alla successiva adozione da parte della pubblica amministrazione della revoca in autotutela della concessione edilizia e dell’ordine di demolizione delle opere eventualmente già realizzate, con acquisizione dell’area al patrimonio demaniale (Cass. Civ., Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 25113).

Pertanto, anche nel caso in cui il notaio riceva l’incarico da un chiamato all’eredità di redigere l’inventario dei beni del de cuius, l’adempimento secondo diligenza dell’incarico di procedere ad accettazione con beneficio d’inventario impone al medesimo notaio, in una prospettiva finalistica, di illustrare al cliente il contenuto e gli effetti dell’atto, avvertendolo dunque anche degli ulteriori adempimenti necessari affinché lo scopo perseguito possa essere raggiunto, ma detta prestazione accessoria a tanto si arresta, ossia, nella adeguata informazione del cliente sugli adempimenti da compiersi successivamente, sulle relative modalità e termini Cass. Civ., Sez. III, 13 settembre 2023, n. 26419.

 

L’accertamento della libertà del bene immobile

Il soggetto che si rivolge ad un notaio per stipulare un determinato atto, così affidandogli - in mancanza di una clausola di espresso esonero - anche il compito di effettuare le necessarie indagini sulla libertà da vincoli dei beni oggetto di quell’atto, non può certo essere ritenuto corresponsabile dell’omissione di dette indagini, commissionate al notaio stesso, ragione per cui, non può, quindi ravvisarsi alcun concorso colposo del danneggiato nella causazione dell’evento dannoso conseguente all’omessa verifica della libertà del cespite interessato dal rogito (Cass. Civ., Sez. III, 15 febbraio 2022, n. 4911).

Pertanto, il notaio che, chiamato a stipulare un contratto di compravendita immobiliare, ometta di accertarsi dell’esistenza di iscrizioni ipotecarie pregiudizievoli sull’immobile, può essere condannato al risarcimento del danno consistente nel pagamento della somma complessivamente necessaria per la cancellazione del vincolo, la cui determinazione deve essere rimessa al giudice di merito. Ciò posto, l’attività preparatoria che rientra nei doveri di diligenza dell’attività notarile deve essere svolta in tempi utili a garantire la corrispondenza dell’esito delle ricerche effettuate con le condizioni del bene che vengono descritte nell’atto, sia in ragione della necessità di assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici di esso, sia in funzione della realizzazione sostanziale della funzione di pubblico ufficiale (Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 2018, n. 15761).

In particolare, il notaio che roga un atto concernente una proprietà superficiaria, che egli stesso dica esistente su bene demaniale in forza di una concessione, deve preoccuparsi, constandogli nella prospettazione dei clienti tale particolare qualità della detta proprietà, di indagare, prima di rogare l’atto e di prevedere che la proprietà sia oggetto di garanzia, se la concessione sia tuttora in essere e, in caso positivo, anche per quale tempo lo sia, sì che sia la relativa indagine sia il suo risultato possano dirsi rientrare nell’àmbito dell’attività esigibile dal notaio quale espressione del c.d. dovere di consiglio del notaio, e, prima ancora, nell’àmbito dei doveri di accertamento connessi alla diligenza professionale come scolpita dall’art. 28 della legge professionale (L. n. 89/1913), ed in ogni caso dalla norma civilistica sulla diligenza. Ciò non solo sulla base dell’esigibile conoscenza da parte del notaio del regime generale dei beni demaniali e delle sue implicazioni sui diritti derivati, ma comunque ed in primo luogo della necessaria dovuta conoscenza dei termini e delle condizioni in cui un diritto da alienare che risulti dipendente da un altro, veda regolata tale dipendenza, in modo che la fruttuosità dell’alienazione non possa essere incisa dalla sorte del diritto pregiudicante (Cass. Civ., Sez. III, 3 febbraio 2021, n. 2493).

Tuttavia si è anche affermato il principio che non sussiste la responsabilità professionale del notaio che abbia omesso di indicare la presenza di vincoli limitativi della proprietà su immobili trasferiti mediante atto da lui rogato, quando sia provato che il contraente interessato a tale informazione conosceva certamente l’esistenza di quei vincoli, non ravvisandosi in tale ipotesi né la violazione del dovere di diligenza qualificata previsto dall’art. 1176 c.c., da doversi comunque interpretare alla stregua del canone generale di buona fede, né il nesso di causalità tra l’omessa informazione e la stipulazione dell’atto traslativo (Cass. Civ., Sez. III, 25 agosto 2023, n. 25278; Cass. Civ., Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 25111).

 

Il danno risarcibile dall’omessa verifica di libertà del cespite

Il danno che il notaio rogante il contratto di compravendita di un immobile, il quale abbia omesso di effettuare le dovute visure ipotecarie, è tenuto a risarcire all’acquirente dell’immobile successivamente sottoposto ad esecuzione immobiliare da parte del creditore ipotecario ed aggiudicato ad un terzo, va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dalla parte, e tale pregiudizio, potrà anche essere pari al valore dell’immobile ove il proprietario del bene, a causa dell’omissione colposa del notaio, abbia perduto l’immobile con l’esproprio od a causa del rilascio del bene, poiché diversamente, sul presupposto dell’accertata responsabilità del professionista, questi potrà essere condannato al risarcimento per equivalente commisurato, quanto al danno emergente, all’entità delle somme che gli acquirenti devono corrispondere per soddisfare i creditori e liberare l’immobile dalle formalità pregiudizievoli, al fine di conservarne la proprietà, con la conseguenza che le spese di purgazione rappresenteranno il danno e, nel contempo, la sua misura. Pertanto, nell’ipotesi di immobile venduto con il ministero del notaio, che, a causa dell’omessa verifica delle visure, sia successivamente sottoposto ad esecuzione da parte di un creditore che aveva agito sulla base di gravami esistenti sull’immobile e non rilevati dal professionista, il danno che questi è tenuto a risarcire va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dall’acquirente, ed esso può quindi essere liquidato in misura pari al valore dell’immobile perduto a seguito della vendita forzata o del quale il proprietario abbia comunque perduto la disponibilità, ovvero nella spesa necessaria per ottenere l’estinzione del processo esecutivo e la cancellazione dell’ipoteca, in tale senso lato, va intesa quindi la purgazione dell’immobile, vale a dire la sua sottrazione al rischio di legale evizione nel corso della procedura espropriativa (Cass. Civ., Sez. III, 17 novembre 2020, n. 26192).

Diverso il caso in cui il notaio abbia invece erroneamente trascritto i dati catastali di un’immobile compravenduto con il suo rogito, poiché in tale ipotesi sussiste la sua responsabilità per le conseguenze derivanti dall’erronea trascrizione, da parte del notaio, dei dati catastali dell’immobile compravenduto ed il danno subito dal cliente a causa del pignoramento del bene, avvenuto prima della ritardata rettifica dei dati (Cass. Civ., Sez. III, 28 giugno 2018, n. 17054). In questo caso, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non già dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del danneggiato (Cass. Civ., Sez. III, 25 luglio 2023, n. 22250; Cass. Civ., Sez. III, 15 luglio 2009, n. 16463).

 

La responsabilità per l’adempimento degli obblighi tributari del rogito

Ai sensi dell’art. 10, d.P.R. n. 131/1986 obbligato alla richiesta di registrazione telematica, per atti dallo stesso redatti, ricevuti o autenticati, è il notaio.

Ciò premesso, la notificazione dell’avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata, notificato al notaio rogante che, in sede di rogito di compravendita immobiliare si sia avvalso della procedura di registrazione telematica, ai sensi del D.Lgs. n. 463/1997, come modificato dal D.Lgs. n. 9/2000, ed in tale veste abbia provveduto alla relativa autoliquidazione ed al corrispondente versamento vale, solo, a costituirlo quale responsabile d’imposta, tenuto all’integrazione del versamento, ex art. 13, D.Lgs. n. 472/1997, ma non incide sul principio, fissato dall’art. 57, d.P.R. n. 131/1986, per cui soggetti obbligati al pagamento dell’imposta restano le parti sostanziali dell’atto medesimo (Cass. Civ., Sez. V, 11 giugno 2019, n. 15627; in precedenza Cass. Civ. 5 febbraio 2015, n. 5016). Principio, questo, destinato a rimanere fermo anche nel caso in cui il notaio rogante abbia omesso di provvedere, anche parzialmente, al versamento delle somme destinate al pagamento (Cass. Civ., Sez. V, 12 giugno 2009, n. 13653).

Va poi considerato che in tema di imposta di registro, il notaio rogante opera quale mero responsabile d’imposta, cioè come soggetto obbligato al pagamento dell’imposta per fatti e situazioni esclusivamente riferibili ad altri, al solo fine di facilitare l’adempimento fiscale, di talché egli, pur obbligato a richiedere la registrazione, rimane estraneo al presupposto impositivo, e terzo rispetto al rapporto di debito-credito tra l’Amministrazione finanziaria ed il soggetto passivo del tributo, ragione per cui ne consegue che il pagamento dell’imposta proporzionale di registro effettuato dal contribuente, costituendo adempimento dell’obbligazione tributaria, ha effetti liberatori anche per il notaio rogante, avendo la garanzia ex lege esaurito la sua funzione nel momento stesso in cui venne conseguita la prestazione garantita (Cass. Civ., Sez. VI, 8 febbraio 2023, n. 3807; Cass. Civ., Sez. V, 24 marzo 2022, n. 9538).

Più recentemente, si è statuito che qualora in un atto notarile, anche registrato telematicamente, vengano enunciate disposizioni di altri atti, scritti o verbali, posti in essere dalle medesime parti, ma non già registrati, la cui configurazione giuridica non richiede accertamenti di fatto ovvero extratestuali, né valutazioni interpretative particolarmente complesse, purché, trattandosi di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso, e gli effetti dei medesimi non siano già cessati o cessino con l’atto che li enuncia, l’imposta dovuta per tali atti - in virtù della previsione di cui all’art. 22, d.P.R. n. 131/1986 - deve qualificarsi come imposta principale e, per richiederla in rettifica dell’autoliquidazione, l’Ente impositore può legittimamente emettere un avviso di liquidazione ai sensi degli artt. 42, comma 1, primo periodo, d.P.R. n. 131/1986 e 3-ter, comma 1, D.Lgs. n. 463/1997. In tale caso, ai sensi dell’art. 57, comma 1, d.P.R. n. 131/1986, il notaio che ha ricevuto l’atto enunciante, pur se in via dipendente, è responsabile per il pagamento dell’imposta solidalmente con le parti dell’atto stesso (Cass. Civ., SS.UU., 24 maggio 2023, n. 14432).

Alla responsabilità disciplinare del notaio deve ritenersi applicabile il principio secondo cui è necessario che l’illecito sia ascrivibile almeno a titolo di colpa all’autore del fatto, con la conseguenza che, anche per il notaio, l’errore sulla liceità del fatto deve ritenersi rilevante e scriminante qualora esso risulti incolpevole, dovendosi tuttavia desumere il necessario profilo di non colpevolezza dell’errore stesso da elementi positivi idonei ad indurre il professionista all’illecito contestato e non ovviabile con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. Civ., Sez. II, 19 febbraio 2021, n. 4527).

Cass. Civ., Sez. V, 22 febbraio 2023, n. 5515, ha rimesso gli atti al Primo presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite al fine di dirimere il contrasto insorto intorno alla duplice premessa che il notaio è obbligato per il solo pagamento dell’imposta principale e che l’imposta principale è applicata al momento della registrazione anche d’ufficio, per effetto di un arresto giurisprudenziale il quale ha ritenuto che l’imposta applicata alle disposizioni enunciate, in quanto da applicare in sede di registrazione del contratto enunciante, deve parimenti ritenersi imposta principale, essendo tenuto il notaio, quale responsabile di imposta, a corrispondere all’Erario quanto dovuto a fronte della registrazione dell’atto effettuato per il suo tramite, considerando che l’imposta è la medesima che sarebbe stata dovuta in sede di registrazione dell’atto enunciato da parte del contribuente (Cass. Civ., Sez. V, 24 giugno 2021, n. 18113). Sulla scorta di tale sillogismo, si è così affermato che il notaio è responsabile d’imposta ex art. 57, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, con valenza onnicomprensiva, sia in relazione all’atto enunciante che in relazione all’atto enunciato. Tale conclusione è stata, però, posta in dubbio da Cass. Civ., Sez. V., 6 aprile 2022, n. 11118, che ha osservato che l’art. 10, lett. b), e l’art. 57, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 31, limitano l’obbligazione gravante a carico dei notai, rispettivamente, per la registrazione e per il pagamento dell’imposta di registro agli atti da essi redatti, ricevuti od autenticati, rispetto ai quali soltanto la funzione di responsabile oltre che di percettore d’imposta può trovare giustificazione nel ruolo istituzionale di pubblico ufficiale rogante o autenticante. Invero, estendendo l’obbligazione al pagamento dell’imposta di registro per gli atti enunciati si travalicherebbe il confine segnato dalle norme richiamate, ponendo a carico del notaio una responsabilità fiscale per contratti o negozi unilaterali rispetto ai quali egli non ha svolto alcuna funzione per volontà delle stesse parti. Per cui, una diversa esegesi dell’ordito legislativo - oltre a porsi in dissonanza con la rivisitata ricostruzione dell’imposta di registro in termini di imposta d’atto - verrebbe a dilatare la responsabilità fiscale del notaio in relazione a fattispecie formate da o tra soggetti privati, rispetto alle quali egli non era obbligato ab origine alla registrazione né al pagamento dell’imposta di registro, essendo rimasto assolutamente estraneo alla loro formazione.

 

Responsabilità disciplinare e prescrizione

In tema di responsabilità disciplinare del notaio, il divieto imposto dall’art. 28, comma 10, n. 1, L. n. 89/1913 e sanzionato con la sospensione a norma dell’art. 138, comma 2, della medesima legge, di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge, è violato nel momento stesso della redazione della clausola nulla inserita in un atto rogato dal professionista, in quanto la redazione della clausola segna il momento di consumazione istantanea dell’illecito, sul quale non possono spiegare efficacia sanante o estintiva della punibilità eventuali rimedi predisposti dal legislatore, quale, ad esempio, la possibile stipula di un atto di conferma per conservare l’atto ai fini privatistici (Cass. Civ., Sez. II, 31 luglio 2020, n. 16519; Cass. Civ., Sez. II, 29 agosto 2019, n. 21828).

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile da parte del danneggiato (Cass. Civ. 15 luglio 2009, n. 16463; Cass. Civ. 8 maggio 2006, n. 10493). Tuttavia, è stato, inoltre, precisato che l’azione di responsabilità contrattuale nei confronti del notaio presuppone la produzione del danno, ancorché l’inadempimento sia stato posto in essere in epoca anteriore, con la conseguenza che il termine di prescrizione non può iniziare a decorrere prima del verificarsi del pregiudizio di cui si chiede il risarcimento (Cass. Civ., Sez. III, 13 dicembre 2019, n. 32793; Cass. Civ., Sez. III, 22 settembre 2017, n. 22059; Cass. Civ., Sez. III, 22 settembre 2016, n. 18606).

 

 Le obbligazioni gravanti sul notaio nella stesura del rogito

Autore: Avv. Vito Amendolagine – pubblicato su: I Contratti n. 1/2024 – Editore: Ipsoa Wolters Kluwer

 

Abstract

Il presente itinerario ripercorre l’evolversi della giurisprudenza in tema di controversie concernenti la responsabilità del notaio derivante dalla predisposizione del rogito, la quale, si estende anche alle necessarie e presupposte attività preparatorie, trovando la propria ragione d’essere nel munus publicum sottostante al corretto esercizio della funzione notarile.

 

Diligenza qualificata

Il notaio è tenuto ad adempiere l’obbligazione contratta con la diligenza qualificata richiesta dagli artt. 1176, comma 2, e 2236 c.c. (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 29 agosto 2019, n. 21775), osservando la buona fede oggettiva o correttezza, intesa quale criterio di determinazione della prestazione contrattuale, costituendo essa fonte di integrazione del comportamento dovuto (Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860), che impone di compiere quanto necessario od utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio che non si sostanzi in attività gravose od eccezionali o, comunque tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici per il notaio (Cass. Civ., Sez. III, 30 marzo 2005, n. 6735; Cass. Civ., Sez. III, 9 febbraio 2004, n. 2422).

 

Accertamento identità contraenti

Conseguentemente, fra gli obblighi inerenti alla funzione notarile rientra anche quello di accertare la capacità legale a contrarre delle parti dell’atto rogando, ed è, pertanto, incontestabile che tale controllo debba riguardare anche l’eventuale qualità di fallito rivestita da una o più di tali parti, pur ammettendo che la sentenza dichiarativa di fallimento, che comporta quale effetto più eclatante il cosiddetto spossessamento del debitore, e cioè la perdita dell’amministrazione e della disponibilità dei beni da parte del fallito ed il passaggio dell’amministrazione al curatore, implica una forma del tutto particolare e limitata d’incapacità del fallito (Cass. Civ., Sez. III, 13 settembre 2023, n. 26448).

 

Natura responsabilità e obblighi di protezione

Premessa la natura contrattuale della responsabilità del notaio, consolidata ormai da molti decenni nella giurisprudenza di legittimità, incorre dunque in responsabilità per inadempimento del contratto d’opera professionale, quanto ai doveri comportamentali riconducibili a quello di adempiere il rapporto di prestazione d’opera secondo buona fede ai sensi dell’art. 1375 c.c., il notaio che roghi atti di compravendita, con previsione di pagamento rateale e con dichiarazione di rinuncia della venditrice all’iscrizione di ipoteca legale, allorquando risulti che egli abbia rogato altri atti di rivendita a terzi da parte dello stesso acquirente, di cui alcuni lo stesso giorno ed altri pochi giorni dopo (Cass. Civ., Sez. III, 4 marzo 2022, n. 7185).

Del resto, vanno opportunamente considerati anche gli sviluppi della giurisprudenza di legittimità, che configura ormai in capo al notaio anche speciali obblighi di protezione in favore di quei soggetti che sebbene siano formalmente terzi rispetto agli atti da lui rogati, sono però coinvolti dalle relative prevedibili conseguenze, anche riguardo ai quali, quindi, il notaio risponde a titolo di responsabilità contrattuale (Cass. Civ., Sez. III, 17 novembre 2020, n. 26192).

Invero, la funzione ontologicamente e ineludibilmente ibrida del notaio - da un lato quella pubblica, dall’altro quella contrattuale - ne ispessisce il contenuto degli obblighi che assume nei confronti delle parti di cui rogita il negozio, rendendoli veri e propri obblighi di protezione, che persino si estendono ai soggetti terzi rispetto al contratto d’opera professionale. In tale ottica, Cass. Civ., Sez. III, 8 aprile 2020, n. 7746, ha riconosciuto l’applicabilità dei principi del cd. contatto sociale qualificato, in un caso in cui il notaio aveva concluso il contratto d’opera professionale, finalizzato al rilascio di una procura speciale soltanto con il futuro alienante del bene ravvisando in tale contratto, benché concluso formalmente tra il notaio ed il futuro venditore, ed avente ad oggetto un negozio unilaterale, una fonte di obblighi di protezione anche nei confronti dell’aspirante acquirente, qualificato come terzo protetto dal contratto.

Pertanto il contenuto delle dichiarazioni delle parti nel contratto che il notaio deve rogare non è di per sé sufficiente per esonerare il notaio stesso dai suoi obblighi di protezione, consiglio ed a monte, informazione degli esiti delle verifiche catastali e proprietarie (Cass. Civ., Sez. III, 3 agosto 2023, n. 23718).

Qualora egli non adempia correttamente la propria prestazione, compresa quella attinente alle attività preparatorie, la responsabilità contrattuale sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto rogato, se da tale comportamento abbiano subito danni (Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 2018, n. 15761).

Allo stesso modo, si è esteso l’obbligo del notaio di verificare e segnalare alle parti la possibile esistenza di limiti alla commerciabilità dei beni immobili oggetto di garanzia in quanto edificati su terreni gravati da usi civici, sulla scorta del principio che nella diligenza professionale in concreto esigibile dal notaio in sede di stipula di un atto di costituzione in garanzia di beni immobili siti in una zona che presenta un potenziale rischio di sussistenza di vincoli pubblici rientra anche lo svolgimento di indagini più approfondite rispetto a quelle ordinarie (App. L’Aquila 21 febbraio 2023, in www.expartecreditoris.it).

Conseguentemente, rientra nella diligenza professionale esigibile dal notaio nel caso concreto, quella di verificare l’esistenza di vincoli di natura pubblica e/o collettiva, soprattutto se il potenziale pericolo riguardi una parte del territorio in cui egli opera professionalmente, perché in questo caso la situazione complessiva della zona in cui si trova l’immobile, almeno nelle sue linee generali, non potrebbe ritenersi ignota al notaio, in forza della professione dallo stesso svolta in quel territorio (App. Napoli 20 maggio 2022, in www.expartecreditoris.it). Ciò in quanto le parti ricorrono agli uffici di un notaio qualora intendano demandare a quest’ultimo un più accurato controllo sia quanto alla forma dell’atto che quanto alla sua validità ed efficacia, onde assicurarsi il conseguimento dello scopo perseguito con quello specifico atto negoziale, trattandosi di una prestazione professionale altamente qualificata, non altrimenti ottenibile facendo ricorso a figure professionali diverse da quella del notaio.

Va aggiunto poi che per giurisprudenza consolidata, il notaio deve assicurare la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed in particolare, la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dai partecipanti alla stipula dell’atto, e, quindi, nella compravendita, il trasferimento di un bene dietro pagamento dell’intero prezzo (Cass. Civ., Sez. II, 2 agosto 2023, n. 23600).

 

La buona fede nell’esecuzione della prestazione notarile

L’impegno imposto dall’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza va quindi correlato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualità dei soggetti coinvolti (Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860) e come più recentemente affermato anche da App. Napoli 22 aprile 2020, in www.expartecreditoris.it, sul piano della diligenza che il notaio deve osservare in tema di verifica dell’esistenza di usi civici sul bene immobile oggetto di compravendita. L’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza è infatti da valutarsi alla stregua della causa concreta dell’incarico conferito al professionista dalla parte committente, e in particolare, al notaio (Cass. Civ., SS.UU., 31 luglio 2012, n. 13617. Il riferimento alla serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed alla sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell’atto medesimo - cfr. altresì Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733, e, conformemente, Cass. Civ., Sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26020 - va valutato con l’interesse che l’operazione contrattuale è propriamente volta a soddisfare.

Tale principio di diritto non può spingersi, pena la violazione del reciproco dovere della buona fede gravante sui contraenti, sino a richiedere al notaio il dovere di rappresentare agli stipulanti circostanze non esistenti all’epoca del rogito e relative a fatti, atti, ovvero ad azioni giudiziarie ancora non proposte, e comunque non prevedibili al momento della stipula.

In buona sostanza, il notaio, se è inadempiente, lo è rispetto agli obblighi assunti con il contratto con cui ha ricevuto l’incarico, ragione per cui se il suddetto professionista si è obbligato a svolgere l’incarico con diligenza nei confronti di una società l’azione di responsabilità da inadempimento non può che essere intrapresa dalla stessa società, verso la quale, il notaio si era obbligato, sul presupposto che le società anche di persone, pur non avendo personalità giuridica, hanno comunque una loro soggettività giuridica, atteso che sebbene sprovvista di personalità giuridica, costituisce pur sempre un centro di interessi dotato di una propria sostanziale autonomia e di una propria capacità processuale. Pertanto, a prescindere dal dato formale per cui se il contratto con il notaio è stato stipulato dalla società e non dal socio, non si può sostenere che gli obblighi di corretta esecuzione del mandato professionale, assunti dal notaio con quel contratto, lo siano stati verso il socio anziché verso la società stessa, poiché quest’ultima, essendo autonomo centro di interessi, come si è detto, è altresì la parte creditrice della prestazione del professionista e, dunque l’unica a potersi dolere del suo inadempimento (Cass. Civ., Sez. III, 18 luglio 2023, n. 20990).

Nel caso però in cui un soggetto interessato a stipulare un mutuo ipotecario con una banca incarichi un notaio di effettuare le visure del bene destinato ad essere l’oggetto dell’ipoteca e a redigere la relativa relazione, con questo conferimento di incarico si determina l’assunzione di obblighi in capo al notaio non soltanto nei confronti del mutuatario, ma pure nei confronti della banca mutuante, e ciò sia che si intenda l’istituto bancario quale terzo ex art. 1411 c.c., che beneficia del rapporto contrattuale di prestazione professionale concluso dal cliente mutuatario, sia che si individui un’ipotesi di responsabilità da contatto sociale fondata sull’affidamento che la banca mutuante ripone nel notaio in quanto esercente una professione protetta. Pertanto, posto che è onere del notaio dimostrare di aver correttamente adempiuto il suo incarico e, quindi, di aver reso in modo completo tutte le notizie relative all’immobile su cui si andava a costituire il mutuo, in tale caso, l’eventuale danno dovrà essere parametrato in base alla colposa induzione dell’istituto di credito ad accettare in ipoteca, con riguardo al finanziamento, concernente un bene non idoneo a garantire la restituzione del credito erogato (Cass. Civ., Sez. III, 18 luglio 2023, n. 20794; conf. Cass. Civ., Sez. II, 9 maggio 2016, n. 9320).

 

Responsabilità per le attività preparatorie del rogito

In tema di responsabilità professionale del notaio, qualora egli non adempia correttamente la propria prestazione, compresa quella attinente alle attività preparatorie, la responsabilità contrattuale sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto rogato, se da tale comportamento abbiano subito danni e purché non lo abbiano esonerato da tali attività (Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., Sez. III, 13 giugno 2013, n. 14865) atteso che il rapporto professionale che intercorre tra notaio e cliente si inquadra nello schema del mandato, in virtù del quale, il professionista è tenuto ad eseguire personalmente l’incarico assunto ed è pertanto responsabile ai sensi dell’art. 1228 c.c., dei sostituti ed ausiliari di cui si avvale, dei quali deve seguire personalmente lo svolgimento dell’opera, con la conseguente sua responsabilità esclusiva nei confronti del cliente danneggiato (Cass. Civ., Sez. III, 29 settembre 2009, n. 20825).

Si è quindi ritenuto responsabile il notaio per avere erroneamente indicato nella nota di trascrizione predisposta dal medesimo professionista i diritti - invertendoli - spettanti alle parti per effetto della stipula di un atto di compravendita eseguito a suo rogito, con la conseguenza che alcuni istituti di credito avevano trascritto successivamente ipoteca in danno dell’alienante sullo stesso cespite in quanto risultava ancora di sua proprietà, con evidente pregiudizio per la parte acquirente (Trib. Pesaro 15 giugno 2015, in www.expartecreditoris.it).

L’art. 49 l. not. nel testo fissato dall’art. 1, L. n. 333/1976, secondo il quale il notaio deve essere certo della identità personale delle parti e può raggiungere tale certezza, anche al momento dell’attestazione, con la valutazione di tutti gli elementi atti a formare il suo convincimento, contemplando, in caso contrario, il ricorso a due fidefacienti da lui conosciuti, va interpretato nel senso che il professionista, nell’attestare l’identità personale delle parti, deve trovarsi in uno stato soggettivo di certezza intorno a tale identità, conseguibile, senza la necessaria pregressa conoscenza personale delle parti stesse, attraverso le regole di diligenza, prudenza e perizia professionale e sulla base di qualsiasi elemento astrattamente idoneo a formare tale convincimento, anche di natura presuntiva, purché, in quest’ultimo caso, si tratti di presunzioni gravi, precise e concordanti (Cass. Civ., Sez. III, 28 dicembre 2021, n. 41801; Cass. Civ., Sez. III, 7 dicembre 2017, n. 29321; Cass. Civ., Sez. III, 12 maggio 2017, n. 11767; Cass. Civ., Sez. III, 10 maggio 2005, n. 9757).

Pertanto, il notaio che abbia identificato le parti sulla base delle carte di identità successivamente risultate non autentiche, e che abbia fotocopiato, l’esistenza di una procura speciale a vendere la cui sottoscrizione poi è risultata apocrifa, facendo affidamento sulla presenza all’atto dei funzionari bancari e di intermediazione con i quali le parti avevano intrattenuto pregressi rapporti, non assolve all’obbligo di adeguata diligenza professionale sancito dall’art. 49 l. not. poiché la sua certezza soggettiva della identità delle parti, raggiunta al momento dell’attestazione, non è stata conseguita attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti. Tanto più che la semplice richiesta alle parti di mostrare un certificato anagrafico avrebbe consentito al notaio si accorgersi della falsità dei documenti d’identità esibiti dai contraenti in considerazione della discordanza, ad esempio, tra il numero di iscrizione all’anagrafe comunale riportato sulla carta di identità falsa e quello recato dalla certificazione anagrafica autentica (Cass. Civ., Sez. II, 1° giugno 2023, n. 15490).

Il notaio incaricato della redazione e autenticazione di un contratto di compravendita immobiliare non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti e non può quindi, limitarsi ad accertare la volontà delle stesse e sovrintendere alla compilazione dell’atto ma ha l’obbligo di compiere l’attività, preparatoria e successiva, necessaria ad assicurare tanto la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi, quanto l’attitudine dello stesso ad assicurare il conseguimento del suo scopo tipico e del risultato pratico voluto dalle parti della relativa stipulazione (Cass. Civ., Sez. II, 31 marzo 2022, n. 10474; Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296; Cass. Civ., Sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26020; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733), vale a dire l’interesse che l’operazione contrattuale è volta a soddisfare (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283; Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296, cit.; Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., SS.UU., 31 luglio 2012, n. 13617), a partire, evidentemente, dal compimento delle attività che concernono la sussistenza delle condizioni di validità e di efficacia dell’atto medesimo (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 1999, n. 5946).

L’inosservanza dei suddetti obblighi accessori da parte del notaio dà conseguentemente luogo, a suo carico, a responsabilità contrattuale per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità, dovendosi peraltro escludere alla luce di tale obbligo la configurabilità del concorso colposo del danneggiato ai sensi dell’art. 1227 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296, cit.; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733, cit.).

 

L’obbligo di informazione e consiglio

Il notaio, dovendo compiere l’attività necessaria ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici e il risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti, ha, in particolare, l’obbligo nei confronti delle stesse di informazione e di consiglio (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283, cit.). Tale obbligo, che sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto (Cass. Civ., Sez. VI, 5 luglio 2022, n. 21205) e trova fondamento nella clausola generale di buona fede oggettiva quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte (Cass. Civ., Sez. III, 20 agosto 2015, n. 16990), si concretizza, tra l’altro, nel dovere di dissuasione dei clienti dalla stipula dell’atto, salvo espressa dispensa delle parti (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297), che consiste nell’avvertire le parti degli effetti derivanti dai vincoli giuridici eventualmente gravanti sull’immobile, come quelli derivanti dall’esistenza di una trascrizione o iscrizione pregiudizievole sul bene oggetto di trasferimento (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283, cit.), e, più in generale, delle problematiche, che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire, collegate al possibile rischio, ad esempio, che una vendita immobiliare possa risultare inefficace a causa della condizione giuridica dell’immobile (Cass. Civ., Sez. II, 29 marzo 2007, n. 7707), sicché, il notaio che abbia la conoscenza od anche il solo sospetto di un’iscrizione pregiudizievole gravante sull’immobile oggetto della compravendita, deve informarne le parti, quand’anche sia stato esonerato dalle visure, essendo tenuto comunque all’esecuzione del contratto di prestazione d’opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, comma 2, c.c. e della buona fede (Cass. Civ., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15726).

Solo nel caso in cui il notaio sia stato espressamente esonerato, per concorde volontà delle parti, dallo svolgimento delle attività accessorie e successive, necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti e, in particolare, dal compimento delle visure catastali e ipotecarie allo scopo di individuare esattamente il bene e verificarne la libertà da pregiudizi, deve escludersi la sussistenza della responsabilità professionale del notaio stesso in quanto detta clausola non può essere considerata meramente di stile essendo stata parte integrante del negozio, a condizione, peraltro, che la stessa appaia giustificata da esigenze concrete delle parti, come nel caso della sussistenza di ragioni di urgenza di stipula dell’atto addotte dalle parti medesime (Cass. Civ., Sez. III, 1° dicembre 2009, n. 25270; Cass. Civ., Sez. II, 16 marzo 2006, n. 5868).

 

I limiti all’obbligo di consiglio

Per contro, deve ritenersi estraneo all’obbligo di diligenza relativo all’attività esercitata dal notaio solo quello di fornire informazioni oppure consigli non basati sullo stato degli atti a disposizione del professionista e sulle circostanze di fatto specificamente esistenti, note o comunque prevedibili, dovendosi valutare la diligenza del notaio ex ante e non ex post e, dunque, giammai sulla base di circostanze future e meramente ipotetiche (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297). Non rientrano, pertanto, tra gli obblighi di informativa e di consulenza, cui è tenuto il notaio al momento del rogito, tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione o iscrizione pregiudizievole (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297, cit.).

Neppure il notaio può ritenersi tenuto a garantire, nei confronti della banca mutuante, la convenienza economica dell’operazione ovvero i relativi rischi sul piano squisitamente finanziario, atteso che la sua responsabilità professionale non si spinge fino all’obbligo di accertare se il creditore potrà ragionevolmente soddisfarsi, in sede di espropriazione del bene, a fronte dell’inadempimento del mutuatario (Cass. Civ., Sez. III, 16 novembre 2020, n. 25865).

Pertanto, l’estensione del suddetto principio di diritto non vale fino al punto da ricomprendere tra gli obblighi di informativa e di consulenza, cui è tenuto il notaio al momento del rogito, tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione od iscrizione pregiudizievole, quantunque essi non siano ad essa direttamente collegati, proprio per la posizione di equidistanza dagli interessi delle parti contraenti che si richiede al notaio a tutela di un corretto ed imparziale presidio del traffico di negozi giuridici (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297; Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15726; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733).

Tra gli obblighi del notaio è quindi certamente incluso quello di acquisire informazioni, presso la conservatoria dei registri immobiliari, circa il carattere definitivo o meno del titolo giudiziale ivi trascritto poiché il professionista può e deve verificare se la sentenza di primo grado accertativa dell’usucapione di un bene immobile oggetto di compravendita sia passata in giudicato, in ragione del fatto che copia della sentenza viene depositata presso l’ufficio dei registri immobiliari ai sensi degli artt. 2657 e 2658 c.c. e chiunque ha diritto di prenderne visione ai sensi dell’art. 2673 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283).

Pertanto, l’omessa rilevazione di un vincolo di natura archeologica, sul cespite oggetto di compravendita o permuta, comporta la responsabilità del notaio per il danno conseguente alla successiva adozione da parte della pubblica amministrazione della revoca in autotutela della concessione edilizia e dell’ordine di demolizione delle opere eventualmente già realizzate, con acquisizione dell’area al patrimonio demaniale (Cass. Civ., Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 25113).

Pertanto, anche nel caso in cui il notaio riceva l’incarico da un chiamato all’eredità di redigere l’inventario dei beni del de cuius, l’adempimento secondo diligenza dell’incarico di procedere ad accettazione con beneficio d’inventario impone al medesimo notaio, in una prospettiva finalistica, di illustrare al cliente il contenuto e gli effetti dell’atto, avvertendolo dunque anche degli ulteriori adempimenti necessari affinché lo scopo perseguito possa essere raggiunto, ma detta prestazione accessoria a tanto si arresta, ossia, nella adeguata informazione del cliente sugli adempimenti da compiersi successivamente, sulle relative modalità e termini Cass. Civ., Sez. III, 13 settembre 2023, n. 26419.

 

L’accertamento della libertà del bene immobile

Il soggetto che si rivolge ad un notaio per stipulare un determinato atto, così affidandogli - in mancanza di una clausola di espresso esonero - anche il compito di effettuare le necessarie indagini sulla libertà da vincoli dei beni oggetto di quell’atto, non può certo essere ritenuto corresponsabile dell’omissione di dette indagini, commissionate al notaio stesso, ragione per cui, non può, quindi ravvisarsi alcun concorso colposo del danneggiato nella causazione dell’evento dannoso conseguente all’omessa verifica della libertà del cespite interessato dal rogito (Cass. Civ., Sez. III, 15 febbraio 2022, n. 4911).

Pertanto, il notaio che, chiamato a stipulare un contratto di compravendita immobiliare, ometta di accertarsi dell’esistenza di iscrizioni ipotecarie pregiudizievoli sull’immobile, può essere condannato al risarcimento del danno consistente nel pagamento della somma complessivamente necessaria per la cancellazione del vincolo, la cui determinazione deve essere rimessa al giudice di merito. Ciò posto, l’attività preparatoria che rientra nei doveri di diligenza dell’attività notarile deve essere svolta in tempi utili a garantire la corrispondenza dell’esito delle ricerche effettuate con le condizioni del bene che vengono descritte nell’atto, sia in ragione della necessità di assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici di esso, sia in funzione della realizzazione sostanziale della funzione di pubblico ufficiale (Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 2018, n. 15761).

In particolare, il notaio che roga un atto concernente una proprietà superficiaria, che egli stesso dica esistente su bene demaniale in forza di una concessione, deve preoccuparsi, constandogli nella prospettazione dei clienti tale particolare qualità della detta proprietà, di indagare, prima di rogare l’atto e di prevedere che la proprietà sia oggetto di garanzia, se la concessione sia tuttora in essere e, in caso positivo, anche per quale tempo lo sia, sì che sia la relativa indagine sia il suo risultato possano dirsi rientrare nell’àmbito dell’attività esigibile dal notaio quale espressione del c.d. dovere di consiglio del notaio, e, prima ancora, nell’àmbito dei doveri di accertamento connessi alla diligenza professionale come scolpita dall’art. 28 della legge professionale (L. n. 89/1913), ed in ogni caso dalla norma civilistica sulla diligenza. Ciò non solo sulla base dell’esigibile conoscenza da parte del notaio del regime generale dei beni demaniali e delle sue implicazioni sui diritti derivati, ma comunque ed in primo luogo della necessaria dovuta conoscenza dei termini e delle condizioni in cui un diritto da alienare che risulti dipendente da un altro, veda regolata tale dipendenza, in modo che la fruttuosità dell’alienazione non possa essere incisa dalla sorte del diritto pregiudicante (Cass. Civ., Sez. III, 3 febbraio 2021, n. 2493).

Tuttavia si è anche affermato il principio che non sussiste la responsabilità professionale del notaio che abbia omesso di indicare la presenza di vincoli limitativi della proprietà su immobili trasferiti mediante atto da lui rogato, quando sia provato che il contraente interessato a tale informazione conosceva certamente l’esistenza di quei vincoli, non ravvisandosi in tale ipotesi né la violazione del dovere di diligenza qualificata previsto dall’art. 1176 c.c., da doversi comunque interpretare alla stregua del canone generale di buona fede, né il nesso di causalità tra l’omessa informazione e la stipulazione dell’atto traslativo (Cass. Civ., Sez. III, 25 agosto 2023, n. 25278; Cass. Civ., Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 25111).

 

Il danno risarcibile dall’omessa verifica di libertà del cespite

Il danno che il notaio rogante il contratto di compravendita di un immobile, il quale abbia omesso di effettuare le dovute visure ipotecarie, è tenuto a risarcire all’acquirente dell’immobile successivamente sottoposto ad esecuzione immobiliare da parte del creditore ipotecario ed aggiudicato ad un terzo, va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dalla parte, e tale pregiudizio, potrà anche essere pari al valore dell’immobile ove il proprietario del bene, a causa dell’omissione colposa del notaio, abbia perduto l’immobile con l’esproprio od a causa del rilascio del bene, poiché diversamente, sul presupposto dell’accertata responsabilità del professionista, questi potrà essere condannato al risarcimento per equivalente commisurato, quanto al danno emergente, all’entità delle somme che gli acquirenti devono corrispondere per soddisfare i creditori e liberare l’immobile dalle formalità pregiudizievoli, al fine di conservarne la proprietà, con la conseguenza che le spese di purgazione rappresenteranno il danno e, nel contempo, la sua misura. Pertanto, nell’ipotesi di immobile venduto con il ministero del notaio, che, a causa dell’omessa verifica delle visure, sia successivamente sottoposto ad esecuzione da parte di un creditore che aveva agito sulla base di gravami esistenti sull’immobile e non rilevati dal professionista, il danno che questi è tenuto a risarcire va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dall’acquirente, ed esso può quindi essere liquidato in misura pari al valore dell’immobile perduto a seguito della vendita forzata o del quale il proprietario abbia comunque perduto la disponibilità, ovvero nella spesa necessaria per ottenere l’estinzione del processo esecutivo e la cancellazione dell’ipoteca, in tale senso lato, va intesa quindi la purgazione dell’immobile, vale a dire la sua sottrazione al rischio di legale evizione nel corso della procedura espropriativa (Cass. Civ., Sez. III, 17 novembre 2020, n. 26192).

Diverso il caso in cui il notaio abbia invece erroneamente trascritto i dati catastali di un’immobile compravenduto con il suo rogito, poiché in tale ipotesi sussiste la sua responsabilità per le conseguenze derivanti dall’erronea trascrizione, da parte del notaio, dei dati catastali dell’immobile compravenduto ed il danno subito dal cliente a causa del pignoramento del bene, avvenuto prima della ritardata rettifica dei dati (Cass. Civ., Sez. III, 28 giugno 2018, n. 17054). In questo caso, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non già dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del danneggiato (Cass. Civ., Sez. III, 25 luglio 2023, n. 22250; Cass. Civ., Sez. III, 15 luglio 2009, n. 16463).

 

La responsabilità per l’adempimento degli obblighi tributari del rogito

Ai sensi dell’art. 10, d.P.R. n. 131/1986 obbligato alla richiesta di registrazione telematica, per atti dallo stesso redatti, ricevuti o autenticati, è il notaio.

Ciò premesso, la notificazione dell’avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata, notificato al notaio rogante che, in sede di rogito di compravendita immobiliare si sia avvalso della procedura di registrazione telematica, ai sensi del D.Lgs. n. 463/1997, come modificato dal D.Lgs. n. 9/2000, ed in tale veste abbia provveduto alla relativa autoliquidazione ed al corrispondente versamento vale, solo, a costituirlo quale responsabile d’imposta, tenuto all’integrazione del versamento, ex art. 13, D.Lgs. n. 472/1997, ma non incide sul principio, fissato dall’art. 57, d.P.R. n. 131/1986, per cui soggetti obbligati al pagamento dell’imposta restano le parti sostanziali dell’atto medesimo (Cass. Civ., Sez. V, 11 giugno 2019, n. 15627; in precedenza Cass. Civ. 5 febbraio 2015, n. 5016). Principio, questo, destinato a rimanere fermo anche nel caso in cui il notaio rogante abbia omesso di provvedere, anche parzialmente, al versamento delle somme destinate al pagamento (Cass. Civ., Sez. V, 12 giugno 2009, n. 13653).

Va poi considerato che in tema di imposta di registro, il notaio rogante opera quale mero responsabile d’imposta, cioè come soggetto obbligato al pagamento dell’imposta per fatti e situazioni esclusivamente riferibili ad altri, al solo fine di facilitare l’adempimento fiscale, di talché egli, pur obbligato a richiedere la registrazione, rimane estraneo al presupposto impositivo, e terzo rispetto al rapporto di debito-credito tra l’Amministrazione finanziaria ed il soggetto passivo del tributo, ragione per cui ne consegue che il pagamento dell’imposta proporzionale di registro effettuato dal contribuente, costituendo adempimento dell’obbligazione tributaria, ha effetti liberatori anche per il notaio rogante, avendo la garanzia ex lege esaurito la sua funzione nel momento stesso in cui venne conseguita la prestazione garantita (Cass. Civ., Sez. VI, 8 febbraio 2023, n. 3807; Cass. Civ., Sez. V, 24 marzo 2022, n. 9538).

Più recentemente, si è statuito che qualora in un atto notarile, anche registrato telematicamente, vengano enunciate disposizioni di altri atti, scritti o verbali, posti in essere dalle medesime parti, ma non già registrati, la cui configurazione giuridica non richiede accertamenti di fatto ovvero extratestuali, né valutazioni interpretative particolarmente complesse, purché, trattandosi di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso, e gli effetti dei medesimi non siano già cessati o cessino con l’atto che li enuncia, l’imposta dovuta per tali atti - in virtù della previsione di cui all’art. 22, d.P.R. n. 131/1986 - deve qualificarsi come imposta principale e, per richiederla in rettifica dell’autoliquidazione, l’Ente impositore può legittimamente emettere un avviso di liquidazione ai sensi degli artt. 42, comma 1, primo periodo, d.P.R. n. 131/1986 e 3-ter, comma 1, D.Lgs. n. 463/1997. In tale caso, ai sensi dell’art. 57, comma 1, d.P.R. n. 131/1986, il notaio che ha ricevuto l’atto enunciante, pur se in via dipendente, è responsabile per il pagamento dell’imposta solidalmente con le parti dell’atto stesso (Cass. Civ., SS.UU., 24 maggio 2023, n. 14432).

Alla responsabilità disciplinare del notaio deve ritenersi applicabile il principio secondo cui è necessario che l’illecito sia ascrivibile almeno a titolo di colpa all’autore del fatto, con la conseguenza che, anche per il notaio, l’errore sulla liceità del fatto deve ritenersi rilevante e scriminante qualora esso risulti incolpevole, dovendosi tuttavia desumere il necessario profilo di non colpevolezza dell’errore stesso da elementi positivi idonei ad indurre il professionista all’illecito contestato e non ovviabile con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. Civ., Sez. II, 19 febbraio 2021, n. 4527).

Cass. Civ., Sez. V, 22 febbraio 2023, n. 5515, ha rimesso gli atti al Primo presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite al fine di dirimere il contrasto insorto intorno alla duplice premessa che il notaio è obbligato per il solo pagamento dell’imposta principale e che l’imposta principale è applicata al momento della registrazione anche d’ufficio, per effetto di un arresto giurisprudenziale il quale ha ritenuto che l’imposta applicata alle disposizioni enunciate, in quanto da applicare in sede di registrazione del contratto enunciante, deve parimenti ritenersi imposta principale, essendo tenuto il notaio, quale responsabile di imposta, a corrispondere all’Erario quanto dovuto a fronte della registrazione dell’atto effettuato per il suo tramite, considerando che l’imposta è la medesima che sarebbe stata dovuta in sede di registrazione dell’atto enunciato da parte del contribuente (Cass. Civ., Sez. V, 24 giugno 2021, n. 18113). Sulla scorta di tale sillogismo, si è così affermato che il notaio è responsabile d’imposta ex art. 57, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, con valenza onnicomprensiva, sia in relazione all’atto enunciante che in relazione all’atto enunciato. Tale conclusione è stata, però, posta in dubbio da Cass. Civ., Sez. V., 6 aprile 2022, n. 11118, che ha osservato che l’art. 10, lett. b), e l’art. 57, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 31, limitano l’obbligazione gravante a carico dei notai, rispettivamente, per la registrazione e per il pagamento dell’imposta di registro agli atti da essi redatti, ricevuti od autenticati, rispetto ai quali soltanto la funzione di responsabile oltre che di percettore d’imposta può trovare giustificazione nel ruolo istituzionale di pubblico ufficiale rogante o autenticante. Invero, estendendo l’obbligazione al pagamento dell’imposta di registro per gli atti enunciati si travalicherebbe il confine segnato dalle norme richiamate, ponendo a carico del notaio una responsabilità fiscale per contratti o negozi unilaterali rispetto ai quali egli non ha svolto alcuna funzione per volontà delle stesse parti. Per cui, una diversa esegesi dell’ordito legislativo - oltre a porsi in dissonanza con la rivisitata ricostruzione dell’imposta di registro in termini di imposta d’atto - verrebbe a dilatare la responsabilità fiscale del notaio in relazione a fattispecie formate da o tra soggetti privati, rispetto alle quali egli non era obbligato ab origine alla registrazione né al pagamento dell’imposta di registro, essendo rimasto assolutamente estraneo alla loro formazione.

 

Responsabilità disciplinare e prescrizione

In tema di responsabilità disciplinare del notaio, il divieto imposto dall’art. 28, comma 10, n. 1, L. n. 89/1913 e sanzionato con la sospensione a norma dell’art. 138, comma 2, della medesima legge, di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge, è violato nel momento stesso della redazione della clausola nulla inserita in un atto rogato dal professionista, in quanto la redazione della clausola segna il momento di consumazione istantanea dell’illecito, sul quale non possono spiegare efficacia sanante o estintiva della punibilità eventuali rimedi predisposti dal legislatore, quale, ad esempio, la possibile stipula di un atto di conferma per conservare l’atto ai fini privatistici (Cass. Civ., Sez. II, 31 luglio 2020, n. 16519; Cass. Civ., Sez. II, 29 agosto 2019, n. 21828).

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile da parte del danneggiato (Cass. Civ. 15 luglio 2009, n. 16463; Cass. Civ. 8 maggio 2006, n. 10493). Tuttavia, è stato, inoltre, precisato che l’azione di responsabilità contrattuale nei confronti del notaio presuppone la produzione del danno, ancorché l’inadempimento sia stato posto in essere in epoca anteriore, con la conseguenza che il termine di prescrizione non può iniziare a decorrere prima del verificarsi del pregiudizio di cui si chiede il risarcimento (Cass. Civ., Sez. III, 13 dicembre 2019, n. 32793; Cass. Civ., Sez. III, 22 settembre 2017, n. 22059; Cass. Civ., Sez. III, 22 settembre 2016, n. 18606).

 

 Le obbligazioni gravanti sul notaio nella stesura del rogito

Autore: Avv. Vito Amendolagine – pubblicato su: I Contratti n. 1/2024 – Editore: Ipsoa Wolters Kluwer

 

Abstract

Il presente itinerario ripercorre l’evolversi della giurisprudenza in tema di controversie concernenti la responsabilità del notaio derivante dalla predisposizione del rogito, la quale, si estende anche alle necessarie e presupposte attività preparatorie, trovando la propria ragione d’essere nel munus publicum sottostante al corretto esercizio della funzione notarile.

 

Diligenza qualificata

Il notaio è tenuto ad adempiere l’obbligazione contratta con la diligenza qualificata richiesta dagli artt. 1176, comma 2, e 2236 c.c. (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 29 agosto 2019, n. 21775), osservando la buona fede oggettiva o correttezza, intesa quale criterio di determinazione della prestazione contrattuale, costituendo essa fonte di integrazione del comportamento dovuto (Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860), che impone di compiere quanto necessario od utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio che non si sostanzi in attività gravose od eccezionali o, comunque tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici per il notaio (Cass. Civ., Sez. III, 30 marzo 2005, n. 6735; Cass. Civ., Sez. III, 9 febbraio 2004, n. 2422).

 

Accertamento identità contraenti

Conseguentemente, fra gli obblighi inerenti alla funzione notarile rientra anche quello di accertare la capacità legale a contrarre delle parti dell’atto rogando, ed è, pertanto, incontestabile che tale controllo debba riguardare anche l’eventuale qualità di fallito rivestita da una o più di tali parti, pur ammettendo che la sentenza dichiarativa di fallimento, che comporta quale effetto più eclatante il cosiddetto spossessamento del debitore, e cioè la perdita dell’amministrazione e della disponibilità dei beni da parte del fallito ed il passaggio dell’amministrazione al curatore, implica una forma del tutto particolare e limitata d’incapacità del fallito (Cass. Civ., Sez. III, 13 settembre 2023, n. 26448).

 

Natura responsabilità e obblighi di protezione

Premessa la natura contrattuale della responsabilità del notaio, consolidata ormai da molti decenni nella giurisprudenza di legittimità, incorre dunque in responsabilità per inadempimento del contratto d’opera professionale, quanto ai doveri comportamentali riconducibili a quello di adempiere il rapporto di prestazione d’opera secondo buona fede ai sensi dell’art. 1375 c.c., il notaio che roghi atti di compravendita, con previsione di pagamento rateale e con dichiarazione di rinuncia della venditrice all’iscrizione di ipoteca legale, allorquando risulti che egli abbia rogato altri atti di rivendita a terzi da parte dello stesso acquirente, di cui alcuni lo stesso giorno ed altri pochi giorni dopo (Cass. Civ., Sez. III, 4 marzo 2022, n. 7185).

Del resto, vanno opportunamente considerati anche gli sviluppi della giurisprudenza di legittimità, che configura ormai in capo al notaio anche speciali obblighi di protezione in favore di quei soggetti che sebbene siano formalmente terzi rispetto agli atti da lui rogati, sono però coinvolti dalle relative prevedibili conseguenze, anche riguardo ai quali, quindi, il notaio risponde a titolo di responsabilità contrattuale (Cass. Civ., Sez. III, 17 novembre 2020, n. 26192).

Invero, la funzione ontologicamente e ineludibilmente ibrida del notaio - da un lato quella pubblica, dall’altro quella contrattuale - ne ispessisce il contenuto degli obblighi che assume nei confronti delle parti di cui rogita il negozio, rendendoli veri e propri obblighi di protezione, che persino si estendono ai soggetti terzi rispetto al contratto d’opera professionale. In tale ottica, Cass. Civ., Sez. III, 8 aprile 2020, n. 7746, ha riconosciuto l’applicabilità dei principi del cd. contatto sociale qualificato, in un caso in cui il notaio aveva concluso il contratto d’opera professionale, finalizzato al rilascio di una procura speciale soltanto con il futuro alienante del bene ravvisando in tale contratto, benché concluso formalmente tra il notaio ed il futuro venditore, ed avente ad oggetto un negozio unilaterale, una fonte di obblighi di protezione anche nei confronti dell’aspirante acquirente, qualificato come terzo protetto dal contratto.

Pertanto il contenuto delle dichiarazioni delle parti nel contratto che il notaio deve rogare non è di per sé sufficiente per esonerare il notaio stesso dai suoi obblighi di protezione, consiglio ed a monte, informazione degli esiti delle verifiche catastali e proprietarie (Cass. Civ., Sez. III, 3 agosto 2023, n. 23718).

Qualora egli non adempia correttamente la propria prestazione, compresa quella attinente alle attività preparatorie, la responsabilità contrattuale sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto rogato, se da tale comportamento abbiano subito danni (Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 2018, n. 15761).

Allo stesso modo, si è esteso l’obbligo del notaio di verificare e segnalare alle parti la possibile esistenza di limiti alla commerciabilità dei beni immobili oggetto di garanzia in quanto edificati su terreni gravati da usi civici, sulla scorta del principio che nella diligenza professionale in concreto esigibile dal notaio in sede di stipula di un atto di costituzione in garanzia di beni immobili siti in una zona che presenta un potenziale rischio di sussistenza di vincoli pubblici rientra anche lo svolgimento di indagini più approfondite rispetto a quelle ordinarie (App. L’Aquila 21 febbraio 2023, in www.expartecreditoris.it).

Conseguentemente, rientra nella diligenza professionale esigibile dal notaio nel caso concreto, quella di verificare l’esistenza di vincoli di natura pubblica e/o collettiva, soprattutto se il potenziale pericolo riguardi una parte del territorio in cui egli opera professionalmente, perché in questo caso la situazione complessiva della zona in cui si trova l’immobile, almeno nelle sue linee generali, non potrebbe ritenersi ignota al notaio, in forza della professione dallo stesso svolta in quel territorio (App. Napoli 20 maggio 2022, in www.expartecreditoris.it). Ciò in quanto le parti ricorrono agli uffici di un notaio qualora intendano demandare a quest’ultimo un più accurato controllo sia quanto alla forma dell’atto che quanto alla sua validità ed efficacia, onde assicurarsi il conseguimento dello scopo perseguito con quello specifico atto negoziale, trattandosi di una prestazione professionale altamente qualificata, non altrimenti ottenibile facendo ricorso a figure professionali diverse da quella del notaio.

Va aggiunto poi che per giurisprudenza consolidata, il notaio deve assicurare la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed in particolare, la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dai partecipanti alla stipula dell’atto, e, quindi, nella compravendita, il trasferimento di un bene dietro pagamento dell’intero prezzo (Cass. Civ., Sez. II, 2 agosto 2023, n. 23600).

 

La buona fede nell’esecuzione della prestazione notarile

L’impegno imposto dall’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza va quindi correlato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualità dei soggetti coinvolti (Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860) e come più recentemente affermato anche da App. Napoli 22 aprile 2020, in www.expartecreditoris.it, sul piano della diligenza che il notaio deve osservare in tema di verifica dell’esistenza di usi civici sul bene immobile oggetto di compravendita. L’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza è infatti da valutarsi alla stregua della causa concreta dell’incarico conferito al professionista dalla parte committente, e in particolare, al notaio (Cass. Civ., SS.UU., 31 luglio 2012, n. 13617. Il riferimento alla serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed alla sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell’atto medesimo - cfr. altresì Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733, e, conformemente, Cass. Civ., Sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26020 - va valutato con l’interesse che l’operazione contrattuale è propriamente volta a soddisfare.

Tale principio di diritto non può spingersi, pena la violazione del reciproco dovere della buona fede gravante sui contraenti, sino a richiedere al notaio il dovere di rappresentare agli stipulanti circostanze non esistenti all’epoca del rogito e relative a fatti, atti, ovvero ad azioni giudiziarie ancora non proposte, e comunque non prevedibili al momento della stipula.

In buona sostanza, il notaio, se è inadempiente, lo è rispetto agli obblighi assunti con il contratto con cui ha ricevuto l’incarico, ragione per cui se il suddetto professionista si è obbligato a svolgere l’incarico con diligenza nei confronti di una società l’azione di responsabilità da inadempimento non può che essere intrapresa dalla stessa società, verso la quale, il notaio si era obbligato, sul presupposto che le società anche di persone, pur non avendo personalità giuridica, hanno comunque una loro soggettività giuridica, atteso che sebbene sprovvista di personalità giuridica, costituisce pur sempre un centro di interessi dotato di una propria sostanziale autonomia e di una propria capacità processuale. Pertanto, a prescindere dal dato formale per cui se il contratto con il notaio è stato stipulato dalla società e non dal socio, non si può sostenere che gli obblighi di corretta esecuzione del mandato professionale, assunti dal notaio con quel contratto, lo siano stati verso il socio anziché verso la società stessa, poiché quest’ultima, essendo autonomo centro di interessi, come si è detto, è altresì la parte creditrice della prestazione del professionista e, dunque l’unica a potersi dolere del suo inadempimento (Cass. Civ., Sez. III, 18 luglio 2023, n. 20990).

Nel caso però in cui un soggetto interessato a stipulare un mutuo ipotecario con una banca incarichi un notaio di effettuare le visure del bene destinato ad essere l’oggetto dell’ipoteca e a redigere la relativa relazione, con questo conferimento di incarico si determina l’assunzione di obblighi in capo al notaio non soltanto nei confronti del mutuatario, ma pure nei confronti della banca mutuante, e ciò sia che si intenda l’istituto bancario quale terzo ex art. 1411 c.c., che beneficia del rapporto contrattuale di prestazione professionale concluso dal cliente mutuatario, sia che si individui un’ipotesi di responsabilità da contatto sociale fondata sull’affidamento che la banca mutuante ripone nel notaio in quanto esercente una professione protetta. Pertanto, posto che è onere del notaio dimostrare di aver correttamente adempiuto il suo incarico e, quindi, di aver reso in modo completo tutte le notizie relative all’immobile su cui si andava a costituire il mutuo, in tale caso, l’eventuale danno dovrà essere parametrato in base alla colposa induzione dell’istituto di credito ad accettare in ipoteca, con riguardo al finanziamento, concernente un bene non idoneo a garantire la restituzione del credito erogato (Cass. Civ., Sez. III, 18 luglio 2023, n. 20794; conf. Cass. Civ., Sez. II, 9 maggio 2016, n. 9320).

 

Responsabilità per le attività preparatorie del rogito

In tema di responsabilità professionale del notaio, qualora egli non adempia correttamente la propria prestazione, compresa quella attinente alle attività preparatorie, la responsabilità contrattuale sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto rogato, se da tale comportamento abbiano subito danni e purché non lo abbiano esonerato da tali attività (Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., Sez. III, 13 giugno 2013, n. 14865) atteso che il rapporto professionale che intercorre tra notaio e cliente si inquadra nello schema del mandato, in virtù del quale, il professionista è tenuto ad eseguire personalmente l’incarico assunto ed è pertanto responsabile ai sensi dell’art. 1228 c.c., dei sostituti ed ausiliari di cui si avvale, dei quali deve seguire personalmente lo svolgimento dell’opera, con la conseguente sua responsabilità esclusiva nei confronti del cliente danneggiato (Cass. Civ., Sez. III, 29 settembre 2009, n. 20825).

Si è quindi ritenuto responsabile il notaio per avere erroneamente indicato nella nota di trascrizione predisposta dal medesimo professionista i diritti - invertendoli - spettanti alle parti per effetto della stipula di un atto di compravendita eseguito a suo rogito, con la conseguenza che alcuni istituti di credito avevano trascritto successivamente ipoteca in danno dell’alienante sullo stesso cespite in quanto risultava ancora di sua proprietà, con evidente pregiudizio per la parte acquirente (Trib. Pesaro 15 giugno 2015, in www.expartecreditoris.it).

L’art. 49 l. not. nel testo fissato dall’art. 1, L. n. 333/1976, secondo il quale il notaio deve essere certo della identità personale delle parti e può raggiungere tale certezza, anche al momento dell’attestazione, con la valutazione di tutti gli elementi atti a formare il suo convincimento, contemplando, in caso contrario, il ricorso a due fidefacienti da lui conosciuti, va interpretato nel senso che il professionista, nell’attestare l’identità personale delle parti, deve trovarsi in uno stato soggettivo di certezza intorno a tale identità, conseguibile, senza la necessaria pregressa conoscenza personale delle parti stesse, attraverso le regole di diligenza, prudenza e perizia professionale e sulla base di qualsiasi elemento astrattamente idoneo a formare tale convincimento, anche di natura presuntiva, purché, in quest’ultimo caso, si tratti di presunzioni gravi, precise e concordanti (Cass. Civ., Sez. III, 28 dicembre 2021, n. 41801; Cass. Civ., Sez. III, 7 dicembre 2017, n. 29321; Cass. Civ., Sez. III, 12 maggio 2017, n. 11767; Cass. Civ., Sez. III, 10 maggio 2005, n. 9757).

Pertanto, il notaio che abbia identificato le parti sulla base delle carte di identità successivamente risultate non autentiche, e che abbia fotocopiato, l’esistenza di una procura speciale a vendere la cui sottoscrizione poi è risultata apocrifa, facendo affidamento sulla presenza all’atto dei funzionari bancari e di intermediazione con i quali le parti avevano intrattenuto pregressi rapporti, non assolve all’obbligo di adeguata diligenza professionale sancito dall’art. 49 l. not. poiché la sua certezza soggettiva della identità delle parti, raggiunta al momento dell’attestazione, non è stata conseguita attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti. Tanto più che la semplice richiesta alle parti di mostrare un certificato anagrafico avrebbe consentito al notaio si accorgersi della falsità dei documenti d’identità esibiti dai contraenti in considerazione della discordanza, ad esempio, tra il numero di iscrizione all’anagrafe comunale riportato sulla carta di identità falsa e quello recato dalla certificazione anagrafica autentica (Cass. Civ., Sez. II, 1° giugno 2023, n. 15490).

Il notaio incaricato della redazione e autenticazione di un contratto di compravendita immobiliare non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti e non può quindi, limitarsi ad accertare la volontà delle stesse e sovrintendere alla compilazione dell’atto ma ha l’obbligo di compiere l’attività, preparatoria e successiva, necessaria ad assicurare tanto la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi, quanto l’attitudine dello stesso ad assicurare il conseguimento del suo scopo tipico e del risultato pratico voluto dalle parti della relativa stipulazione (Cass. Civ., Sez. II, 31 marzo 2022, n. 10474; Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296; Cass. Civ., Sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26020; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733), vale a dire l’interesse che l’operazione contrattuale è volta a soddisfare (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283; Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296, cit.; Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., SS.UU., 31 luglio 2012, n. 13617), a partire, evidentemente, dal compimento delle attività che concernono la sussistenza delle condizioni di validità e di efficacia dell’atto medesimo (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 1999, n. 5946).

L’inosservanza dei suddetti obblighi accessori da parte del notaio dà conseguentemente luogo, a suo carico, a responsabilità contrattuale per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità, dovendosi peraltro escludere alla luce di tale obbligo la configurabilità del concorso colposo del danneggiato ai sensi dell’art. 1227 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296, cit.; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733, cit.).

 

L’obbligo di informazione e consiglio

Il notaio, dovendo compiere l’attività necessaria ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici e il risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti, ha, in particolare, l’obbligo nei confronti delle stesse di informazione e di consiglio (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283, cit.). Tale obbligo, che sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto (Cass. Civ., Sez. VI, 5 luglio 2022, n. 21205) e trova fondamento nella clausola generale di buona fede oggettiva quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte (Cass. Civ., Sez. III, 20 agosto 2015, n. 16990), si concretizza, tra l’altro, nel dovere di dissuasione dei clienti dalla stipula dell’atto, salvo espressa dispensa delle parti (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297), che consiste nell’avvertire le parti degli effetti derivanti dai vincoli giuridici eventualmente gravanti sull’immobile, come quelli derivanti dall’esistenza di una trascrizione o iscrizione pregiudizievole sul bene oggetto di trasferimento (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283, cit.), e, più in generale, delle problematiche, che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire, collegate al possibile rischio, ad esempio, che una vendita immobiliare possa risultare inefficace a causa della condizione giuridica dell’immobile (Cass. Civ., Sez. II, 29 marzo 2007, n. 7707), sicché, il notaio che abbia la conoscenza od anche il solo sospetto di un’iscrizione pregiudizievole gravante sull’immobile oggetto della compravendita, deve informarne le parti, quand’anche sia stato esonerato dalle visure, essendo tenuto comunque all’esecuzione del contratto di prestazione d’opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, comma 2, c.c. e della buona fede (Cass. Civ., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15726).

Solo nel caso in cui il notaio sia stato espressamente esonerato, per concorde volontà delle parti, dallo svolgimento delle attività accessorie e successive, necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti e, in particolare, dal compimento delle visure catastali e ipotecarie allo scopo di individuare esattamente il bene e verificarne la libertà da pregiudizi, deve escludersi la sussistenza della responsabilità professionale del notaio stesso in quanto detta clausola non può essere considerata meramente di stile essendo stata parte integrante del negozio, a condizione, peraltro, che la stessa appaia giustificata da esigenze concrete delle parti, come nel caso della sussistenza di ragioni di urgenza di stipula dell’atto addotte dalle parti medesime (Cass. Civ., Sez. III, 1° dicembre 2009, n. 25270; Cass. Civ., Sez. II, 16 marzo 2006, n. 5868).

 

I limiti all’obbligo di consiglio

Per contro, deve ritenersi estraneo all’obbligo di diligenza relativo all’attività esercitata dal notaio solo quello di fornire informazioni oppure consigli non basati sullo stato degli atti a disposizione del professionista e sulle circostanze di fatto specificamente esistenti, note o comunque prevedibili, dovendosi valutare la diligenza del notaio ex ante e non ex post e, dunque, giammai sulla base di circostanze future e meramente ipotetiche (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297). Non rientrano, pertanto, tra gli obblighi di informativa e di consulenza, cui è tenuto il notaio al momento del rogito, tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione o iscrizione pregiudizievole (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297, cit.).

Neppure il notaio può ritenersi tenuto a garantire, nei confronti della banca mutuante, la convenienza economica dell’operazione ovvero i relativi rischi sul piano squisitamente finanziario, atteso che la sua responsabilità professionale non si spinge fino all’obbligo di accertare se il creditore potrà ragionevolmente soddisfarsi, in sede di espropriazione del bene, a fronte dell’inadempimento del mutuatario (Cass. Civ., Sez. III, 16 novembre 2020, n. 25865).

Pertanto, l’estensione del suddetto principio di diritto non vale fino al punto da ricomprendere tra gli obblighi di informativa e di consulenza, cui è tenuto il notaio al momento del rogito, tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione od iscrizione pregiudizievole, quantunque essi non siano ad essa direttamente collegati, proprio per la posizione di equidistanza dagli interessi delle parti contraenti che si richiede al notaio a tutela di un corretto ed imparziale presidio del traffico di negozi giuridici (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297; Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15726; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733).

Tra gli obblighi del notaio è quindi certamente incluso quello di acquisire informazioni, presso la conservatoria dei registri immobiliari, circa il carattere definitivo o meno del titolo giudiziale ivi trascritto poiché il professionista può e deve verificare se la sentenza di primo grado accertativa dell’usucapione di un bene immobile oggetto di compravendita sia passata in giudicato, in ragione del fatto che copia della sentenza viene depositata presso l’ufficio dei registri immobiliari ai sensi degli artt. 2657 e 2658 c.c. e chiunque ha diritto di prenderne visione ai sensi dell’art. 2673 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283).

Pertanto, l’omessa rilevazione di un vincolo di natura archeologica, sul cespite oggetto di compravendita o permuta, comporta la responsabilità del notaio per il danno conseguente alla successiva adozione da parte della pubblica amministrazione della revoca in autotutela della concessione edilizia e dell’ordine di demolizione delle opere eventualmente già realizzate, con acquisizione dell’area al patrimonio demaniale (Cass. Civ., Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 25113).

Pertanto, anche nel caso in cui il notaio riceva l’incarico da un chiamato all’eredità di redigere l’inventario dei beni del de cuius, l’adempimento secondo diligenza dell’incarico di procedere ad accettazione con beneficio d’inventario impone al medesimo notaio, in una prospettiva finalistica, di illustrare al cliente il contenuto e gli effetti dell’atto, avvertendolo dunque anche degli ulteriori adempimenti necessari affinché lo scopo perseguito possa essere raggiunto, ma detta prestazione accessoria a tanto si arresta, ossia, nella adeguata informazione del cliente sugli adempimenti da compiersi successivamente, sulle relative modalità e termini Cass. Civ., Sez. III, 13 settembre 2023, n. 26419.

 

L’accertamento della libertà del bene immobile

Il soggetto che si rivolge ad un notaio per stipulare un determinato atto, così affidandogli - in mancanza di una clausola di espresso esonero - anche il compito di effettuare le necessarie indagini sulla libertà da vincoli dei beni oggetto di quell’atto, non può certo essere ritenuto corresponsabile dell’omissione di dette indagini, commissionate al notaio stesso, ragione per cui, non può, quindi ravvisarsi alcun concorso colposo del danneggiato nella causazione dell’evento dannoso conseguente all’omessa verifica della libertà del cespite interessato dal rogito (Cass. Civ., Sez. III, 15 febbraio 2022, n. 4911).

Pertanto, il notaio che, chiamato a stipulare un contratto di compravendita immobiliare, ometta di accertarsi dell’esistenza di iscrizioni ipotecarie pregiudizievoli sull’immobile, può essere condannato al risarcimento del danno consistente nel pagamento della somma complessivamente necessaria per la cancellazione del vincolo, la cui determinazione deve essere rimessa al giudice di merito. Ciò posto, l’attività preparatoria che rientra nei doveri di diligenza dell’attività notarile deve essere svolta in tempi utili a garantire la corrispondenza dell’esito delle ricerche effettuate con le condizioni del bene che vengono descritte nell’atto, sia in ragione della necessità di assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici di esso, sia in funzione della realizzazione sostanziale della funzione di pubblico ufficiale (Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 2018, n. 15761).

In particolare, il notaio che roga un atto concernente una proprietà superficiaria, che egli stesso dica esistente su bene demaniale in forza di una concessione, deve preoccuparsi, constandogli nella prospettazione dei clienti tale particolare qualità della detta proprietà, di indagare, prima di rogare l’atto e di prevedere che la proprietà sia oggetto di garanzia, se la concessione sia tuttora in essere e, in caso positivo, anche per quale tempo lo sia, sì che sia la relativa indagine sia il suo risultato possano dirsi rientrare nell’àmbito dell’attività esigibile dal notaio quale espressione del c.d. dovere di consiglio del notaio, e, prima ancora, nell’àmbito dei doveri di accertamento connessi alla diligenza professionale come scolpita dall’art. 28 della legge professionale (L. n. 89/1913), ed in ogni caso dalla norma civilistica sulla diligenza. Ciò non solo sulla base dell’esigibile conoscenza da parte del notaio del regime generale dei beni demaniali e delle sue implicazioni sui diritti derivati, ma comunque ed in primo luogo della necessaria dovuta conoscenza dei termini e delle condizioni in cui un diritto da alienare che risulti dipendente da un altro, veda regolata tale dipendenza, in modo che la fruttuosità dell’alienazione non possa essere incisa dalla sorte del diritto pregiudicante (Cass. Civ., Sez. III, 3 febbraio 2021, n. 2493).

Tuttavia si è anche affermato il principio che non sussiste la responsabilità professionale del notaio che abbia omesso di indicare la presenza di vincoli limitativi della proprietà su immobili trasferiti mediante atto da lui rogato, quando sia provato che il contraente interessato a tale informazione conosceva certamente l’esistenza di quei vincoli, non ravvisandosi in tale ipotesi né la violazione del dovere di diligenza qualificata previsto dall’art. 1176 c.c., da doversi comunque interpretare alla stregua del canone generale di buona fede, né il nesso di causalità tra l’omessa informazione e la stipulazione dell’atto traslativo (Cass. Civ., Sez. III, 25 agosto 2023, n. 25278; Cass. Civ., Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 25111).

 

Il danno risarcibile dall’omessa verifica di libertà del cespite

Il danno che il notaio rogante il contratto di compravendita di un immobile, il quale abbia omesso di effettuare le dovute visure ipotecarie, è tenuto a risarcire all’acquirente dell’immobile successivamente sottoposto ad esecuzione immobiliare da parte del creditore ipotecario ed aggiudicato ad un terzo, va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dalla parte, e tale pregiudizio, potrà anche essere pari al valore dell’immobile ove il proprietario del bene, a causa dell’omissione colposa del notaio, abbia perduto l’immobile con l’esproprio od a causa del rilascio del bene, poiché diversamente, sul presupposto dell’accertata responsabilità del professionista, questi potrà essere condannato al risarcimento per equivalente commisurato, quanto al danno emergente, all’entità delle somme che gli acquirenti devono corrispondere per soddisfare i creditori e liberare l’immobile dalle formalità pregiudizievoli, al fine di conservarne la proprietà, con la conseguenza che le spese di purgazione rappresenteranno il danno e, nel contempo, la sua misura. Pertanto, nell’ipotesi di immobile venduto con il ministero del notaio, che, a causa dell’omessa verifica delle visure, sia successivamente sottoposto ad esecuzione da parte di un creditore che aveva agito sulla base di gravami esistenti sull’immobile e non rilevati dal professionista, il danno che questi è tenuto a risarcire va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dall’acquirente, ed esso può quindi essere liquidato in misura pari al valore dell’immobile perduto a seguito della vendita forzata o del quale il proprietario abbia comunque perduto la disponibilità, ovvero nella spesa necessaria per ottenere l’estinzione del processo esecutivo e la cancellazione dell’ipoteca, in tale senso lato, va intesa quindi la purgazione dell’immobile, vale a dire la sua sottrazione al rischio di legale evizione nel corso della procedura espropriativa (Cass. Civ., Sez. III, 17 novembre 2020, n. 26192).

Diverso il caso in cui il notaio abbia invece erroneamente trascritto i dati catastali di un’immobile compravenduto con il suo rogito, poiché in tale ipotesi sussiste la sua responsabilità per le conseguenze derivanti dall’erronea trascrizione, da parte del notaio, dei dati catastali dell’immobile compravenduto ed il danno subito dal cliente a causa del pignoramento del bene, avvenuto prima della ritardata rettifica dei dati (Cass. Civ., Sez. III, 28 giugno 2018, n. 17054). In questo caso, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non già dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del danneggiato (Cass. Civ., Sez. III, 25 luglio 2023, n. 22250; Cass. Civ., Sez. III, 15 luglio 2009, n. 16463).

 

La responsabilità per l’adempimento degli obblighi tributari del rogito

Ai sensi dell’art. 10, d.P.R. n. 131/1986 obbligato alla richiesta di registrazione telematica, per atti dallo stesso redatti, ricevuti o autenticati, è il notaio.

Ciò premesso, la notificazione dell’avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata, notificato al notaio rogante che, in sede di rogito di compravendita immobiliare si sia avvalso della procedura di registrazione telematica, ai sensi del D.Lgs. n. 463/1997, come modificato dal D.Lgs. n. 9/2000, ed in tale veste abbia provveduto alla relativa autoliquidazione ed al corrispondente versamento vale, solo, a costituirlo quale responsabile d’imposta, tenuto all’integrazione del versamento, ex art. 13, D.Lgs. n. 472/1997, ma non incide sul principio, fissato dall’art. 57, d.P.R. n. 131/1986, per cui soggetti obbligati al pagamento dell’imposta restano le parti sostanziali dell’atto medesimo (Cass. Civ., Sez. V, 11 giugno 2019, n. 15627; in precedenza Cass. Civ. 5 febbraio 2015, n. 5016). Principio, questo, destinato a rimanere fermo anche nel caso in cui il notaio rogante abbia omesso di provvedere, anche parzialmente, al versamento delle somme destinate al pagamento (Cass. Civ., Sez. V, 12 giugno 2009, n. 13653).

Va poi considerato che in tema di imposta di registro, il notaio rogante opera quale mero responsabile d’imposta, cioè come soggetto obbligato al pagamento dell’imposta per fatti e situazioni esclusivamente riferibili ad altri, al solo fine di facilitare l’adempimento fiscale, di talché egli, pur obbligato a richiedere la registrazione, rimane estraneo al presupposto impositivo, e terzo rispetto al rapporto di debito-credito tra l’Amministrazione finanziaria ed il soggetto passivo del tributo, ragione per cui ne consegue che il pagamento dell’imposta proporzionale di registro effettuato dal contribuente, costituendo adempimento dell’obbligazione tributaria, ha effetti liberatori anche per il notaio rogante, avendo la garanzia ex lege esaurito la sua funzione nel momento stesso in cui venne conseguita la prestazione garantita (Cass. Civ., Sez. VI, 8 febbraio 2023, n. 3807; Cass. Civ., Sez. V, 24 marzo 2022, n. 9538).

Più recentemente, si è statuito che qualora in un atto notarile, anche registrato telematicamente, vengano enunciate disposizioni di altri atti, scritti o verbali, posti in essere dalle medesime parti, ma non già registrati, la cui configurazione giuridica non richiede accertamenti di fatto ovvero extratestuali, né valutazioni interpretative particolarmente complesse, purché, trattandosi di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso, e gli effetti dei medesimi non siano già cessati o cessino con l’atto che li enuncia, l’imposta dovuta per tali atti - in virtù della previsione di cui all’art. 22, d.P.R. n. 131/1986 - deve qualificarsi come imposta principale e, per richiederla in rettifica dell’autoliquidazione, l’Ente impositore può legittimamente emettere un avviso di liquidazione ai sensi degli artt. 42, comma 1, primo periodo, d.P.R. n. 131/1986 e 3-ter, comma 1, D.Lgs. n. 463/1997. In tale caso, ai sensi dell’art. 57, comma 1, d.P.R. n. 131/1986, il notaio che ha ricevuto l’atto enunciante, pur se in via dipendente, è responsabile per il pagamento dell’imposta solidalmente con le parti dell’atto stesso (Cass. Civ., SS.UU., 24 maggio 2023, n. 14432).

Alla responsabilità disciplinare del notaio deve ritenersi applicabile il principio secondo cui è necessario che l’illecito sia ascrivibile almeno a titolo di colpa all’autore del fatto, con la conseguenza che, anche per il notaio, l’errore sulla liceità del fatto deve ritenersi rilevante e scriminante qualora esso risulti incolpevole, dovendosi tuttavia desumere il necessario profilo di non colpevolezza dell’errore stesso da elementi positivi idonei ad indurre il professionista all’illecito contestato e non ovviabile con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. Civ., Sez. II, 19 febbraio 2021, n. 4527).

Cass. Civ., Sez. V, 22 febbraio 2023, n. 5515, ha rimesso gli atti al Primo presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite al fine di dirimere il contrasto insorto intorno alla duplice premessa che il notaio è obbligato per il solo pagamento dell’imposta principale e che l’imposta principale è applicata al momento della registrazione anche d’ufficio, per effetto di un arresto giurisprudenziale il quale ha ritenuto che l’imposta applicata alle disposizioni enunciate, in quanto da applicare in sede di registrazione del contratto enunciante, deve parimenti ritenersi imposta principale, essendo tenuto il notaio, quale responsabile di imposta, a corrispondere all’Erario quanto dovuto a fronte della registrazione dell’atto effettuato per il suo tramite, considerando che l’imposta è la medesima che sarebbe stata dovuta in sede di registrazione dell’atto enunciato da parte del contribuente (Cass. Civ., Sez. V, 24 giugno 2021, n. 18113). Sulla scorta di tale sillogismo, si è così affermato che il notaio è responsabile d’imposta ex art. 57, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, con valenza onnicomprensiva, sia in relazione all’atto enunciante che in relazione all’atto enunciato. Tale conclusione è stata, però, posta in dubbio da Cass. Civ., Sez. V., 6 aprile 2022, n. 11118, che ha osservato che l’art. 10, lett. b), e l’art. 57, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 31, limitano l’obbligazione gravante a carico dei notai, rispettivamente, per la registrazione e per il pagamento dell’imposta di registro agli atti da essi redatti, ricevuti od autenticati, rispetto ai quali soltanto la funzione di responsabile oltre che di percettore d’imposta può trovare giustificazione nel ruolo istituzionale di pubblico ufficiale rogante o autenticante. Invero, estendendo l’obbligazione al pagamento dell’imposta di registro per gli atti enunciati si travalicherebbe il confine segnato dalle norme richiamate, ponendo a carico del notaio una responsabilità fiscale per contratti o negozi unilaterali rispetto ai quali egli non ha svolto alcuna funzione per volontà delle stesse parti. Per cui, una diversa esegesi dell’ordito legislativo - oltre a porsi in dissonanza con la rivisitata ricostruzione dell’imposta di registro in termini di imposta d’atto - verrebbe a dilatare la responsabilità fiscale del notaio in relazione a fattispecie formate da o tra soggetti privati, rispetto alle quali egli non era obbligato ab origine alla registrazione né al pagamento dell’imposta di registro, essendo rimasto assolutamente estraneo alla loro formazione.

 

Responsabilità disciplinare e prescrizione

In tema di responsabilità disciplinare del notaio, il divieto imposto dall’art. 28, comma 10, n. 1, L. n. 89/1913 e sanzionato con la sospensione a norma dell’art. 138, comma 2, della medesima legge, di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge, è violato nel momento stesso della redazione della clausola nulla inserita in un atto rogato dal professionista, in quanto la redazione della clausola segna il momento di consumazione istantanea dell’illecito, sul quale non possono spiegare efficacia sanante o estintiva della punibilità eventuali rimedi predisposti dal legislatore, quale, ad esempio, la possibile stipula di un atto di conferma per conservare l’atto ai fini privatistici (Cass. Civ., Sez. II, 31 luglio 2020, n. 16519; Cass. Civ., Sez. II, 29 agosto 2019, n. 21828).

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile da parte del danneggiato (Cass. Civ. 15 luglio 2009, n. 16463; Cass. Civ. 8 maggio 2006, n. 10493). Tuttavia, è stato, inoltre, precisato che l’azione di responsabilità contrattuale nei confronti del notaio presuppone la produzione del danno, ancorché l’inadempimento sia stato posto in essere in epoca anteriore, con la conseguenza che il termine di prescrizione non può iniziare a decorrere prima del verificarsi del pregiudizio di cui si chiede il risarcimento (Cass. Civ., Sez. III, 13 dicembre 2019, n. 32793; Cass. Civ., Sez. III, 22 settembre 2017, n. 22059; Cass. Civ., Sez. III, 22 settembre 2016, n. 18606).

 

 Le obbligazioni gravanti sul notaio nella stesura del rogito

Autore: Avv. Vito Amendolagine – pubblicato su: I Contratti n. 1/2024 – Editore: Ipsoa Wolters Kluwer

 

Abstract

Il presente itinerario ripercorre l’evolversi della giurisprudenza in tema di controversie concernenti la responsabilità del notaio derivante dalla predisposizione del rogito, la quale, si estende anche alle necessarie e presupposte attività preparatorie, trovando la propria ragione d’essere nel munus publicum sottostante al corretto esercizio della funzione notarile.

 

Diligenza qualificata

Il notaio è tenuto ad adempiere l’obbligazione contratta con la diligenza qualificata richiesta dagli artt. 1176, comma 2, e 2236 c.c. (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 29 agosto 2019, n. 21775), osservando la buona fede oggettiva o correttezza, intesa quale criterio di determinazione della prestazione contrattuale, costituendo essa fonte di integrazione del comportamento dovuto (Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860), che impone di compiere quanto necessario od utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio che non si sostanzi in attività gravose od eccezionali o, comunque tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici per il notaio (Cass. Civ., Sez. III, 30 marzo 2005, n. 6735; Cass. Civ., Sez. III, 9 febbraio 2004, n. 2422).

 

Accertamento identità contraenti

Conseguentemente, fra gli obblighi inerenti alla funzione notarile rientra anche quello di accertare la capacità legale a contrarre delle parti dell’atto rogando, ed è, pertanto, incontestabile che tale controllo debba riguardare anche l’eventuale qualità di fallito rivestita da una o più di tali parti, pur ammettendo che la sentenza dichiarativa di fallimento, che comporta quale effetto più eclatante il cosiddetto spossessamento del debitore, e cioè la perdita dell’amministrazione e della disponibilità dei beni da parte del fallito ed il passaggio dell’amministrazione al curatore, implica una forma del tutto particolare e limitata d’incapacità del fallito (Cass. Civ., Sez. III, 13 settembre 2023, n. 26448).

 

Natura responsabilità e obblighi di protezione

Premessa la natura contrattuale della responsabilità del notaio, consolidata ormai da molti decenni nella giurisprudenza di legittimità, incorre dunque in responsabilità per inadempimento del contratto d’opera professionale, quanto ai doveri comportamentali riconducibili a quello di adempiere il rapporto di prestazione d’opera secondo buona fede ai sensi dell’art. 1375 c.c., il notaio che roghi atti di compravendita, con previsione di pagamento rateale e con dichiarazione di rinuncia della venditrice all’iscrizione di ipoteca legale, allorquando risulti che egli abbia rogato altri atti di rivendita a terzi da parte dello stesso acquirente, di cui alcuni lo stesso giorno ed altri pochi giorni dopo (Cass. Civ., Sez. III, 4 marzo 2022, n. 7185).

Del resto, vanno opportunamente considerati anche gli sviluppi della giurisprudenza di legittimità, che configura ormai in capo al notaio anche speciali obblighi di protezione in favore di quei soggetti che sebbene siano formalmente terzi rispetto agli atti da lui rogati, sono però coinvolti dalle relative prevedibili conseguenze, anche riguardo ai quali, quindi, il notaio risponde a titolo di responsabilità contrattuale (Cass. Civ., Sez. III, 17 novembre 2020, n. 26192).

Invero, la funzione ontologicamente e ineludibilmente ibrida del notaio - da un lato quella pubblica, dall’altro quella contrattuale - ne ispessisce il contenuto degli obblighi che assume nei confronti delle parti di cui rogita il negozio, rendendoli veri e propri obblighi di protezione, che persino si estendono ai soggetti terzi rispetto al contratto d’opera professionale. In tale ottica, Cass. Civ., Sez. III, 8 aprile 2020, n. 7746, ha riconosciuto l’applicabilità dei principi del cd. contatto sociale qualificato, in un caso in cui il notaio aveva concluso il contratto d’opera professionale, finalizzato al rilascio di una procura speciale soltanto con il futuro alienante del bene ravvisando in tale contratto, benché concluso formalmente tra il notaio ed il futuro venditore, ed avente ad oggetto un negozio unilaterale, una fonte di obblighi di protezione anche nei confronti dell’aspirante acquirente, qualificato come terzo protetto dal contratto.

Pertanto il contenuto delle dichiarazioni delle parti nel contratto che il notaio deve rogare non è di per sé sufficiente per esonerare il notaio stesso dai suoi obblighi di protezione, consiglio ed a monte, informazione degli esiti delle verifiche catastali e proprietarie (Cass. Civ., Sez. III, 3 agosto 2023, n. 23718).

Qualora egli non adempia correttamente la propria prestazione, compresa quella attinente alle attività preparatorie, la responsabilità contrattuale sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto rogato, se da tale comportamento abbiano subito danni (Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 2018, n. 15761).

Allo stesso modo, si è esteso l’obbligo del notaio di verificare e segnalare alle parti la possibile esistenza di limiti alla commerciabilità dei beni immobili oggetto di garanzia in quanto edificati su terreni gravati da usi civici, sulla scorta del principio che nella diligenza professionale in concreto esigibile dal notaio in sede di stipula di un atto di costituzione in garanzia di beni immobili siti in una zona che presenta un potenziale rischio di sussistenza di vincoli pubblici rientra anche lo svolgimento di indagini più approfondite rispetto a quelle ordinarie (App. L’Aquila 21 febbraio 2023, in www.expartecreditoris.it).

Conseguentemente, rientra nella diligenza professionale esigibile dal notaio nel caso concreto, quella di verificare l’esistenza di vincoli di natura pubblica e/o collettiva, soprattutto se il potenziale pericolo riguardi una parte del territorio in cui egli opera professionalmente, perché in questo caso la situazione complessiva della zona in cui si trova l’immobile, almeno nelle sue linee generali, non potrebbe ritenersi ignota al notaio, in forza della professione dallo stesso svolta in quel territorio (App. Napoli 20 maggio 2022, in www.expartecreditoris.it). Ciò in quanto le parti ricorrono agli uffici di un notaio qualora intendano demandare a quest’ultimo un più accurato controllo sia quanto alla forma dell’atto che quanto alla sua validità ed efficacia, onde assicurarsi il conseguimento dello scopo perseguito con quello specifico atto negoziale, trattandosi di una prestazione professionale altamente qualificata, non altrimenti ottenibile facendo ricorso a figure professionali diverse da quella del notaio.

Va aggiunto poi che per giurisprudenza consolidata, il notaio deve assicurare la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed in particolare, la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dai partecipanti alla stipula dell’atto, e, quindi, nella compravendita, il trasferimento di un bene dietro pagamento dell’intero prezzo (Cass. Civ., Sez. II, 2 agosto 2023, n. 23600).

 

La buona fede nell’esecuzione della prestazione notarile

L’impegno imposto dall’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza va quindi correlato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualità dei soggetti coinvolti (Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860) e come più recentemente affermato anche da App. Napoli 22 aprile 2020, in www.expartecreditoris.it, sul piano della diligenza che il notaio deve osservare in tema di verifica dell’esistenza di usi civici sul bene immobile oggetto di compravendita. L’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza è infatti da valutarsi alla stregua della causa concreta dell’incarico conferito al professionista dalla parte committente, e in particolare, al notaio (Cass. Civ., SS.UU., 31 luglio 2012, n. 13617. Il riferimento alla serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed alla sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell’atto medesimo - cfr. altresì Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733, e, conformemente, Cass. Civ., Sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26020 - va valutato con l’interesse che l’operazione contrattuale è propriamente volta a soddisfare.

Tale principio di diritto non può spingersi, pena la violazione del reciproco dovere della buona fede gravante sui contraenti, sino a richiedere al notaio il dovere di rappresentare agli stipulanti circostanze non esistenti all’epoca del rogito e relative a fatti, atti, ovvero ad azioni giudiziarie ancora non proposte, e comunque non prevedibili al momento della stipula.

In buona sostanza, il notaio, se è inadempiente, lo è rispetto agli obblighi assunti con il contratto con cui ha ricevuto l’incarico, ragione per cui se il suddetto professionista si è obbligato a svolgere l’incarico con diligenza nei confronti di una società l’azione di responsabilità da inadempimento non può che essere intrapresa dalla stessa società, verso la quale, il notaio si era obbligato, sul presupposto che le società anche di persone, pur non avendo personalità giuridica, hanno comunque una loro soggettività giuridica, atteso che sebbene sprovvista di personalità giuridica, costituisce pur sempre un centro di interessi dotato di una propria sostanziale autonomia e di una propria capacità processuale. Pertanto, a prescindere dal dato formale per cui se il contratto con il notaio è stato stipulato dalla società e non dal socio, non si può sostenere che gli obblighi di corretta esecuzione del mandato professionale, assunti dal notaio con quel contratto, lo siano stati verso il socio anziché verso la società stessa, poiché quest’ultima, essendo autonomo centro di interessi, come si è detto, è altresì la parte creditrice della prestazione del professionista e, dunque l’unica a potersi dolere del suo inadempimento (Cass. Civ., Sez. III, 18 luglio 2023, n. 20990).

Nel caso però in cui un soggetto interessato a stipulare un mutuo ipotecario con una banca incarichi un notaio di effettuare le visure del bene destinato ad essere l’oggetto dell’ipoteca e a redigere la relativa relazione, con questo conferimento di incarico si determina l’assunzione di obblighi in capo al notaio non soltanto nei confronti del mutuatario, ma pure nei confronti della banca mutuante, e ciò sia che si intenda l’istituto bancario quale terzo ex art. 1411 c.c., che beneficia del rapporto contrattuale di prestazione professionale concluso dal cliente mutuatario, sia che si individui un’ipotesi di responsabilità da contatto sociale fondata sull’affidamento che la banca mutuante ripone nel notaio in quanto esercente una professione protetta. Pertanto, posto che è onere del notaio dimostrare di aver correttamente adempiuto il suo incarico e, quindi, di aver reso in modo completo tutte le notizie relative all’immobile su cui si andava a costituire il mutuo, in tale caso, l’eventuale danno dovrà essere parametrato in base alla colposa induzione dell’istituto di credito ad accettare in ipoteca, con riguardo al finanziamento, concernente un bene non idoneo a garantire la restituzione del credito erogato (Cass. Civ., Sez. III, 18 luglio 2023, n. 20794; conf. Cass. Civ., Sez. II, 9 maggio 2016, n. 9320).

 

Responsabilità per le attività preparatorie del rogito

In tema di responsabilità professionale del notaio, qualora egli non adempia correttamente la propria prestazione, compresa quella attinente alle attività preparatorie, la responsabilità contrattuale sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto rogato, se da tale comportamento abbiano subito danni e purché non lo abbiano esonerato da tali attività (Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., Sez. III, 13 giugno 2013, n. 14865) atteso che il rapporto professionale che intercorre tra notaio e cliente si inquadra nello schema del mandato, in virtù del quale, il professionista è tenuto ad eseguire personalmente l’incarico assunto ed è pertanto responsabile ai sensi dell’art. 1228 c.c., dei sostituti ed ausiliari di cui si avvale, dei quali deve seguire personalmente lo svolgimento dell’opera, con la conseguente sua responsabilità esclusiva nei confronti del cliente danneggiato (Cass. Civ., Sez. III, 29 settembre 2009, n. 20825).

Si è quindi ritenuto responsabile il notaio per avere erroneamente indicato nella nota di trascrizione predisposta dal medesimo professionista i diritti - invertendoli - spettanti alle parti per effetto della stipula di un atto di compravendita eseguito a suo rogito, con la conseguenza che alcuni istituti di credito avevano trascritto successivamente ipoteca in danno dell’alienante sullo stesso cespite in quanto risultava ancora di sua proprietà, con evidente pregiudizio per la parte acquirente (Trib. Pesaro 15 giugno 2015, in www.expartecreditoris.it).

L’art. 49 l. not. nel testo fissato dall’art. 1, L. n. 333/1976, secondo il quale il notaio deve essere certo della identità personale delle parti e può raggiungere tale certezza, anche al momento dell’attestazione, con la valutazione di tutti gli elementi atti a formare il suo convincimento, contemplando, in caso contrario, il ricorso a due fidefacienti da lui conosciuti, va interpretato nel senso che il professionista, nell’attestare l’identità personale delle parti, deve trovarsi in uno stato soggettivo di certezza intorno a tale identità, conseguibile, senza la necessaria pregressa conoscenza personale delle parti stesse, attraverso le regole di diligenza, prudenza e perizia professionale e sulla base di qualsiasi elemento astrattamente idoneo a formare tale convincimento, anche di natura presuntiva, purché, in quest’ultimo caso, si tratti di presunzioni gravi, precise e concordanti (Cass. Civ., Sez. III, 28 dicembre 2021, n. 41801; Cass. Civ., Sez. III, 7 dicembre 2017, n. 29321; Cass. Civ., Sez. III, 12 maggio 2017, n. 11767; Cass. Civ., Sez. III, 10 maggio 2005, n. 9757).

Pertanto, il notaio che abbia identificato le parti sulla base delle carte di identità successivamente risultate non autentiche, e che abbia fotocopiato, l’esistenza di una procura speciale a vendere la cui sottoscrizione poi è risultata apocrifa, facendo affidamento sulla presenza all’atto dei funzionari bancari e di intermediazione con i quali le parti avevano intrattenuto pregressi rapporti, non assolve all’obbligo di adeguata diligenza professionale sancito dall’art. 49 l. not. poiché la sua certezza soggettiva della identità delle parti, raggiunta al momento dell’attestazione, non è stata conseguita attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti. Tanto più che la semplice richiesta alle parti di mostrare un certificato anagrafico avrebbe consentito al notaio si accorgersi della falsità dei documenti d’identità esibiti dai contraenti in considerazione della discordanza, ad esempio, tra il numero di iscrizione all’anagrafe comunale riportato sulla carta di identità falsa e quello recato dalla certificazione anagrafica autentica (Cass. Civ., Sez. II, 1° giugno 2023, n. 15490).

Il notaio incaricato della redazione e autenticazione di un contratto di compravendita immobiliare non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti e non può quindi, limitarsi ad accertare la volontà delle stesse e sovrintendere alla compilazione dell’atto ma ha l’obbligo di compiere l’attività, preparatoria e successiva, necessaria ad assicurare tanto la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi, quanto l’attitudine dello stesso ad assicurare il conseguimento del suo scopo tipico e del risultato pratico voluto dalle parti della relativa stipulazione (Cass. Civ., Sez. II, 31 marzo 2022, n. 10474; Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296; Cass. Civ., Sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26020; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733), vale a dire l’interesse che l’operazione contrattuale è volta a soddisfare (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283; Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296, cit.; Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., SS.UU., 31 luglio 2012, n. 13617), a partire, evidentemente, dal compimento delle attività che concernono la sussistenza delle condizioni di validità e di efficacia dell’atto medesimo (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 1999, n. 5946).

L’inosservanza dei suddetti obblighi accessori da parte del notaio dà conseguentemente luogo, a suo carico, a responsabilità contrattuale per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità, dovendosi peraltro escludere alla luce di tale obbligo la configurabilità del concorso colposo del danneggiato ai sensi dell’art. 1227 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296, cit.; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733, cit.).

 

L’obbligo di informazione e consiglio

Il notaio, dovendo compiere l’attività necessaria ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici e il risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti, ha, in particolare, l’obbligo nei confronti delle stesse di informazione e di consiglio (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283, cit.). Tale obbligo, che sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto (Cass. Civ., Sez. VI, 5 luglio 2022, n. 21205) e trova fondamento nella clausola generale di buona fede oggettiva quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte (Cass. Civ., Sez. III, 20 agosto 2015, n. 16990), si concretizza, tra l’altro, nel dovere di dissuasione dei clienti dalla stipula dell’atto, salvo espressa dispensa delle parti (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297), che consiste nell’avvertire le parti degli effetti derivanti dai vincoli giuridici eventualmente gravanti sull’immobile, come quelli derivanti dall’esistenza di una trascrizione o iscrizione pregiudizievole sul bene oggetto di trasferimento (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283, cit.), e, più in generale, delle problematiche, che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire, collegate al possibile rischio, ad esempio, che una vendita immobiliare possa risultare inefficace a causa della condizione giuridica dell’immobile (Cass. Civ., Sez. II, 29 marzo 2007, n. 7707), sicché, il notaio che abbia la conoscenza od anche il solo sospetto di un’iscrizione pregiudizievole gravante sull’immobile oggetto della compravendita, deve informarne le parti, quand’anche sia stato esonerato dalle visure, essendo tenuto comunque all’esecuzione del contratto di prestazione d’opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, comma 2, c.c. e della buona fede (Cass. Civ., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15726).

Solo nel caso in cui il notaio sia stato espressamente esonerato, per concorde volontà delle parti, dallo svolgimento delle attività accessorie e successive, necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti e, in particolare, dal compimento delle visure catastali e ipotecarie allo scopo di individuare esattamente il bene e verificarne la libertà da pregiudizi, deve escludersi la sussistenza della responsabilità professionale del notaio stesso in quanto detta clausola non può essere considerata meramente di stile essendo stata parte integrante del negozio, a condizione, peraltro, che la stessa appaia giustificata da esigenze concrete delle parti, come nel caso della sussistenza di ragioni di urgenza di stipula dell’atto addotte dalle parti medesime (Cass. Civ., Sez. III, 1° dicembre 2009, n. 25270; Cass. Civ., Sez. II, 16 marzo 2006, n. 5868).

 

I limiti all’obbligo di consiglio

Per contro, deve ritenersi estraneo all’obbligo di diligenza relativo all’attività esercitata dal notaio solo quello di fornire informazioni oppure consigli non basati sullo stato degli atti a disposizione del professionista e sulle circostanze di fatto specificamente esistenti, note o comunque prevedibili, dovendosi valutare la diligenza del notaio ex ante e non ex post e, dunque, giammai sulla base di circostanze future e meramente ipotetiche (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297). Non rientrano, pertanto, tra gli obblighi di informativa e di consulenza, cui è tenuto il notaio al momento del rogito, tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione o iscrizione pregiudizievole (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297, cit.).

Neppure il notaio può ritenersi tenuto a garantire, nei confronti della banca mutuante, la convenienza economica dell’operazione ovvero i relativi rischi sul piano squisitamente finanziario, atteso che la sua responsabilità professionale non si spinge fino all’obbligo di accertare se il creditore potrà ragionevolmente soddisfarsi, in sede di espropriazione del bene, a fronte dell’inadempimento del mutuatario (Cass. Civ., Sez. III, 16 novembre 2020, n. 25865).

Pertanto, l’estensione del suddetto principio di diritto non vale fino al punto da ricomprendere tra gli obblighi di informativa e di consulenza, cui è tenuto il notaio al momento del rogito, tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione od iscrizione pregiudizievole, quantunque essi non siano ad essa direttamente collegati, proprio per la posizione di equidistanza dagli interessi delle parti contraenti che si richiede al notaio a tutela di un corretto ed imparziale presidio del traffico di negozi giuridici (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297; Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15726; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733).

Tra gli obblighi del notaio è quindi certamente incluso quello di acquisire informazioni, presso la conservatoria dei registri immobiliari, circa il carattere definitivo o meno del titolo giudiziale ivi trascritto poiché il professionista può e deve verificare se la sentenza di primo grado accertativa dell’usucapione di un bene immobile oggetto di compravendita sia passata in giudicato, in ragione del fatto che copia della sentenza viene depositata presso l’ufficio dei registri immobiliari ai sensi degli artt. 2657 e 2658 c.c. e chiunque ha diritto di prenderne visione ai sensi dell’art. 2673 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283).

Pertanto, l’omessa rilevazione di un vincolo di natura archeologica, sul cespite oggetto di compravendita o permuta, comporta la responsabilità del notaio per il danno conseguente alla successiva adozione da parte della pubblica amministrazione della revoca in autotutela della concessione edilizia e dell’ordine di demolizione delle opere eventualmente già realizzate, con acquisizione dell’area al patrimonio demaniale (Cass. Civ., Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 25113).

Pertanto, anche nel caso in cui il notaio riceva l’incarico da un chiamato all’eredità di redigere l’inventario dei beni del de cuius, l’adempimento secondo diligenza dell’incarico di procedere ad accettazione con beneficio d’inventario impone al medesimo notaio, in una prospettiva finalistica, di illustrare al cliente il contenuto e gli effetti dell’atto, avvertendolo dunque anche degli ulteriori adempimenti necessari affinché lo scopo perseguito possa essere raggiunto, ma detta prestazione accessoria a tanto si arresta, ossia, nella adeguata informazione del cliente sugli adempimenti da compiersi successivamente, sulle relative modalità e termini Cass. Civ., Sez. III, 13 settembre 2023, n. 26419.

 

L’accertamento della libertà del bene immobile

Il soggetto che si rivolge ad un notaio per stipulare un determinato atto, così affidandogli - in mancanza di una clausola di espresso esonero - anche il compito di effettuare le necessarie indagini sulla libertà da vincoli dei beni oggetto di quell’atto, non può certo essere ritenuto corresponsabile dell’omissione di dette indagini, commissionate al notaio stesso, ragione per cui, non può, quindi ravvisarsi alcun concorso colposo del danneggiato nella causazione dell’evento dannoso conseguente all’omessa verifica della libertà del cespite interessato dal rogito (Cass. Civ., Sez. III, 15 febbraio 2022, n. 4911).

Pertanto, il notaio che, chiamato a stipulare un contratto di compravendita immobiliare, ometta di accertarsi dell’esistenza di iscrizioni ipotecarie pregiudizievoli sull’immobile, può essere condannato al risarcimento del danno consistente nel pagamento della somma complessivamente necessaria per la cancellazione del vincolo, la cui determinazione deve essere rimessa al giudice di merito. Ciò posto, l’attività preparatoria che rientra nei doveri di diligenza dell’attività notarile deve essere svolta in tempi utili a garantire la corrispondenza dell’esito delle ricerche effettuate con le condizioni del bene che vengono descritte nell’atto, sia in ragione della necessità di assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici di esso, sia in funzione della realizzazione sostanziale della funzione di pubblico ufficiale (Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 2018, n. 15761).

In particolare, il notaio che roga un atto concernente una proprietà superficiaria, che egli stesso dica esistente su bene demaniale in forza di una concessione, deve preoccuparsi, constandogli nella prospettazione dei clienti tale particolare qualità della detta proprietà, di indagare, prima di rogare l’atto e di prevedere che la proprietà sia oggetto di garanzia, se la concessione sia tuttora in essere e, in caso positivo, anche per quale tempo lo sia, sì che sia la relativa indagine sia il suo risultato possano dirsi rientrare nell’àmbito dell’attività esigibile dal notaio quale espressione del c.d. dovere di consiglio del notaio, e, prima ancora, nell’àmbito dei doveri di accertamento connessi alla diligenza professionale come scolpita dall’art. 28 della legge professionale (L. n. 89/1913), ed in ogni caso dalla norma civilistica sulla diligenza. Ciò non solo sulla base dell’esigibile conoscenza da parte del notaio del regime generale dei beni demaniali e delle sue implicazioni sui diritti derivati, ma comunque ed in primo luogo della necessaria dovuta conoscenza dei termini e delle condizioni in cui un diritto da alienare che risulti dipendente da un altro, veda regolata tale dipendenza, in modo che la fruttuosità dell’alienazione non possa essere incisa dalla sorte del diritto pregiudicante (Cass. Civ., Sez. III, 3 febbraio 2021, n. 2493).

Tuttavia si è anche affermato il principio che non sussiste la responsabilità professionale del notaio che abbia omesso di indicare la presenza di vincoli limitativi della proprietà su immobili trasferiti mediante atto da lui rogato, quando sia provato che il contraente interessato a tale informazione conosceva certamente l’esistenza di quei vincoli, non ravvisandosi in tale ipotesi né la violazione del dovere di diligenza qualificata previsto dall’art. 1176 c.c., da doversi comunque interpretare alla stregua del canone generale di buona fede, né il nesso di causalità tra l’omessa informazione e la stipulazione dell’atto traslativo (Cass. Civ., Sez. III, 25 agosto 2023, n. 25278; Cass. Civ., Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 25111).

 

Il danno risarcibile dall’omessa verifica di libertà del cespite

Il danno che il notaio rogante il contratto di compravendita di un immobile, il quale abbia omesso di effettuare le dovute visure ipotecarie, è tenuto a risarcire all’acquirente dell’immobile successivamente sottoposto ad esecuzione immobiliare da parte del creditore ipotecario ed aggiudicato ad un terzo, va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dalla parte, e tale pregiudizio, potrà anche essere pari al valore dell’immobile ove il proprietario del bene, a causa dell’omissione colposa del notaio, abbia perduto l’immobile con l’esproprio od a causa del rilascio del bene, poiché diversamente, sul presupposto dell’accertata responsabilità del professionista, questi potrà essere condannato al risarcimento per equivalente commisurato, quanto al danno emergente, all’entità delle somme che gli acquirenti devono corrispondere per soddisfare i creditori e liberare l’immobile dalle formalità pregiudizievoli, al fine di conservarne la proprietà, con la conseguenza che le spese di purgazione rappresenteranno il danno e, nel contempo, la sua misura. Pertanto, nell’ipotesi di immobile venduto con il ministero del notaio, che, a causa dell’omessa verifica delle visure, sia successivamente sottoposto ad esecuzione da parte di un creditore che aveva agito sulla base di gravami esistenti sull’immobile e non rilevati dal professionista, il danno che questi è tenuto a risarcire va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dall’acquirente, ed esso può quindi essere liquidato in misura pari al valore dell’immobile perduto a seguito della vendita forzata o del quale il proprietario abbia comunque perduto la disponibilità, ovvero nella spesa necessaria per ottenere l’estinzione del processo esecutivo e la cancellazione dell’ipoteca, in tale senso lato, va intesa quindi la purgazione dell’immobile, vale a dire la sua sottrazione al rischio di legale evizione nel corso della procedura espropriativa (Cass. Civ., Sez. III, 17 novembre 2020, n. 26192).

Diverso il caso in cui il notaio abbia invece erroneamente trascritto i dati catastali di un’immobile compravenduto con il suo rogito, poiché in tale ipotesi sussiste la sua responsabilità per le conseguenze derivanti dall’erronea trascrizione, da parte del notaio, dei dati catastali dell’immobile compravenduto ed il danno subito dal cliente a causa del pignoramento del bene, avvenuto prima della ritardata rettifica dei dati (Cass. Civ., Sez. III, 28 giugno 2018, n. 17054). In questo caso, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non già dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del danneggiato (Cass. Civ., Sez. III, 25 luglio 2023, n. 22250; Cass. Civ., Sez. III, 15 luglio 2009, n. 16463).

 

La responsabilità per l’adempimento degli obblighi tributari del rogito

Ai sensi dell’art. 10, d.P.R. n. 131/1986 obbligato alla richiesta di registrazione telematica, per atti dallo stesso redatti, ricevuti o autenticati, è il notaio.

Ciò premesso, la notificazione dell’avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata, notificato al notaio rogante che, in sede di rogito di compravendita immobiliare si sia avvalso della procedura di registrazione telematica, ai sensi del D.Lgs. n. 463/1997, come modificato dal D.Lgs. n. 9/2000, ed in tale veste abbia provveduto alla relativa autoliquidazione ed al corrispondente versamento vale, solo, a costituirlo quale responsabile d’imposta, tenuto all’integrazione del versamento, ex art. 13, D.Lgs. n. 472/1997, ma non incide sul principio, fissato dall’art. 57, d.P.R. n. 131/1986, per cui soggetti obbligati al pagamento dell’imposta restano le parti sostanziali dell’atto medesimo (Cass. Civ., Sez. V, 11 giugno 2019, n. 15627; in precedenza Cass. Civ. 5 febbraio 2015, n. 5016). Principio, questo, destinato a rimanere fermo anche nel caso in cui il notaio rogante abbia omesso di provvedere, anche parzialmente, al versamento delle somme destinate al pagamento (Cass. Civ., Sez. V, 12 giugno 2009, n. 13653).

Va poi considerato che in tema di imposta di registro, il notaio rogante opera quale mero responsabile d’imposta, cioè come soggetto obbligato al pagamento dell’imposta per fatti e situazioni esclusivamente riferibili ad altri, al solo fine di facilitare l’adempimento fiscale, di talché egli, pur obbligato a richiedere la registrazione, rimane estraneo al presupposto impositivo, e terzo rispetto al rapporto di debito-credito tra l’Amministrazione finanziaria ed il soggetto passivo del tributo, ragione per cui ne consegue che il pagamento dell’imposta proporzionale di registro effettuato dal contribuente, costituendo adempimento dell’obbligazione tributaria, ha effetti liberatori anche per il notaio rogante, avendo la garanzia ex lege esaurito la sua funzione nel momento stesso in cui venne conseguita la prestazione garantita (Cass. Civ., Sez. VI, 8 febbraio 2023, n. 3807; Cass. Civ., Sez. V, 24 marzo 2022, n. 9538).

Più recentemente, si è statuito che qualora in un atto notarile, anche registrato telematicamente, vengano enunciate disposizioni di altri atti, scritti o verbali, posti in essere dalle medesime parti, ma non già registrati, la cui configurazione giuridica non richiede accertamenti di fatto ovvero extratestuali, né valutazioni interpretative particolarmente complesse, purché, trattandosi di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso, e gli effetti dei medesimi non siano già cessati o cessino con l’atto che li enuncia, l’imposta dovuta per tali atti - in virtù della previsione di cui all’art. 22, d.P.R. n. 131/1986 - deve qualificarsi come imposta principale e, per richiederla in rettifica dell’autoliquidazione, l’Ente impositore può legittimamente emettere un avviso di liquidazione ai sensi degli artt. 42, comma 1, primo periodo, d.P.R. n. 131/1986 e 3-ter, comma 1, D.Lgs. n. 463/1997. In tale caso, ai sensi dell’art. 57, comma 1, d.P.R. n. 131/1986, il notaio che ha ricevuto l’atto enunciante, pur se in via dipendente, è responsabile per il pagamento dell’imposta solidalmente con le parti dell’atto stesso (Cass. Civ., SS.UU., 24 maggio 2023, n. 14432).

Alla responsabilità disciplinare del notaio deve ritenersi applicabile il principio secondo cui è necessario che l’illecito sia ascrivibile almeno a titolo di colpa all’autore del fatto, con la conseguenza che, anche per il notaio, l’errore sulla liceità del fatto deve ritenersi rilevante e scriminante qualora esso risulti incolpevole, dovendosi tuttavia desumere il necessario profilo di non colpevolezza dell’errore stesso da elementi positivi idonei ad indurre il professionista all’illecito contestato e non ovviabile con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. Civ., Sez. II, 19 febbraio 2021, n. 4527).

Cass. Civ., Sez. V, 22 febbraio 2023, n. 5515, ha rimesso gli atti al Primo presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite al fine di dirimere il contrasto insorto intorno alla duplice premessa che il notaio è obbligato per il solo pagamento dell’imposta principale e che l’imposta principale è applicata al momento della registrazione anche d’ufficio, per effetto di un arresto giurisprudenziale il quale ha ritenuto che l’imposta applicata alle disposizioni enunciate, in quanto da applicare in sede di registrazione del contratto enunciante, deve parimenti ritenersi imposta principale, essendo tenuto il notaio, quale responsabile di imposta, a corrispondere all’Erario quanto dovuto a fronte della registrazione dell’atto effettuato per il suo tramite, considerando che l’imposta è la medesima che sarebbe stata dovuta in sede di registrazione dell’atto enunciato da parte del contribuente (Cass. Civ., Sez. V, 24 giugno 2021, n. 18113). Sulla scorta di tale sillogismo, si è così affermato che il notaio è responsabile d’imposta ex art. 57, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, con valenza onnicomprensiva, sia in relazione all’atto enunciante che in relazione all’atto enunciato. Tale conclusione è stata, però, posta in dubbio da Cass. Civ., Sez. V., 6 aprile 2022, n. 11118, che ha osservato che l’art. 10, lett. b), e l’art. 57, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 31, limitano l’obbligazione gravante a carico dei notai, rispettivamente, per la registrazione e per il pagamento dell’imposta di registro agli atti da essi redatti, ricevuti od autenticati, rispetto ai quali soltanto la funzione di responsabile oltre che di percettore d’imposta può trovare giustificazione nel ruolo istituzionale di pubblico ufficiale rogante o autenticante. Invero, estendendo l’obbligazione al pagamento dell’imposta di registro per gli atti enunciati si travalicherebbe il confine segnato dalle norme richiamate, ponendo a carico del notaio una responsabilità fiscale per contratti o negozi unilaterali rispetto ai quali egli non ha svolto alcuna funzione per volontà delle stesse parti. Per cui, una diversa esegesi dell’ordito legislativo - oltre a porsi in dissonanza con la rivisitata ricostruzione dell’imposta di registro in termini di imposta d’atto - verrebbe a dilatare la responsabilità fiscale del notaio in relazione a fattispecie formate da o tra soggetti privati, rispetto alle quali egli non era obbligato ab origine alla registrazione né al pagamento dell’imposta di registro, essendo rimasto assolutamente estraneo alla loro formazione.

 

Responsabilità disciplinare e prescrizione

In tema di responsabilità disciplinare del notaio, il divieto imposto dall’art. 28, comma 10, n. 1, L. n. 89/1913 e sanzionato con la sospensione a norma dell’art. 138, comma 2, della medesima legge, di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge, è violato nel momento stesso della redazione della clausola nulla inserita in un atto rogato dal professionista, in quanto la redazione della clausola segna il momento di consumazione istantanea dell’illecito, sul quale non possono spiegare efficacia sanante o estintiva della punibilità eventuali rimedi predisposti dal legislatore, quale, ad esempio, la possibile stipula di un atto di conferma per conservare l’atto ai fini privatistici (Cass. Civ., Sez. II, 31 luglio 2020, n. 16519; Cass. Civ., Sez. II, 29 agosto 2019, n. 21828).

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile da parte del danneggiato (Cass. Civ. 15 luglio 2009, n. 16463; Cass. Civ. 8 maggio 2006, n. 10493). Tuttavia, è stato, inoltre, precisato che l’azione di responsabilità contrattuale nei confronti del notaio presuppone la produzione del danno, ancorché l’inadempimento sia stato posto in essere in epoca anteriore, con la conseguenza che il termine di prescrizione non può iniziare a decorrere prima del verificarsi del pregiudizio di cui si chiede il risarcimento (Cass. Civ., Sez. III, 13 dicembre 2019, n. 32793; Cass. Civ., Sez. III, 22 settembre 2017, n. 22059; Cass. Civ., Sez. III, 22 settembre 2016, n. 18606).

 

 Le obbligazioni gravanti sul notaio nella stesura del rogito

Autore: Avv. Vito Amendolagine – pubblicato su: I Contratti n. 1/2024 – Editore: Ipsoa Wolters Kluwer

 

Abstract

Il presente itinerario ripercorre l’evolversi della giurisprudenza in tema di controversie concernenti la responsabilità del notaio derivante dalla predisposizione del rogito, la quale, si estende anche alle necessarie e presupposte attività preparatorie, trovando la propria ragione d’essere nel munus publicum sottostante al corretto esercizio della funzione notarile.

 

Diligenza qualificata

Il notaio è tenuto ad adempiere l’obbligazione contratta con la diligenza qualificata richiesta dagli artt. 1176, comma 2, e 2236 c.c. (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 29 agosto 2019, n. 21775), osservando la buona fede oggettiva o correttezza, intesa quale criterio di determinazione della prestazione contrattuale, costituendo essa fonte di integrazione del comportamento dovuto (Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860), che impone di compiere quanto necessario od utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio che non si sostanzi in attività gravose od eccezionali o, comunque tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici per il notaio (Cass. Civ., Sez. III, 30 marzo 2005, n. 6735; Cass. Civ., Sez. III, 9 febbraio 2004, n. 2422).

 

Accertamento identità contraenti

Conseguentemente, fra gli obblighi inerenti alla funzione notarile rientra anche quello di accertare la capacità legale a contrarre delle parti dell’atto rogando, ed è, pertanto, incontestabile che tale controllo debba riguardare anche l’eventuale qualità di fallito rivestita da una o più di tali parti, pur ammettendo che la sentenza dichiarativa di fallimento, che comporta quale effetto più eclatante il cosiddetto spossessamento del debitore, e cioè la perdita dell’amministrazione e della disponibilità dei beni da parte del fallito ed il passaggio dell’amministrazione al curatore, implica una forma del tutto particolare e limitata d’incapacità del fallito (Cass. Civ., Sez. III, 13 settembre 2023, n. 26448).

 

Natura responsabilità e obblighi di protezione

Premessa la natura contrattuale della responsabilità del notaio, consolidata ormai da molti decenni nella giurisprudenza di legittimità, incorre dunque in responsabilità per inadempimento del contratto d’opera professionale, quanto ai doveri comportamentali riconducibili a quello di adempiere il rapporto di prestazione d’opera secondo buona fede ai sensi dell’art. 1375 c.c., il notaio che roghi atti di compravendita, con previsione di pagamento rateale e con dichiarazione di rinuncia della venditrice all’iscrizione di ipoteca legale, allorquando risulti che egli abbia rogato altri atti di rivendita a terzi da parte dello stesso acquirente, di cui alcuni lo stesso giorno ed altri pochi giorni dopo (Cass. Civ., Sez. III, 4 marzo 2022, n. 7185).

Del resto, vanno opportunamente considerati anche gli sviluppi della giurisprudenza di legittimità, che configura ormai in capo al notaio anche speciali obblighi di protezione in favore di quei soggetti che sebbene siano formalmente terzi rispetto agli atti da lui rogati, sono però coinvolti dalle relative prevedibili conseguenze, anche riguardo ai quali, quindi, il notaio risponde a titolo di responsabilità contrattuale (Cass. Civ., Sez. III, 17 novembre 2020, n. 26192).

Invero, la funzione ontologicamente e ineludibilmente ibrida del notaio - da un lato quella pubblica, dall’altro quella contrattuale - ne ispessisce il contenuto degli obblighi che assume nei confronti delle parti di cui rogita il negozio, rendendoli veri e propri obblighi di protezione, che persino si estendono ai soggetti terzi rispetto al contratto d’opera professionale. In tale ottica, Cass. Civ., Sez. III, 8 aprile 2020, n. 7746, ha riconosciuto l’applicabilità dei principi del cd. contatto sociale qualificato, in un caso in cui il notaio aveva concluso il contratto d’opera professionale, finalizzato al rilascio di una procura speciale soltanto con il futuro alienante del bene ravvisando in tale contratto, benché concluso formalmente tra il notaio ed il futuro venditore, ed avente ad oggetto un negozio unilaterale, una fonte di obblighi di protezione anche nei confronti dell’aspirante acquirente, qualificato come terzo protetto dal contratto.

Pertanto il contenuto delle dichiarazioni delle parti nel contratto che il notaio deve rogare non è di per sé sufficiente per esonerare il notaio stesso dai suoi obblighi di protezione, consiglio ed a monte, informazione degli esiti delle verifiche catastali e proprietarie (Cass. Civ., Sez. III, 3 agosto 2023, n. 23718).

Qualora egli non adempia correttamente la propria prestazione, compresa quella attinente alle attività preparatorie, la responsabilità contrattuale sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto rogato, se da tale comportamento abbiano subito danni (Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 2018, n. 15761).

Allo stesso modo, si è esteso l’obbligo del notaio di verificare e segnalare alle parti la possibile esistenza di limiti alla commerciabilità dei beni immobili oggetto di garanzia in quanto edificati su terreni gravati da usi civici, sulla scorta del principio che nella diligenza professionale in concreto esigibile dal notaio in sede di stipula di un atto di costituzione in garanzia di beni immobili siti in una zona che presenta un potenziale rischio di sussistenza di vincoli pubblici rientra anche lo svolgimento di indagini più approfondite rispetto a quelle ordinarie (App. L’Aquila 21 febbraio 2023, in www.expartecreditoris.it).

Conseguentemente, rientra nella diligenza professionale esigibile dal notaio nel caso concreto, quella di verificare l’esistenza di vincoli di natura pubblica e/o collettiva, soprattutto se il potenziale pericolo riguardi una parte del territorio in cui egli opera professionalmente, perché in questo caso la situazione complessiva della zona in cui si trova l’immobile, almeno nelle sue linee generali, non potrebbe ritenersi ignota al notaio, in forza della professione dallo stesso svolta in quel territorio (App. Napoli 20 maggio 2022, in www.expartecreditoris.it). Ciò in quanto le parti ricorrono agli uffici di un notaio qualora intendano demandare a quest’ultimo un più accurato controllo sia quanto alla forma dell’atto che quanto alla sua validità ed efficacia, onde assicurarsi il conseguimento dello scopo perseguito con quello specifico atto negoziale, trattandosi di una prestazione professionale altamente qualificata, non altrimenti ottenibile facendo ricorso a figure professionali diverse da quella del notaio.

Va aggiunto poi che per giurisprudenza consolidata, il notaio deve assicurare la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed in particolare, la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dai partecipanti alla stipula dell’atto, e, quindi, nella compravendita, il trasferimento di un bene dietro pagamento dell’intero prezzo (Cass. Civ., Sez. II, 2 agosto 2023, n. 23600).

 

La buona fede nell’esecuzione della prestazione notarile

L’impegno imposto dall’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza va quindi correlato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualità dei soggetti coinvolti (Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860) e come più recentemente affermato anche da App. Napoli 22 aprile 2020, in www.expartecreditoris.it, sul piano della diligenza che il notaio deve osservare in tema di verifica dell’esistenza di usi civici sul bene immobile oggetto di compravendita. L’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza è infatti da valutarsi alla stregua della causa concreta dell’incarico conferito al professionista dalla parte committente, e in particolare, al notaio (Cass. Civ., SS.UU., 31 luglio 2012, n. 13617. Il riferimento alla serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed alla sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell’atto medesimo - cfr. altresì Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733, e, conformemente, Cass. Civ., Sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26020 - va valutato con l’interesse che l’operazione contrattuale è propriamente volta a soddisfare.

Tale principio di diritto non può spingersi, pena la violazione del reciproco dovere della buona fede gravante sui contraenti, sino a richiedere al notaio il dovere di rappresentare agli stipulanti circostanze non esistenti all’epoca del rogito e relative a fatti, atti, ovvero ad azioni giudiziarie ancora non proposte, e comunque non prevedibili al momento della stipula.

In buona sostanza, il notaio, se è inadempiente, lo è rispetto agli obblighi assunti con il contratto con cui ha ricevuto l’incarico, ragione per cui se il suddetto professionista si è obbligato a svolgere l’incarico con diligenza nei confronti di una società l’azione di responsabilità da inadempimento non può che essere intrapresa dalla stessa società, verso la quale, il notaio si era obbligato, sul presupposto che le società anche di persone, pur non avendo personalità giuridica, hanno comunque una loro soggettività giuridica, atteso che sebbene sprovvista di personalità giuridica, costituisce pur sempre un centro di interessi dotato di una propria sostanziale autonomia e di una propria capacità processuale. Pertanto, a prescindere dal dato formale per cui se il contratto con il notaio è stato stipulato dalla società e non dal socio, non si può sostenere che gli obblighi di corretta esecuzione del mandato professionale, assunti dal notaio con quel contratto, lo siano stati verso il socio anziché verso la società stessa, poiché quest’ultima, essendo autonomo centro di interessi, come si è detto, è altresì la parte creditrice della prestazione del professionista e, dunque l’unica a potersi dolere del suo inadempimento (Cass. Civ., Sez. III, 18 luglio 2023, n. 20990).

Nel caso però in cui un soggetto interessato a stipulare un mutuo ipotecario con una banca incarichi un notaio di effettuare le visure del bene destinato ad essere l’oggetto dell’ipoteca e a redigere la relativa relazione, con questo conferimento di incarico si determina l’assunzione di obblighi in capo al notaio non soltanto nei confronti del mutuatario, ma pure nei confronti della banca mutuante, e ciò sia che si intenda l’istituto bancario quale terzo ex art. 1411 c.c., che beneficia del rapporto contrattuale di prestazione professionale concluso dal cliente mutuatario, sia che si individui un’ipotesi di responsabilità da contatto sociale fondata sull’affidamento che la banca mutuante ripone nel notaio in quanto esercente una professione protetta. Pertanto, posto che è onere del notaio dimostrare di aver correttamente adempiuto il suo incarico e, quindi, di aver reso in modo completo tutte le notizie relative all’immobile su cui si andava a costituire il mutuo, in tale caso, l’eventuale danno dovrà essere parametrato in base alla colposa induzione dell’istituto di credito ad accettare in ipoteca, con riguardo al finanziamento, concernente un bene non idoneo a garantire la restituzione del credito erogato (Cass. Civ., Sez. III, 18 luglio 2023, n. 20794; conf. Cass. Civ., Sez. II, 9 maggio 2016, n. 9320).

 

Responsabilità per le attività preparatorie del rogito

In tema di responsabilità professionale del notaio, qualora egli non adempia correttamente la propria prestazione, compresa quella attinente alle attività preparatorie, la responsabilità contrattuale sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto rogato, se da tale comportamento abbiano subito danni e purché non lo abbiano esonerato da tali attività (Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., Sez. III, 13 giugno 2013, n. 14865) atteso che il rapporto professionale che intercorre tra notaio e cliente si inquadra nello schema del mandato, in virtù del quale, il professionista è tenuto ad eseguire personalmente l’incarico assunto ed è pertanto responsabile ai sensi dell’art. 1228 c.c., dei sostituti ed ausiliari di cui si avvale, dei quali deve seguire personalmente lo svolgimento dell’opera, con la conseguente sua responsabilità esclusiva nei confronti del cliente danneggiato (Cass. Civ., Sez. III, 29 settembre 2009, n. 20825).

Si è quindi ritenuto responsabile il notaio per avere erroneamente indicato nella nota di trascrizione predisposta dal medesimo professionista i diritti - invertendoli - spettanti alle parti per effetto della stipula di un atto di compravendita eseguito a suo rogito, con la conseguenza che alcuni istituti di credito avevano trascritto successivamente ipoteca in danno dell’alienante sullo stesso cespite in quanto risultava ancora di sua proprietà, con evidente pregiudizio per la parte acquirente (Trib. Pesaro 15 giugno 2015, in www.expartecreditoris.it).

L’art. 49 l. not. nel testo fissato dall’art. 1, L. n. 333/1976, secondo il quale il notaio deve essere certo della identità personale delle parti e può raggiungere tale certezza, anche al momento dell’attestazione, con la valutazione di tutti gli elementi atti a formare il suo convincimento, contemplando, in caso contrario, il ricorso a due fidefacienti da lui conosciuti, va interpretato nel senso che il professionista, nell’attestare l’identità personale delle parti, deve trovarsi in uno stato soggettivo di certezza intorno a tale identità, conseguibile, senza la necessaria pregressa conoscenza personale delle parti stesse, attraverso le regole di diligenza, prudenza e perizia professionale e sulla base di qualsiasi elemento astrattamente idoneo a formare tale convincimento, anche di natura presuntiva, purché, in quest’ultimo caso, si tratti di presunzioni gravi, precise e concordanti (Cass. Civ., Sez. III, 28 dicembre 2021, n. 41801; Cass. Civ., Sez. III, 7 dicembre 2017, n. 29321; Cass. Civ., Sez. III, 12 maggio 2017, n. 11767; Cass. Civ., Sez. III, 10 maggio 2005, n. 9757).

Pertanto, il notaio che abbia identificato le parti sulla base delle carte di identità successivamente risultate non autentiche, e che abbia fotocopiato, l’esistenza di una procura speciale a vendere la cui sottoscrizione poi è risultata apocrifa, facendo affidamento sulla presenza all’atto dei funzionari bancari e di intermediazione con i quali le parti avevano intrattenuto pregressi rapporti, non assolve all’obbligo di adeguata diligenza professionale sancito dall’art. 49 l. not. poiché la sua certezza soggettiva della identità delle parti, raggiunta al momento dell’attestazione, non è stata conseguita attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti. Tanto più che la semplice richiesta alle parti di mostrare un certificato anagrafico avrebbe consentito al notaio si accorgersi della falsità dei documenti d’identità esibiti dai contraenti in considerazione della discordanza, ad esempio, tra il numero di iscrizione all’anagrafe comunale riportato sulla carta di identità falsa e quello recato dalla certificazione anagrafica autentica (Cass. Civ., Sez. II, 1° giugno 2023, n. 15490).

Il notaio incaricato della redazione e autenticazione di un contratto di compravendita immobiliare non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti e non può quindi, limitarsi ad accertare la volontà delle stesse e sovrintendere alla compilazione dell’atto ma ha l’obbligo di compiere l’attività, preparatoria e successiva, necessaria ad assicurare tanto la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi, quanto l’attitudine dello stesso ad assicurare il conseguimento del suo scopo tipico e del risultato pratico voluto dalle parti della relativa stipulazione (Cass. Civ., Sez. II, 31 marzo 2022, n. 10474; Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296; Cass. Civ., Sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26020; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733), vale a dire l’interesse che l’operazione contrattuale è volta a soddisfare (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283; Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296, cit.; Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., SS.UU., 31 luglio 2012, n. 13617), a partire, evidentemente, dal compimento delle attività che concernono la sussistenza delle condizioni di validità e di efficacia dell’atto medesimo (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 1999, n. 5946).

L’inosservanza dei suddetti obblighi accessori da parte del notaio dà conseguentemente luogo, a suo carico, a responsabilità contrattuale per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità, dovendosi peraltro escludere alla luce di tale obbligo la configurabilità del concorso colposo del danneggiato ai sensi dell’art. 1227 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296, cit.; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733, cit.).

 

L’obbligo di informazione e consiglio

Il notaio, dovendo compiere l’attività necessaria ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici e il risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti, ha, in particolare, l’obbligo nei confronti delle stesse di informazione e di consiglio (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283, cit.). Tale obbligo, che sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto (Cass. Civ., Sez. VI, 5 luglio 2022, n. 21205) e trova fondamento nella clausola generale di buona fede oggettiva quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte (Cass. Civ., Sez. III, 20 agosto 2015, n. 16990), si concretizza, tra l’altro, nel dovere di dissuasione dei clienti dalla stipula dell’atto, salvo espressa dispensa delle parti (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297), che consiste nell’avvertire le parti degli effetti derivanti dai vincoli giuridici eventualmente gravanti sull’immobile, come quelli derivanti dall’esistenza di una trascrizione o iscrizione pregiudizievole sul bene oggetto di trasferimento (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283, cit.), e, più in generale, delle problematiche, che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire, collegate al possibile rischio, ad esempio, che una vendita immobiliare possa risultare inefficace a causa della condizione giuridica dell’immobile (Cass. Civ., Sez. II, 29 marzo 2007, n. 7707), sicché, il notaio che abbia la conoscenza od anche il solo sospetto di un’iscrizione pregiudizievole gravante sull’immobile oggetto della compravendita, deve informarne le parti, quand’anche sia stato esonerato dalle visure, essendo tenuto comunque all’esecuzione del contratto di prestazione d’opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, comma 2, c.c. e della buona fede (Cass. Civ., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15726).

Solo nel caso in cui il notaio sia stato espressamente esonerato, per concorde volontà delle parti, dallo svolgimento delle attività accessorie e successive, necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti e, in particolare, dal compimento delle visure catastali e ipotecarie allo scopo di individuare esattamente il bene e verificarne la libertà da pregiudizi, deve escludersi la sussistenza della responsabilità professionale del notaio stesso in quanto detta clausola non può essere considerata meramente di stile essendo stata parte integrante del negozio, a condizione, peraltro, che la stessa appaia giustificata da esigenze concrete delle parti, come nel caso della sussistenza di ragioni di urgenza di stipula dell’atto addotte dalle parti medesime (Cass. Civ., Sez. III, 1° dicembre 2009, n. 25270; Cass. Civ., Sez. II, 16 marzo 2006, n. 5868).

 

I limiti all’obbligo di consiglio

Per contro, deve ritenersi estraneo all’obbligo di diligenza relativo all’attività esercitata dal notaio solo quello di fornire informazioni oppure consigli non basati sullo stato degli atti a disposizione del professionista e sulle circostanze di fatto specificamente esistenti, note o comunque prevedibili, dovendosi valutare la diligenza del notaio ex ante e non ex post e, dunque, giammai sulla base di circostanze future e meramente ipotetiche (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297). Non rientrano, pertanto, tra gli obblighi di informativa e di consulenza, cui è tenuto il notaio al momento del rogito, tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione o iscrizione pregiudizievole (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297, cit.).

Neppure il notaio può ritenersi tenuto a garantire, nei confronti della banca mutuante, la convenienza economica dell’operazione ovvero i relativi rischi sul piano squisitamente finanziario, atteso che la sua responsabilità professionale non si spinge fino all’obbligo di accertare se il creditore potrà ragionevolmente soddisfarsi, in sede di espropriazione del bene, a fronte dell’inadempimento del mutuatario (Cass. Civ., Sez. III, 16 novembre 2020, n. 25865).

Pertanto, l’estensione del suddetto principio di diritto non vale fino al punto da ricomprendere tra gli obblighi di informativa e di consulenza, cui è tenuto il notaio al momento del rogito, tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione od iscrizione pregiudizievole, quantunque essi non siano ad essa direttamente collegati, proprio per la posizione di equidistanza dagli interessi delle parti contraenti che si richiede al notaio a tutela di un corretto ed imparziale presidio del traffico di negozi giuridici (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297; Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15726; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733).

Tra gli obblighi del notaio è quindi certamente incluso quello di acquisire informazioni, presso la conservatoria dei registri immobiliari, circa il carattere definitivo o meno del titolo giudiziale ivi trascritto poiché il professionista può e deve verificare se la sentenza di primo grado accertativa dell’usucapione di un bene immobile oggetto di compravendita sia passata in giudicato, in ragione del fatto che copia della sentenza viene depositata presso l’ufficio dei registri immobiliari ai sensi degli artt. 2657 e 2658 c.c. e chiunque ha diritto di prenderne visione ai sensi dell’art. 2673 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283).

Pertanto, l’omessa rilevazione di un vincolo di natura archeologica, sul cespite oggetto di compravendita o permuta, comporta la responsabilità del notaio per il danno conseguente alla successiva adozione da parte della pubblica amministrazione della revoca in autotutela della concessione edilizia e dell’ordine di demolizione delle opere eventualmente già realizzate, con acquisizione dell’area al patrimonio demaniale (Cass. Civ., Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 25113).

Pertanto, anche nel caso in cui il notaio riceva l’incarico da un chiamato all’eredità di redigere l’inventario dei beni del de cuius, l’adempimento secondo diligenza dell’incarico di procedere ad accettazione con beneficio d’inventario impone al medesimo notaio, in una prospettiva finalistica, di illustrare al cliente il contenuto e gli effetti dell’atto, avvertendolo dunque anche degli ulteriori adempimenti necessari affinché lo scopo perseguito possa essere raggiunto, ma detta prestazione accessoria a tanto si arresta, ossia, nella adeguata informazione del cliente sugli adempimenti da compiersi successivamente, sulle relative modalità e termini Cass. Civ., Sez. III, 13 settembre 2023, n. 26419.

 

L’accertamento della libertà del bene immobile

Il soggetto che si rivolge ad un notaio per stipulare un determinato atto, così affidandogli - in mancanza di una clausola di espresso esonero - anche il compito di effettuare le necessarie indagini sulla libertà da vincoli dei beni oggetto di quell’atto, non può certo essere ritenuto corresponsabile dell’omissione di dette indagini, commissionate al notaio stesso, ragione per cui, non può, quindi ravvisarsi alcun concorso colposo del danneggiato nella causazione dell’evento dannoso conseguente all’omessa verifica della libertà del cespite interessato dal rogito (Cass. Civ., Sez. III, 15 febbraio 2022, n. 4911).

Pertanto, il notaio che, chiamato a stipulare un contratto di compravendita immobiliare, ometta di accertarsi dell’esistenza di iscrizioni ipotecarie pregiudizievoli sull’immobile, può essere condannato al risarcimento del danno consistente nel pagamento della somma complessivamente necessaria per la cancellazione del vincolo, la cui determinazione deve essere rimessa al giudice di merito. Ciò posto, l’attività preparatoria che rientra nei doveri di diligenza dell’attività notarile deve essere svolta in tempi utili a garantire la corrispondenza dell’esito delle ricerche effettuate con le condizioni del bene che vengono descritte nell’atto, sia in ragione della necessità di assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici di esso, sia in funzione della realizzazione sostanziale della funzione di pubblico ufficiale (Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 2018, n. 15761).

In particolare, il notaio che roga un atto concernente una proprietà superficiaria, che egli stesso dica esistente su bene demaniale in forza di una concessione, deve preoccuparsi, constandogli nella prospettazione dei clienti tale particolare qualità della detta proprietà, di indagare, prima di rogare l’atto e di prevedere che la proprietà sia oggetto di garanzia, se la concessione sia tuttora in essere e, in caso positivo, anche per quale tempo lo sia, sì che sia la relativa indagine sia il suo risultato possano dirsi rientrare nell’àmbito dell’attività esigibile dal notaio quale espressione del c.d. dovere di consiglio del notaio, e, prima ancora, nell’àmbito dei doveri di accertamento connessi alla diligenza professionale come scolpita dall’art. 28 della legge professionale (L. n. 89/1913), ed in ogni caso dalla norma civilistica sulla diligenza. Ciò non solo sulla base dell’esigibile conoscenza da parte del notaio del regime generale dei beni demaniali e delle sue implicazioni sui diritti derivati, ma comunque ed in primo luogo della necessaria dovuta conoscenza dei termini e delle condizioni in cui un diritto da alienare che risulti dipendente da un altro, veda regolata tale dipendenza, in modo che la fruttuosità dell’alienazione non possa essere incisa dalla sorte del diritto pregiudicante (Cass. Civ., Sez. III, 3 febbraio 2021, n. 2493).

Tuttavia si è anche affermato il principio che non sussiste la responsabilità professionale del notaio che abbia omesso di indicare la presenza di vincoli limitativi della proprietà su immobili trasferiti mediante atto da lui rogato, quando sia provato che il contraente interessato a tale informazione conosceva certamente l’esistenza di quei vincoli, non ravvisandosi in tale ipotesi né la violazione del dovere di diligenza qualificata previsto dall’art. 1176 c.c., da doversi comunque interpretare alla stregua del canone generale di buona fede, né il nesso di causalità tra l’omessa informazione e la stipulazione dell’atto traslativo (Cass. Civ., Sez. III, 25 agosto 2023, n. 25278; Cass. Civ., Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 25111).

 

Il danno risarcibile dall’omessa verifica di libertà del cespite

Il danno che il notaio rogante il contratto di compravendita di un immobile, il quale abbia omesso di effettuare le dovute visure ipotecarie, è tenuto a risarcire all’acquirente dell’immobile successivamente sottoposto ad esecuzione immobiliare da parte del creditore ipotecario ed aggiudicato ad un terzo, va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dalla parte, e tale pregiudizio, potrà anche essere pari al valore dell’immobile ove il proprietario del bene, a causa dell’omissione colposa del notaio, abbia perduto l’immobile con l’esproprio od a causa del rilascio del bene, poiché diversamente, sul presupposto dell’accertata responsabilità del professionista, questi potrà essere condannato al risarcimento per equivalente commisurato, quanto al danno emergente, all’entità delle somme che gli acquirenti devono corrispondere per soddisfare i creditori e liberare l’immobile dalle formalità pregiudizievoli, al fine di conservarne la proprietà, con la conseguenza che le spese di purgazione rappresenteranno il danno e, nel contempo, la sua misura. Pertanto, nell’ipotesi di immobile venduto con il ministero del notaio, che, a causa dell’omessa verifica delle visure, sia successivamente sottoposto ad esecuzione da parte di un creditore che aveva agito sulla base di gravami esistenti sull’immobile e non rilevati dal professionista, il danno che questi è tenuto a risarcire va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dall’acquirente, ed esso può quindi essere liquidato in misura pari al valore dell’immobile perduto a seguito della vendita forzata o del quale il proprietario abbia comunque perduto la disponibilità, ovvero nella spesa necessaria per ottenere l’estinzione del processo esecutivo e la cancellazione dell’ipoteca, in tale senso lato, va intesa quindi la purgazione dell’immobile, vale a dire la sua sottrazione al rischio di legale evizione nel corso della procedura espropriativa (Cass. Civ., Sez. III, 17 novembre 2020, n. 26192).

Diverso il caso in cui il notaio abbia invece erroneamente trascritto i dati catastali di un’immobile compravenduto con il suo rogito, poiché in tale ipotesi sussiste la sua responsabilità per le conseguenze derivanti dall’erronea trascrizione, da parte del notaio, dei dati catastali dell’immobile compravenduto ed il danno subito dal cliente a causa del pignoramento del bene, avvenuto prima della ritardata rettifica dei dati (Cass. Civ., Sez. III, 28 giugno 2018, n. 17054). In questo caso, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non già dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del danneggiato (Cass. Civ., Sez. III, 25 luglio 2023, n. 22250; Cass. Civ., Sez. III, 15 luglio 2009, n. 16463).

 

La responsabilità per l’adempimento degli obblighi tributari del rogito

Ai sensi dell’art. 10, d.P.R. n. 131/1986 obbligato alla richiesta di registrazione telematica, per atti dallo stesso redatti, ricevuti o autenticati, è il notaio.

Ciò premesso, la notificazione dell’avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata, notificato al notaio rogante che, in sede di rogito di compravendita immobiliare si sia avvalso della procedura di registrazione telematica, ai sensi del D.Lgs. n. 463/1997, come modificato dal D.Lgs. n. 9/2000, ed in tale veste abbia provveduto alla relativa autoliquidazione ed al corrispondente versamento vale, solo, a costituirlo quale responsabile d’imposta, tenuto all’integrazione del versamento, ex art. 13, D.Lgs. n. 472/1997, ma non incide sul principio, fissato dall’art. 57, d.P.R. n. 131/1986, per cui soggetti obbligati al pagamento dell’imposta restano le parti sostanziali dell’atto medesimo (Cass. Civ., Sez. V, 11 giugno 2019, n. 15627; in precedenza Cass. Civ. 5 febbraio 2015, n. 5016). Principio, questo, destinato a rimanere fermo anche nel caso in cui il notaio rogante abbia omesso di provvedere, anche parzialmente, al versamento delle somme destinate al pagamento (Cass. Civ., Sez. V, 12 giugno 2009, n. 13653).

Va poi considerato che in tema di imposta di registro, il notaio rogante opera quale mero responsabile d’imposta, cioè come soggetto obbligato al pagamento dell’imposta per fatti e situazioni esclusivamente riferibili ad altri, al solo fine di facilitare l’adempimento fiscale, di talché egli, pur obbligato a richiedere la registrazione, rimane estraneo al presupposto impositivo, e terzo rispetto al rapporto di debito-credito tra l’Amministrazione finanziaria ed il soggetto passivo del tributo, ragione per cui ne consegue che il pagamento dell’imposta proporzionale di registro effettuato dal contribuente, costituendo adempimento dell’obbligazione tributaria, ha effetti liberatori anche per il notaio rogante, avendo la garanzia ex lege esaurito la sua funzione nel momento stesso in cui venne conseguita la prestazione garantita (Cass. Civ., Sez. VI, 8 febbraio 2023, n. 3807; Cass. Civ., Sez. V, 24 marzo 2022, n. 9538).

Più recentemente, si è statuito che qualora in un atto notarile, anche registrato telematicamente, vengano enunciate disposizioni di altri atti, scritti o verbali, posti in essere dalle medesime parti, ma non già registrati, la cui configurazione giuridica non richiede accertamenti di fatto ovvero extratestuali, né valutazioni interpretative particolarmente complesse, purché, trattandosi di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso, e gli effetti dei medesimi non siano già cessati o cessino con l’atto che li enuncia, l’imposta dovuta per tali atti - in virtù della previsione di cui all’art. 22, d.P.R. n. 131/1986 - deve qualificarsi come imposta principale e, per richiederla in rettifica dell’autoliquidazione, l’Ente impositore può legittimamente emettere un avviso di liquidazione ai sensi degli artt. 42, comma 1, primo periodo, d.P.R. n. 131/1986 e 3-ter, comma 1, D.Lgs. n. 463/1997. In tale caso, ai sensi dell’art. 57, comma 1, d.P.R. n. 131/1986, il notaio che ha ricevuto l’atto enunciante, pur se in via dipendente, è responsabile per il pagamento dell’imposta solidalmente con le parti dell’atto stesso (Cass. Civ., SS.UU., 24 maggio 2023, n. 14432).

Alla responsabilità disciplinare del notaio deve ritenersi applicabile il principio secondo cui è necessario che l’illecito sia ascrivibile almeno a titolo di colpa all’autore del fatto, con la conseguenza che, anche per il notaio, l’errore sulla liceità del fatto deve ritenersi rilevante e scriminante qualora esso risulti incolpevole, dovendosi tuttavia desumere il necessario profilo di non colpevolezza dell’errore stesso da elementi positivi idonei ad indurre il professionista all’illecito contestato e non ovviabile con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. Civ., Sez. II, 19 febbraio 2021, n. 4527).

Cass. Civ., Sez. V, 22 febbraio 2023, n. 5515, ha rimesso gli atti al Primo presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite al fine di dirimere il contrasto insorto intorno alla duplice premessa che il notaio è obbligato per il solo pagamento dell’imposta principale e che l’imposta principale è applicata al momento della registrazione anche d’ufficio, per effetto di un arresto giurisprudenziale il quale ha ritenuto che l’imposta applicata alle disposizioni enunciate, in quanto da applicare in sede di registrazione del contratto enunciante, deve parimenti ritenersi imposta principale, essendo tenuto il notaio, quale responsabile di imposta, a corrispondere all’Erario quanto dovuto a fronte della registrazione dell’atto effettuato per il suo tramite, considerando che l’imposta è la medesima che sarebbe stata dovuta in sede di registrazione dell’atto enunciato da parte del contribuente (Cass. Civ., Sez. V, 24 giugno 2021, n. 18113). Sulla scorta di tale sillogismo, si è così affermato che il notaio è responsabile d’imposta ex art. 57, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, con valenza onnicomprensiva, sia in relazione all’atto enunciante che in relazione all’atto enunciato. Tale conclusione è stata, però, posta in dubbio da Cass. Civ., Sez. V., 6 aprile 2022, n. 11118, che ha osservato che l’art. 10, lett. b), e l’art. 57, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 31, limitano l’obbligazione gravante a carico dei notai, rispettivamente, per la registrazione e per il pagamento dell’imposta di registro agli atti da essi redatti, ricevuti od autenticati, rispetto ai quali soltanto la funzione di responsabile oltre che di percettore d’imposta può trovare giustificazione nel ruolo istituzionale di pubblico ufficiale rogante o autenticante. Invero, estendendo l’obbligazione al pagamento dell’imposta di registro per gli atti enunciati si travalicherebbe il confine segnato dalle norme richiamate, ponendo a carico del notaio una responsabilità fiscale per contratti o negozi unilaterali rispetto ai quali egli non ha svolto alcuna funzione per volontà delle stesse parti. Per cui, una diversa esegesi dell’ordito legislativo - oltre a porsi in dissonanza con la rivisitata ricostruzione dell’imposta di registro in termini di imposta d’atto - verrebbe a dilatare la responsabilità fiscale del notaio in relazione a fattispecie formate da o tra soggetti privati, rispetto alle quali egli non era obbligato ab origine alla registrazione né al pagamento dell’imposta di registro, essendo rimasto assolutamente estraneo alla loro formazione.

 

Responsabilità disciplinare e prescrizione

In tema di responsabilità disciplinare del notaio, il divieto imposto dall’art. 28, comma 10, n. 1, L. n. 89/1913 e sanzionato con la sospensione a norma dell’art. 138, comma 2, della medesima legge, di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge, è violato nel momento stesso della redazione della clausola nulla inserita in un atto rogato dal professionista, in quanto la redazione della clausola segna il momento di consumazione istantanea dell’illecito, sul quale non possono spiegare efficacia sanante o estintiva della punibilità eventuali rimedi predisposti dal legislatore, quale, ad esempio, la possibile stipula di un atto di conferma per conservare l’atto ai fini privatistici (Cass. Civ., Sez. II, 31 luglio 2020, n. 16519; Cass. Civ., Sez. II, 29 agosto 2019, n. 21828).

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile da parte del danneggiato (Cass. Civ. 15 luglio 2009, n. 16463; Cass. Civ. 8 maggio 2006, n. 10493). Tuttavia, è stato, inoltre, precisato che l’azione di responsabilità contrattuale nei confronti del notaio presuppone la produzione del danno, ancorché l’inadempimento sia stato posto in essere in epoca anteriore, con la conseguenza che il termine di prescrizione non può iniziare a decorrere prima del verificarsi del pregiudizio di cui si chiede il risarcimento (Cass. Civ., Sez. III, 13 dicembre 2019, n. 32793; Cass. Civ., Sez. III, 22 settembre 2017, n. 22059; Cass. Civ., Sez. III, 22 settembre 2016, n. 18606).

 

 Le obbligazioni gravanti sul notaio nella stesura del rogito

Autore: Avv. Vito Amendolagine – pubblicato su: I Contratti n. 1/2024 – Editore: Ipsoa Wolters Kluwer

 

Abstract

Il presente itinerario ripercorre l’evolversi della giurisprudenza in tema di controversie concernenti la responsabilità del notaio derivante dalla predisposizione del rogito, la quale, si estende anche alle necessarie e presupposte attività preparatorie, trovando la propria ragione d’essere nel munus publicum sottostante al corretto esercizio della funzione notarile.

 

Diligenza qualificata

Il notaio è tenuto ad adempiere l’obbligazione contratta con la diligenza qualificata richiesta dagli artt. 1176, comma 2, e 2236 c.c. (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 29 agosto 2019, n. 21775), osservando la buona fede oggettiva o correttezza, intesa quale criterio di determinazione della prestazione contrattuale, costituendo essa fonte di integrazione del comportamento dovuto (Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860), che impone di compiere quanto necessario od utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio che non si sostanzi in attività gravose od eccezionali o, comunque tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici per il notaio (Cass. Civ., Sez. III, 30 marzo 2005, n. 6735; Cass. Civ., Sez. III, 9 febbraio 2004, n. 2422).

 

Accertamento identità contraenti

Conseguentemente, fra gli obblighi inerenti alla funzione notarile rientra anche quello di accertare la capacità legale a contrarre delle parti dell’atto rogando, ed è, pertanto, incontestabile che tale controllo debba riguardare anche l’eventuale qualità di fallito rivestita da una o più di tali parti, pur ammettendo che la sentenza dichiarativa di fallimento, che comporta quale effetto più eclatante il cosiddetto spossessamento del debitore, e cioè la perdita dell’amministrazione e della disponibilità dei beni da parte del fallito ed il passaggio dell’amministrazione al curatore, implica una forma del tutto particolare e limitata d’incapacità del fallito (Cass. Civ., Sez. III, 13 settembre 2023, n. 26448).

 

Natura responsabilità e obblighi di protezione

Premessa la natura contrattuale della responsabilità del notaio, consolidata ormai da molti decenni nella giurisprudenza di legittimità, incorre dunque in responsabilità per inadempimento del contratto d’opera professionale, quanto ai doveri comportamentali riconducibili a quello di adempiere il rapporto di prestazione d’opera secondo buona fede ai sensi dell’art. 1375 c.c., il notaio che roghi atti di compravendita, con previsione di pagamento rateale e con dichiarazione di rinuncia della venditrice all’iscrizione di ipoteca legale, allorquando risulti che egli abbia rogato altri atti di rivendita a terzi da parte dello stesso acquirente, di cui alcuni lo stesso giorno ed altri pochi giorni dopo (Cass. Civ., Sez. III, 4 marzo 2022, n. 7185).

Del resto, vanno opportunamente considerati anche gli sviluppi della giurisprudenza di legittimità, che configura ormai in capo al notaio anche speciali obblighi di protezione in favore di quei soggetti che sebbene siano formalmente terzi rispetto agli atti da lui rogati, sono però coinvolti dalle relative prevedibili conseguenze, anche riguardo ai quali, quindi, il notaio risponde a titolo di responsabilità contrattuale (Cass. Civ., Sez. III, 17 novembre 2020, n. 26192).

Invero, la funzione ontologicamente e ineludibilmente ibrida del notaio - da un lato quella pubblica, dall’altro quella contrattuale - ne ispessisce il contenuto degli obblighi che assume nei confronti delle parti di cui rogita il negozio, rendendoli veri e propri obblighi di protezione, che persino si estendono ai soggetti terzi rispetto al contratto d’opera professionale. In tale ottica, Cass. Civ., Sez. III, 8 aprile 2020, n. 7746, ha riconosciuto l’applicabilità dei principi del cd. contatto sociale qualificato, in un caso in cui il notaio aveva concluso il contratto d’opera professionale, finalizzato al rilascio di una procura speciale soltanto con il futuro alienante del bene ravvisando in tale contratto, benché concluso formalmente tra il notaio ed il futuro venditore, ed avente ad oggetto un negozio unilaterale, una fonte di obblighi di protezione anche nei confronti dell’aspirante acquirente, qualificato come terzo protetto dal contratto.

Pertanto il contenuto delle dichiarazioni delle parti nel contratto che il notaio deve rogare non è di per sé sufficiente per esonerare il notaio stesso dai suoi obblighi di protezione, consiglio ed a monte, informazione degli esiti delle verifiche catastali e proprietarie (Cass. Civ., Sez. III, 3 agosto 2023, n. 23718).

Qualora egli non adempia correttamente la propria prestazione, compresa quella attinente alle attività preparatorie, la responsabilità contrattuale sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto rogato, se da tale comportamento abbiano subito danni (Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 2018, n. 15761).

Allo stesso modo, si è esteso l’obbligo del notaio di verificare e segnalare alle parti la possibile esistenza di limiti alla commerciabilità dei beni immobili oggetto di garanzia in quanto edificati su terreni gravati da usi civici, sulla scorta del principio che nella diligenza professionale in concreto esigibile dal notaio in sede di stipula di un atto di costituzione in garanzia di beni immobili siti in una zona che presenta un potenziale rischio di sussistenza di vincoli pubblici rientra anche lo svolgimento di indagini più approfondite rispetto a quelle ordinarie (App. L’Aquila 21 febbraio 2023, in www.expartecreditoris.it).

Conseguentemente, rientra nella diligenza professionale esigibile dal notaio nel caso concreto, quella di verificare l’esistenza di vincoli di natura pubblica e/o collettiva, soprattutto se il potenziale pericolo riguardi una parte del territorio in cui egli opera professionalmente, perché in questo caso la situazione complessiva della zona in cui si trova l’immobile, almeno nelle sue linee generali, non potrebbe ritenersi ignota al notaio, in forza della professione dallo stesso svolta in quel territorio (App. Napoli 20 maggio 2022, in www.expartecreditoris.it). Ciò in quanto le parti ricorrono agli uffici di un notaio qualora intendano demandare a quest’ultimo un più accurato controllo sia quanto alla forma dell’atto che quanto alla sua validità ed efficacia, onde assicurarsi il conseguimento dello scopo perseguito con quello specifico atto negoziale, trattandosi di una prestazione professionale altamente qualificata, non altrimenti ottenibile facendo ricorso a figure professionali diverse da quella del notaio.

Va aggiunto poi che per giurisprudenza consolidata, il notaio deve assicurare la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed in particolare, la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dai partecipanti alla stipula dell’atto, e, quindi, nella compravendita, il trasferimento di un bene dietro pagamento dell’intero prezzo (Cass. Civ., Sez. II, 2 agosto 2023, n. 23600).

 

La buona fede nell’esecuzione della prestazione notarile

L’impegno imposto dall’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza va quindi correlato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualità dei soggetti coinvolti (Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860) e come più recentemente affermato anche da App. Napoli 22 aprile 2020, in www.expartecreditoris.it, sul piano della diligenza che il notaio deve osservare in tema di verifica dell’esistenza di usi civici sul bene immobile oggetto di compravendita. L’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza è infatti da valutarsi alla stregua della causa concreta dell’incarico conferito al professionista dalla parte committente, e in particolare, al notaio (Cass. Civ., SS.UU., 31 luglio 2012, n. 13617. Il riferimento alla serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed alla sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell’atto medesimo - cfr. altresì Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733, e, conformemente, Cass. Civ., Sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26020 - va valutato con l’interesse che l’operazione contrattuale è propriamente volta a soddisfare.

Tale principio di diritto non può spingersi, pena la violazione del reciproco dovere della buona fede gravante sui contraenti, sino a richiedere al notaio il dovere di rappresentare agli stipulanti circostanze non esistenti all’epoca del rogito e relative a fatti, atti, ovvero ad azioni giudiziarie ancora non proposte, e comunque non prevedibili al momento della stipula.

In buona sostanza, il notaio, se è inadempiente, lo è rispetto agli obblighi assunti con il contratto con cui ha ricevuto l’incarico, ragione per cui se il suddetto professionista si è obbligato a svolgere l’incarico con diligenza nei confronti di una società l’azione di responsabilità da inadempimento non può che essere intrapresa dalla stessa società, verso la quale, il notaio si era obbligato, sul presupposto che le società anche di persone, pur non avendo personalità giuridica, hanno comunque una loro soggettività giuridica, atteso che sebbene sprovvista di personalità giuridica, costituisce pur sempre un centro di interessi dotato di una propria sostanziale autonomia e di una propria capacità processuale. Pertanto, a prescindere dal dato formale per cui se il contratto con il notaio è stato stipulato dalla società e non dal socio, non si può sostenere che gli obblighi di corretta esecuzione del mandato professionale, assunti dal notaio con quel contratto, lo siano stati verso il socio anziché verso la società stessa, poiché quest’ultima, essendo autonomo centro di interessi, come si è detto, è altresì la parte creditrice della prestazione del professionista e, dunque l’unica a potersi dolere del suo inadempimento (Cass. Civ., Sez. III, 18 luglio 2023, n. 20990).

Nel caso però in cui un soggetto interessato a stipulare un mutuo ipotecario con una banca incarichi un notaio di effettuare le visure del bene destinato ad essere l’oggetto dell’ipoteca e a redigere la relativa relazione, con questo conferimento di incarico si determina l’assunzione di obblighi in capo al notaio non soltanto nei confronti del mutuatario, ma pure nei confronti della banca mutuante, e ciò sia che si intenda l’istituto bancario quale terzo ex art. 1411 c.c., che beneficia del rapporto contrattuale di prestazione professionale concluso dal cliente mutuatario, sia che si individui un’ipotesi di responsabilità da contatto sociale fondata sull’affidamento che la banca mutuante ripone nel notaio in quanto esercente una professione protetta. Pertanto, posto che è onere del notaio dimostrare di aver correttamente adempiuto il suo incarico e, quindi, di aver reso in modo completo tutte le notizie relative all’immobile su cui si andava a costituire il mutuo, in tale caso, l’eventuale danno dovrà essere parametrato in base alla colposa induzione dell’istituto di credito ad accettare in ipoteca, con riguardo al finanziamento, concernente un bene non idoneo a garantire la restituzione del credito erogato (Cass. Civ., Sez. III, 18 luglio 2023, n. 20794; conf. Cass. Civ., Sez. II, 9 maggio 2016, n. 9320).

 

Responsabilità per le attività preparatorie del rogito

In tema di responsabilità professionale del notaio, qualora egli non adempia correttamente la propria prestazione, compresa quella attinente alle attività preparatorie, la responsabilità contrattuale sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto rogato, se da tale comportamento abbiano subito danni e purché non lo abbiano esonerato da tali attività (Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., Sez. III, 13 giugno 2013, n. 14865) atteso che il rapporto professionale che intercorre tra notaio e cliente si inquadra nello schema del mandato, in virtù del quale, il professionista è tenuto ad eseguire personalmente l’incarico assunto ed è pertanto responsabile ai sensi dell’art. 1228 c.c., dei sostituti ed ausiliari di cui si avvale, dei quali deve seguire personalmente lo svolgimento dell’opera, con la conseguente sua responsabilità esclusiva nei confronti del cliente danneggiato (Cass. Civ., Sez. III, 29 settembre 2009, n. 20825).

Si è quindi ritenuto responsabile il notaio per avere erroneamente indicato nella nota di trascrizione predisposta dal medesimo professionista i diritti - invertendoli - spettanti alle parti per effetto della stipula di un atto di compravendita eseguito a suo rogito, con la conseguenza che alcuni istituti di credito avevano trascritto successivamente ipoteca in danno dell’alienante sullo stesso cespite in quanto risultava ancora di sua proprietà, con evidente pregiudizio per la parte acquirente (Trib. Pesaro 15 giugno 2015, in www.expartecreditoris.it).

L’art. 49 l. not. nel testo fissato dall’art. 1, L. n. 333/1976, secondo il quale il notaio deve essere certo della identità personale delle parti e può raggiungere tale certezza, anche al momento dell’attestazione, con la valutazione di tutti gli elementi atti a formare il suo convincimento, contemplando, in caso contrario, il ricorso a due fidefacienti da lui conosciuti, va interpretato nel senso che il professionista, nell’attestare l’identità personale delle parti, deve trovarsi in uno stato soggettivo di certezza intorno a tale identità, conseguibile, senza la necessaria pregressa conoscenza personale delle parti stesse, attraverso le regole di diligenza, prudenza e perizia professionale e sulla base di qualsiasi elemento astrattamente idoneo a formare tale convincimento, anche di natura presuntiva, purché, in quest’ultimo caso, si tratti di presunzioni gravi, precise e concordanti (Cass. Civ., Sez. III, 28 dicembre 2021, n. 41801; Cass. Civ., Sez. III, 7 dicembre 2017, n. 29321; Cass. Civ., Sez. III, 12 maggio 2017, n. 11767; Cass. Civ., Sez. III, 10 maggio 2005, n. 9757).

Pertanto, il notaio che abbia identificato le parti sulla base delle carte di identità successivamente risultate non autentiche, e che abbia fotocopiato, l’esistenza di una procura speciale a vendere la cui sottoscrizione poi è risultata apocrifa, facendo affidamento sulla presenza all’atto dei funzionari bancari e di intermediazione con i quali le parti avevano intrattenuto pregressi rapporti, non assolve all’obbligo di adeguata diligenza professionale sancito dall’art. 49 l. not. poiché la sua certezza soggettiva della identità delle parti, raggiunta al momento dell’attestazione, non è stata conseguita attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti. Tanto più che la semplice richiesta alle parti di mostrare un certificato anagrafico avrebbe consentito al notaio si accorgersi della falsità dei documenti d’identità esibiti dai contraenti in considerazione della discordanza, ad esempio, tra il numero di iscrizione all’anagrafe comunale riportato sulla carta di identità falsa e quello recato dalla certificazione anagrafica autentica (Cass. Civ., Sez. II, 1° giugno 2023, n. 15490).

Il notaio incaricato della redazione e autenticazione di un contratto di compravendita immobiliare non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti e non può quindi, limitarsi ad accertare la volontà delle stesse e sovrintendere alla compilazione dell’atto ma ha l’obbligo di compiere l’attività, preparatoria e successiva, necessaria ad assicurare tanto la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi, quanto l’attitudine dello stesso ad assicurare il conseguimento del suo scopo tipico e del risultato pratico voluto dalle parti della relativa stipulazione (Cass. Civ., Sez. II, 31 marzo 2022, n. 10474; Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296; Cass. Civ., Sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26020; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733), vale a dire l’interesse che l’operazione contrattuale è volta a soddisfare (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283; Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296, cit.; Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., SS.UU., 31 luglio 2012, n. 13617), a partire, evidentemente, dal compimento delle attività che concernono la sussistenza delle condizioni di validità e di efficacia dell’atto medesimo (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 1999, n. 5946).

L’inosservanza dei suddetti obblighi accessori da parte del notaio dà conseguentemente luogo, a suo carico, a responsabilità contrattuale per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità, dovendosi peraltro escludere alla luce di tale obbligo la configurabilità del concorso colposo del danneggiato ai sensi dell’art. 1227 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296, cit.; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733, cit.).

 

L’obbligo di informazione e consiglio

Il notaio, dovendo compiere l’attività necessaria ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici e il risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti, ha, in particolare, l’obbligo nei confronti delle stesse di informazione e di consiglio (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283, cit.). Tale obbligo, che sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto (Cass. Civ., Sez. VI, 5 luglio 2022, n. 21205) e trova fondamento nella clausola generale di buona fede oggettiva quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte (Cass. Civ., Sez. III, 20 agosto 2015, n. 16990), si concretizza, tra l’altro, nel dovere di dissuasione dei clienti dalla stipula dell’atto, salvo espressa dispensa delle parti (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297), che consiste nell’avvertire le parti degli effetti derivanti dai vincoli giuridici eventualmente gravanti sull’immobile, come quelli derivanti dall’esistenza di una trascrizione o iscrizione pregiudizievole sul bene oggetto di trasferimento (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283, cit.), e, più in generale, delle problematiche, che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire, collegate al possibile rischio, ad esempio, che una vendita immobiliare possa risultare inefficace a causa della condizione giuridica dell’immobile (Cass. Civ., Sez. II, 29 marzo 2007, n. 7707), sicché, il notaio che abbia la conoscenza od anche il solo sospetto di un’iscrizione pregiudizievole gravante sull’immobile oggetto della compravendita, deve informarne le parti, quand’anche sia stato esonerato dalle visure, essendo tenuto comunque all’esecuzione del contratto di prestazione d’opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, comma 2, c.c. e della buona fede (Cass. Civ., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15726).

Solo nel caso in cui il notaio sia stato espressamente esonerato, per concorde volontà delle parti, dallo svolgimento delle attività accessorie e successive, necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti e, in particolare, dal compimento delle visure catastali e ipotecarie allo scopo di individuare esattamente il bene e verificarne la libertà da pregiudizi, deve escludersi la sussistenza della responsabilità professionale del notaio stesso in quanto detta clausola non può essere considerata meramente di stile essendo stata parte integrante del negozio, a condizione, peraltro, che la stessa appaia giustificata da esigenze concrete delle parti, come nel caso della sussistenza di ragioni di urgenza di stipula dell’atto addotte dalle parti medesime (Cass. Civ., Sez. III, 1° dicembre 2009, n. 25270; Cass. Civ., Sez. II, 16 marzo 2006, n. 5868).

 

I limiti all’obbligo di consiglio

Per contro, deve ritenersi estraneo all’obbligo di diligenza relativo all’attività esercitata dal notaio solo quello di fornire informazioni oppure consigli non basati sullo stato degli atti a disposizione del professionista e sulle circostanze di fatto specificamente esistenti, note o comunque prevedibili, dovendosi valutare la diligenza del notaio ex ante e non ex post e, dunque, giammai sulla base di circostanze future e meramente ipotetiche (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297). Non rientrano, pertanto, tra gli obblighi di informativa e di consulenza, cui è tenuto il notaio al momento del rogito, tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione o iscrizione pregiudizievole (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297, cit.).

Neppure il notaio può ritenersi tenuto a garantire, nei confronti della banca mutuante, la convenienza economica dell’operazione ovvero i relativi rischi sul piano squisitamente finanziario, atteso che la sua responsabilità professionale non si spinge fino all’obbligo di accertare se il creditore potrà ragionevolmente soddisfarsi, in sede di espropriazione del bene, a fronte dell’inadempimento del mutuatario (Cass. Civ., Sez. III, 16 novembre 2020, n. 25865).

Pertanto, l’estensione del suddetto principio di diritto non vale fino al punto da ricomprendere tra gli obblighi di informativa e di consulenza, cui è tenuto il notaio al momento del rogito, tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione od iscrizione pregiudizievole, quantunque essi non siano ad essa direttamente collegati, proprio per la posizione di equidistanza dagli interessi delle parti contraenti che si richiede al notaio a tutela di un corretto ed imparziale presidio del traffico di negozi giuridici (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297; Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15726; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733).

Tra gli obblighi del notaio è quindi certamente incluso quello di acquisire informazioni, presso la conservatoria dei registri immobiliari, circa il carattere definitivo o meno del titolo giudiziale ivi trascritto poiché il professionista può e deve verificare se la sentenza di primo grado accertativa dell’usucapione di un bene immobile oggetto di compravendita sia passata in giudicato, in ragione del fatto che copia della sentenza viene depositata presso l’ufficio dei registri immobiliari ai sensi degli artt. 2657 e 2658 c.c. e chiunque ha diritto di prenderne visione ai sensi dell’art. 2673 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283).

Pertanto, l’omessa rilevazione di un vincolo di natura archeologica, sul cespite oggetto di compravendita o permuta, comporta la responsabilità del notaio per il danno conseguente alla successiva adozione da parte della pubblica amministrazione della revoca in autotutela della concessione edilizia e dell’ordine di demolizione delle opere eventualmente già realizzate, con acquisizione dell’area al patrimonio demaniale (Cass. Civ., Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 25113).

Pertanto, anche nel caso in cui il notaio riceva l’incarico da un chiamato all’eredità di redigere l’inventario dei beni del de cuius, l’adempimento secondo diligenza dell’incarico di procedere ad accettazione con beneficio d’inventario impone al medesimo notaio, in una prospettiva finalistica, di illustrare al cliente il contenuto e gli effetti dell’atto, avvertendolo dunque anche degli ulteriori adempimenti necessari affinché lo scopo perseguito possa essere raggiunto, ma detta prestazione accessoria a tanto si arresta, ossia, nella adeguata informazione del cliente sugli adempimenti da compiersi successivamente, sulle relative modalità e termini Cass. Civ., Sez. III, 13 settembre 2023, n. 26419.

 

L’accertamento della libertà del bene immobile

Il soggetto che si rivolge ad un notaio per stipulare un determinato atto, così affidandogli - in mancanza di una clausola di espresso esonero - anche il compito di effettuare le necessarie indagini sulla libertà da vincoli dei beni oggetto di quell’atto, non può certo essere ritenuto corresponsabile dell’omissione di dette indagini, commissionate al notaio stesso, ragione per cui, non può, quindi ravvisarsi alcun concorso colposo del danneggiato nella causazione dell’evento dannoso conseguente all’omessa verifica della libertà del cespite interessato dal rogito (Cass. Civ., Sez. III, 15 febbraio 2022, n. 4911).

Pertanto, il notaio che, chiamato a stipulare un contratto di compravendita immobiliare, ometta di accertarsi dell’esistenza di iscrizioni ipotecarie pregiudizievoli sull’immobile, può essere condannato al risarcimento del danno consistente nel pagamento della somma complessivamente necessaria per la cancellazione del vincolo, la cui determinazione deve essere rimessa al giudice di merito. Ciò posto, l’attività preparatoria che rientra nei doveri di diligenza dell’attività notarile deve essere svolta in tempi utili a garantire la corrispondenza dell’esito delle ricerche effettuate con le condizioni del bene che vengono descritte nell’atto, sia in ragione della necessità di assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici di esso, sia in funzione della realizzazione sostanziale della funzione di pubblico ufficiale (Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 2018, n. 15761).

In particolare, il notaio che roga un atto concernente una proprietà superficiaria, che egli stesso dica esistente su bene demaniale in forza di una concessione, deve preoccuparsi, constandogli nella prospettazione dei clienti tale particolare qualità della detta proprietà, di indagare, prima di rogare l’atto e di prevedere che la proprietà sia oggetto di garanzia, se la concessione sia tuttora in essere e, in caso positivo, anche per quale tempo lo sia, sì che sia la relativa indagine sia il suo risultato possano dirsi rientrare nell’àmbito dell’attività esigibile dal notaio quale espressione del c.d. dovere di consiglio del notaio, e, prima ancora, nell’àmbito dei doveri di accertamento connessi alla diligenza professionale come scolpita dall’art. 28 della legge professionale (L. n. 89/1913), ed in ogni caso dalla norma civilistica sulla diligenza. Ciò non solo sulla base dell’esigibile conoscenza da parte del notaio del regime generale dei beni demaniali e delle sue implicazioni sui diritti derivati, ma comunque ed in primo luogo della necessaria dovuta conoscenza dei termini e delle condizioni in cui un diritto da alienare che risulti dipendente da un altro, veda regolata tale dipendenza, in modo che la fruttuosità dell’alienazione non possa essere incisa dalla sorte del diritto pregiudicante (Cass. Civ., Sez. III, 3 febbraio 2021, n. 2493).

Tuttavia si è anche affermato il principio che non sussiste la responsabilità professionale del notaio che abbia omesso di indicare la presenza di vincoli limitativi della proprietà su immobili trasferiti mediante atto da lui rogato, quando sia provato che il contraente interessato a tale informazione conosceva certamente l’esistenza di quei vincoli, non ravvisandosi in tale ipotesi né la violazione del dovere di diligenza qualificata previsto dall’art. 1176 c.c., da doversi comunque interpretare alla stregua del canone generale di buona fede, né il nesso di causalità tra l’omessa informazione e la stipulazione dell’atto traslativo (Cass. Civ., Sez. III, 25 agosto 2023, n. 25278; Cass. Civ., Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 25111).

 

Il danno risarcibile dall’omessa verifica di libertà del cespite

Il danno che il notaio rogante il contratto di compravendita di un immobile, il quale abbia omesso di effettuare le dovute visure ipotecarie, è tenuto a risarcire all’acquirente dell’immobile successivamente sottoposto ad esecuzione immobiliare da parte del creditore ipotecario ed aggiudicato ad un terzo, va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dalla parte, e tale pregiudizio, potrà anche essere pari al valore dell’immobile ove il proprietario del bene, a causa dell’omissione colposa del notaio, abbia perduto l’immobile con l’esproprio od a causa del rilascio del bene, poiché diversamente, sul presupposto dell’accertata responsabilità del professionista, questi potrà essere condannato al risarcimento per equivalente commisurato, quanto al danno emergente, all’entità delle somme che gli acquirenti devono corrispondere per soddisfare i creditori e liberare l’immobile dalle formalità pregiudizievoli, al fine di conservarne la proprietà, con la conseguenza che le spese di purgazione rappresenteranno il danno e, nel contempo, la sua misura. Pertanto, nell’ipotesi di immobile venduto con il ministero del notaio, che, a causa dell’omessa verifica delle visure, sia successivamente sottoposto ad esecuzione da parte di un creditore che aveva agito sulla base di gravami esistenti sull’immobile e non rilevati dal professionista, il danno che questi è tenuto a risarcire va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dall’acquirente, ed esso può quindi essere liquidato in misura pari al valore dell’immobile perduto a seguito della vendita forzata o del quale il proprietario abbia comunque perduto la disponibilità, ovvero nella spesa necessaria per ottenere l’estinzione del processo esecutivo e la cancellazione dell’ipoteca, in tale senso lato, va intesa quindi la purgazione dell’immobile, vale a dire la sua sottrazione al rischio di legale evizione nel corso della procedura espropriativa (Cass. Civ., Sez. III, 17 novembre 2020, n. 26192).

Diverso il caso in cui il notaio abbia invece erroneamente trascritto i dati catastali di un’immobile compravenduto con il suo rogito, poiché in tale ipotesi sussiste la sua responsabilità per le conseguenze derivanti dall’erronea trascrizione, da parte del notaio, dei dati catastali dell’immobile compravenduto ed il danno subito dal cliente a causa del pignoramento del bene, avvenuto prima della ritardata rettifica dei dati (Cass. Civ., Sez. III, 28 giugno 2018, n. 17054). In questo caso, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non già dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del danneggiato (Cass. Civ., Sez. III, 25 luglio 2023, n. 22250; Cass. Civ., Sez. III, 15 luglio 2009, n. 16463).

 

La responsabilità per l’adempimento degli obblighi tributari del rogito

Ai sensi dell’art. 10, d.P.R. n. 131/1986 obbligato alla richiesta di registrazione telematica, per atti dallo stesso redatti, ricevuti o autenticati, è il notaio.

Ciò premesso, la notificazione dell’avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata, notificato al notaio rogante che, in sede di rogito di compravendita immobiliare si sia avvalso della procedura di registrazione telematica, ai sensi del D.Lgs. n. 463/1997, come modificato dal D.Lgs. n. 9/2000, ed in tale veste abbia provveduto alla relativa autoliquidazione ed al corrispondente versamento vale, solo, a costituirlo quale responsabile d’imposta, tenuto all’integrazione del versamento, ex art. 13, D.Lgs. n. 472/1997, ma non incide sul principio, fissato dall’art. 57, d.P.R. n. 131/1986, per cui soggetti obbligati al pagamento dell’imposta restano le parti sostanziali dell’atto medesimo (Cass. Civ., Sez. V, 11 giugno 2019, n. 15627; in precedenza Cass. Civ. 5 febbraio 2015, n. 5016). Principio, questo, destinato a rimanere fermo anche nel caso in cui il notaio rogante abbia omesso di provvedere, anche parzialmente, al versamento delle somme destinate al pagamento (Cass. Civ., Sez. V, 12 giugno 2009, n. 13653).

Va poi considerato che in tema di imposta di registro, il notaio rogante opera quale mero responsabile d’imposta, cioè come soggetto obbligato al pagamento dell’imposta per fatti e situazioni esclusivamente riferibili ad altri, al solo fine di facilitare l’adempimento fiscale, di talché egli, pur obbligato a richiedere la registrazione, rimane estraneo al presupposto impositivo, e terzo rispetto al rapporto di debito-credito tra l’Amministrazione finanziaria ed il soggetto passivo del tributo, ragione per cui ne consegue che il pagamento dell’imposta proporzionale di registro effettuato dal contribuente, costituendo adempimento dell’obbligazione tributaria, ha effetti liberatori anche per il notaio rogante, avendo la garanzia ex lege esaurito la sua funzione nel momento stesso in cui venne conseguita la prestazione garantita (Cass. Civ., Sez. VI, 8 febbraio 2023, n. 3807; Cass. Civ., Sez. V, 24 marzo 2022, n. 9538).

Più recentemente, si è statuito che qualora in un atto notarile, anche registrato telematicamente, vengano enunciate disposizioni di altri atti, scritti o verbali, posti in essere dalle medesime parti, ma non già registrati, la cui configurazione giuridica non richiede accertamenti di fatto ovvero extratestuali, né valutazioni interpretative particolarmente complesse, purché, trattandosi di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso, e gli effetti dei medesimi non siano già cessati o cessino con l’atto che li enuncia, l’imposta dovuta per tali atti - in virtù della previsione di cui all’art. 22, d.P.R. n. 131/1986 - deve qualificarsi come imposta principale e, per richiederla in rettifica dell’autoliquidazione, l’Ente impositore può legittimamente emettere un avviso di liquidazione ai sensi degli artt. 42, comma 1, primo periodo, d.P.R. n. 131/1986 e 3-ter, comma 1, D.Lgs. n. 463/1997. In tale caso, ai sensi dell’art. 57, comma 1, d.P.R. n. 131/1986, il notaio che ha ricevuto l’atto enunciante, pur se in via dipendente, è responsabile per il pagamento dell’imposta solidalmente con le parti dell’atto stesso (Cass. Civ., SS.UU., 24 maggio 2023, n. 14432).

Alla responsabilità disciplinare del notaio deve ritenersi applicabile il principio secondo cui è necessario che l’illecito sia ascrivibile almeno a titolo di colpa all’autore del fatto, con la conseguenza che, anche per il notaio, l’errore sulla liceità del fatto deve ritenersi rilevante e scriminante qualora esso risulti incolpevole, dovendosi tuttavia desumere il necessario profilo di non colpevolezza dell’errore stesso da elementi positivi idonei ad indurre il professionista all’illecito contestato e non ovviabile con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. Civ., Sez. II, 19 febbraio 2021, n. 4527).

Cass. Civ., Sez. V, 22 febbraio 2023, n. 5515, ha rimesso gli atti al Primo presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite al fine di dirimere il contrasto insorto intorno alla duplice premessa che il notaio è obbligato per il solo pagamento dell’imposta principale e che l’imposta principale è applicata al momento della registrazione anche d’ufficio, per effetto di un arresto giurisprudenziale il quale ha ritenuto che l’imposta applicata alle disposizioni enunciate, in quanto da applicare in sede di registrazione del contratto enunciante, deve parimenti ritenersi imposta principale, essendo tenuto il notaio, quale responsabile di imposta, a corrispondere all’Erario quanto dovuto a fronte della registrazione dell’atto effettuato per il suo tramite, considerando che l’imposta è la medesima che sarebbe stata dovuta in sede di registrazione dell’atto enunciato da parte del contribuente (Cass. Civ., Sez. V, 24 giugno 2021, n. 18113). Sulla scorta di tale sillogismo, si è così affermato che il notaio è responsabile d’imposta ex art. 57, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, con valenza onnicomprensiva, sia in relazione all’atto enunciante che in relazione all’atto enunciato. Tale conclusione è stata, però, posta in dubbio da Cass. Civ., Sez. V., 6 aprile 2022, n. 11118, che ha osservato che l’art. 10, lett. b), e l’art. 57, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 31, limitano l’obbligazione gravante a carico dei notai, rispettivamente, per la registrazione e per il pagamento dell’imposta di registro agli atti da essi redatti, ricevuti od autenticati, rispetto ai quali soltanto la funzione di responsabile oltre che di percettore d’imposta può trovare giustificazione nel ruolo istituzionale di pubblico ufficiale rogante o autenticante. Invero, estendendo l’obbligazione al pagamento dell’imposta di registro per gli atti enunciati si travalicherebbe il confine segnato dalle norme richiamate, ponendo a carico del notaio una responsabilità fiscale per contratti o negozi unilaterali rispetto ai quali egli non ha svolto alcuna funzione per volontà delle stesse parti. Per cui, una diversa esegesi dell’ordito legislativo - oltre a porsi in dissonanza con la rivisitata ricostruzione dell’imposta di registro in termini di imposta d’atto - verrebbe a dilatare la responsabilità fiscale del notaio in relazione a fattispecie formate da o tra soggetti privati, rispetto alle quali egli non era obbligato ab origine alla registrazione né al pagamento dell’imposta di registro, essendo rimasto assolutamente estraneo alla loro formazione.

 

Responsabilità disciplinare e prescrizione

In tema di responsabilità disciplinare del notaio, il divieto imposto dall’art. 28, comma 10, n. 1, L. n. 89/1913 e sanzionato con la sospensione a norma dell’art. 138, comma 2, della medesima legge, di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge, è violato nel momento stesso della redazione della clausola nulla inserita in un atto rogato dal professionista, in quanto la redazione della clausola segna il momento di consumazione istantanea dell’illecito, sul quale non possono spiegare efficacia sanante o estintiva della punibilità eventuali rimedi predisposti dal legislatore, quale, ad esempio, la possibile stipula di un atto di conferma per conservare l’atto ai fini privatistici (Cass. Civ., Sez. II, 31 luglio 2020, n. 16519; Cass. Civ., Sez. II, 29 agosto 2019, n. 21828).

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile da parte del danneggiato (Cass. Civ. 15 luglio 2009, n. 16463; Cass. Civ. 8 maggio 2006, n. 10493). Tuttavia, è stato, inoltre, precisato che l’azione di responsabilità contrattuale nei confronti del notaio presuppone la produzione del danno, ancorché l’inadempimento sia stato posto in essere in epoca anteriore, con la conseguenza che il termine di prescrizione non può iniziare a decorrere prima del verificarsi del pregiudizio di cui si chiede il risarcimento (Cass. Civ., Sez. III, 13 dicembre 2019, n. 32793; Cass. Civ., Sez. III, 22 settembre 2017, n. 22059; Cass. Civ., Sez. III, 22 settembre 2016, n. 18606).

 

 Le obbligazioni gravanti sul notaio nella stesura del rogito

Autore: Avv. Vito Amendolagine – pubblicato su: I Contratti n. 1/2024 – Editore: Ipsoa Wolters Kluwer

 

Abstract

Il presente itinerario ripercorre l’evolversi della giurisprudenza in tema di controversie concernenti la responsabilità del notaio derivante dalla predisposizione del rogito, la quale, si estende anche alle necessarie e presupposte attività preparatorie, trovando la propria ragione d’essere nel munus publicum sottostante al corretto esercizio della funzione notarile.

 

Diligenza qualificata

Il notaio è tenuto ad adempiere l’obbligazione contratta con la diligenza qualificata richiesta dagli artt. 1176, comma 2, e 2236 c.c. (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 29 agosto 2019, n. 21775), osservando la buona fede oggettiva o correttezza, intesa quale criterio di determinazione della prestazione contrattuale, costituendo essa fonte di integrazione del comportamento dovuto (Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860), che impone di compiere quanto necessario od utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio che non si sostanzi in attività gravose od eccezionali o, comunque tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici per il notaio (Cass. Civ., Sez. III, 30 marzo 2005, n. 6735; Cass. Civ., Sez. III, 9 febbraio 2004, n. 2422).

 

Accertamento identità contraenti

Conseguentemente, fra gli obblighi inerenti alla funzione notarile rientra anche quello di accertare la capacità legale a contrarre delle parti dell’atto rogando, ed è, pertanto, incontestabile che tale controllo debba riguardare anche l’eventuale qualità di fallito rivestita da una o più di tali parti, pur ammettendo che la sentenza dichiarativa di fallimento, che comporta quale effetto più eclatante il cosiddetto spossessamento del debitore, e cioè la perdita dell’amministrazione e della disponibilità dei beni da parte del fallito ed il passaggio dell’amministrazione al curatore, implica una forma del tutto particolare e limitata d’incapacità del fallito (Cass. Civ., Sez. III, 13 settembre 2023, n. 26448).

 

Natura responsabilità e obblighi di protezione

Premessa la natura contrattuale della responsabilità del notaio, consolidata ormai da molti decenni nella giurisprudenza di legittimità, incorre dunque in responsabilità per inadempimento del contratto d’opera professionale, quanto ai doveri comportamentali riconducibili a quello di adempiere il rapporto di prestazione d’opera secondo buona fede ai sensi dell’art. 1375 c.c., il notaio che roghi atti di compravendita, con previsione di pagamento rateale e con dichiarazione di rinuncia della venditrice all’iscrizione di ipoteca legale, allorquando risulti che egli abbia rogato altri atti di rivendita a terzi da parte dello stesso acquirente, di cui alcuni lo stesso giorno ed altri pochi giorni dopo (Cass. Civ., Sez. III, 4 marzo 2022, n. 7185).

Del resto, vanno opportunamente considerati anche gli sviluppi della giurisprudenza di legittimità, che configura ormai in capo al notaio anche speciali obblighi di protezione in favore di quei soggetti che sebbene siano formalmente terzi rispetto agli atti da lui rogati, sono però coinvolti dalle relative prevedibili conseguenze, anche riguardo ai quali, quindi, il notaio risponde a titolo di responsabilità contrattuale (Cass. Civ., Sez. III, 17 novembre 2020, n. 26192).

Invero, la funzione ontologicamente e ineludibilmente ibrida del notaio - da un lato quella pubblica, dall’altro quella contrattuale - ne ispessisce il contenuto degli obblighi che assume nei confronti delle parti di cui rogita il negozio, rendendoli veri e propri obblighi di protezione, che persino si estendono ai soggetti terzi rispetto al contratto d’opera professionale. In tale ottica, Cass. Civ., Sez. III, 8 aprile 2020, n. 7746, ha riconosciuto l’applicabilità dei principi del cd. contatto sociale qualificato, in un caso in cui il notaio aveva concluso il contratto d’opera professionale, finalizzato al rilascio di una procura speciale soltanto con il futuro alienante del bene ravvisando in tale contratto, benché concluso formalmente tra il notaio ed il futuro venditore, ed avente ad oggetto un negozio unilaterale, una fonte di obblighi di protezione anche nei confronti dell’aspirante acquirente, qualificato come terzo protetto dal contratto.

Pertanto il contenuto delle dichiarazioni delle parti nel contratto che il notaio deve rogare non è di per sé sufficiente per esonerare il notaio stesso dai suoi obblighi di protezione, consiglio ed a monte, informazione degli esiti delle verifiche catastali e proprietarie (Cass. Civ., Sez. III, 3 agosto 2023, n. 23718).

Qualora egli non adempia correttamente la propria prestazione, compresa quella attinente alle attività preparatorie, la responsabilità contrattuale sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto rogato, se da tale comportamento abbiano subito danni (Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 2018, n. 15761).

Allo stesso modo, si è esteso l’obbligo del notaio di verificare e segnalare alle parti la possibile esistenza di limiti alla commerciabilità dei beni immobili oggetto di garanzia in quanto edificati su terreni gravati da usi civici, sulla scorta del principio che nella diligenza professionale in concreto esigibile dal notaio in sede di stipula di un atto di costituzione in garanzia di beni immobili siti in una zona che presenta un potenziale rischio di sussistenza di vincoli pubblici rientra anche lo svolgimento di indagini più approfondite rispetto a quelle ordinarie (App. L’Aquila 21 febbraio 2023, in www.expartecreditoris.it).

Conseguentemente, rientra nella diligenza professionale esigibile dal notaio nel caso concreto, quella di verificare l’esistenza di vincoli di natura pubblica e/o collettiva, soprattutto se il potenziale pericolo riguardi una parte del territorio in cui egli opera professionalmente, perché in questo caso la situazione complessiva della zona in cui si trova l’immobile, almeno nelle sue linee generali, non potrebbe ritenersi ignota al notaio, in forza della professione dallo stesso svolta in quel territorio (App. Napoli 20 maggio 2022, in www.expartecreditoris.it). Ciò in quanto le parti ricorrono agli uffici di un notaio qualora intendano demandare a quest’ultimo un più accurato controllo sia quanto alla forma dell’atto che quanto alla sua validità ed efficacia, onde assicurarsi il conseguimento dello scopo perseguito con quello specifico atto negoziale, trattandosi di una prestazione professionale altamente qualificata, non altrimenti ottenibile facendo ricorso a figure professionali diverse da quella del notaio.

Va aggiunto poi che per giurisprudenza consolidata, il notaio deve assicurare la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed in particolare, la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dai partecipanti alla stipula dell’atto, e, quindi, nella compravendita, il trasferimento di un bene dietro pagamento dell’intero prezzo (Cass. Civ., Sez. II, 2 agosto 2023, n. 23600).

 

La buona fede nell’esecuzione della prestazione notarile

L’impegno imposto dall’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza va quindi correlato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualità dei soggetti coinvolti (Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 2007, n. 22860) e come più recentemente affermato anche da App. Napoli 22 aprile 2020, in www.expartecreditoris.it, sul piano della diligenza che il notaio deve osservare in tema di verifica dell’esistenza di usi civici sul bene immobile oggetto di compravendita. L’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza è infatti da valutarsi alla stregua della causa concreta dell’incarico conferito al professionista dalla parte committente, e in particolare, al notaio (Cass. Civ., SS.UU., 31 luglio 2012, n. 13617. Il riferimento alla serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed alla sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell’atto medesimo - cfr. altresì Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733, e, conformemente, Cass. Civ., Sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26020 - va valutato con l’interesse che l’operazione contrattuale è propriamente volta a soddisfare.

Tale principio di diritto non può spingersi, pena la violazione del reciproco dovere della buona fede gravante sui contraenti, sino a richiedere al notaio il dovere di rappresentare agli stipulanti circostanze non esistenti all’epoca del rogito e relative a fatti, atti, ovvero ad azioni giudiziarie ancora non proposte, e comunque non prevedibili al momento della stipula.

In buona sostanza, il notaio, se è inadempiente, lo è rispetto agli obblighi assunti con il contratto con cui ha ricevuto l’incarico, ragione per cui se il suddetto professionista si è obbligato a svolgere l’incarico con diligenza nei confronti di una società l’azione di responsabilità da inadempimento non può che essere intrapresa dalla stessa società, verso la quale, il notaio si era obbligato, sul presupposto che le società anche di persone, pur non avendo personalità giuridica, hanno comunque una loro soggettività giuridica, atteso che sebbene sprovvista di personalità giuridica, costituisce pur sempre un centro di interessi dotato di una propria sostanziale autonomia e di una propria capacità processuale. Pertanto, a prescindere dal dato formale per cui se il contratto con il notaio è stato stipulato dalla società e non dal socio, non si può sostenere che gli obblighi di corretta esecuzione del mandato professionale, assunti dal notaio con quel contratto, lo siano stati verso il socio anziché verso la società stessa, poiché quest’ultima, essendo autonomo centro di interessi, come si è detto, è altresì la parte creditrice della prestazione del professionista e, dunque l’unica a potersi dolere del suo inadempimento (Cass. Civ., Sez. III, 18 luglio 2023, n. 20990).

Nel caso però in cui un soggetto interessato a stipulare un mutuo ipotecario con una banca incarichi un notaio di effettuare le visure del bene destinato ad essere l’oggetto dell’ipoteca e a redigere la relativa relazione, con questo conferimento di incarico si determina l’assunzione di obblighi in capo al notaio non soltanto nei confronti del mutuatario, ma pure nei confronti della banca mutuante, e ciò sia che si intenda l’istituto bancario quale terzo ex art. 1411 c.c., che beneficia del rapporto contrattuale di prestazione professionale concluso dal cliente mutuatario, sia che si individui un’ipotesi di responsabilità da contatto sociale fondata sull’affidamento che la banca mutuante ripone nel notaio in quanto esercente una professione protetta. Pertanto, posto che è onere del notaio dimostrare di aver correttamente adempiuto il suo incarico e, quindi, di aver reso in modo completo tutte le notizie relative all’immobile su cui si andava a costituire il mutuo, in tale caso, l’eventuale danno dovrà essere parametrato in base alla colposa induzione dell’istituto di credito ad accettare in ipoteca, con riguardo al finanziamento, concernente un bene non idoneo a garantire la restituzione del credito erogato (Cass. Civ., Sez. III, 18 luglio 2023, n. 20794; conf. Cass. Civ., Sez. II, 9 maggio 2016, n. 9320).

 

Responsabilità per le attività preparatorie del rogito

In tema di responsabilità professionale del notaio, qualora egli non adempia correttamente la propria prestazione, compresa quella attinente alle attività preparatorie, la responsabilità contrattuale sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto rogato, se da tale comportamento abbiano subito danni e purché non lo abbiano esonerato da tali attività (Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., Sez. III, 13 giugno 2013, n. 14865) atteso che il rapporto professionale che intercorre tra notaio e cliente si inquadra nello schema del mandato, in virtù del quale, il professionista è tenuto ad eseguire personalmente l’incarico assunto ed è pertanto responsabile ai sensi dell’art. 1228 c.c., dei sostituti ed ausiliari di cui si avvale, dei quali deve seguire personalmente lo svolgimento dell’opera, con la conseguente sua responsabilità esclusiva nei confronti del cliente danneggiato (Cass. Civ., Sez. III, 29 settembre 2009, n. 20825).

Si è quindi ritenuto responsabile il notaio per avere erroneamente indicato nella nota di trascrizione predisposta dal medesimo professionista i diritti - invertendoli - spettanti alle parti per effetto della stipula di un atto di compravendita eseguito a suo rogito, con la conseguenza che alcuni istituti di credito avevano trascritto successivamente ipoteca in danno dell’alienante sullo stesso cespite in quanto risultava ancora di sua proprietà, con evidente pregiudizio per la parte acquirente (Trib. Pesaro 15 giugno 2015, in www.expartecreditoris.it).

L’art. 49 l. not. nel testo fissato dall’art. 1, L. n. 333/1976, secondo il quale il notaio deve essere certo della identità personale delle parti e può raggiungere tale certezza, anche al momento dell’attestazione, con la valutazione di tutti gli elementi atti a formare il suo convincimento, contemplando, in caso contrario, il ricorso a due fidefacienti da lui conosciuti, va interpretato nel senso che il professionista, nell’attestare l’identità personale delle parti, deve trovarsi in uno stato soggettivo di certezza intorno a tale identità, conseguibile, senza la necessaria pregressa conoscenza personale delle parti stesse, attraverso le regole di diligenza, prudenza e perizia professionale e sulla base di qualsiasi elemento astrattamente idoneo a formare tale convincimento, anche di natura presuntiva, purché, in quest’ultimo caso, si tratti di presunzioni gravi, precise e concordanti (Cass. Civ., Sez. III, 28 dicembre 2021, n. 41801; Cass. Civ., Sez. III, 7 dicembre 2017, n. 29321; Cass. Civ., Sez. III, 12 maggio 2017, n. 11767; Cass. Civ., Sez. III, 10 maggio 2005, n. 9757).

Pertanto, il notaio che abbia identificato le parti sulla base delle carte di identità successivamente risultate non autentiche, e che abbia fotocopiato, l’esistenza di una procura speciale a vendere la cui sottoscrizione poi è risultata apocrifa, facendo affidamento sulla presenza all’atto dei funzionari bancari e di intermediazione con i quali le parti avevano intrattenuto pregressi rapporti, non assolve all’obbligo di adeguata diligenza professionale sancito dall’art. 49 l. not. poiché la sua certezza soggettiva della identità delle parti, raggiunta al momento dell’attestazione, non è stata conseguita attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti. Tanto più che la semplice richiesta alle parti di mostrare un certificato anagrafico avrebbe consentito al notaio si accorgersi della falsità dei documenti d’identità esibiti dai contraenti in considerazione della discordanza, ad esempio, tra il numero di iscrizione all’anagrafe comunale riportato sulla carta di identità falsa e quello recato dalla certificazione anagrafica autentica (Cass. Civ., Sez. II, 1° giugno 2023, n. 15490).

Il notaio incaricato della redazione e autenticazione di un contratto di compravendita immobiliare non è un destinatario passivo delle dichiarazioni delle parti e non può quindi, limitarsi ad accertare la volontà delle stesse e sovrintendere alla compilazione dell’atto ma ha l’obbligo di compiere l’attività, preparatoria e successiva, necessaria ad assicurare tanto la serietà e la certezza dell’atto giuridico da rogarsi, quanto l’attitudine dello stesso ad assicurare il conseguimento del suo scopo tipico e del risultato pratico voluto dalle parti della relativa stipulazione (Cass. Civ., Sez. II, 31 marzo 2022, n. 10474; Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296; Cass. Civ., Sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26020; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733), vale a dire l’interesse che l’operazione contrattuale è volta a soddisfare (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283; Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296, cit.; Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., SS.UU., 31 luglio 2012, n. 13617), a partire, evidentemente, dal compimento delle attività che concernono la sussistenza delle condizioni di validità e di efficacia dell’atto medesimo (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 1999, n. 5946).

L’inosservanza dei suddetti obblighi accessori da parte del notaio dà conseguentemente luogo, a suo carico, a responsabilità contrattuale per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità, dovendosi peraltro escludere alla luce di tale obbligo la configurabilità del concorso colposo del danneggiato ai sensi dell’art. 1227 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 12 giugno 2020, n. 11296, cit.; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733, cit.).

 

L’obbligo di informazione e consiglio

Il notaio, dovendo compiere l’attività necessaria ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici e il risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti, ha, in particolare, l’obbligo nei confronti delle stesse di informazione e di consiglio (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283, cit.). Tale obbligo, che sussiste nei confronti di tutte le parti dell’atto (Cass. Civ., Sez. VI, 5 luglio 2022, n. 21205) e trova fondamento nella clausola generale di buona fede oggettiva quale criterio determinativo ed integrativo della prestazione contrattuale, che impone il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della controparte (Cass. Civ., Sez. III, 20 agosto 2015, n. 16990), si concretizza, tra l’altro, nel dovere di dissuasione dei clienti dalla stipula dell’atto, salvo espressa dispensa delle parti (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297), che consiste nell’avvertire le parti degli effetti derivanti dai vincoli giuridici eventualmente gravanti sull’immobile, come quelli derivanti dall’esistenza di una trascrizione o iscrizione pregiudizievole sul bene oggetto di trasferimento (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283, cit.), e, più in generale, delle problematiche, che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire, collegate al possibile rischio, ad esempio, che una vendita immobiliare possa risultare inefficace a causa della condizione giuridica dell’immobile (Cass. Civ., Sez. II, 29 marzo 2007, n. 7707), sicché, il notaio che abbia la conoscenza od anche il solo sospetto di un’iscrizione pregiudizievole gravante sull’immobile oggetto della compravendita, deve informarne le parti, quand’anche sia stato esonerato dalle visure, essendo tenuto comunque all’esecuzione del contratto di prestazione d’opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, comma 2, c.c. e della buona fede (Cass. Civ., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15726).

Solo nel caso in cui il notaio sia stato espressamente esonerato, per concorde volontà delle parti, dallo svolgimento delle attività accessorie e successive, necessarie per il conseguimento del risultato voluto dalle parti e, in particolare, dal compimento delle visure catastali e ipotecarie allo scopo di individuare esattamente il bene e verificarne la libertà da pregiudizi, deve escludersi la sussistenza della responsabilità professionale del notaio stesso in quanto detta clausola non può essere considerata meramente di stile essendo stata parte integrante del negozio, a condizione, peraltro, che la stessa appaia giustificata da esigenze concrete delle parti, come nel caso della sussistenza di ragioni di urgenza di stipula dell’atto addotte dalle parti medesime (Cass. Civ., Sez. III, 1° dicembre 2009, n. 25270; Cass. Civ., Sez. II, 16 marzo 2006, n. 5868).

 

I limiti all’obbligo di consiglio

Per contro, deve ritenersi estraneo all’obbligo di diligenza relativo all’attività esercitata dal notaio solo quello di fornire informazioni oppure consigli non basati sullo stato degli atti a disposizione del professionista e sulle circostanze di fatto specificamente esistenti, note o comunque prevedibili, dovendosi valutare la diligenza del notaio ex ante e non ex post e, dunque, giammai sulla base di circostanze future e meramente ipotetiche (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297). Non rientrano, pertanto, tra gli obblighi di informativa e di consulenza, cui è tenuto il notaio al momento del rogito, tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione o iscrizione pregiudizievole (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297, cit.).

Neppure il notaio può ritenersi tenuto a garantire, nei confronti della banca mutuante, la convenienza economica dell’operazione ovvero i relativi rischi sul piano squisitamente finanziario, atteso che la sua responsabilità professionale non si spinge fino all’obbligo di accertare se il creditore potrà ragionevolmente soddisfarsi, in sede di espropriazione del bene, a fronte dell’inadempimento del mutuatario (Cass. Civ., Sez. III, 16 novembre 2020, n. 25865).

Pertanto, l’estensione del suddetto principio di diritto non vale fino al punto da ricomprendere tra gli obblighi di informativa e di consulenza, cui è tenuto il notaio al momento del rogito, tutti gli ipotetici ed eventuali scenari di rischio correlati a una trascrizione od iscrizione pregiudizievole, quantunque essi non siano ad essa direttamente collegati, proprio per la posizione di equidistanza dagli interessi delle parti contraenti che si richiede al notaio a tutela di un corretto ed imparziale presidio del traffico di negozi giuridici (Cass. Civ., Sez. III, 26 luglio 2019, n. 20297; Cass. Civ., Sez. III, 18 maggio 2017, n. 12482; Cass. Civ., Sez. III, 2 luglio 2010, n. 15726; Cass. Civ., Sez. III, 28 novembre 2007, n. 24733).

Tra gli obblighi del notaio è quindi certamente incluso quello di acquisire informazioni, presso la conservatoria dei registri immobiliari, circa il carattere definitivo o meno del titolo giudiziale ivi trascritto poiché il professionista può e deve verificare se la sentenza di primo grado accertativa dell’usucapione di un bene immobile oggetto di compravendita sia passata in giudicato, in ragione del fatto che copia della sentenza viene depositata presso l’ufficio dei registri immobiliari ai sensi degli artt. 2657 e 2658 c.c. e chiunque ha diritto di prenderne visione ai sensi dell’art. 2673 c.c. (Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2021, n. 7283).

Pertanto, l’omessa rilevazione di un vincolo di natura archeologica, sul cespite oggetto di compravendita o permuta, comporta la responsabilità del notaio per il danno conseguente alla successiva adozione da parte della pubblica amministrazione della revoca in autotutela della concessione edilizia e dell’ordine di demolizione delle opere eventualmente già realizzate, con acquisizione dell’area al patrimonio demaniale (Cass. Civ., Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 25113).

Pertanto, anche nel caso in cui il notaio riceva l’incarico da un chiamato all’eredità di redigere l’inventario dei beni del de cuius, l’adempimento secondo diligenza dell’incarico di procedere ad accettazione con beneficio d’inventario impone al medesimo notaio, in una prospettiva finalistica, di illustrare al cliente il contenuto e gli effetti dell’atto, avvertendolo dunque anche degli ulteriori adempimenti necessari affinché lo scopo perseguito possa essere raggiunto, ma detta prestazione accessoria a tanto si arresta, ossia, nella adeguata informazione del cliente sugli adempimenti da compiersi successivamente, sulle relative modalità e termini Cass. Civ., Sez. III, 13 settembre 2023, n. 26419.

 

L’accertamento della libertà del bene immobile

Il soggetto che si rivolge ad un notaio per stipulare un determinato atto, così affidandogli - in mancanza di una clausola di espresso esonero - anche il compito di effettuare le necessarie indagini sulla libertà da vincoli dei beni oggetto di quell’atto, non può certo essere ritenuto corresponsabile dell’omissione di dette indagini, commissionate al notaio stesso, ragione per cui, non può, quindi ravvisarsi alcun concorso colposo del danneggiato nella causazione dell’evento dannoso conseguente all’omessa verifica della libertà del cespite interessato dal rogito (Cass. Civ., Sez. III, 15 febbraio 2022, n. 4911).

Pertanto, il notaio che, chiamato a stipulare un contratto di compravendita immobiliare, ometta di accertarsi dell’esistenza di iscrizioni ipotecarie pregiudizievoli sull’immobile, può essere condannato al risarcimento del danno consistente nel pagamento della somma complessivamente necessaria per la cancellazione del vincolo, la cui determinazione deve essere rimessa al giudice di merito. Ciò posto, l’attività preparatoria che rientra nei doveri di diligenza dell’attività notarile deve essere svolta in tempi utili a garantire la corrispondenza dell’esito delle ricerche effettuate con le condizioni del bene che vengono descritte nell’atto, sia in ragione della necessità di assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici di esso, sia in funzione della realizzazione sostanziale della funzione di pubblico ufficiale (Cass. Civ., Sez. III, 15 giugno 2018, n. 15761).

In particolare, il notaio che roga un atto concernente una proprietà superficiaria, che egli stesso dica esistente su bene demaniale in forza di una concessione, deve preoccuparsi, constandogli nella prospettazione dei clienti tale particolare qualità della detta proprietà, di indagare, prima di rogare l’atto e di prevedere che la proprietà sia oggetto di garanzia, se la concessione sia tuttora in essere e, in caso positivo, anche per quale tempo lo sia, sì che sia la relativa indagine sia il suo risultato possano dirsi rientrare nell’àmbito dell’attività esigibile dal notaio quale espressione del c.d. dovere di consiglio del notaio, e, prima ancora, nell’àmbito dei doveri di accertamento connessi alla diligenza professionale come scolpita dall’art. 28 della legge professionale (L. n. 89/1913), ed in ogni caso dalla norma civilistica sulla diligenza. Ciò non solo sulla base dell’esigibile conoscenza da parte del notaio del regime generale dei beni demaniali e delle sue implicazioni sui diritti derivati, ma comunque ed in primo luogo della necessaria dovuta conoscenza dei termini e delle condizioni in cui un diritto da alienare che risulti dipendente da un altro, veda regolata tale dipendenza, in modo che la fruttuosità dell’alienazione non possa essere incisa dalla sorte del diritto pregiudicante (Cass. Civ., Sez. III, 3 febbraio 2021, n. 2493).

Tuttavia si è anche affermato il principio che non sussiste la responsabilità professionale del notaio che abbia omesso di indicare la presenza di vincoli limitativi della proprietà su immobili trasferiti mediante atto da lui rogato, quando sia provato che il contraente interessato a tale informazione conosceva certamente l’esistenza di quei vincoli, non ravvisandosi in tale ipotesi né la violazione del dovere di diligenza qualificata previsto dall’art. 1176 c.c., da doversi comunque interpretare alla stregua del canone generale di buona fede, né il nesso di causalità tra l’omessa informazione e la stipulazione dell’atto traslativo (Cass. Civ., Sez. III, 25 agosto 2023, n. 25278; Cass. Civ., Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 25111).

 

Il danno risarcibile dall’omessa verifica di libertà del cespite

Il danno che il notaio rogante il contratto di compravendita di un immobile, il quale abbia omesso di effettuare le dovute visure ipotecarie, è tenuto a risarcire all’acquirente dell’immobile successivamente sottoposto ad esecuzione immobiliare da parte del creditore ipotecario ed aggiudicato ad un terzo, va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dalla parte, e tale pregiudizio, potrà anche essere pari al valore dell’immobile ove il proprietario del bene, a causa dell’omissione colposa del notaio, abbia perduto l’immobile con l’esproprio od a causa del rilascio del bene, poiché diversamente, sul presupposto dell’accertata responsabilità del professionista, questi potrà essere condannato al risarcimento per equivalente commisurato, quanto al danno emergente, all’entità delle somme che gli acquirenti devono corrispondere per soddisfare i creditori e liberare l’immobile dalle formalità pregiudizievoli, al fine di conservarne la proprietà, con la conseguenza che le spese di purgazione rappresenteranno il danno e, nel contempo, la sua misura. Pertanto, nell’ipotesi di immobile venduto con il ministero del notaio, che, a causa dell’omessa verifica delle visure, sia successivamente sottoposto ad esecuzione da parte di un creditore che aveva agito sulla base di gravami esistenti sull’immobile e non rilevati dal professionista, il danno che questi è tenuto a risarcire va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dall’acquirente, ed esso può quindi essere liquidato in misura pari al valore dell’immobile perduto a seguito della vendita forzata o del quale il proprietario abbia comunque perduto la disponibilità, ovvero nella spesa necessaria per ottenere l’estinzione del processo esecutivo e la cancellazione dell’ipoteca, in tale senso lato, va intesa quindi la purgazione dell’immobile, vale a dire la sua sottrazione al rischio di legale evizione nel corso della procedura espropriativa (Cass. Civ., Sez. III, 17 novembre 2020, n. 26192).

Diverso il caso in cui il notaio abbia invece erroneamente trascritto i dati catastali di un’immobile compravenduto con il suo rogito, poiché in tale ipotesi sussiste la sua responsabilità per le conseguenze derivanti dall’erronea trascrizione, da parte del notaio, dei dati catastali dell’immobile compravenduto ed il danno subito dal cliente a causa del pignoramento del bene, avvenuto prima della ritardata rettifica dei dati (Cass. Civ., Sez. III, 28 giugno 2018, n. 17054). In questo caso, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non già dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del danneggiato (Cass. Civ., Sez. III, 25 luglio 2023, n. 22250; Cass. Civ., Sez. III, 15 luglio 2009, n. 16463).

 

La responsabilità per l’adempimento degli obblighi tributari del rogito

Ai sensi dell’art. 10, d.P.R. n. 131/1986 obbligato alla richiesta di registrazione telematica, per atti dallo stesso redatti, ricevuti o autenticati, è il notaio.

Ciò premesso, la notificazione dell’avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata, notificato al notaio rogante che, in sede di rogito di compravendita immobiliare si sia avvalso della procedura di registrazione telematica, ai sensi del D.Lgs. n. 463/1997, come modificato dal D.Lgs. n. 9/2000, ed in tale veste abbia provveduto alla relativa autoliquidazione ed al corrispondente versamento vale, solo, a costituirlo quale responsabile d’imposta, tenuto all’integrazione del versamento, ex art. 13, D.Lgs. n. 472/1997, ma non incide sul principio, fissato dall’art. 57, d.P.R. n. 131/1986, per cui soggetti obbligati al pagamento dell’imposta restano le parti sostanziali dell’atto medesimo (Cass. Civ., Sez. V, 11 giugno 2019, n. 15627; in precedenza Cass. Civ. 5 febbraio 2015, n. 5016). Principio, questo, destinato a rimanere fermo anche nel caso in cui il notaio rogante abbia omesso di provvedere, anche parzialmente, al versamento delle somme destinate al pagamento (Cass. Civ., Sez. V, 12 giugno 2009, n. 13653).

Va poi considerato che in tema di imposta di registro, il notaio rogante opera quale mero responsabile d’imposta, cioè come soggetto obbligato al pagamento dell’imposta per fatti e situazioni esclusivamente riferibili ad altri, al solo fine di facilitare l’adempimento fiscale, di talché egli, pur obbligato a richiedere la registrazione, rimane estraneo al presupposto impositivo, e terzo rispetto al rapporto di debito-credito tra l’Amministrazione finanziaria ed il soggetto passivo del tributo, ragione per cui ne consegue che il pagamento dell’imposta proporzionale di registro effettuato dal contribuente, costituendo adempimento dell’obbligazione tributaria, ha effetti liberatori anche per il notaio rogante, avendo la garanzia ex lege esaurito la sua funzione nel momento stesso in cui venne conseguita la prestazione garantita (Cass. Civ., Sez. VI, 8 febbraio 2023, n. 3807; Cass. Civ., Sez. V, 24 marzo 2022, n. 9538).

Più recentemente, si è statuito che qualora in un atto notarile, anche registrato telematicamente, vengano enunciate disposizioni di altri atti, scritti o verbali, posti in essere dalle medesime parti, ma non già registrati, la cui configurazione giuridica non richiede accertamenti di fatto ovvero extratestuali, né valutazioni interpretative particolarmente complesse, purché, trattandosi di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso, e gli effetti dei medesimi non siano già cessati o cessino con l’atto che li enuncia, l’imposta dovuta per tali atti - in virtù della previsione di cui all’art. 22, d.P.R. n. 131/1986 - deve qualificarsi come imposta principale e, per richiederla in rettifica dell’autoliquidazione, l’Ente impositore può legittimamente emettere un avviso di liquidazione ai sensi degli artt. 42, comma 1, primo periodo, d.P.R. n. 131/1986 e 3-ter, comma 1, D.Lgs. n. 463/1997. In tale caso, ai sensi dell’art. 57, comma 1, d.P.R. n. 131/1986, il notaio che ha ricevuto l’atto enunciante, pur se in via dipendente, è responsabile per il pagamento dell’imposta solidalmente con le parti dell’atto stesso (Cass. Civ., SS.UU., 24 maggio 2023, n. 14432).

Alla responsabilità disciplinare del notaio deve ritenersi applicabile il principio secondo cui è necessario che l’illecito sia ascrivibile almeno a titolo di colpa all’autore del fatto, con la conseguenza che, anche per il notaio, l’errore sulla liceità del fatto deve ritenersi rilevante e scriminante qualora esso risulti incolpevole, dovendosi tuttavia desumere il necessario profilo di non colpevolezza dell’errore stesso da elementi positivi idonei ad indurre il professionista all’illecito contestato e non ovviabile con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. Civ., Sez. II, 19 febbraio 2021, n. 4527).

Cass. Civ., Sez. V, 22 febbraio 2023, n. 5515, ha rimesso gli atti al Primo presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite al fine di dirimere il contrasto insorto intorno alla duplice premessa che il notaio è obbligato per il solo pagamento dell’imposta principale e che l’imposta principale è applicata al momento della registrazione anche d’ufficio, per effetto di un arresto giurisprudenziale il quale ha ritenuto che l’imposta applicata alle disposizioni enunciate, in quanto da applicare in sede di registrazione del contratto enunciante, deve parimenti ritenersi imposta principale, essendo tenuto il notaio, quale responsabile di imposta, a corrispondere all’Erario quanto dovuto a fronte della registrazione dell’atto effettuato per il suo tramite, considerando che l’imposta è la medesima che sarebbe stata dovuta in sede di registrazione dell’atto enunciato da parte del contribuente (Cass. Civ., Sez. V, 24 giugno 2021, n. 18113). Sulla scorta di tale sillogismo, si è così affermato che il notaio è responsabile d’imposta ex art. 57, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, con valenza onnicomprensiva, sia in relazione all’atto enunciante che in relazione all’atto enunciato. Tale conclusione è stata, però, posta in dubbio da Cass. Civ., Sez. V., 6 aprile 2022, n. 11118, che ha osservato che l’art. 10, lett. b), e l’art. 57, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 31, limitano l’obbligazione gravante a carico dei notai, rispettivamente, per la registrazione e per il pagamento dell’imposta di registro agli atti da essi redatti, ricevuti od autenticati, rispetto ai quali soltanto la funzione di responsabile oltre che di percettore d’imposta può trovare giustificazione nel ruolo istituzionale di pubblico ufficiale rogante o autenticante. Invero, estendendo l’obbligazione al pagamento dell’imposta di registro per gli atti enunciati si travalicherebbe il confine segnato dalle norme richiamate, ponendo a carico del notaio una responsabilità fiscale per contratti o negozi unilaterali rispetto ai quali egli non ha svolto alcuna funzione per volontà delle stesse parti. Per cui, una diversa esegesi dell’ordito legislativo - oltre a porsi in dissonanza con la rivisitata ricostruzione dell’imposta di registro in termini di imposta d’atto - verrebbe a dilatare la responsabilità fiscale del notaio in relazione a fattispecie formate da o tra soggetti privati, rispetto alle quali egli non era obbligato ab origine alla registrazione né al pagamento dell’imposta di registro, essendo rimasto assolutamente estraneo alla loro formazione.

 

Responsabilità disciplinare e prescrizione

In tema di responsabilità disciplinare del notaio, il divieto imposto dall’art. 28, comma 10, n. 1, L. n. 89/1913 e sanzionato con la sospensione a norma dell’art. 138, comma 2, della medesima legge, di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge, è violato nel momento stesso della redazione della clausola nulla inserita in un atto rogato dal professionista, in quanto la redazione della clausola segna il momento di consumazione istantanea dell’illecito, sul quale non possono spiegare efficacia sanante o estintiva della punibilità eventuali rimedi predisposti dal legislatore, quale, ad esempio, la possibile stipula di un atto di conferma per conservare l’atto ai fini privatistici (Cass. Civ., Sez. II, 31 luglio 2020, n. 16519; Cass. Civ., Sez. II, 29 agosto 2019, n. 21828).

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile da parte del danneggiato (Cass. Civ. 15 luglio 2009, n. 16463; Cass. Civ. 8 maggio 2006, n. 10493). Tuttavia, è stato, inoltre, precisato che l’azione di responsabilità contrattuale nei confronti del notaio presuppone la produzione del danno, ancorché l’inadempimento sia stato posto in essere in epoca anteriore, con la conseguenza che il termine di prescrizione non può iniziare a decorrere prima del verificarsi del pregiudizio di cui si chiede il risarcimento (Cass. Civ., Sez. III, 13 dicembre 2019, n. 32793; Cass. Civ., Sez. III, 22 settembre 2017, n. 22059; Cass. Civ., Sez. III, 22 settembre 2016, n. 18606).