La Transazione:
1. lineamenti generali

 

La transazione è un contratto concluso tra due o più parti al fine di porre termine ad una lite già iniziata o di prevenirla, qualora sussista il serio pericolo che la stessa possa essere instaurata.

Si tratta di un contratto tipico, espressamente regolato dal codice civile, che nell'art. 1965 lo definisce come "il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere fra loro".

Gli elementi caratterizzanti sono quindi costituiti dallo stato di incertezza, anche solo soggettivo, riguardo ad una situazione giuridica e dallo scopo delle parti di porvi termine, sia nel caso in cui una vertenza sia già stata instaurata dinanzi all'autorità giudiziaria e sia nel caso in cui si voglia prevenirne l'insorgenza.

Altro elemento essenziale è costituito dalle concessioni reciprocamente effettuate dalle parti al fine di raggiungere l'accordo. In altri termini è necessario che il regolamento di interessi predisposto attraverso l'accordo transattivo realizzi una via di mezzo fra le contrastanti pretese delle parti. Tuttavia, la corrispettività dei sacrifici non va considerata in relazione alle effettive situazioni giuridiche, ma piuttosto alle rispettive pretese, cioè alle situazioni giuridiche affermate dalle parti, prescindendo quindi dal loro reale fondamento.

L'accordo transattivo riveste una funzione di grande importanza per le parti, in quanto, da un lato evita le incertezze, le lungaggini e le inevitabili delusioni di un giudizio, e dall'altro contribuisce al bilanciamento degli interessi delle parti attraverso vicendevoli sacrifici.

Nonostante l'indubbia utilità del contratto di transazione, vanno segnalate alcune limitazioni al suo utilizzo.

Non tutti i diritti delle parti possono infatti costituire oggetto di una transazione, da circoscriversi alle controversie relative a diritti disponibili (art. 1966 cod. civ.).

In materia di rapporti di lavoro (e di collaborazione soggetti al rito del lavoro, quale ad esempio il contratto di agenzia svolto dall'agente in maniera prevalentemente personale), l'art. 2113 cod. civ., 1° comma, dispone che le rinunce e le transazioni su diritti derivanti da disposizioni inderogabili della legge o dei contratti collettivi sono invalide. A ulteriore garanzia del titolare dei diritti, il secondo comma stabilisce che l'impugnazione deve essere proposta, anche con un atto stragiudiziale, entro sei mesi dalla cessazione del rapporto o dalla data dell'atto, se rinunce o transazioni siano perfezionate dopo l'estinzione del rapporto.

La transazione deve essere conclusa da soggetti capaci di disporre dei propri diritti (art. 1966, c.c.).

Parti della transazione possono essere, oltre alle persone fisiche, persone giuridiche o altri enti. Hanno il potere di concludere transazioni il curatore fallimentare (art. 35 L.F.), il sequestratario d'azienda, il commissario giudiziale nella fattispecie dell'amministrazione controllata (art. 191 L.F.), il commissario liquidatore nel caso di liquidazione coatta amministrativa (art. 206 L.F.) ed il commissario nell'ipotesi di amministrazione straordinaria di grandi imprese in crisi.

Per quanto attiene all'applicazione dell'imposta di registro, l'art. 29 del D.P.R. 26/04/86 n. 131 così dispone: "Per le transazioni che non importano trasferimento di proprietà o trasferimento o costituzione di diritti reali l'imposta si applica in relazione agli obblighi di pagamento che ne derivano senza tenere conto degli obblighi di restituzione né di quelli estinti per effetto della transazione; se dalla transazione non derivano obblighi di pagamento l'imposta è dovuta in misura fissa".

Figure affini

Tenendo presenti le caratteristiche della transazione, appaiono evidenti le differenze esistenti non solo con riferimento alla conciliazione in giudizio (ex art. 185 c.p.c.) che presuppone l'intervento dell'autorità giudiziaria, ma anche in relazione ad altre forme di composizione stragiudiziale della lite, quali la rinuncia ed il compromesso.

La rinuncia comporta, infatti, non un equo contemperamento di interessi tra le parti, ma il sacrificio esclusivo di una di esse, che in sostanza accetta il punto di vista della controparte.

Con il compromesso, invece (art. 806 c.p.c.), la composizione della lite non avviene per mezzo di un accordo negoziale fra le parti, bensì mediante deferimento della controversia ad uno o più arbitri, la cui decisione acquisterà valore vincolante analogo a quello proprio delle sentenze (art. 825 c.p.c.).

Transazione semplice, complessa e novativa

In linea generale i contratti di transazione possono distinguersi tra transazioni semplici, transazioni complesse e transazioni novative. Esamineremo sinteticamente qui di seguito le differenti caratteristiche di ciascuna tipologia.

Transazioni semplici e complesse

La prima distinzione individuabile nel contratto d transazione è quella tra transazione semplice e transazione complessa.

Nella prima ipotesi, le reciproche concessioni delle parti restano nell'ambito della situazione giuridica dedotta in lite, mentre nella seconda le medesime trascendono dalla sfera del rapporto litigioso e coinvolgono interessi estranei alla lite.

Quest'ultima ipotesi è contemplata dal 2° comma dell'art. 1965 cod. civ. che prevede la possibilità, attraverso reciproche concessioni delle parti, di creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti.

In altri termini, con il contratto di transazione è possibile coinvolgere a vario titolo anche rapporti diversi rispetto a quello che ha dato origine alla controversia per la cui definizione è stato posto in essere in negozio transattivo.

Transazione novativa

Frequentissima e quasi costane nella prassi contrattuale è poi la cosiddetta transazione novativa. In questa ipotesi il rapporto controverso, sulla base di uno specifico accordo delle parti, viene interamente estinto e sostituito con un altro, dal quale derivano nuove obbligazioni incompatibili con le precedenti.

La giurisprudenza ha avuto modo di precisare in proposito che si configura transazione novativa anche in difetto di un'espressa manifestazione di volontà delle parti, quando il complesso dei patti transattivi sia incompatibile con la sopravvivenza del pregresso rapporto (Cass. 19/5/2003, n. 7830 ).

Le conseguenze pratiche della più intensa efficacia con cui agisce la transazione novativa si manifestano in due differenti direzioni: risoluzione per inadempimento e garanzie reali e personali connesse al rapporto preesistente.

La transazione novativa, salvo diversa espressa volontà delle parti (art. 1976 cod. civ.) esclude per definizione la possibilità di risoluzione per inadempimento, non potendo verificarsi una reviviscenza del rapporto preesistente.

Per quanto concerne invece le garanzie che accompagnano il rapporto preesistente, mentre nella transazione ordinaria esse sopravvivono all'accordo oggetto di transazione, estendendosi al nuovo rapporto, nella transazione novativa decadono, salva l'espressa riserva delle parti (art. 1232 cod. civ.).

Effetti

La transazione, in linea di principio, al pari di ogni altro contratto, ha effetto solo fra le parti che la stipulano. Non può escludersi tuttavia che in un accordo transattivo siano contenute anche pattuizioni a favore di terzi. Non esiste infatti alcuna incompatibilità tra il contratto a favore di terzo e la transazione, in quanto, se questa richiede reciproche concessioni tra le parti, ciò non contrasta con il fatto che dal contratto a favore di terzo derivano a costui solo diritti e non anche obblighi, dal momento che le reciproche concessioni sono a carico delle parti, ed il terzo non è parte, ma un estraneo, sul quale per volontà dei contraenti, si riflettono effetti contrattuali a lui favorevoli.

Per quanto attiene all'efficacia del contratto transattivo nel tempo, in generale è da escludersi una efficacia retroattiva, ferma restando peraltro la libertà delle parti di farne retroagire gli effetti nell'esercizio del loro potere di autonomia.

Forma

La forma scritta per il contratto di transazione è richiesta solo ad probationem (art. 1967 cod. civ.) e cioè non per la validità del contratto ma per fornire la prova della sua esistenza.

Unica eccezione a questa regola di carattere generale è prevista per i casi di transazione aventi ad oggetto controversie relative a rapporti giuridici che concernono beni immobili, diritti reali immobiliari o altri rapporti ad essi assimilati (art. 1350 cod. civ. n. 12), nel qual caso la forma scritta si configura quale elemento essenziale del contratto, pena la nullità del negozio stesso (Cass. 02/07/03 n. 10456). E' inoltre necessaria la trascrizione per i diritti immobiliari (art. 2643 cod. civ. n. 13) e per i beni mobili registrati (art. 2684 cod. civ. n. 4).

Di norma tuttavia, qualora si raggiunga un accordo di carattere transattivo è certamente preferibile formalizzarlo per iscritto, proprio ad evitare che il contratto concluso per prevenire una lite ne faccia sorgere un'altra in ordine alla sua esistenza, interpretazione od efficacia.