SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Sentenza 9 novembre 2001 - 21 maggio 2002 n.7468
(Presidente Mileo - Relatore Cuoco)
Svolgimento del processo
Con ricorso al pretore di Roma in funzione di giudice del lavoro G. D. L., sostenendo di avere lavorato con mansioni di facchino addetto alla portineria presso l'albergo H. S.p.a. dal gennaio 1994 al settembre 1995, attraverso una pluralità di assunzioni a termine (previste dalla contrattazione collettiva del settore), chiese che, accertata la nullità dei termini apposti ai singoli contratti, per l'assenza delle condizioni che li legittimavano, si dichiarasse l'esistenza d'un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato con mansioni di sesto livello e l'illegittimità dei licenziamenti verbali man mano intervenuti, si ordinasse l'immediata reintegrazione nel posto di lavoro, e si condannasse la società al pagamento delle differenze retributive.
A seguito di prova testimoniale, il pretore respinse la domanda.
Avverso la predetta sentenza il G. D. L. propose appello, lamentando l'erroneità della decisione, nella parte in cui il pretore aveva respinto la domanda in quanto aveva ritenuto che "l'inerzia del lavoratore protrattasi per quasi un anno, senza che fosse intervenuta una qualunque iniziativa tesa alla ricostituzione del rapporto, letta alla luce di altre circostanza (il ricorrente giù in passato aveva più volte rifiutato le offerte di lavoro), dimostrava il suo concreto disinteresse, ed era espressione d'un mutuo consenso alla risoluzione del rapporto".
Con sentenza del 29 maggio 2000 la Corte d'appello di Roma respinse l'appello.
La sentenza afferma preliminarmente che l'inammissibilità dell'appello per il giudicato, formatosi a seguito della mancata censura di alcune ragioni (in particolare, il giudicato avente per oggetto il muto consenso delle parti alla risoluzione del rapporto), è ipotizzabile solo ove la ragione sia autonomamente sufficiente a sorreggere la decisione. E tuttavia, nel caso in esame le ragioni per le quali era stato eccepito il giudicato non erano autonome, bensì ulteriori argomentazioni poste a base della decisione stessa.
Nel merito, la stessa sentenza osserva che la stipulabilità dei contratti a termine è stata oggetto di adeguamento legislativo alla realtà socio-economica, con molteplici disposizioni, e, in particolare, con l'articolo 23 della legge 56/1987, la cui ragione è l'agevolazione del mercato del lavoro. E questa disposizione attribuisce alla contrattazione collettiva la possibilità di definire nuove ipotesi di legittima apposizione del termine, diverse e più ampie nei confronti di quelle previste dalla legge. La definizione è stata poi effettuata con l'articolo 57 del contratto collettivo nazionale di lavoro 17 dicembre 1994, ove si esige solo che il servizio "speciale" si inserisca a banchetti o ad altre esigenze, per le quali non sia possibile sopperire con il normale organico, quali incontri, convegni, fiere, congressi, manifestazioni.
Esaminando il caso in controversia, la Corte d'appello afferma che il G. D. L. era utilizzato dalla società come extra, per speciali servizi giornalieri, senza ritmi fissi prestabiliti, con libertà di rispondere o meno alla chiamata (che spesso aveva rifiutato), ed era retribuito in proporzione alla durata oraria dei servizi prestati; inoltre egli non aveva l'obbligo della disponibilità e non era emerso alcun elemento idoneo a provare che egli fosse inserito nella turnazione aziendale dei dipendenti. I rapporti instaurati fra il G. D. L. e la società, per la specialità del servizio e la durata giornaliera della prestazione, erano pertanto inquadrabili nel modulo previsto dall'articolo 23 del terzo comma della legge 56/1987 e dalle norma collettive ivi richiamate.
Per la cassazione di questa sentenza ricorre G. D. L., percorrendo le linee di 5 motivi, coltivati con memoria; l'Hilton Italiana spa resiste con controricorso ed a sua volta propone ricorso incidentale condizionato, coltivato con memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, denunciando per l'articolo 360 numeri 3 e 5 Cpc violazione e falsa applicazione dell'articolo 12 delle preleggi nell'interpretazione dell'articolo 23 della legge 56/1987 nonché carente e contraddittoria motivazione, il ricorrente sostiene che, dopo la legge 230/62, "nessuna delle legge successive assegna al datore di lavoro la facoltà meramente arbitraria di stipulare contratti a termine in ogni occasione che egli ritenga opportuna". Le leggi successive devono essere lette nel quadro della legge generale, che ne è "madre", e di cui sono modificazioni.
In questo quadro, la legge 56/1987 e la successiva normativa collettiva prevedono due condizioni "concorrenti", che conferiscono legittimità al contratto "extra":
a) la specialità dell'occasione (poi precisata dall'articolo 57 del contratto collettivo nazionale di lavoro 17 dicembre 1994: banquetting, meeting, convegni, fiere, congressi, manifestazioni, presenze straordinarie e non prevedibili di gruppi);
b) l'impossibilità di dare all'occasione speciale una concreta risposta organizzativa con il normale organico.
Con il secondo motivo, denunciando per l'articolo 360 numeri 3 e 5 Cpc violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 3 della legge 230/62 e dell'articolo 5 della legge 604/66 nonché carente e contraddittoria motivazione, il ricorrente sostiene che, poiché il contratto extra è una species del contratto a termine, e poiché il datore ha l'onere di giustificare la risoluzione del pur breve rapporto di durata giornaliera, è il datore che ha l'onere della prova delle condizioni che legittimano il contratto extra. Acriticamente accettando la tesi difensiva della società, la Corte d'appello di Roma "finisce con l'addossare al lavoratore l'onere di provare l'illegittimità" dei singoli contratti.
Con il terzo motivo, denunciando per l'articolo 360 numeri 3 e 5 Cpc violazione e falsa applicazione dell'articolo 416 Cpc nonché carente e contraddittoria motivazione, il ricorrente sostiene che, producendo i prospetti delle presenze mensili e delle liste degli extra e segnalando l'abnorme utilizzo di questi particolari contratti, egli "aveva dedotto che l'arrivo dei gruppi era preventivamente programmato nel corso dell'anno, e che la società utilizzava personale extra per attendere all'ordinario svolgimento della propria attività". E la società, limitandosi a contestare in modo generico i dati, non aveva provato che "le chiamate dei lavoratori extra avvenivano per specifiche manifestazioni speciali ed ancor meno che alle stesse non poteva essere sopperito con il normale organico", ed ancor meno che il G. D. L. fosse adibito alle predette manifestazioni.
Con il quarto motivo, denunciando per l'articolo 360 numeri 3 e 5 Cpc violazione e falsa applicazione dell'articolo 23 della legge 56/1987 nonché carente e contraddittoria motivazione, il ricorrente sostiene che i sevizi speciali in esame, ben distinti dai servizi "definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario ed occasionale" (come previsti dall'articolo 1 secondo comma lettera c) della legge 230/62), rientrano nella normale attività d'un albergo di grandi dimensioni; e tuttavia per essere giustificati devono essere speciali, in quanto contrapposti ai servizi ordinari.
E nella sentenza impugnata, pur precisandosi che i servizi speciali ineriscono ad esigenze per le quali non sia possibile sopperire con il normale organico, "manca del tutto ogni riferimento concreto a fatti e deduzioni che dimostrino le dimensioni del normale organico, la specialità del servizio e l'impossibilità di sopperire con il normale organico".
Ciò che legittima il contratto extra, aggiunge il ricorrente, non è solo l'esigenza del servizio speciale e la relativa coincidenza temporale con il servizio stesso, bensì l'esigenza di adibire il lavoratore allo specifico servizio speciale; e tuttavia la società non solo non aveva provato l'impossibilità di sopperire all'esigenza del servizio con il normale organico, bensì non aveva provato di aver adibito il Di Lullo allo stesso servizio speciale. La disciplina del contratto extra, pur avendo la funzione di "facilitare il mercato del lavoro", è diretta anche a combattere l'abuso dello strumento ed "evitare che si trasformi in un mezzo di elusione costante e programmata della normativa generale"; la necessità di colpire le elusioni esige il rigore di questa prova, sottolineato anche dalla giurisprudenza di legittimità.
Con il quinto motivo, denunciando per l'articolo 360 numeri 3 e 5 Cpc violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1371 Cc nell'interpretazione dell'articolo 57 del contratto collettivo nazionale di lavoro 17 dicembre 1994 del settore nonché carente e contraddittoria motivazione, il ricorrente sostiene che in base a questa norma contrattuale, interpretata nel suo contenuto letterale e secondo la comune intenzione delle parti, i servizi speciali sono legittimati da esigenze alle quali non sia possibile sopperire con il normale organico.
E tuttavia la sentenza "giunge alla conclusione che tutte quelle indicate dalla società, per il solo fatto di essere enunciate, siano esigenze per le quali non sia possibile sopperire con il normale organico". Conclusione che dà per attuato un processo normativo che esigerebbe profonde modifiche, anche costituzionali; di ciò è riscontro anche il fatto che solo la successiva contrattazione collettiva integrativa territoriale del 31 dicembre 2000 ha ampliato le ipotesi dei contratti extra, consentendoli anche per rinforzi temporanei dell'organico conseguenti ad un incremento rilevante dell'attività o per sostituzioni di personale in organico per malattie brevi.
Con il ricorso incidentale condizionato, l'H., rilevando che le affermazioni del pretore, relative alla consensuale risoluzione del rapporto per i reiterati rifiuti delle offerte fatte dalla società al lavoratore e per la lunga inerzia di questi con mancata offerta di prestazione negli intervalli non lavorati, non impugnate con l'atto di appello, costituivano giudicato, ha eccepito l'inammissibilità del ricorso principale.
2. Essendo oggettivamente e soggettivamente connessi, i ricorso devono essere riuniti.
3. Al fondo dei motivi proposti con il ricorso principale è la risonanza di un'unica ragione, intorno alla quale ruotano tutte le argomentazioni: il contratto per servizi speciali esige che il datore di lavoro provi non solo la specialità del servizio, in occasione del quale è stipulato il contratto, bensì che il lavoratore sia adibito al servizio stesso e che a questo non sia possibile sopperire con il normale organico.
I motivi, che per la loro interconnessione devono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.
4. La disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, contenuta nella legge 230/62 (che consente l'apposizione del termine soltanto in alcune ipotesi determinati: articoli 1, 4, 6) ha avuto, oltre che espressa integrazione (dpr 1525/63; articolo 11 della legge 1204/71, per la sostituzione di lavoratrici madri; articolo 8bis del decreto legge 17/1983, convertito nella legge 79/1983), significative modifiche, per regolare situazioni particolari ove il termine aveva obiettiva giustificazione.
Fra queste, assumeva particolare significato, per l'estensione oggettiva e per la qualificazione soggettiva (con la legittimazione dei sindacati ad individuare, senza oggettivi limiti, ipotesi di contratti e numero di lavoratori), l'articolo 23 primo comma della legge 56/1987 (che consentiva l'apposizione d'un termine "nelle ipotesi individuate nei contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali"); incisivo, è anche l'articolo 8 secondo comma della legge 223/91 (che ancora consente il termine nei contratti con i lavoratori in mobilità); in più limitato spazio si poneva la legge 84/1986 (per l'assunzione di personale a termine nelle aziende di trasporto aereo ed esercenti servizi aeroportuali). Disciplinavano il settore in esame l'articolo 1 del decreto legge 876/77, convertito nella legge 18/1978 (e relative proroghe, per legge 737/78 e legge 598/79, ove si consentiva "l'apposizione d'un termine alla durata del contratto, quando si verifica, in determinati e limitati periodi dell'anno, una necessità di intensificazione dell'attività lavorativa, cui non sia possibile sopperire con il normale organico"), e l'articolo 23 terzo comma della legge 56/1987 (ora in controversia).
Attraverso lo snodarsi di queste disposizioni si delinea, quale trend normativo, la progressiva apertura al termine contrattuale; tendenza che, nella materia in esame, trova la sua specificazione nelle singole norme collettive (fra le quali l'articolo 57 del contratto nazionale 17 dicembre 1994; disciplina collettiva che assume ulteriore sviluppo nell'articolo 21 del contratto integrativo del 31 dicembre 2000, con cui si consentono rinforzi temporanei dell'organico conseguenti ad un incremento rilevante dell'attività e sostituzione del personale in organico per malattie brevi, per tre giorni consecutivi).
La tendenza sbocca poi nel decreto legislativo 368/01, che abroga espressamente la legge 230/62 (con le successive modificazioni), l'articolo 8bis della legge 79/1983 e l'articolo 23 della legge 56/1987).
Questo decreto legislativo, espressamente ridisciplinando la materia, consente in via generale "l'apposizione d'un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato, a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo" (la giustificazione del termine è delimitata con un parametro che richiama quello che, nell'ambito del potere datorile ex articolo 41 della Costituzione, consente ' in più ristretto spazio, che non prevede ragioni di carattere "sostitutivo" - il trasferimento del lavoratore ex articolo 2103 Cc, e quello che ' in uno spazio maggiormente ristretto, che non prevede ragioni di carattere "organizzativo" - consente il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ex articolo 3 legge 604/66).
L'indicata tendenza, tuttavia, aveva (e tuttora conserva) il proprio limite (confermato anche da Corte costituzionale 41/2000) nella direttiva comunitaria 70/1999 (emessa in attuazione dell'accordo quadro concluso il 18 marzo 1999 fra le organizzazioni intercategoriali, ove si "considera che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità della vita dei lavoratori interessati ed a migliorare il rendimento", si afferma la necessità che il termine abbia giustificazione in condizioni oggettive, e si fissano principi per evitare abusi derivanti dall'utilizzazione dei contratti a tempo determinato). E questo limite, espressamente richiamato dal nomen e del preambolo, è recepito nel fondamento stesso del decreto legislativo 368/01; poiché per il contratto a termine è necessario un atto scritto e motivato (articolo 1 secondo comma; ovvero, per brevi periodi ex articolo 1 quarto comma, la necessaria prova delle relative ragioni) ed illegittime proroghe vanificano il termine stesso (articolo 5 secondo, terzo e quarto comma), il termine costituisce deroga d'un generale sottinteso principio: il contratto di lavoro subordinato, per sua natura, non è a termine.
5. In questo sviluppo storico si inserisce la disposizione in esame (articolo 23 terzo comma della legge 56/1987), per cui "nei settori del turismo e dei pubblici esercizi è ammessa l'assunzione diretta di manodopera per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore ad un giorno, determinata dai contratti collettivi stipulati con i sindacati locali o nazionali".
È da osservare che la nuova normativa non solo non ha effetto retroattivo, bensì con l'articolo 11 prevede una limitata ultra ' attività della pregressa disciplina; la protrazione, dopo il proprio ingresso, dell'efficacia delle clausole dei contratti collettivi stipulati (come quello in esame) ai sensi dell'articolo 23 della legge 56/1987, nonché dei contratti individuali di lavoro (come quello in controversia); d'altro canto, la nuova normativa, pur abrogando, nel settore in controversia, l'articolo 23 della legge 56/1987, ne ha testualmente rinnovato il terzo comma con una disposizione (articolo 10 terzo comma) che modifica solo la durata del contratto (elevata a tre giorni) ed il termine per la relativa comunicazione (elevato a cinque giorni), poi sottraendo lo stesso rapporto al proprio campo di applicazione.
Come è stato osservato (Cassazione 9892/98), l'articolo 23 terzo comma della legge 56/1987, è diretto a facilitare particolari esigenze organizzative dell'azienda, e, simmetricamente, ad evitare abusi da parte del datore.
Questa disposizione, e l'articolo 10 del terzo comma del nuovo decreto legislativo che la riproduce, si limitano ad indicare la generica ipotesi che consente la stipulazione del contratto: l'esecuzione di "speciali servizi". Il concetto di "specialità" quivi indicato non ha una natura negativa (assenza del carattere generale, connesso alla generale funzione dell'azienda ed all'ordinaria natura dei relativi servizi), né oggettiva (la disposizione non indica quali sono i caratteri oggettivi del servizio speciale), bensì relativa, in quanto il servizio è definito attraverso la normativa collettiva. In tal modo, il servizio è speciale solo in quanto appartiene ad una particolare "specie": la specie "determinata" dalla normativa collettiva (conduce a questa interpretazione anche la particolare collocazione dell'aggettivo "speciali", il quale precede, non segue, il sostantivo "servizi").
Poiché il servizio speciale non è caratterizzato da imprevedibilità, né da straordinarietà, né da eccezionalità bensì solo dalla sua definizione attraverso la norma collettiva, è ipotizzabile anche la sua legittima preventiva programmazione da parte dell'azienda.
In base a questa premessa, si condivide quanto affermato da questa corte (Cassazione 13877/01).
La disposizione legislativa in esame è costituita da un modulo: uno spazio generico, che trova specificazione in un elemento esterno: una disposizione collettiva (come in altre ipotesi, il legislatore ritiene che la volontà collettiva, poiché è più vicina alla situazione da disciplinare ed è formata con adeguate garanzie, sia più idonea ad individuare la disciplina da applicare; strumento, questo, che consente non solo l'indiretto ed agevolato ingresso delle esigenze dei singoli nel modulo normativo, bensì, attraverso un permanente rinvio, il costante adeguamento del modulo al loro mutare nel tempo).
Attraverso questo modulo, la legge non solo non specifica la natura ed i caratteri del servizio, bensì non fissa neanche la linee generali del concetto di servizio: si limita a delegare alla norma collettiva l'integrale definizione del servizio stesso: in tal modo, la definizione legislativa del servizio è formulata per relationem, attraverso un'esterna disciplina (cui la disposizione rinvia).
6. Nella situazione in controversia, la disposizione che integra la norma di legge è l'articolo 57 del Ccnl 17 dicembre 1993, ove si prevede l'assunzione determinata da "esigenze per le quali non sia possibile sopperire con il normale organico, quali meeting, convegni, fiere, congressi, manifestazioni, presenze straordinarie non prevedibili di gruppi, nonché eventi similari".
Queste esigenze, che, come definite dalla disposizione collettiva, conferiscono carattere "speciale" al servizio, costituiscono il presupposto del contratto in esame.
È poi necessario che il servizio abbia una durata non superiore ad un giorno. Poiché la durata inerisce allo stesso servizio (e non al contratto), la disciplina in esame non consente la stipulazione del contratto di durata giornaliera per l'esecuzione d'un servizio che ecceda la durata di un giorno.
È poi necessaria l'adibizione del lavoratore allo speciale servizio previsto dalla norma collettiva. Ed invero, il rapporto normativamente delineato non è mera coincidenza cronologica, né generica occasionalità fra situazione ed assunzione del lavoratore (per cui il lavoratore extra, in occasione dell'esigenza dello speciale servizio, potrebbe essere addetto a servizi diversi da questo, ed a questo potrebbero essere addetti, attraverso scorrimento di mansioni, lavoratori non extra): la disposizione delinea uno specifico rapporto causale fra assunzione ed esecuzione del servizio. Il rapporto investe in tal modo lo stesso contratto di lavoro: è necessario che il servizio speciale sia la causa e l'esecuzione del contratto.
Nell'ambito di questa adibizione, non è sufficiente che al servizio speciale il lavoratore sia addetto in misura prevalente (nell'ambito d'un singolo contratto giornaliero, come nell'ambito d'una pluralità di contratti).
Irrilevante è (come la stessa difesa ricorrente riconosce: memoria, pagine 5 e 6) la frequenza e la ripetitività dei servizi speciali e delle stesse assunzioni giornaliere: i fatti assumerebbero rilievo solo ai fini della prova dell'esistenza d'un unico materiale rapporto di lavoro (solo formalmente coperto da contratti giornalieri), che è estraneo alla controversia.
È tuttavia da osservare che le "esigenze per le quali non sia possibile sopperire con il normale organico" (l'espressione, letteralmente rievocando la formula utilizzata dall'articolo 1 primo comma, prima parte, del decreto legge 876/77, convertito in legge 18/1978, intende inserirsi nella logica di questa norma) non sono singole concrete contingenti esigenze in quanto eccedenti la singola concreta contingente dimensione dell'organico aziendale, bensì un tipo di esigenza che per la sua stessa natura determina un'eccedenza in relazione all'organico normalmente presente nel tipo di azienda: non è un parametro concreto, bensì astratto, costituito dal rapporto fra tipo di esigenze e tipo di azienda (a questa lettura conduce la stessa astratta esemplificazione contenuta nella disposizione).
Da ciò discende che ogni evento esemplificativamente indicato dalla disposizione, poiché rientra, per definizione, nello spazio normativo delle "esigenze per le quali non sia possibile sopperire con il normale organico", reca in se stesso, per la sua stessa natura, l'esigenza del lavoro extra, che legittima il contratto giornaliero: poiché l'impossibilità, che la norma ipotizza, è imminente agli eventi indicati, non ne è necessaria la prova.
L'assunto del ricorrente, baricentro dell'impugnazione (ricorso, pagine 8, 10, 14, 17, 20), per cui sarebbe necessaria la specifica prova che alle esigenze dei particolari servizi indicati dalla società non era possibile sopperire con il normale organico, è pertanto infondata.
Non essendo necessario accertare specificamente l'impossibilità di sopperire con il normale organico alle esigenze (che avevano richiesto i singoli servizi), resta irrilevante anche il numero dei lavoratori presenti ed il numero dei lavoratori necessari nella singola manifestazione (numeri di quali il ricorrente sostiene la necessità della prova: memoria, pagina 6). È peraltro da aggiungere che la valutazione del numero dei lavoratori necessari nella singola contingente manifestazione è elemento che, rientrando nella discrezionalità del datore, sfuggirebbe al controllo del giudicante.
Poiché il vincolo nascente del contratto in esame è caratterizzato da un rapporto di durata limitata al giorno nel quale è prevista la prestazione, e poiché, ove non sia in discussione la dissimulazione d'un rapporto a tempo indeterminato, l'eventuale trasformazione dei singoli rapporti in un rapporto a tempo indeterminato sarebbe determinata solo dall'inesistenza delle condizioni necessarie ai singoli contratti giornalieri (per questa trasformazione, ex plurimis, sezioni unite 10343/93, Cassazione 9892/98, 3843/00, 4841/01), il comportamento del lavoratore nel periodo esterno alla durata del singolo contratto resta irrilevante: irrilevanti, pertanto, non solo l'assenza d'un obbligo di disponibilità fra un contratto ed il successivo (obbligo che, presupponendo l'esistenza d'un unico rapporto, di durata eccedente il giorno, è assente, per definizione, nel contratto giornaliero), bensì i singoli rifiuti che il lavoratore abbia opposto a singole offerte di contratti, nonché l'inerzia del lavoratore stesso nel richiedere nuovi contratti (fatti, che, pur escludendo l'esistenza d'un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non sarebbero peraltro idonei ad escludere che, nell'ambito di singoli periodi di lavoro, sussistano singoli rapporti di lavoro subordinato: per la possibilità che singole pur scarse e saltuarie prestazioni possano integrare, ognuna, singoli rapporti di lavoro subordinato, Cassazione 7304/99).
Da ciò discende che anche le affermazioni al riguardo contenute nella sentenza in esame ("era libero di rispondere o meno alle chiamate che ha spesso rifiutato": sentenza, pagina 6), affermazioni che sono risonanza della confermata motivazione data dal primo giudicante (come espressamente riferita dalla decisione ora impugnata; e che non restano tuttavia determinati nella relativa logica), poiché sono conferenti solo all'esclusione d'un unitario rapporto di lavoro a tempo indeterminato, restano irrilevanti.
Ed invero, nel caso in esame il ricorrente non ha dedotto in controversia l'esistenza d'un proprio obbligo di disponibilità, né, più in generale (per ogni altra ragione, come la simulazione), l'oggettiva materiale esistenza d'un unico rapporto, coperto solo formalmente con contratti giornalieri di lavoro (fatto che avrebbe peraltro richiesto specifica adeguata prova); la stessa abnormità del numero dei contratti giornalieri è stata eccepita solo come argomento di prova d'un vizio intrinseco ai singoli contratti giornalieri (l'insussistenza delle condizioni che li legittimavano).
È ancora da osservare che, essendo in controversia singoli rapporti giornalieri con la loro particolare causa contrattuale, l'irrilevanza dei predetti fatti (assenza d'un obbligo di permanente disponibilità, inerzia del lavoratore negli intervalli non lavorati, rifiuti a specifiche proposte contrattuali della società) rende irrilevante, in quanto estranea al fatto dedotto in controversia, anche l'asserita consensuale risoluzione del rapporto (fondata su questi fatti, ritenuta dal primo giudicante, rievocata e non espressamente rinnegata dalla sentenza d'appello, ed ancora ora, pur subordinatamente, ipotizzata dalla resistente).
Da ciò discende che, in applicazione dell'articolo 384 numero 2 Cpc, la motivazione della sentenza impugnata deve, nel senso precedentemente indicato, essere corretta.
Lo speciale servizio previsto dalla norma collettiva, la sua durata giornaliera, e l'adibizione del lavoratore alla relativa esecuzione, presupposti che legittimano l'apposizione del termine nel contratto, si riassumono nella causa contrattuale: il contratto di lavoro è stipulato per l'esecuzione dello speciale servizio giornaliero.
7. È pertanto da affermare che, nell'ambito dei rapporti ancora soggetti alla disciplina dell'articolo 23 terzo comma della legge 56/1987, come di quelli ora disciplinati dall'articolo 10 terzo comma del decreto legislativo 368/01, il contratto di lavoro è legittimato in quanto abbia come causa lo svolgimento dello speciale servizio, della durata normativamente fissata, previsto dalla disposizione collettiva ("meeting, convegni, fiere, congressi, manifestazioni, presenze straordinarie non prevedibili, non esclusa da un'eventuale programmazione aziendale, non è necessaria la prova dell'inesistenza d'un obbligo di disponibilità del lavoratore nell'intervallo fra i singoli contratti giornalieri (obbligo tipico d'un contratto a tempo indeterminato), né la prova di rifiuti che il lavoratore abbia opposto a singole offerte dell'azienda, né la prova di un'inerzia del lavoratore stesso nel richiedere nuovi contratti.
L'esistenza di questa causa contrattuale (gli speciali servizi giornalieri previsti dalla norma collettiva e l'adibizione del lavoratore alla relativa esecuzione), quale presupposto che legittima l'apposizione del termine nel contratto, deve essere provata da colui che invoca il termine stesso: il datore di lavoro (Cassazione 3843/00).
8. Nel caso in esame, il tribunale, premettendo la nozione di speciale servizio, come configurata dall'articolo 57 del Ccnl 17 dicembre 1994, ha accertato, nel caso in controversia, la concreta esistenza di questi servizi, la loro durata giornaliera, e l'adibizione del G. D. L. alla relativa esecuzione. E l'accertamento è fondato su un elemento di carattere positivo ("il G. D. L. veniva utilizzato dalla società come extra, per speciali servizi giornalieri") e su un elemento di carattere negativo ("non è emerso che egli fosse inserito nella normale turnazione dei dipendenti H. ai fini dello svolgimento dell'attività alberghiera di routine": sentenza, pagina 6).
9. Il ricorrente ha censurato questi fatti solo genericamente; e, in particolare, non ha contestato (in forma specifica ed autosufficiente) la concreta esistenza, in occasione dei singoli contratti giornalieri, delle manifestazioni previste per gli speciali servizi previsti dalla norma collettiva ("meeting, convegni, fiere, congressi, manifestazioni, presenze straordinarie non prevedibili di gruppi, nonché eventi similari"), né la loro durata giornaliera. Ed ha lamentato, genericamente, che fosse provata solo una connessione cronologica ("concomitanza di date": ricorso, pagina 14) fra le manifestazioni ed i contratti e non anche l'adibizione del G. D. L. alla relativa esecuzione.
Ed in particolare, pur attentamente riportando lunghi brani di deposizioni testimoniali, non ha specificato concretamente gli elementi da cui dedurre le ragioni della sostenuta carenza probatoria. D'altro canto, dagli stessi elementi testimoniali emerge, congiuntamente a dichiarazioni genericamente riferite a lavoratori extra, anche lo specifico fatto che il G. D. L. era chiamato solo per l'esecuzione di servizi speciali (ricorso, pagina 5); e questa dichiarazione non risulta altrove negata.
10. Il ricorso principale deve essere respinto. Ed in questa decisione resta assorbita la stessa cognizione del ricorso incidentale.
Le spese sono da compensare, per la novità della situazione dedotta in giudizio.
P.Q.M.
La corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; compensa le spese del giudizio di legittimità.