Cassazione - Sezione 3° civile - sentenza 10/01-22/06/2007, n. 14573
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Presidente Vittoria - Relatore Trifone
Pm Apice - difforme - Ricorrente Sacher Film Srl - Controricorrente Titanus Distribuzione Spa in liquidazione
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione innanzi al tribunale di Roma notificata il 20 ottobre 1993 la società Titanus Distribuzioni spa in liquidazione conveniva in giudizio la società Sacher Film srl per ottenerne la condanna al pagamento della somma di lire 420.000.000, che reclamava, a titolo di risarcimento del danno per il mancato incasso dei contributi e dei premi governativi, in ragione degli interessi corrisposti a decorrere dal 15 marzo 1990 alla Banca Nazionale del Lavoro per il finanziamento ricevutone sotto la forma di scoperto di conto corrente.
Esponeva che con contratto del 12 ottobre 1987 la società convenuta,
La società Sacher Film srl contrastava la domanda e, sostenendo che il ritardo nell'erogazione dei contributi era conseguente a fatto della pubblica amministrazione, negava, perciò, che esso fosse imputabile a sua colpa.
In comparsa conclusionale la società Titanus Distribuzioni spa dava atto di avere ricevuto i contributi e limitava la sua domanda alla pretesa dei soli danni da ritardato inadempimento, reclamati nella media degli interessi che, a decorrere dal 15 marzo 1990 e sino alla data del versamento di essi, la banca aveva applicato sull'importo corrispondente ai contributi.
Il tribunale rigettava la domanda e condannava la società istante alle spese, ritenendo, in conformità alla relativa eccezione della società convenuta, che la società Titanus Distribuzioni spa in liquidazione avesse inammissibilmente modificato il petitum in comparsa conclusionale, in quanto la domanda di cui alla citazione introduttiva del giudizio era stata basata su inadempimento contrattuale e non specificamente sul risarcimento del danno conseguente alla domanda di inadempimento.
Sull'impugnazione della società soccombente provvedeva
Ai fini che ancora interessano, il giudice d'appello riteneva che la richiesta dei danni, quale formulata in comparsa conclusionale, non aveva importato un mutamento della domanda.
Nel resto, considerava che gravava sulla società appellata l'onere di provare che il ritardo nel pagamento dell'importo dei contributi governativi, per il quale era stato prefissato un termine, fosse avvenuto per fatto della pubblica amministrazione, non essendo all'uopo sufficiente il richiamo ad espressa clausola pattizia, che faceva salvi i ritardi della stessa pubblica amministrazione, di cui sarebbe occorso dimostrare, invece, che essi non si erano verificati per incompleta predisposizione della pratica da parte della società beneficiaria delle relative provvidenze di legge.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso
Ha resistito con controricorso la società Titanus Distribuzioni spa in liquidazione.
Il difensore della società ricorrente ha presentato osservazioni per iscritto sulle conclusioni del P.M. (art. 379, quarto comma, c.p.c.).
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d'impugnazione - deducendo la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui agli articoli 1218, 1457 e 2697 c.c. e 99, 100, 112, 115, 116, 342 e 343 c.p.c. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c. nonché l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia - la società ricorrente critica la denunciata sentenza nella parte in cui il giudice di secondo grado ha ritenuto che la società istante avesse chiesto l'accertamento dell'inadempimento dell'obbligazione di consegna, entro il termine convenuto, dell'importo del credito ceduto ed il conseguente risarcimento del danno.
Assume che, con l'atto introduttivo del giudizio, la società Titanus Distribuzioni spa in liquidazione aveva chiesto al tribunale che essa convenuta fosse dichiarata inadempiente agli obblighi assunti con la scrittura privata e, per l'effetto, fosse condannata al risarcimento dei danni per lire 420.000.000.
Sostiene che, tale essendo il thema. decidendum, inevitabile sarebbe dovuta essere la declaratoria di inammissibilità dell'appello e che il giudice di secondo grado avrebbe inammissibilmente ed illegittimamente trasformato d'ufficio in una richiesta diversa quella originariamente proposta, avente ad oggetto semplicemente i danni da ritardato inadempimento di obbligazione contrattuale.
Precisa, altresì, che già al momento del passaggio in decisione della causa in primo grado la domanda della società Titanus era divenuta inammissibile per sopravvenuta carenza d'interesse ad agire.
La censura non può essere accolta.
Il giudice di secondo grado, sulla scorta della documentazione agli atti e degli elementi pacifici tra le parti, ha accertato che:
a) in base al contratto del 12 ottobre 1987 la società ricorrente si era obbligata a consegnare alla società Titanus Distribuzioni spa in liquidazione, entro il termine di sei mesi, la documentazione necessaria per l'erogazione dei contributi governativi , che alla stessa società risultavano ceduti;
b) detta documentazione consisteva nella dichiarazione di nazionalità italiana del film e nella dichiarazione di ammissione della pellicola alla programmazione obbligatoria;
c) nel previsto termine essenziale nessuna delle due dichiarazioni veniva consegnata;
d) a favore della società Titanus Distribuzioni spa in liquidazione il mandato della banca di pagamento del contributo governativo era emesso successivamente, dopo che il film aveva ottenuto il riconoscimento di nazionalità italiana e la certificazione di programmazione obbligatoria.
Il giudice del merito ha considerato, di conseguenza, che il cambiamento della situazione di fatto in corso di causa (rappresentato dall'avvenuta realizzazione da parte della società Titanus del contributo governativo, a seguito del tardivo adempimento da parte della società Sacher Film srl degli obblighi assunti in contratto) non aveva importato alcuna modificazione della domanda proposta con l'atto introduttivo del giudizio da parte della società cessionaria del credito, giacché, rispetto all'originario petitum, la valutazione del pregiudizio economico subito per effetto della mancata disponibilità del credito, sempre basata sull'inadempimento della società Sacher Film srl, aveva tenuto conto del solo periodo intercorrente tra la scadenza del termine (previsto in contratto per la consegna della documentazione necessaria al pagamento del contributo governativo) e la data in cui, a seguito della ritardata consegna, il contributo medesimo era stato ottenuto.
In tale situazione rileva questa Corte che correttamente il giudice d'appello ha escluso la sussistenza di una mutatio libelli vietata.
Secondo principio del tutto pacifico nella giurisprudenza di legittimità, infatti, si realizza la mutatio libelli qualora si avanzi una pretesa oggettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga un nuovo tema d'indagine e si spostino i termini della controversia, con l'effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare, in tal modo, il regolare svolgimento del processo; si ha, invece, semplice emendatio quando si incida sulla causa petendi, sicché risulti modificata soltanto l'interpretazione o la qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere.
La quale, nella specie, fondata sull'inadempimento di obbligazione contrattuale, è rimasta identica nella causa petendi e nel petitum, la cui entità è stata determinata in considerazione della nuova situazione, intervenuta in corso di causa, consistente nel tardivo adempimento.
Con il secondo motivo dell'impugnazione - deducendo la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui agli articoli 1218, 1362, 1363, 1366, 1453, 1457, 2697, 2727, 2729 c.c.; 112, 115, 116, 342 e 343 c.p.c. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c. nonché l'omessa o quantomeno insufficiente motivazione su un punti decisivi della controversia - la società ricorrente assume che
Assume che, poiché il ritardo nella consegna della documentazione era la conseguenza del ritardo con il quale la pubblica amministrazione aveva rilasciato le due dichiarazioni, era da escludere, in virtù della previsione pattizia di cui all'art. 13 del contratto, un suo inadempimento colpevole.
Sostiene che la suddetta clausola pattizia, nella previsione del fatto che erano fatti salvi i ritardi della pubblica amministrazione, toglieva al termine di consegna della documentazione ogni carattere di essenzialità, valenza questa da ritenere del tutto irrilevante considerata l'accettazione dell'adempimento tardivo da parte della società Titanus.
La censura, nel suo complesso, non può essere accolta.
Al riguardo osserva, anzitutto, questo giudice di legittimità che, nella specie, non occorre stabilire se, nella previsione del contratto, le parti abbiano inteso qualificare come essenziale, ai sensi dell'art. 1457 c.c., il termine semestrale di consegna della documentazione necessaria alla elargizione del contributo governativo.
Alla suddetta qualificazione si sarebbe dovuto procedere, infatti, solo se fosse stata avanzata domanda di risoluzione del contratto, dato che ad essa non può darsi ingresso qualora si accerti che il creditore ha accettato l'adempimento tardivo del debitore, in detto comportamento dovendosi identificare un fatto univoco indicativo della circostanza che il creditore stesso abbia ritenuto più conforme ai suoi interessi l'esecuzione del contratto, piuttosto che la risoluzione di diritto del rapporto obbligatorio.
Diversa, invece, è l'ipotesi in esame, nella quale - siccome bene ha ulteriormente stabilito l'impugnata sentenza - la società Titanus aveva agito non per la risoluzione del contratto né per l'adempimento dell'obbligazione contrattuale, ma per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dal mancato adempimento nel termine dell'obbligo di consegna della documentazione.
In tal caso, invero, l'accettazione della consegna ritardata delle certificazioni occorrenti per esigere il ceduto credito del contributo governativo, anche se effettuata senza riserve, non comporta la preclusione dell'azione risarcitoria derivante dal ritardato adempimento.
Detta forma di inadempimento, infatti, non viene sanata dall'accettazione di una prestazione parziale o ritardata, dato che, nel silenzio del creditore, l'accettazione medesima, come non equivale alla rinunzia al credito residuo, allo stesso modo non implica la rinunzia al risarcimento del danno, che, intanto, si sia verificato.
Il principio di diritto è stato già enunciato da questo giudice di legittimità, che al riguardo ha stabilito (Cass., n. 9939/97) che, come l'accettazione di un adempimento parziale, ai sensi dell'art. 1181 c.c., non fa perdere al creditore il diritto di pretendere l'intero, l'accettazione di una prestazione, effettuata in ritardo rispetto a quanto pattuito, non può significare rinuncia a pretendere il risarcimento del danno, che dal ritardo medesimo è derivato.
Per il resto, non sussiste la lamentata violazione dell'onere della prova, poiché, trattandosi nella specie di far valere una situazione dedotta quale causa di esclusione dell'imputabilità del mancato rispetto di un termine vincolante, si versa in ipotesi paradigmatica di applicabilità della norma di cui all'art. 1218 c.c., secondo cui è il debitore che è tenuto a dimostrare di non aver potuto adempiere tempestivamente, per cause a lui non imputabili, la prestazione dovuta.
L'accertamento di fatto, secondo cui la società Sacher Film srl non ha fornito prova idonea a dimostrare che il ritardo nella corresponsione del contributo governativo fosse da attribuire a "lungaggini burocratiche" non è sindacabile in questa sede di legittimità, basato com'è su motivazione adeguata, la quale ha espressamente ritenuto che il ritardo in questione era da attribuire alla incompletezza della pratica predisposta dalla società obbligata.
Con il terzo motivo d'impugnazione - deducendo la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui agli articoli 1218, 1223, 1224, 1226, 1282, 2697, 2727 e 2729 c.c.; 99, 100, 112, 115, 116, 342 e 343 c.p.c in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c. nonché l'omessa o quantomeno insufficiente motivazione su un punti decisivi della controversia - la ricorrente denuncia la erroneità della statuizione del giudice del Merito in ordine alla quantificazione del danno.
Assume che alla società Titanus - che non aveva fornito alcuna prova né del finanziamento, che asseriva di avere ottenuto dalla Banca Nazionale del Lavoro sotto forma di uno scoperto di conto, né della misura degli interessi corrisposti sull'anticipazione bancaria suddetta - non doveva essere riconosciuta la somma liquidata a titolo di danno da ritardo.
Sostiene che la pretesa della società (in ordine al rimborso della somma versata all'istituto di credito a titolo di interessi bancari per scoperto di conto dal 15 marzo 1990 sull'importo di un finanziamento pari ai contributi governativi) si fonda su una obbligazione ab origine di natura pecuniaria. sicché il credito da essa derivante, cui non poteva essere riconosciuta la valenza di credito di valore, per la natura propria di credito di valuta, non dava diritto alla rivalutazione, della quale non era stata neppure fatta richiesta in primo grado.
La censura, sotto detto profilo, è fondata.
Questo giudice di legittimità ha già precisato (Cass., n. 11968/92; Cass., n. 1423/77) - e l'affermato principio di diritto è condiviso da questo Collegio -che, per distinguere i debiti di valuta dai debiti di valore, occorre avere riguardo non alla natura dell'oggetto, nel quale la prestazione avrebbe dovuto concretarsi al momento dell'inadempimento o del fatto dannoso, bensì all'oggetto diretto ed originario della prestazione, che, nelle obbligazioni di valore, consiste in una cosa diversa dal denaro, mentre, nelle obbligazioni di valuta, è proprio una soma di danaro, a nulla rilevando l'originaria indeterminatezza della somma stessa.
In applicazione del suddetto criterio è stato, quindi, precisato che il debito - ex art. 1224 c.c. - per il risarcimento del danno conseguente alla mora nell'adempimento di un'obbligazione sin dall'origine pecuniaria, ha natura di debito di valuta, tanto se il risarcimento sia pari alla sola misura degli interessi al tasso legale o convenzionale, quanto che debba essere determinato anche in relazione alla maggior misura dimostrata.
Infatti, in detto debito la moneta non rappresenta il sostitutivo di una prestazione con diverso oggetto, come è proprio delle obbligazioni di valore. ma costituisce l'oggetto diretto di una prestazione (da determinarsi in misura fissa, nell'ipotesi degli interessi legali o convenzionali, o attraverso specifiche indagini), che è sempre consistita, sin dall'origine, nella prestazione di una somma di danaro quale conseguenza dell'inadempimento di un'altra prestazione.
Pertanto, detta obbligazione rimane assoggettata al principio nominalistico e non può essere rivalutata.
Alla suddetta regola di diritto il giudice del merito non si è uniformato, giacché, rispetto a pretesa risarcitoria conseguente a ritardato adempimento di obbligo contrattuale quantificata in ragione della misura di interessi bancari, ha ritenuto che, trattandosi di credito di valore, esso dovesse essere soggetto anche a rivalutazione, quando, invece, sulla somma corrisposta dalla società alla banca a titolo di interessi dal 15 marzo 1990 alla data della sua riscossione, avrebbe attribuire soltanto gli interessi di legge, ai sensi dell'art. 1224 c.c..
Di conseguenza, l'impugnata sentenza deve essere cassata in parte qua con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Roma, che deciderà in applicazione del seguente principio di diritto:
«Per distinguere i debiti di valuta dai debiti di valore, occorre avere riguardo non alla natura dell'oggetto nel quale la prestazione avrebbe dovuto concretarsi al momento dell'inadempimento, bensì all'oggetto diretto ed originario della prestazione, che, nelle obbligazioni di valore, consiste in una cosa diversa dal denaro, mentre, nelle obbligazioni di valuta è proprio una somma di danaro, a nulla rilevando l'originaria indeterminatezza della somma stessa.
Ne deriva che il debito per il risarcimento del danno, conseguente alla mora nell'adempimento di una obbligazione sin dall'origine pecuniaria, ex art. 1224 cod. civ., ha natura di debito di valuta tanto se il risarcimento sia pari alla sola misura degli interessi al tasso legale e convenzionale, quanto se debba essere determinato anche in relazione alla maggior misura dimostrata».
Al giudice del rinvio è rimessa anche la pronuncia in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità (art. 385, terzo comma, cod. proc. civ.).
PQM