LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Gaetano GAROFALO Presidente
Franco PAOLELLA Consigliere
Franco PONTORIERI
Vincenzo CALFAPIETRA
Francesco CRISTARELLA ORESTANO Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 218/95 R.G. proposto da ALAJMO S.R.L. con sede in Milano, in persona del suo consigliere delegato dott. Domenico Ganassini, a mezzo del suo procuratore generale ad negotia ing. Fabio Monaci, elettivamente domiciliata in Roma, Via G.L. Lagrange n. 1, presso lo studio dell'Avv. Pietro Golisano, difesa dall'Avv. Massimo Maria Molla in virtu' di procura speciale in calce al ricorso, Ricorrente principale
contro DESA SECONDA S.P.A. (gia' Impresa Pessina S.p.A.), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, difesa e domiciliata come appresso, Controricorrente e contro CONDOMINIO VIA PAGANINI N. 16 DI CINISELLO BALSAMO, in persona del suo amministratore pro tempore, Intimato e sul ricorso iscritto al n. 1752/95 R.G. proposto da DESA SECONDA S.P.A. (gia' Impresa Pessina S.p.A.), in persona del suo amministratore unico Massimo Pessina, elettivamente domiciliata in Roma, Via G. Severano n. 35, presso lo studio dell'Avv. Giorgio Cianfoni che, unitamente all'Avv. Roberto Savasta, la difende in virtu' di procura rilasciata su foglio allegato al controricorso e ricorso incidentale, Ricorrente incidentale contro ALAJMO S.R.L., domiciliata e difesa come sopra, Intimata e contro CONDOMINIO VIA PAGANINI N. 16 DI CINISELLO BALSAMO, in persona del suo amministratore pro tempore Alessandro Mondaini, elettivamente domiciliato in Roma, Via Monte delle Gioie n. 1, presso lo studio dell'Avv. Carolina Valensise che, con l'Avv. Riccardo Romanazzi, lo difende in virtu' di procura speciale a margine del controricorso, Controricorrente
per la cassazione della sentenza 25 maggio - 4 ottobre 1994 n. 2444/94 della Corte d'appello di Milano.
Udita la relazione della causa svolta, nella pubblica udienza del 26 febbraio 1997, dal cons. Cristarella Orestano;
E' comparso l'Avv. Roberto Savasta, difensore della controricorrente e ricorrente incidentale Desa Seconda S.p.A., che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l'accoglimento di quello incidentale;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc. Gen. dott. Raffaele Ceniccola, che ha chiesto accogliersi il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo, e dichiararsi inammissibile il ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 24 maggio 1985 il Condominio di Via Paganini n. 16 di Cinisello Balsamo convenne in giudizio, avanti il Tribunale di Monza, la costruttrice Impresa Pessina S.p.A. e, premesso che per gravi difetti di costruzione si erano verificate numerose infiltrazioni d'acqua negli appartamenti dei piani superiori e nei box e si era anche manifestata una crepa imputabile all'esecuzione dei giunti tra i due corpi di fabbrica costituenti l'edificio, chiese dichiararsi responsabile detta societa' ai sensi dell'art. 1669 cod. civ. e condannarsi la medesima al risarcimento dei danni nella misura corrispondente al costo dei lavori necessari per l'eliminazione dei vizi.
La convenuta, costituitasi, oltre a sollevare una questione di competenza territoriale che non interessa piu' in questa sede, eccepi' il difetto di legittimazione attiva del Condominio, perche' erano le singole proprieta' esclusive e non le parti comuni dell'edificio ad essere interessate dai vizi, e la prescrizione dell'azione in quanto proposta oltre l'anno dalla denunzia di questi.
Contesto', poi, la fondatezza nel merito della pretesa avversaria e chiese, in ogni caso, di poter chiamare in causa, per esserne manlevata, l'impresa Alajmo S.r.l. che aveva eseguito i lavori di impermeabilizzazione delle terrazze e dei box.
Autorizzata ed eseguita tale chiamata, la Alajmo S.r.l., anch'essa costituitasi, dopo aver fatto proprie le eccezioni pregiudiziali della convenuta, contesto' la fondatezza della domanda di manleva avanzata dalla stessa, deducendo che la garanzia era contrattualmente limitata ai difetti di impermeabilizzazione non dipendenti dai fenomeni di assestamento delle strutture sottostanti che erano all'origine degli inconvenienti lamentati dal condominio.
Dopo l'espletamento di C.T.U., il Tribunale adito, con sentenza 11.1.1989, respinte le eccezioni pregiudiziali, condanno' l'Impresa Pessina a pagare al Condominio attore la somma complessiva di L. 90.431.470, con gli interessi legali, necessaria ad eliminare i difetti, e la Alajmo S.r.l. a rifondere alla prima quanto questa doveva pagare al secondo.
Proposti gravami dalla Desa Seconda S.p.A. (cosi' trasformatasi nel frattempo l'Impresa Pessina S.p.A.) e dalla Alajmo S.r.l., ai quali il Condominio resistette, la Corte d'appello di Milano, con la sentenza precisata in epigrafe, li ha rigettati entrambi, confermando integralmente la decisione di primo grado e osservando, per cio' che qui ancora interessa, quanto segue:
- Sussisteva la legittimazione attiva del Condominio poiche' gli atti conservativi di cui parla l'art. 1130, 1^ comma n. 4, cod. civ. cod. civ., non possono intendersi limitati alla richiesta di misure cautelari da parte dell'amministratore ma si estendono a tutti gli atti diretti a conservare l'esistenza delle parti comuni e, percio', anche dell'edificio stesso, tra i quali rientra l'azione ex art. 1669 cod. civ. contro l'appaltatore, diretta a rimuovere gravi difetti nella costruzione che possono porne in pericolo la sicurezza; ne' poteva distinguersi tra i danni alle parti comuni e quelli alle singole unita' immobiliari, in quanto difetti di costruzione come quelli denunziati nel caso di specie vanno considerati nella loro globalita', determinando essi, per la loro ampiezza, pregiudizio alla stabilita' e all'utilizzabilita' dell'intera costruzione e rilevando il danno all'unita' del singolo, non per se' solo, ma come componente del danno globale;
- Andavano respinte le eccezioni di decadenza e di prescrizione sollevate dall'Impresa Pessina, poi Desa Seconda, poiche' il termine per la denunzia dei gravi difetti da parte del committente non decorre dal momento in cui il denunziante abbia avuto conoscenza di segni e manifestazioni esteriori di pericolo incombente sull'edificio, bensi' da quello in cui abbia acquistato un apprezzabile grado di conoscenza obiettiva e completa, non solo della gravita' dei difetti, ma anche e soprattutto del loro collegamento con l'attivita' dell'appaltatore, conoscenza che nel caso di specie si era potuta avere soltanto con l'acquisizione della relazione del consulente (19.2.1985), sicche' non era a parlarsi ne' di decadenza ne' di prescrizione perche' il condominio aveva instaurato il giudizio il 24.5.1985;
- Per le stesse ragioni andavano respinte le analoghe eccezioni della Alajmo S.r.l., poiche' l'Impresa Pessina l'aveva chiamata in garanzia prima che fosse passato l'anno dalla comunicazione degli inconvenienti fattale dal Condominio; ne' poteva trovare applicazione il piu' breve termine di decadenza di giorni 60 di cui all'art. 1670 cod. civ., riguardante l'azione di regresso tra appaltatore a subappaltatore, avendo l'Impresa Pessina, che era committente rispetto alla soc. Alaimo, esercitato l'azione di garanzia e non quella di regresso e valendo, percio' le prescrizioni dell'art. 1669 cod. civ.; neppure poteva applicarsi l'art. 1667 cod. civ., dato che il difetto dell'impermeabilizzazione era idoneo, a lungo andare, a provocare l'"ammaloramento" delle strutture e la rovina dell'edificio e, comunque, rendeva sin d'ora inutilizzabile l'opera, sicche' si trattava di un vizio grave, come tale soggetto alla disciplina del citato art. 1669;
- Nel merito andavano disattese le critiche mosse dalla Desa all'operato del C.T.U.: quelle relative all'an debeatur perche' e' ius receptum che l'appaltatore, salvo casi eccezionali non ricorrenti nella concreta fattispecie, risponde sempre e comunque dei danni verso il committente, e ne risponde, sotto il profilo della culpa in eligendo o in vigilando, anche quando essi, derivino da opere concesse in subappalto a terzi; quelle relative al quantum debeatur, in particolare all'inclusione dei danni subiti da singoli condomini, alla ritenuta necessita' di rifacimento dell'intero lastrico solare e alla maggiorazione del 15% per imprevisti, perche' i primi, per altro ammontanti a pochi milioni di lire, ben potevano essere compresi nella globalita' dei danni all'edificio condominiale; perche' un rifacimento parziale non avrebbe garantito la riuscita ottimale dell'intervento di ripristino ne' l'avere il condominio fruito della copertura per dieci anni escludeva il suo diritto ad ottenerne una completamente nuova; perche' detta maggiorazione era del tutto ragionevole nel settore delle costruzioni edili, soggetto, come e' notorio, ad un ampio margine d'imprevisto;
- Andavano ugualmente le doglianze nel merito della Alajmo S.r.l., riguardanti la mancata considerazione della clausola limitativa della responsabilita' inserita nel suo contratto con l'Impresa Pessina, dovendo essa rispondere verso quest'ultima dei danni per la difettosa impermeabilizzazione, anche se conseguenti a movimenti delle strutture portanti, dato che tali movimenti erano contenuti nella norma ed erano, quindi, prevedibili, sicche' il fatto che la committente avesse richiesto espressamente il tipo di copertura poi applicato non esimeva la subappaltatrice, che, com'era pacifico, non operava quale semplice nudus minister, dal rifiutarsi di utilizzarlo se le sue specifiche conoscenze tecniche dovevano farglielo ritenere inadatto, tanto piu' che l'immobile condominiale era costituito da piu' corpi di fabbrica e, quindi, non poteva non apparirle evidente, anche al di la' di dette conoscenze, che i movimenti di assestamento delle strutture, pur rientranti nella norma, sarebbero potuti essere diversi fra un corpo e l'altro.
Ricorre per cassazione la Alaimo S.r.l. sulla base di due motivi, poi illustrati con memoria, ai quali la Desa Seconda S.p.A. replica con controricorso, proponendo a sua volta ricorso
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va disposta innanzitutto, a norma dell'art. 335 cod. proc. civ., la riunione dei due ricorsi in quanto rivolti contro la stessa sentenza.
Di quello incidentale e del contestuale controricorso della Desa Seconda S.p.A. va pregiudizialmente dichiarata la inammissibilita' in quanto la relativa procura, con firma autenticata dal difensore, non risulta rilasciata in calce, bensi' sul foglio separato, materialmente unito ma non facente corpo con l'atto di impugnazione il cui ultimo foglio, per altro, presenta uno spazio in bianco che ben poteva contenerla, almeno in parte.
La nullita' di una procura siffatta discende essenzialmente dalla inoperativita' del potere del difensore di autenticare la sottoscrizione del mandante, potere che l'art. 83, comma 3^, cod. proc. civ. gli conferisce sono in via eccezionale, cioe' limitatamente al caso che si tratti di procura apposta in calce o a margine degli atti in esso indicati, sicche' non assumono alcun rilievo, ai fini dell'esclusione di detta nullita', il carattere speciale della procura stessa e la sua allegazione alla copia del ricorso consegnata alla controparte per la notifica, valendo cio' a provare l'anteriorita' di essa rispetto a tale notifica ma non, certo, la contestualita' del suo rilascio (v. sent. 5.9.1995 n. 9323, 13.6.1995 n. 6636 e ordinanza SS.UU. 13.6.1995 n. 444).
Con il primo mezzo del ricorso principale si denunzia violazione e falsa applicazione della legge, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 1669 e 1670 cod. civ., circa l'osservanza dei termini in essi previsti. Si lamenta, cioe', che i giudici del merito, ignorando il chiarissimo disposto del citato art. 1670 - la cui ratio risiede nell'esigenza di porre quanto prima in grado il subappaltatore, mediante la fissazione all'appaltatore che intende agire in regresso di un termine di decadenza di soli 60 giorni dalla ricezione della denunzia per comunicargliela, di compiere gli opportuni accertamenti, di effettuare eventuali riparazioni o di provare la non imputabilita' dei difetti alla sua condotta -, abbiano fatto diventare l'appaltatore committente rispetto al subappaltatore per estendere la portata dell'art. 1669, come se l'art. 1670 non esistesse, e abbiano operato una ingiustificata distinzione tra azione di regresso e chiamata in garanzia, come se quest'ultima non fosse un semplice strumento processuale per esercitare la prima.
La censura e' fondata.
Al riguardo va innanzitutto osservato, ove ce ne fosse bisogno, che la collocazione sistematica dell'art. 1670 cod. civ. non lascia dubbi sulla volonta' del legislatore che il suo disposto trovi applicazione anche all'ipotesi contemplata dal precedente art. 1669.
Di questo, d'altra parte, non sembra aver dubbio neppure la corte di merito la quale ha ritenuto di dover escludere l'operativita' della norma in base a due essenziali ragioni, una consistente nell'avere l'Impresa Pessina, poi Desa Seconda S.p.A., esercitato l'azione di garanzia, e non quella di regresso, nei confronti della Alajmo S.r.l. e l'altra, neppure chiaramente espressa, rappresentata dal fatto che detta Impresa Pessina non rivestiva la qualita' di appaltatrice nei riguardi del Condominio attore e, quindi, di subappaltante nei riguardi della Alajmo, bensi', rispettivamente, di costruttrice e di committente, con conseguente applicabilita' a suo favore degli stessi termini di decadenza e di prescrizione previsti dall'art. 1669.
La prima di dette ragioni, pero', e' del tutto inconsistente poiche', se agire in regresso, nell'accezione impropria di cui all'art. 1670, vuol dire rivolgersi al subappaltatore, ritenuto vero responsabile dei difetti dell'opera, per farsi rivalere di quanto dovuto o debendo al committente a cagione di tali difetti, non e' dato comprendere quale significato possa avere, ai fini del termine di decadenza previsto dalla citata norma di diritto sostanziale, il fatto che il subappaltante, anziche' esercitare un'autonoma azione, ricorra allo strumento processuale della chiamata in causa ex art. 106 cod. proc. civ. per far valere la propria pretesa di rivalsa nei confronti del subappaltatore.
Del pari errata e' l'altra delle ragioni addotte. E' ormai principio di diritto ampiamente consolidato, invero, che le disposizioni di cui all'art. 1669 cod. civ. mirano a disciplinare le conseguenze dannose di quei difetti che incidono profondamente sugli elementi essenziali dell'opera e che influiscono sulla durata e solidita' della stessa, compromettendone la conservazione, e configurano, quindi, una responsabilita' di natura extracontrattuale, sancita per ragioni e finalita' di interesse generale, dal che discende, come logico corollario, che la relativa azione, nonostante la collocazione della norma tra quelle in materia di appalto, e' data non solo al committente e ai suoi danti causa nei confronti dell'appaltatore ma anche all'acquirente contro il costruttore-venditore (v., tra le tante, sent. 27.8.1994 n. 7550 e 9.1.1990 n. 8).
In quest'ultima ipotesi, cioe' allorquando manchi un rapporto di appalto, il costruttore-venditore non puo', ovviamente, essere sollevato dalla sua responsabilita' verso l'acquirente per il fatto che l'opera sia stata in parte eseguita, dietro suo incarico, da altro soggetto (come non potrebbe esserne sollevato l'appaltatore per avere affidato parte dell'opera in subappalto), potendo egli soltanto agire in regresso nei confronti di detto soggetto ove lo rinvenga responsabile nei propri confronti della rovina o dei gravi difetti della costruzione (v. sent. 20.11.1975 n. 3899).
Pertanto, dato il perfetto parallelismo delle due situazioni e considerata la ratio che presiede al disposto dell'art. 1670 cod. civ. (consentire al soggetto da cui si pretende la rivalsa di essere informato al piu' presto dell'entita' e della natura dei difetti denunziati, in modo da poter subito interloquire nel relativo accertamento e da poter approntare una pronta ed efficace difesa o, magari, da potervi porre tempestivamente riparo), sarebbe estremamente illogico ritenere che, mentre l'appaltatore, per agire in regresso verso il subappaltatore, e' soggetto al breve termine di decadenza previsto dalla norma di cui sopra, non debba esserlo, invece, il costruttore-venditore per esercitare la stessa azione contro chi ha eseguito per suo incarico una parte dell'opera rivelatasi gravemente difettosa.
Deve concludersi, dunque, che anche il costruttore-venditore, il quale, chiamato a rispondere dall'acquirente ai sensi dell'art. 1669, intenda agire contro il soggetto al quale aveva affidato in appalto la costruzione di una parte dell'immobile, e' tenuto all'osservanza del termine di decadenza di sessanta giorni previsto dall'art. 1670 cod. civ., poiche' tale soggetto, pur non essendo un subappaltatore in senso tecnico-giuridico, deve essere considerato tale ai fini dell'azione di regresso quando l'azione di responsabilita' extracontrattuale ex art. 1669 cod. civ. sia esercitata da un acquirente (v. la gia' citata sent. 3899/75, nonche' 12.11.1983 n. 6741).
Alla stregua delle osservazioni che precedono, dichiarata la inammissibilita' del ricorso incidentale, si impone, in accoglimento del primo motivo di quello principale, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa, anche in ordine alle spese del presente procedimento, ad altra sezione della stessa Corte milanese la quale, uniformandosi ai principi di diritto poc'anzi enunciati, dovra' accertare se l'Impresa Pessina S.p.A., ora Desa Seconda S.p.A., abbia osservato il suddetto termine di decadenza ai fini dell'azione di regresso esercitata contro la Alajmo.
P.Q.M.
LA CORTE accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo.
Dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa, anche in ordine alle spese del procedimento di cassazione, ad altra sezione della Corte d'appello di Milano.
Cosi' deciso in Roma il 26 febbraio 1997.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 27 AGO. 1997