sentenza Corte di Cassazione, Sez. III°,
17/05 - 21/07/07 n° 16769
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo - Presidente
Dott. MAZZA Fabio - rel. Consigliere
Dott. TRIFONE Francesco - Consigliere
Dott. MANZO Gianfranco - Consigliere
Dott. SCARANO Luigi Alessandro - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso proposto da:
MILANO ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore e/o legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA MEROPIA 41, presso lo studio dell'avvocato FALACE GIUSEPPE, che la difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
D.C.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PANAMA 88, presso lo studio dell'avvocato SPADAFORA GIORGIO, che lo difende, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 396/02 della Corte d'Appello di L'AQUILA, emessa il 12/02/2002, rg. 312/99, depositata il 04/06/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/05/06 dal Consigliere Dott. Fabio MAZZA;
udito l'Avvocato MARCO COMARDA (per delega Avv. Giuseppe Falace);
udito l'Avvocato GIORGIO SPADAFORA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
D.C.L., conveniva in giudizio, avanti al Tribunale di Teramo, la s.p.a. Milano Assicurazioni. Esponeva che aveva stipulato con detta società tre contratti di assicurazione, documentati da tre distinte polizze, denominate "(OMISSIS)", "(OMISSIS)" e "(OMISSIS)", aventi ad oggetto il rischio da infortuni;
che, in data 12.7.1994, successivamente alle predette stipulazioni, aveva subito un infortunio, dal quale erano derivati inabilità temporanea assoluta di giorni 430, di cui giorni 90 di ricovero presso strutture ospedaliere, e inabilità permanente nella misura percentuale del 45%; che, in virtù delle predette polizze, spettavano a lui le seguenti somme: L. 135.000.000 per ristoro della invalidità permanente, L. 17.280.000 a titolo di diaria di ricovero e L. 34.000.000 a titolo di indennizzo per invalidità temporanea.
Chiedeva, quindi, che la Compagnia convenuta fosse condannata al pagamento, in suo favore, della somma complessiva di L. 186.000.000, oltre interessi e rivalutazione. La s.p.a. Milano assicurazioni si costituiva chiedendo il rigetto della domanda. Deduceva che l'attore era affetto da sindrome ansioso-depressiva, con abuso di sostanze alcoliche; che il predetto non aveva diritto al richiesto indennizzo perchè, a causa della patologia di cui era affetto, rientrava nel novero dei soggetti non assicurabili e perchè egli, al momento della stipula dei contratti assicurativi, aveva taciuto circa le sue condizioni di salute. Il Tribunale di Teramo rigettava la domanda.
D.C. proponeva gravame, cui resisteva la compagnia assicuratrice, e la Corte di Appello di L'Aquila, con sentenza 4.6.2002, in riforma del decisum di primo grado, accoglieva la domanda introduttiva del giudizio. Avverso tale sentenza la Milano Ass. propone ricorso per cassazione con tre mezzi di gravame.
L'intimato resiste con controricorso.
Motivi della decisione
Il giudice dell'appello ha osservato che l'assicuratore non ha adempiuto all'onere, su di esso gravante, di provare la reticenza dell'assicurato e le false dichiarazioni al medesimo ascritte; che l'unico documento prodotto dalla compagnia, ed utilizzato dal primo giudice per accogliere la domanda attore, è un questionario sanitario, che, oltre ad essere generico, difetta, tra i quesiti in esso formulati, di determinati profili di fatto, necessari ad apprestare un quadro di riferimento delle circostanze che l'assicuratore intendeva conoscere. La Corte ha ancora osservato che tale questionario è privo di data e di indicazione della polizza di riferimento, cosicchè non ha valore probatorio, non potendosi accertare se esso è contestuale, anteriore o posteriore alla stipula delle rispettive polizze, nè a quale di queste accede.
Con il primo mezzo di gravame, la ricorrente compagnia lamenta il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Descrive il rischio assicurato, nonchè le vicende sanitarie del D.C. e conclude assumendo che la sentenza impugnata reca il suddetto vizio. La censura non merita accoglimento perchè generica, non avendo la compagnia indicato specificamente il punto decisivo interessato dal vizio motivazionale e le ragioni della sua doglianza.
Con il secondo mezzo di gravame, viene dedotta la violazione degli artt. 1892 e 2697 c.c. e dell'art. 345 c.p.c.. Afferma che il questionario sanitario è unico per i tre contratti, perchè questi sono stati stipulati nella stessa data del 30.6.1993 e che a tale data risale la compilazione del questionario; che inoltre tale aspetto decisionale non doveva essere oggetto di esame da parte del giudice a quo, stante la improponibilità della relativa eccezione, ex art. 345 c.p.c., comma 2. La censura non merita accoglimento.
Occorre considerare che la reticenza dell'assicurato è causa di annullamento del contratto allorchè si verifichino simultaneamente tre condizioni: che la dichiarazione sia inesatta o reticente; che la dichiarazione sia stata resa con dolo o colpa grave; che la reticenza sia stata determinante nella formazione del consenso dell'assicuratore (Cass. 3^, 4.3.2003, n. 3165; Cass. 3^, 25.2.2002, n. 2740). L'onere probatorio in ordine a tali condizioni, che costituiscono il presupposto di fatto e di diritto della inoperatività della garanzia assicurativa, è a carico dell'assicuratore (vedi Cass. 3^, 19.12.2000, n. 15939; Cass. 3^, 25.3.1999, n. 2815). Nella fattispecie, avendo la compagnia Milano prodotto il questionario al fine di assolvere al predetto onere probatorio, ed avendo l'assicurato negato il comportamento reticente a lui ascritto, era compito del giudice valutare sotto ogni aspetto e profilo il documento, senza necessità di ulteriori specifiche eccezioni. La Corte ha affermato con l'impugnata sentenza che i tre contratti furono stipulati in date diverse. Tale assunto, che non è stato sottoposto a censura, svaluta radicalmente la tesi prospettata dal ricorrente, che consiste unicamente in una congettura logica basata sulla circostanza della contemporanea stipulazione dei tre contratti. Ma la Corte ha altresì osservato che il questionario era generico e manchevole, tra i quesiti formulati, di determinati profili di fatto che potessero fornire gli opportuni riferimenti alle notizie che l'assicuratore intendeva avere. Ciò significa, nel ragionamento della Corte di merito, che il questionario era insufficiente, a prescindere dalle questioni della data e del riferimento alle polizze, a dimostrare la reticenza dell'assicurato.
Cosicchè, vertendosi in tema di ermeneutica contrattuale, la censura risulta nel resto inammissibile, perchè incidente sulle valutazioni di merito del giudice a quo.
Con il terzo mezzo di gravame, la soc. ricorrente lamenta la violazione dell'art. 2697 c.c. in ordine alla liquidazione dell'indennizzo, assumendo che la Corte di merito ha deciso tale elemento della controversia senza aver espletato accertamenti istruttori sulla entità delle lesioni subite dall'assicurato.
Neanche tale censura merita accoglimento, risultando dalla impugnata sentenza che in primo grado fu disposta ed eseguita una consulenza tecnica di ufficio per accertare le lesioni subite dal D.C..
Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di Cassazione.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 17 maggio 2006.
Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2006