LA PERDURANTE RISARCIBILITÀ DEL DANNO ESISTENZIALE

L'esame della giurisprudenza successiva alle sezioni unite del novembre 2008 e la teoria della tipicità elastica e della prospettiva qualitativa della "gravità del danno" e della "serietà della lesione".

di Pasquale Fava - Giudice della Corte dei conti e Professore di diritto amministrativo presso l'Università europea di Roma

Sommario:

1. La tripartizione delle "previsioni di legge" che consentono la liquidazione dei danni non patrimoniali (Cass., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972/3/4/5): l'accoglimento della teoria della tipicità elastica in relazione all' "ingiustizia costituzionalmente qualificata"
2. Le possibili opzioni ermeneutiche circa la "gravità del danno" e la "serietà della lesione". Le criticità poste dall'interpretazione quantitativa: verso un'inedita regola "de minimis"?
2.1. (Segue) La tesi qualitativa ovvero la necessità di un sindacato giurisdizionale più rigoroso sulle conseguenze lesive esistenziali
3. Gli orientamenti giurisprudenziali successivi alle Sezioni unite del 2008 confermano che le pretese "esistenziali" refluiscono nel danno biologico e/o in quello morale. La posizione delle Sezioni unite e della Sezione prima
3.1. Le decisioni della Sezione terza
3.2. La posizione della giurisprudenza contabile, amministrativa e di merito
4. Conclusioni: all'abbandono dell'etichetta formale "danno esistenziale" non consegue la morte dell'ontologia sostanziale della categoria bensì la perdurante risarcibilità dei pregiudizi alle situazioni soggettive costituzionalmente rilevanti.

 

1. La tripartizione delle "previsioni di legge" che consentono la liquidazione dei danni non patrimoniali (Cass., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972/3/4/5): l'accoglimento della teoria della tipicità elastica in relazione all' "ingiustizia costituzionalmente qualificata"

L'esame della giurisprudenza di legittimità intervenuta dopo le decisioni Carbone-Preden dell'11 novembre 2008 ([1]) attesta la sostanziale condivisione del modello proposto dal Supremo Collegio di nomofilachia secondo cui le lesioni inferte a situazioni soggettive costituzionalmente protette (antecedentemente etichettate come danni esistenziali) non devono essere risarcite come categoria formalmente autonoma bensì a titolo di danno biologico o di danno morale nella sua nuova e più ampia configurazione.

Le decisioni in rassegna hanno pienamente condiviso la tripartizione delle categorie di "previsioni di legge" (che consentono la liquidazione dei danni non patrimoniali contemplati dall'art. 2059 c.c.) e la natura giuridica "tipicamente elastica" di quella fondata su un'"ingiustizia costituzionalmente qualificata" ([2]). Difatti, la tipicità contemplata dall'art. 2059 c.c. avrebbe natura "stretta" in relazione a previsioni di legge contemplanti fattispecie di reato o di risarcibilità espressa dei danni non patrimoniali oltre che "elastica" per quelle fondate sull'"ingiustizia costituzionalmente qualificata" per le quali verrebbe in rilievo un "rinvio mobile" a tutti i "nuovi interessi emersi nella realtà sociale perché aventi rango costituzionale". L'"ingiustizia costituzionalmente rilevante" (che dà luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali previsti dall'art. 2059 c.c.), quindi, costituisce una categoria aperta a tutela della persona umana ed in linea con le decisioni della Corte costituzionale Maccarone ([3]), Dell'Andro ([4]) e Marini ([5]).

 

2. Le possibili opzioni ermeneutiche circa la "gravità del danno" e la "serietà della lesione". Le criticità poste dall'interpretazione quantitativa: verso un'inedita regola "de minimis"?

Il risarcimento del danno non patrimoniale per lesione di interessi e valori della persona (che diviene fruibile anche in relazione all'illecito contrattuale ([6])), quindi, diviene possibile solo all'esito di un giudizio bifasico teso all'accertamento dell'esistenza di una lesione di una situazione soggettiva "costituzionalmente inviolabile" (c.d. "ingiustizia costituzionalmente rilevante") ([7]) e del superamento della soglia della "gravità dell'offesa" e della "serietà del danno".

L'introduzione di nuove categorie quali la "gravità del danno" e la "serietà della lesione" ([8]) spinge l'interprete a chiedersi quale possa essere la chiave di lettura più conforme alle istanze del personalismo costituzionale che ha prodotto nella materia della responsabilità civile l'emersione del principio della tutela risarcitoria minima delle situazioni soggettive costituzionalmente rilevanti.

Tra le possibili ricostruzioni accanto ad una opzione che valuta i predetti requisiti in senso qualitativo (di cui si tratterà in seguito) se ne giustappone una quantitativa (c.d. regola de minimis).

L'interpretazione quantitativa non appare in linea con il principio costituzionale della "tutela risarcitoria minima". Difatti, al riconoscimento giurisdizionale del carattere inviolabile della situazione soggettiva danneggiata dovrebbe ragionevolmente conseguire una tutela piena ed omnicomprensiva.

È dubbio che, specie in assenza di base giuridica, possa essere applicata all'illecito civile un'inedita regola "de minimis" che, per converso, è stata positivamente introdotta in altre materie (concorrenza e divieto di aiuti di Stato) per soddisfare esigenze di public policy che difficilmente potrebbero essere estese ai rapporti interprivati. In relazione all'illecito civile, infatti, il principio compensativo specie in relazione a lesioni inferte ad interessi e valori della persona umana impone, per converso, l'integrale risarcimento dei danni cagionati come è stato del resto chiarito dalle Sezioni unite ("il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio"([9])).

In altri termini, il riconoscimento del carattere inviolabile di una specifica situazione soggettiva dovrebbe implicare l'impossibilità di falcidiare la tutela giurisdizionale per motivi prettamente quantitativi sulla base di una (criticabile) interpretazione dei dicta delle Sezioni unite che sembra confondere il piano delle valutazioni finalizzate all'accertamento dell'an debeatur con quello della liquidazione del quantum e, ancora, quest'ultimo con quello afferente la stessa "attivabilità" giurisdizionale delle pretese fondate sul "personalismo costituzionale" dal quale è germogliato il principio della "tutela risarcitoria minima".

Pertanto, l'azione risarcitoria non può essere preclusa alle small claims ([10]).

Diversamente opinando, mettendo da parte l'irragionevole discriminazione che si profilerebbe tra danni patrimoniali e non ([11]), si creerebbero vaste aree di immunità giurisdizionale e, per tale ragione, la stessa convivenza sociale richiamata dalle Sezioni unite sarebbe irrimediabilmente pregiudicata nella misura in cui le Corti si sentissero autorizzate a non amministrare giustizia in relazione ad attività illecite che abbiano prodotto danni "di piccolo taglio". Proprio in relazione a questi ultimi, tra l'altro, le politiche comunitarie e nazionali vanno in direzione opposta (si pensi al recente Libro Verde del 27 novembre 2008 "sui mezzi di ricorso collettivo dei consumatori" ([12]) che ha indirizzato il problema aprendo un'ampia consultazione paneuropea nonché all'introduzione della "class action all'italiana" nel codice del consumo). Del resto, parte della dottrina nostrana, proprio per assicurare il rispetto del principio "il torto non paga" in relazione a quelle condotte illecite ad ampia diffusività che producano una miriade di danni di "piccolo taglio", ha scomodato la figura dei danni punitivi al fine di assicurare un minimo di deterrenza. Ci si potrebbe allora anche accontentare di una mera compensazione purché però sia realmente integrale!

 

2.1. (Segue) La tesi qualitativa ovvero la necessità di un sindacato giurisdizionale più rigoroso sulle conseguenze lesive esistenziali.

Rilevata l'impossibilità di aderire ad un approccio quantitativo, deve, quindi, indagarsi se un accertamento di tipo qualitativo dei requisiti in esame sia più in linea con il principio costituzionale della tutela risarcitoria minima ("gravità dell'offesa" e "serietà del danno") come sembra sottendere il passaggio del punto 3.9. della decisione 26972/08 ("Palesemente non meritevoli della tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, sono i pregiudizi consistenti in disagi, disappunti, ansie ed in ogni tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale, ai quali ha prestato invece tutela la giustizia di prossimità").

Al di là delle mere questioni classificatorie, i giudici di legittimità e di merito stanno certamente manifestando un atteggiamento più prudente ed accorto nelle liquidazioni dei danni non patrimoniali.

Sotto questo profilo la freccia delle Sezioni unite ha colto decisamente nel segno.

L'analisi della giurisprudenza intervenuta dopo le decisioni delle Sezioni unite, difatti, conferma che, pur se la categoria del "danno esistenziale" viene formalmente abbandonata, l'ontologia della medesima continui ad essere ancora considerata risarcibile (e non avrebbe potuto essere altrimenti essendo la stessa preordinata ad assicurare la tutela risarcitoria minima alle lesioni dei valori ed interessi della persona), venendo liquidata, a seconda dei casi, attraverso le (sotto)categorie (che restano in vita allargandosi) del danno biologico e morale ([13]).

In presenza di liti "battellari" pretestuose ed abusive, le Corti, utilizzando le nuove categorie della "gravità dell'offesa" e della "serietà del danno" in combinazione con il nuovo principio dell'inautonomia del danno esistenziale, hanno sovente concluso per la "futilità" delle pretese attivate, mentre nelle ipotesi in cui sussistano reali conseguenze dannose derivanti da lesione di interessi e valori della persona non hanno esitato ad accogliere le richieste risarcitorie.

In altri termini, dallo schema bifasico del danno esistenziale proposto dalle Sezioni unite in tema di demansionamento ([14]) i giudici sono passati a quello parimenti bipartito prospettato dalle medesime Sezioni nel novembre 2008.

A livello strutturale, difatti, il test continua ad essere articolato in due fasi successive potendosi accedere alla seconda solo all'esito positivo della prima. Quest'ultima, tesa all'accertamento del requisito ribattezzato "ingiustizia costituzionalmente qualificata", era sostanzialmente presente anche nelle sentenze gemelle del 2003 ed in quella in tema di danno esistenziale da demansionamento del 2006.

Le categorie formali di riferimento per la seconda fase cambiano formalmente ma non sostanzialmente. Precedentemente, seguendosi la logica del danno-conseguenza, si richiedeva che il danneggiato avesse dato la dimostrazione (consentendosi "la prova testimoniale, documentale o presuntiva") delle specifiche conseguenze dannose (di "natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabili") derivanti dalla lesione di un preciso interesse costituzionalmente rilevante ([15]). Del pari, anche oggi, si afferma che non è sufficiente fermarsi all'accertamento di un'"ingiustizia costituzionalmente qualificata", dovendosi, per converso, accertare la "gravità del danno" e la "serietà della lesione" che non deve essere "futile". In termini sostanziali, quindi, si dovrà, sia pure con l'estremo rigore peraltro già richiesto dalle medesime Sezioni unite nel 2006, effettuare una valutazione sulla reale esistenza nella sfera del danneggiato di conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla violazione di interessi e valori della persona umana.

È evidente e fisiologico, dunque, che la sussunzione delle fattispecie concrete nelle descritte categorie astratte proposte dalle Sezioni unite possa dare luogo ad interpretazioni più o meno restrittive.

Compete, difatti, all'alta sensibilità dei giudici, sotto la guida orientativa della Corte costituzionale e delle Sezioni unite della Cassazione, la prudente applicazione del diritto ivi compreso quello emergente dal formate giurisprudenziale.

 

3. Gli orientamenti giurisprudenziali successivi alle Sezioni unite del 2008 confermano che le pretese "esistenziali" refluiscono nel danno biologico e/o in quello morale. La posizione delle Sezioni unite e della Sezione prima.

L'analisi delle decisioni di legittimità intervenute dopo le Sezioni unite del novembre 2008 conferma la richiamata prospettiva di tipo qualitativo.

Nelle ipotesi di attivazione di situazioni soggettive abusive, pretestuose e macroscopicamente infondate anche in relazione a carenze processuali riscontrate, la Cassazione taglia corto utilizzando motivazioni secche e sintetiche (e, pur richiamando il principio dell'inconfigurabilità di un'autonoma categoria di danno esistenziale, ha cura di evidenziare le carenze in punto di allegazione dei fatti costitutivi della pretesa e di asseverazione probatoria ([16])). Sono numerose le decisioni che vanno in questa direzione specie in relazione alle controversie risarcitorie da irragionevole durata del processo ([17]). L'importanza del rispetto degli oneri di allegazione ed asseverazione è sottolineata anche in quelle decisioni in cui la Sezione prima ha censurato decisioni che abbiano apoditticamente escluso la liquidazione di danni esistenziali, biologici e morali in presenza di specifiche allegazioni probatorie ([18]). In particolare, criticando il percorso motivazionale della Corte d'appello (secondo cui "sebbene tale processo avesse superato di un anno e mezzo il termine di ragionevole durata, stimabile in anni 3 nonostante si trattasse di causa di lavoro, la pretesa indennitaria doveva essere disattesa, poiché il danno patrimoniale non era stato provato e l'esiguità della somma oggetto della domanda, pari a L. 600.000, induceva ad escludere un apprezzabile patema esistenziale"), la Corte è stata molto chiara nell'affermare il principio che il modesto valore economico della controversia può "solo comportare una riduzione dell'indennizzo ma non escluderlo" ([19]).

In altre ipotesi, a prescindere dalle categorie utilizzate dai giudici nelle decisioni impugnate, la Suprema Corte è entrata, sia pure solo ad abundantiam, "nel merito" della congruità delle quantificazioni attraverso un giudizio di ragionevolezza della motivazione ([20]).

Una delle pronunce più significative è sicuramente quella delle Sezioni unite intervenute in materia di azioni risarcitorie da pubblicità ingannevole (caso delle c.d. sigarette lights) ([21]). L'impugnata decisione del Giudice di pace di Napoli aveva risarcito al consumatore "il danno da perdita della chance di scegliere liberamente una soluzione alternativa "rispetto al problema fumo" e quello esistenziale dovuto al peggioramento della qualità della vita conseguente allo stress ed al turbamento per il rischio del verificarsi di gravi danni all'apparato cardiovascolare o respiratorio" ([22]). Le Sezioni unite non hanno fatto ricorso al principio di irrisarcibilità del danno esistenziale come categoria autonoma che avrebbe determinato la cassazione della decisione senza rinvio, ma, precisando i principi di diritto che presiedono all'azione risarcitoria per danni da pubblicità ingannevole, hanno rimesso la causa al Giudice di pace di Napoli affinché possa applicarli al caso concreto. Quanto al danno, in particolare, le Sezioni unite, richiamando i principi già enucleati nelle decisioni del novembre 2008, hanno avuto cura di precisare che è risarcibile ex art. 2059 c.c. "il danno non patrimoniale [.] determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica" solo quando si sia "in presenza di un'ingiustizia costituzionalmente qualificata [.] Nello svolgere l'indagine sopra descritta, il giudice può anche servirsi delle presunzioni, nei limiti e nei modi in cui le ammette il codice di rito, ed, una volta individuato il danno, potrà procedere equitativamente alla liquidazione del relativo risarcimento, purchè essa non sia simbolica o affatto svincolata dagli elementi di fatto emersi" ([23]).

Nella fattispecie appena descritta appare forte l'ontologia del danno esistenziale che non è stata negata sulla base di affermazioni formali quali quelle utilizzate nei confronti delle pretese bagattellari abusive ove, come si evidenziato, la Cassazione ha fatto ricorso all'argomento dell'irrisarcibilità autonoma della categoria. Tra l'altro le Sezioni unite, in relazione alla specifica azione risarcitoria attivata (danni da pubblicità ingannevole), richiamando correttamente la necessità di rispettare pienamente il principio del riparto dell'onere della prova (art. 2697 c.c.), ne hanno, altresì, ridefinito l'assetto concreto.

 

3.1. Le decisioni della Sezione terza.

Sono, tuttavia, le decisioni della Sezione terza ad essere, ad oggi, le più interessanti. In relazione ad una richiesta risarcitoria avanzata dai congiunti di un soggetto deceduto a causa di un incidente stradale, in particolare, è stata confermata la decisione impugnata rilevandosi che il danno da perdita del rapporto parentale fosse stato già considerato nella liquidazione del danno morale in quanto "la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita altro non sono che componenti del complessivo pregiudizio" ([24]). Anche la mera lesione del rapporto parentale (illecito sanitario determinante la nascita di un figlio macroleso) è stata ricondotta all'ampia rinnovata categoria del danno morale ([25]). Pertanto, viene da chiedersi se si possa estendere il rapporto familiare sino a ricomprendervi le relazioni affettive con animali specie nelle ipotesi in cui venga ampiamente dimostrata in giudizio l'esistenza di un vincolo amorevole profondo (per esempio laddove la persona viva sola e abbia come unico o prevalente punto di riferimento esistenziale l'animale). Superando l'orientamento negativo manifestato sotto l'impero del danno esistenziale ([26]), la Sezione terza, di recente ([27]), sembrerebbe essersi allineata alle posizioni francesi (che riconoscono da tempo la risarcibilità di questa tipologia di pregiudizi ([28])). In realtà, la motivazione non si fonda sulla nuova e più ampia conformazione del danno morale bensì sull'assunto (con evidenza disallineato rispetto al decisum delle Sezioni unite) che i principi informatori della materia del danno non patrimoniale non vincolano il giudice di pace che decida secondo equità nelle cause di valore inferiore a ? 1100,00. Tale decisione, pertanto, appare non idonea a definire la questione sopra prospettata.

Tra le pronunce in rassegna, inoltre, spicca, per la motivazione raffinata ed estesa, quella relativa ad un sinistro stradale (un giovane insegnante a bordo di una moto era stato urtato, riportando lesioni gravissime, da un autobus che aveva invaso la corsia di marcia opposta) laddove la Corte, cassando con rinvio la decisione impugnata, ha chiarito che il risarcimento della "qualità delle vita quotidiana e di relazione" deve essere risarcito come "componente personalizzante del danno biologico" e che il "danno morale conserva una sua autonomia in relazione alla lesione del bene della sfera morale e della dignità della persona e deve essere valutato in concreto tenendo conto della gravità della lesione e della serietà del danno" ([29]).

Di rilievo anche la decisione che ha affermato la risarcibilità a titolo di danno morale (da reato) non solo delle sofferenze transeunti ma anche di quelle "stabili e permanenti" quali i patemi d'animo e turbamenti psico-fisici derivanti dalla continua sottoposizione a controlli medici tesi ad accertare l'assenza di patologie tumorali cagionate dalla sottoposizione ad agenti inquinanti cancerogeni che comunque determinino, a prescindere dall'insorgenza del cancro, un peggioramento della qualità della vita ([30]).

Fin qui è stata ripercorsa la giurisprudenza della Sezione terza applicativa ad interessi di indiscussa rilevanza costituzionale (salute, integrità fisica e morale, rapporti familiari) delle nuove tecniche liquidative.

Quanto alle situazioni soggettive atipiche, la Sezione ha formato il proprio convincimento alla luce delle specificità e caratteristiche proprie delle fattispecie concrete sottoposte al suo giudizio anche in considerazione degli elementi probatori forniti dalle parti attoree.

In questo modo è stata ammessa la tutela risarcitoria della situazione soggettiva di coloro che avessero dettagliatamente prospettato "effetti molesti, fastidiosi e insalubri del fumo passivo" derivanti dalle "immissioni moleste di fumo di sigarette" prodotte dai vicini che li avevano costretti a "tenere chiuse le finestre anche in piena estate per tutelare la propria salute" rilevandosi, altresì, che "la sentenza impugnata [aveva] descritto le conseguenze delle lamentate immissioni sul modo di vivere la casa dei danneggiati" individuando "ciò che [avrebbe potuto] essere liquidato come danno non patrimoniale" ([31]).

Un'interpretazione più rigorosa, per converso, è stata seguita in relazione alla cassazione senza rinvio di una decisione del Giudice di pace di Catania che aveva condannato l'Agenzia delle entrate a pagare ? 300,00 in favore di un cittadino a titolo di "danni morali e da stress subiti a seguito delle lungaggini dell'iter burocratico affrontato per ottenere lo sgravio di somme non dovute" (l'annullamento in autotutela era intervenuto solo a sei mesi di distanza dalla sua richiesta dopo reiterati solleciti e visite allo sportello). Per la Sezione terza un tale pregiudizio al "diritto alla tranquillità"non raggiunge la soglia dell'"ingiustizia costituzionalmente qualificata" ([32]).

La decisione, tuttavia, non deve essere letta come una bocciatura assoluta del c.d. "diritto alla tranquillità".

Probabilmente, la posizione della Corte sarebbe stata di segno diverso laddove quel cittadino fosse stato colpito da una serie di "cartelle pazze" emessa a causa di macroscopici errori del sistema informatico dell'ente impositore.

In una fattispecie concreta quale quella esaminata dalla Sezione terza un cittadino dovrebbe tollerare e sopportare le inefficienze altrui, mentre nel secondo e diverso caso ipotizzato, attesa la gravità qualitativa della lesione, sembra opportuno riconoscere una qualche forma di risarcimento.

 

3.2. La posizione della giurisprudenza contabile, amministrativa e di merito.

Anche la giurisprudenza contabile ([33]), amministrativa ([34]) e di merito ([35]), sia pure continuando talvolta ad utilizzare le vecchie categorie formali, si è allineata agli orientamenti della giurisprudenza di legittimità attraverso un sindacato più cauto e ragionevole sui danni non patrimoniali conseguenti ad un'"ingiustizia costituzionalmente qualificata". Del resto, al di là dei profili di "etichetta" (taluni giudici di merito hanno continuato a discorrere di danno esistenziale pur adeguandosi al nuovo rigore), le Sezioni unite saranno ben liete di riscontrare che conformemente alle loro indicazioni, il sindacato giurisdizionale si stia rivelando più severo nei risarcimenti dei danni non patrimoniali da lesioni di valori ed interessi della persona evitando sconfinamenti nell'area del patologico utilizzo abusivo del principio costituzionale della "tutela risarcitoria minima".

 

4. Conclusioni: all'abbandono dell'etichetta formale "danno esistenziale" non consegue la morte dell'ontologia sostanziale della categoria bensì la perdurante risarcibilità dei pregiudizi alle situazioni soggettive costituzionalmente rilevanti.

Terminata la rassegna della giurisprudenza in materia si possono finalmente tirare le fila.

Nella giurisprudenza esaminata, quindi, non sembra sia scomparsa l'ontologia del danno esistenziale che è, a seconda delle ipotesi, refluita nel danno biologico (come sua "componente personalizzante" ([36])) o nella rinnovata configurazione del danno morale (non più limitato alla sofferenza transeunte interiore ([37])).

Appare evidente, quindi, che, salvo l'allargamento del danno morale e biologico alle spese del danno esistenziale, nihil novi sub soli!

Sulla scorta dell'analisi delle decisioni passate in rassegna, pertanto, ritornando solo descrittivamente al dibattito tra "esistenzialisti" ed "antiesistenzialisti", sembra proprio possa ritenersi che le Sezioni unite, senza scontentare nessuno, abbiano soddisfatto entrambe le parti in causa (esistenzialisti ed antiesistenzialisti), soprattutto senza incidere sul principio costituzionale della "tutela risarcitoria minima" degli interessi e valori della persona umana. Negando cittadinanza formale al danno esistenziale come sottocategoria autonoma del danno non patrimoniale, non ne hanno disconosciuto l'ontologia facendola, per converso, refluire, a seconda dei casi, nelle sottocategorie (delle quali la giurisprudenza di legittimità continua pacificamente a discorrere) del danno biologico (come sua "componente personalizzante" ([38])) o del danno morale (in una rinnovata, più ampia, dimensione ([39])). Le tecniche liquidative, specie se finalizzate a riportare chiarezza nella giungla dei risarcimenti, sono nella piena disponibilità del giudice di nomofilachia sempreché non determinino nel concreto (come non pare sia accaduto in questo breve periodo) indebite falcidie di tutela giurisdizionale ai valori ed interessi della persona umana che, come chiarisce il preambolo al Trattato di Lisbona del dicembre 2007, è stata finalmente posta al centro delle politiche dell'Unione europea. Del resto, una soluzione diversa dall'interpretazione sinora prospettata sarebbe disallineata sia rispetto ai principi del quadro di riferimento comune per il diritto privato europeo (l'art. VI. - 2:101 del QCR accademico espressamente contempla la risarcibilità di danni, sostanzialmente esistenziali, etichettati "impairment of quality of life" ([40])), che con le principali esperienze continentali europee (in Francia, ad esempio, il danno esistenziale è risarcito da tempo ([41]) e ha di recente trovato l'importante conferma della Plenaria della Corte di cassazione d'oltralpe ([42]), ampiamente condivisa dalla giurisprudenza successiva ([43])).

 

Note

 [1] Cass., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972, 26973, 26974 e 26975, in Foro it., 2009, I, 120 ss. con commento di A. Palmieri, La rifondazione del danno non patrimoniale, all'insegna della tipicità dell'interesse leso (con qualche attenuazione) e dell'unitarietà, di R. Pardolesi, R. Simone, Danno esistenziale (e sistema fragile): "die hard", e G. Ponzanelli, Sezioni unite: il "nuovo statuto" del danno non patrimoniale, in Giur. it., 2009, 61-72, con commento di G. Cassano, Danno non patrimoniale ed esistenziale: primissime note critiche a Cassazione civile, Sezioni unite, 11 novembre 2008, n. 26972, 259-261 e di V. Tomarchio, L'unitarietà del danno non patrimoniale nella prospettiva delle Sezioni Unite, 318-325,in Corr. giur., 2009, 48 ss., con commento di M. Franzoni, Il danno non patrimoniale del diritto vivente, in Danno resp., 2009, 19 ss., con commento di A. Procida Mirabelli di Lauro, Il danno non patrimoniale secondo le Sezioni unite. Un "de profundis" per il danno esistenziale?, di S. Landini, Danno biologico e danno morale soggettivo nelle sentenze della Cass. SS.UU. 26972, 26973, 26974, 26975/2008, di C. Sganga, Le Sezioni unite e l'art. 2059 c.c.: censure, riordini e innovazioni del dopo principio.

Per la descrizione e l'inquadramento sistematico delle decisioni P. Fava, Lineamenti storici, comparati e costituzionali del sistema di responsabilità civile verso la European Civil Law, e G. De Angelis, Il danno risarcibile (contrattuale, extracontrattuale e precontrattuale) ed il nesso di causalità. La tutela per equivalente pecuniario: funzioni, tipologie e tecniche liquidative del risarcimento danni, in P. Fava, La responsabilità civile, Milano, Giuffrè, 2009.

In dottrina, altresì, AA.VV., Il danno non patrimoniale. Guida commentata alle decisioni delle S.U., 11 novembre 2008, n. 26972/3/4/5, Milano, Giuffrè, 2009; C. Castronovo, Danno esistenziale: il lungo addio, in Danno resp., 2009, 5 ss.; P.G. Monateri, Il pregiudizio esistenziale come voce del danno non patrimoniale, in Riv. civ. prev., 2009, 56 ss.; E. Navarretta, Il valore della persona nei diritti inviolabili e la complessità dei danni non patrimoniali, , in Riv. civ. prev., 2009, 63 ss.; S. Patti, Le Sezioni Unite e la parabola del danno esistenziale, in Corr. giur., 2009, 415 ss.; D. Poletti, La dualità del sistema risarcitorio e l'unicità della categoria dei danni non patrimoniali, in Riv. civ. prev., 2009, 76 ss.; C. Scognamiglio, Il sistema del danno non patrimoniale dopo le decisioni delle Sezioni Unite, in Resp. civ. prev., 2009, ss.; G. Vettori, Danno non patrimoniale e diritti inviolabili, in www.personamercato.it; P. Ziviz, Il danno non patrimoniale: istruzioni per l'uso, in Riv. civ. prev., 2009, 94 ss.

Con le predette decisioni le Sezioni unite hanno avallato un sistema misto a tipicità "stretta" ed "elastica" che ammette il risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. in presenza di: 1) un fatto astrattamente sussumibile all'interno di una fattispecie criminale (art. 185 c.p.), 2) una previsione specifica di legge che contempli espressamente la risarcibilità del danno non patrimoniale e 3) un'"ingiustizia costituzionalmente qualificata" chiarendo, in conformità con quanto altrove già rilevato (P. Fava, La rivitalizzazione costituzionalmente orientata del rapporto obbligatorio: gli orientamenti della giurisprudenza costituzionale, di quella di legittimità e della scienza giuridica italiana, in Id., Le obbligazioni. Diritto sostanziale e processuale, Milano, Giuffrè, 2008, 153-213, nonché Id., Personalismo costituzionale, drittwirkung e "tutela risarcitoria minima" delle situazioni soggettive costituzionalmente garantite: l'art. 2059 c.c. è norma a tipicità "stretta", "elastica" oppure atipica? (La protezione degli interessi e dei valori della persona umana attraverso il danno esistenziale di nuovo al cospetto delle Sezioni Unite), in Riv. Corte conti, 2007, 316-326, ove si era concluso per il rigetto della tesi della "stretta tipicità" e l'accoglimento di un sistema a "tipicità elastica"), che "il catalogo dei casi [.] non costituisce numero chiuso. La tutela non è ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento storico, ma, in virtù dell'apertura dell'art. 2 Cost. ad un processo evolutivo, deve ritenersi consentito all'interprete rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano, non genericamente rilevanti per l'ordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona umana" (le situazioni soggettive previste dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo non ricevendo una costituzionalizzazione automatica - in tal senso C. cost., 24 ottobre 2007, n. 348 e 349 - non possono beneficiare tout court della tutela risarcitoria minima - punto 2.11. della decisione 26972/08).

[2] In relazione alla tutela degli interessi e valori della persona umana, quindi, la Suprema Corte non ha accolto la tesi della "stretta tipicità" alla tedesca (c.d. numerus clausus) aderendo, per converso, alla ricostruzione perorante "tipicità elastica".

[3] C. cost., 12 luglio 1979, n. 87 e 26 luglio 1979, n. 88.

[4] C. cost., 14 luglio 1986, n. 184.

[5] C. cost., 11 luglio 2003, n. 233.

[6] Punto 4.1. della decisione 26972/08.

[7] Secondo le Sezioni unite, difatti, l'"ingiustizia costituzionalmente qualificata" verrebbe in rilievo solo in relazione a situazioni soggettive "costituzionalmente inviolabili" (sembrerebbero esclusi dalle guarentigie della "tutela risarcitoria minima" quegli interessi che, pur costituzionalmente previsti, non abbiano tale carattere).

Non è chiaro, tuttavia, se la Cassazione consideri "inviolabili" tutti gli interessi e i valori della persona umana, non identificando né fornendo un catalogo esemplificativo di quelli che tali non siano.

È noto che la Consulta, a differenza della Suprema Corte, non si sia mai impegnata (fino ad oggi) ad usare una terminologia simile che è, per converso, di conio dottrinale [E. Navarretta, Diritti inviolabili e risarcimento del danno, Torino, Giappichelli, 1996; in seguito Id., I danni non patrimoniali. Lineamenti sistematici e guida alla liquidazione, Milano, Giuffrè, 2004, 18-19 e 35 ss. e G. Comandè, Diritto privato europeo e diritti fondamentali. Saggi e ricerche, Torino, 2004, 34; la dottrina ha fatto leva sulla decisione della Consulta del 19 maggio 1971, n. 109. Va in contrario rilevato che, a parte il rilievo che la questione concreta interessava la materia previdenziale (un pensionato affermava di essere stato leso dalla legge di recepimento dell'accordo Italia-Libia sul trasferimento delle posizioni assicurative dell'INPS all'ente previdenziale libico il quale, in applicazione della legge libica, aveva corrisposto una pensione inferiore a quella che il ricorrente avrebbe percepito dall'INPS), la Corte non ha voluto espressamente prendere posizione sulla questione dei confini dell'inviolabilità: "A prescindere da ogni altra considerazione sulla classificabilità di un diritto, solo perché costituzionalmente garantito, fra i diritti inviolabili dell'uomo", punto 3 del "considerato in diritto"].

Nella trilogia Maccarone-Dell'Andro-Marini il Giudice delle Leggi, difatti, non ha limitato la fruibilità della tutela risarcitoria minima alle violazioni di situazioni soggettive cui la Carta costituzionale riconosca il carattere dell'inviolabilità (sul punto C. conti, 24 aprile 2009, n. 473 secondo cui "le previsioni costituzionali integrano pienamente il requisito previsto dall'art. 2059 c.c. (che contrariamente a quanto comunemente ritenuto non contempla una "riserva di legge" ma una mera "previsione di legge"), anche perché le richiamate sentenze della Consulta (C. cost., 87 e 88/79, Id., 184/86 e Id., 233/03) non hanno subordinato la "tutela risarcitoria minima" al requisito dell'inviolabilità ma esclusivamente alla copertura costituzionale della situazione soggettiva pregiudicata attivata in giudizio attraverso l'azione risarcitoria"), anzi, in numerose occasioni ha precisato che la predetta tutela risarcitoria deve essere sempre concessa in relazione a "tutti i danni che potenzialmente ostacolano le attività realizzatrici della persona umana (sentt. Corte cost. nn. 184 del 1986 e 307 del 1990)" (C. cost., 7 maggio 1991, n. 202)).

A questo punto pare che, anche per l'espresso accoglimento da parte delle Sezioni unite della tesi della "tipicità elastica", i giudici di merito dovranno effettuare una valutazione che sia il più vicino possibile agli orientamenti della Corte costituzionale e alla coscienza comune attuale. Sotto tale questo profilo, dunque, dovrà chiarirsi se esistano e quali siano i valori ed interessi della persona "non inviolabili" e se sia costituzionalmente ammissibile privare questi ultimi della guarentigia (costituzionale) della "tutela risarcitoria minima".

[8] Le Sezioni unite, introducendo ai fini dell'"ammissione a risarcimento" un "requisito ulteriore" non contemplato dall'art. 2059 c.c., hanno sancito che non tutti i pregiudizi inferti a situazioni soggettive "costituzionalmente inviolabili" possono dare luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ma esclusivamente quelli che determinino un'"offesa grave" e un "danno serio" ("la gravità dell'offesa costituisce requisito ulteriore per l'ammissione a risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona conseguenti alla lesione di diritti costituzionalmente inviolabili" e che "il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio"; l'introduzione del requisito viene fondato sul dovere di tolleranza precisando che "la lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza", di guisa che "il filtro della gravità della lesione e della serietà del danno" possa attuare un "bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima, e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale" sia "dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile". Ciò perché "pregiudizi connotati da futilità ogni persona inserita nel complesso contesto sociale li deve accettare in virtù del dovere della tolleranza che la convivenza impone (art. 2 Cost.)" - punto 3.11. della decisione 26972/08).

[9] Punto 4.8. della decisione 26972/08.

[10] Non è chiaro per quale ragione debba escludersi l'attivabilità giurisdizionale delle c.d. small claims (liti di piccolo taglio), laddove venga in rilievo una situazione soggettiva costituzionalmente rilevante, per giunta "inviolabile" (come affermano le Sezioni unite), che deve essere garantita e rispettata anche nei rapporti interprivati.

Va chiarito, dunque, che, un conto è l'analisi degli aspetti qualitativi (attinente al se la situazione soggettiva sia costituzionalmente rilevante), altro la valutazione di quelli quantitativi che rilevano soltanto ai fini della liquidazione.

Laddove l'interesse protetto abbia già superato la prima fase di valutazione (trattandosi di un caso di "ingiustizia costituzionalmente qualificata") rinvenendo protezione a livello costituzionale (mantenendo, peraltro, le anzidette riserve al criterio limitante dell'"inviolabilità"), non si comprende quale sia la base giuridica che consenta di introdurre la regola "de minimis".

Se il livello di protezione è così alto ("inviolabilità") ci si aspetterebbe, infatti, una protezione quantitativa di ampio raggio.

[11] Affermare che delle offese non gravi né serie "non curat Praetor" (regola "de minimis") significherebbe creare una disparità di trattamento irragionevole tra danno patrimoniale e non senza alcuna base normativa. Nessuno, difatti, ha mai pensato, ad esempio, a falcidiare la tutela di lavoratori, pensionati o consumatori che si dolgano della mancata corresponsione di infinitesime voci stipendiali o pensionistiche oppure facciano valere questioni di natura contrattuale consumeristica sol perché le pretese attivate siano di piccolo taglio (small claims).

[12] COM(2008)794.

[13] Le Sezioni unite precisano che laddove vengano "in considerazione pregiudizi che, in quanto attengano all'esistenza della persona, per comodità di sintesi possono essere descritti e definiti come esistenziali" (punto 3.4.2.) non potrebbe comunque "configurarsi una autonoma categoria di danno" (punto 3.4.2.) dovendosi, per converso, ricorrere al danno biologico (che con riferimento ai pregiudizi alla vita di relazione ha una "portata tendenzialmente omnicomprensiva" (punto 2.1.)) oppure al "danno morale, nella sua rinnovata più ampia configurazione" (punto 4.9.).

[14] Cass. civ., sez. un., 24 marzo 2006, n. 6572.

[15] Cass. civ., sez. un., 24 marzo 2006, n. 6572.

[16] Cass. sez. un., 16 febbraio 2009, n. 3677 "nessuna allegazione in fatto è stata effettuata sulla esistenza del pregiudizio", punto 11; Cass., sez. lav., 26 febbraio 2009, n. 4665.

[17] Cass., sez. I, 18 marzo 2009, n. 6574 ("nessuna specifica allegazione di tale danno è stata articolata"); Cass., sez. I, 13 gennaio 2009, n. 529 ("quanto al danno esistenziale, poiché la Corte territoriale ha correttamente individuato il relativo onere probatorio in capo al ricorrente, ha ritenuto l'assunto non provato e la statuizione non è stata oggetto di censura").

[18] Cass., sez. I, 6 marzo 2009, n. 5592, Id., sez. I, 23 marzo 2009, n. 7005.

[19] Cass., sez. I, 6 marzo 2009, n. 5592 (punto 2.).

[20] Cass., sez. un., 14 gennaio 2009, n. 557, ove si afferma che correttamente il giudice di merito ha riassorbito il danno da lesione del rapporto parentale nel danno morale.

Per l'analisi sistematica della decisione F. Fedeli, M. Carnì, La responsabilità per pubblicità ingannevole e da spamming, in P. Fava, La responsabilità civile, Milano, Giuffrè, 2009.

[21] Cass., sez. un., 15 gennaio 2009, n. 794.

[22] In questi precisi termini Cass., sez. un., 15 gennaio 2009, n. 794.

[23] Cass., sez. un., 15 gennaio 2009, n. 794.

[24] Cass., sez., III, 11 febbraio 2009, n. 3359.

[25] Cass., sez., III, 13 gennaio 2009, n. 469.

[26] Cass., sez. III, 27 giugno 2007, n. 14846.

[27] Cass., sez. III, 25 febbraio 2009, n. 4493.

[28] Secondo la Cassazione francese la morte di un animale (nella specie il "cavallo Lunus") può costituire per il suo proprietario la scaturigine di un pregiudizio d'ordine soggettivo e affettivo suscettibile di dare luogo a riparazione monetaria (Cass., 1re, 16 gennaio 1962, D. 1962, 199; in termini Cass., 1re, 27 gennaio 1982, JCP 1983, II, 19923).

[29] Cass., sez. III, 20 gennaio 2009, n. 1351.

[30] Cass., sez. III, 13 maggio 2009, n. 11059.

[31] Cass., sez. III, 31 marzo 2009, n. 7875.

[32] Cass., sez. III, 9 aprile 2009, n. 8703 ("nella specie, non sussiste un'"ingiustizia costituzionalmente qualificata", tantomeno si verte in un'ipotesi di danno patrimoniale prevista dal legislatore ordinario, risultando, piuttosto, la ritenuta lesione del "diritto alla tranquillità" insuscettibile di essere monetizzata, siccome inquadrabile in quegli sconvolgimenti quotidiani "consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro di insoddisfazione (c.d. bagattellari) ritenuti non meritevoli di tutela risarcitoria"").

[33] C. conti, sez. Campania, 24 aprile 2009, n. 473, secondo la quale il danno al senso di appartenenza alla repubblica (c.d. danno all'immagine), pur non avendo natura inviolabile, riceve sicuramente una copertura costituzionale ("Si evince dagli atti, del resto, la rilevante qualifica rivestita da tre dei quattro convenuti con funzione di sindaco, vice-sindaco e/o consigliere comunale mentre l'addebito per danno all'immagine può essere contestato solo entro certi limiti al P. titolare di una funzione non apicale quale quella di esperto amministrativo della commissione di gara. L'attività posta in essere dai convenuti, integrando astrattamente specifiche previsioni di reato (in concreto patteggiate o estinte per prescrizione o per morte del reo), costituisce, a prescindere da valutazioni penalistiche, un comportamento gravissimo anche in considerazione del fatto che tre dei quattro convenuti figuravano come il "vertice ideale" della comunità amministrata. La cattiva gestione delle finanze pubbliche genera nei consociati un senso di sconforto e delusione, nonché mina alle radici il senso di appartenenza allo "Stato-persona". Tale pregiudizio, costituzionalmente rilevante ai sensi dell'art. 1, 5, 97, 114 Cost., deve essere risarcito in favore dell'Ente pubblico locale danneggiato (Comune di Forio). La Repubblica, difatti, una ed indivisibile, costituita da enti locali, regioni e dallo Stato, è sensibile alla promozione del senso civico dei cittadini e alla pubblicizzazione delle proprie attività promozionali dei beni e degli interessi della persona, nonchè accrescitive della concorrenzialità e potenzialità del sistema economico-sociale. Ingenti risorse pubbliche vengono riversate per migliorare la qualità della comunicazione istituzionale (legge 7 giugno 2000, n. 150, recante "disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni"), anche con la costituzione di uffici stampa e l'implementazione di web sites più efficienti e chiari, nonché, con particolare riferimento agli enti locali, attraverso la promozione di attività culturali, ricreative, sociali (per esempio feste di paese, manifestazioni, esposizioni, sagre, etc.). Tutte queste spese per promuovere la "cultura dello Stato" e il "senso di appartenenza dei cittadini e delle imprese alla Repubblica" sono vanificate da condotte quali quelle poste in essere dai convenuti che riescono a mandare in fumo gli sforzi di corretta e sana gestione della gran parte degli Amministratori italiani che giustificano, agli occhi della collettività, il prelievo fiscale pubblico che si dirige verso forme sempre più articolate di "federalismo fiscale". Essendo, quindi, ammissibile in concreto una pretesa risarcitoria da lesione del senso di appartenenza dei cittadini alla Repubblica (c.d. "danno all'immagine" - Cass., sez. un., 25 giugno 1997, n. 5668; Id., 25 ottobre 1999, n. 744; Id., 4 aprile 2000, n. 98; Corte conti, sez. riun., 28 maggio 1999, n. 16/1999/QM, Id., 23 aprile 2003, n. 10/2003/QM), a prescindere dal dibattito sulla controversa natura giudica dello stesso (patrimoniale o non patrimoniale), l'esistenza della descritta situazione costituzionalmente rilevante (così C. cost. 233/03; in precedenza C. cost., 87 e 88/79 e Id., 184/86), lo rende sicuramente possibile oggetto di ristoro patrimoniale per equivalente pecuniario (ex art. 2043-2059 c.c. e 1, 5, 97, 114 Cost.). Difatti le previsioni costituzionali integrano pienamente il requisito previsto dall'art. 2059 c.c. (che contrariamente a quanto comunemente ritenuto non contempla una "riserva di legge" ma una mera "previsione di legge"), anche perché le richiamate sentenze della Consulta (C. cost., 87 e 88/79, Id., 184/86 e Id., 233/03) non hanno subordinato la "tutela risarcitoria minima" al requisito dell'inviolabilità ma esclusivamente alla copertura costituzionale della situazione soggettiva pregiudicata attivata in giudizio attraverso l'azione risarcitoria. Il "danno al senso di appartenenza dei cittadini alla Repubblica" (c.d. danno all'immagine), peraltro, nel rispetto della sua natura giuridica di danno-conseguenza, risulta ampiamente asseverato nei suoi elementi oggettivi e soggettivi: clamor fori, gravità delle condotte, lesione del senso di appartenenza dei cittadini allo "Stato" (rectius Repubblica). Al riguardo, come ampiamente condiviso dalle Sezioni Unite della Cassazione, si può pacificamente far ricorso a presunzioni gravi, precise e concordanti (Cass., sez. un., 13 novembre 2008, n. 26972). Nel rispetto del principio compensativo [in Italia i danni punitivi sono contrari all'ordine pubblico (Cass. civ., sez. III, 19 gennaio 2007, 1183) e, secondo una certa ricostruzione, anche al principio di ragionevolezza posto dall'art. 3 Cost. (App. Trento, sez. Bolzano, 16 agosto 2008, n. 151)] il danno al senso di appartenenza dei cittadini alla Repubblica può ben essere liquidato equitativamente ex art. 1226-2056 c.c. Nel concreto i fatti dannosi tangentizi sono gravissimi e posti in essere da soggetti posti al vertice della comunità amministrata in dispregio di ogni principio di "morale politica").

[34] Sul punto Cons. stato, sez. IV, 31 marzo 2009, n. 1899, secondo cui va accolta la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale subito da un magistrato per l'attribuzione dell'incarico al quale aveva diritto ad altro soggetto, ove si possano ragionevolmente ritenere effettivamente verificati e provati gli stress e i patemi d'animo conseguenti allo scavalcamento (nella specie disposto con un atto discostatosi dal giudicato), e allo svolgimento dell'incarico da parte del collega all'interno del medesimo ufficio ("13.1. Va premesso che il sereno svolgimento delle funzioni da parte dei magistrati ha un sicuro rilievo costituzionale, così come la loro aspirazione a conseguire gli incarichi direttivi, previsti dalla legge. L'art. 104 Cost., sulla indipendenza della magistratura, e l'art. 105 Cost., sulle funzioni del C.S.M., mirano a salvaguardare la magistratura nel suo complesso ed ogni suo singolo componente. Analoghi principi sono desumibili dalla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo (rilevanti nell'ordinamento interno per l'art. 117 Cost. e l'art. 6 del Trattato di Maastricht), da cui emerge che le Amministrazioni devono dare pronta e integrale esecuzione alle decisioni irrevocabili di giustizia, emesse a tutela del magistrato (CEDU, Sez. V, 26-4-2006, Zubko c. Ucraina, § 68; CEDU, Sez. V, 20-12-2007, Ptashko c. Ucraina, § 19; Sez. V, 15-5-2008, Petrova, § 19). Pertanto, l'illecito commesso in violazione della posizione soggettiva del magistrato, inerente alle sue funzioni, comporta una ingiustizia costituzionalmente qualificata. Rilevano, conseguentemente, i principi individuati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 11 novembre 2008, n. 26972, per i quali l'art. 2059 del codice civile - anche nell'ambito dei rapporti di lavoro - consente la risarcibilità dei pregiudizi di tipo esistenziale non solo quando l'illecito costituisca reato o comporti la violazione di un diritto inviolabile della persona, ma in ogni caso in cui sia ravvisabile la lesione di un bene costituzionalmente protetto. Di tali pregiudizi conosce il giudice amministrativo, nelle materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva (Sez. Un., 13 ottobre 2006, n. 22101), sicché - per la liquidazione del danno - si può tenere conto della incidenza dell'illecito sul sereno svolgimento delle funzioni da parte del magistrato e delle conseguenze di tipo esistenziale derivanti dal mancato conferimento di un incarico previsto dalla legge. 13.2. Ciò posto, risultano infondate le deduzioni delle Amministrazioni appellanti incidentali, secondo cui la mancata qualificazione dell'illecito come reato renderebbe irrilevante il danno non patrimoniale e precluderebbe la sua risarcibilità. Infatti, anche con riferimento ai rapporti di lavoro, il danno non patrimoniale è risarcibile quando l'illecito e la lesione riguardino beni costituzionalmente protetti, tra cui rientrano le prerogative dei magistrati e del loro status nell'esercizio delle loro funzioni. Inoltre, nella specie si possono ragionevolmente ritenere effettivamente verificati e provati gli stress e i patemi d'animo (dedotti in primo grado e ritenuti sussistenti dal TAR) conseguenti allo scavalcamento disposto con l'atto discostatosi dal giudicato, e allo svolgimento dell'incarico da parte del collega all'interno del medesimo ufficio. 13.3. Quanto alle censure dell'interessato, volte a una liquidazione del danno non patrimoniale in misura superiore a quella statuita nella sentenza gravata, a pp. 4-17 l'appello principale si è soffermato sulla gravità dell'illecito, ha riproposto le deduzioni originarie sul danno all'immagine, sulla umiliazione ricevuta e sul disagio e sullo stress derivante dalla incidenza sulla fiducia nella legge e nelle istituzioni ed ha chiesto che siano considerati il danno morale soggettivo, il danno biologico e quello esistenziale" (p. 16). Osserva al riguardo la Sezione che vanno respinte le deduzioni riguardanti il danno biologico, poiché non è stato né dedotto né provato che si sia verificata una lesione temporanea o permanente all'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale. Quanto alle censure riguardanti la liquidazione 'in misura esigua' del danno morale e dei pregiudizi di tipo esistenziale, ritiene la Sezione che per la determinazione del quantum possa essere presa in decisiva considerazione anche l'attività amministrativa susseguente alla commissione dell'illecito, specie quando essa sia positivamente valutabile, in quanto qualificabile secundum ius. Per la liquidazione del danno secondo equità, rileva dunque anche la successiva emanazione della delibera dell'organo di autogoverno del 22 marzo 2007, favorevole all'interessato. La negativa incidenza sull'immagine e sul prestigio professionale dell'interessato si deve intendere senz'altro ridimensionata con l'emanazione di questa delibera, che gli ha conferito l'incarico di avvocato generale sulla base dei relativi apprezzamenti, a seguito della reiezione della formulata proposta di ritorno della 'pratica in commissione' (che ha condotto alla definizione dell'annosa questione con il provvedimento finale divenuto inoppugnabile). L'approvazione di tale delibera - susseguente alla commissione dell'illecito - induce a ritenere che, già alla data di proposizione del ricorso di primo grado, risultava ridimensionato il danno non patrimoniale originariamente patito dall'interessato, nella misura equitativamente liquidata dal TAR. Inoltre, per escludere una liquidazione superiore a quella effettuata dal TAR rileva anche il fatto che per la prima volta nel presente giudizio sono stati indicati i principi applicabili per ravvisare la responsabilità amministrativa dell'organo di autogoverno, nella specifica fattispecie in cui non vi sia stata la corretta esecuzione del giudicato").

[35] Trib. Nola, sez. II, 22 gennaio 2009 (danni riportati da un bambino per un morso di un cane improvviso ed inaspettato al viso); Trib. Milano, sez. V, 19 febbraio 2009, n. 2334 (danni da incidente stradale); Trib. Montepulciano, 20 febbraio 2009, n. 74 (danni da reiterata e protratta violazione della carta del servizio pubblico telefonico).

[36] Cass., sez. III, 20 gennaio 2009, n. 1351.

[37] Cass., sez. un., 14 gennaio 2009, n. 557; Id., sez. III, 11 febbraio 2009, n. 3359.

[38] Cass., sez. III, 20 gennaio 2009, n. 1351.

[39] Cass., sez. un., 14 gennaio 2009, n. 557; Id., sez. III, 11 febbraio 2009, n. 3359.

[40] "In this Book [.] non-economic loss includes pain and suffering and impairment of the quality of life" (art. VI. - 2:101 dei Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law - Draft Common Frame of Reference (DCFR) - Outiline Edition, 2009).

[41] "L'indemnité due par le responsable doit réparer non seulment l'atteinte à l'intégrité physique de la victime, mais aussi, le cas échéant, le préjudice résultant de la diminution des plaisirs de la vie, causée notemment par l'impossibilité ou la difficulté de se livrer à certaines activités normales d'agrément" (Paris, 2 dicembre 1977, D. 1978, 285, con commento di Lambert-Faivre).

[42] La Cassazione francese danno esistenziale (préjudice d'agrément) ogni pregiudizio di carattere personale risultante da turbamenti, disturbi o scompigli alle normali condizioni della vita che determinino privazioni e perdite dei piaceri ordinari dell'esistenza ("Le préjudice d'agrément est le préjudice subjectif de caractère personnel résultant des troubles ressentis dans les conditions d'existence" Cass., ass. plén., 19 dicembre 2003, in Bull. civ., 8, in D., 2004, 161 e in RTD civ. 2004, 300).

[43] Cass., 2e, 3 giugno 2004, in Bull. civ., II, n. 276; Id., 19 aprile 2005, in Bull. civ., II, n. 99; Id., 11 ottobre 2005, in Bull. civ., II, n. 242; Id., 5 ottobre 2006, in Bull. civ., II, n. 254).

Autore: Pasquale Fava - Giudice della Corte dei Conti e Professore di diritto amministrativo presso l'Università europea di Roma - tratto dal sito www.dirittoeprocesso.com