Brevi considerazioni in tema di
espropriazione contro il terzo proprietario

 
1. Introduzione

L'espropriazione contro il terzo proprietario, come è noto, è quella forma speciale di espropriazione che ha ad oggetto un bene di proprietà di un terzo gravato da pegno o ipoteca per debito altrui ovvero un bene la cui alienazione sia stata revocata per frode.

Il fondamento di tale speciale disciplina va individuato nell'art. 2910 c. c. che, nel rendere concreta la responsabilità patrimoniale generica del debitore sancita dall'art. 2740 c.c., stabilisce al primo comma la soggezione dei beni del debitore all'espropriazione mentre, al secondo comma, derogando alla regola precedentemente vista della responsabilità patrimoniale del debitore, prevede che possono essere espropriati anche i beni del terzo quando sono vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore.

Il codice attuale innovando in maniera sostanziale rispetto a quello previgente non parla più di espropriazione contro il terzo "possessore" di un immobile ipotecato o alienato, piuttosto, correttamente, recependo anche le indicazioni della dottrina sostanziale sull'ipoteca, parla di espropriazione contro il terzo proprietario.

Nel far ciò infatti, decisivo è stato il superamento delle concezioni che consideravano l'ipoteca come vincolo di inalienabilità del bene da essa gravato. Essa, infatti, è un diritto reale di garanzia caratterizzato dal potere di far espropriare un bene da essa gravato a garanzia di un credito e dallo ius sequela cioè dal potere di far espropriare il bene anche se lo stesso è stato alienato.

In tal senso quindi gli articoli 602 e seguenti c.p.c. disciplinano le forme speciali di espropriazione di un bene di cui non è più proprietario il debitore o di un bene che garantisce il soddisfacimento di un credito senza essere di proprietà del debitore e pertanto non direttamente assoggettabili all'espropriazione forzata diretta nonché l'ipotesi di espropriazione di un bene la cui alienazione sia stata dichiarata inefficace. Nel contempo la norme chiariscono pure che l'esperimento vittorioso dell'azione revocatoria non priva il terzo della proprietà o comunque del diritto trasmesso con l'atto revocato perché, se così fosse, in tali casi si dovrebbe ricorrere alle forme dell'espropriazione diretta contro il debitore.

Terzo proprietario è quindi quel soggetto proprietario di un bene che non è debitore nei confronti del creditore, ma che è assoggettato all'espropriazione in virtù di un titolo particolare per il soddisfacimento del debito altrui. Per questo motivo l'espropriazione colpisce il terzo che è responsabile "senza debito" solo per alcuni beni di cui è sì proprietario, ma che sono assoggettati ad espropriazione in virtù di un titolo particolare che li concerne e che li destina, separandoli così dal complesso degli altri suoi beni, al soddisfacimento del debito altrui.

Se viceversa l'espropriazione potesse colpire ogni bene del terzo, questi non solo non sarebbe per definizione più terzo proprietario, ma sarebbe sempre debitore o, tutt'al più, un debitore accessorio ogniqualvolta garantisca il debito di un debitore principale (es. fideiussore).

2. Ambito di applicazione

L'art. 602 c.p.c. che regola l'espropriazione contro il terzo proprietario non crea affatto una forma particolare di espropriazione, quanto piuttosto si limita a dettare alcuni accorgimenti da rispettarsi ogni volta l'espropriazione, qualunque ne sia l'oggetto, coinvolge per le ragioni viste in precedenza un bene del terzo.

La norma suddetta si riferisce a due ipotesi in particolare, ma l'elencazione non appare tassativa.

La prima è quella di un bene vincolato a garanzia di un credito per essere gravato da pegno o ipoteca per debito altrui; la seconda è quella relativa a beni oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore.

È di tutta evidenza come la norma si riferisca a fattispecie notevolmente diverse: infatti nella prima ipotesi il bene appartiene al terzo a tutti gli effetti ed egli può rivendicare tale sua qualità anche di fronte al creditore, tuttavia il bene sarà espropriabile in virtù di un vincolo particolare precostituito sullo stesso a garanzia di un credito. In questo caso sarà dunque configurabile una specifica responsabilità patrimoniale del terzo in quanto terzo appunto, responsabilità però limitata ad un bene e caratterizzata da un debito altrui.

Nella seconda ipotesi, viceversa, il bene appartiene sempre al terzo, tuttavia avendolo egli acquistato in forza di un atto pregiudizievole, tale atto, a seguito dell'utile esperimento dell'azione volta a dichiararne l'inefficacia è appunto inefficace nei confronti del creditore che potrà espropriarlo non nelle forme dell'espropriazione diretta ma nelle forme speciali dell'espropriazione contro il terzo proprietario (Cass. 10 febbraio 1997, n. 1227; Cass. 19 dicembre 1996, n. 11349; Corte di Appello di Napoli, 10 aprile 2001). In questo caso, a differenza del precedente, perdura sempre una responsabilità del debitore dato che l'atto dichiarato inefficace ha come conseguenza che il bene si considera sempre di appartenenza del debitore anche se non torna di sua proprietà perché altrimenti si dovrebbe ricorrere alle forme dell'espropriazione diretta.

Nonostante le differenze, ciò non toglie che le due fattispecie possano essere accomunate nella procedura di espropriazione in quanto in entrambi i casi soggetto passivo è un terzo.

Come detto, l'indicazione delle due categorie di fattispecie non appare tassativa, infatti si ritiene che possa essere integrata alla luce di un criterio metodologico volto a ricomprendere nella disciplina de qua da un lato casi in cui il vincolo del bene a garanzia del credito è strutturalmente affine al pegno e all'ipoteca, dall'altro, situazioni nella quali la revoca dell'atto non è subordinata al consilium fraudis, ma è giustificata solo dal danno che l'atto arreca al creditore. Solo in questo modo infatti è possibile identificare tutte le ipotesi nelle quali sia oggetto dell'espropriazione un bene di un terzo che non è né debitore, né responsabile con l'intero suo patrimonio.

Ferma restando l'individuazione delle due categorie di ipotesi in cui si ricorre all'espropriazione contro il terzo proprietario, occorre accennare per sommi capi ai singoli casi che rientrano in una o nell'altra categoria.

Beni vincolati a garanzia di un credito sono, innanzitutto, quelli gravati da pegno o ipoteca per un debito altrui, pertanto vi rientrano sia le ipotesi di terzo datore di pegno o di ipoteca, sia quelle del terzo acquirente a titolo particolare (non a titolo universale altrimenti subentrerebbe nella medesima posizione del terzo) per atto tra vivi o mortis causa del bene su cui il debitore aveva acquistato pegno o ipoteca.

È terzo proprietario inoltre chi acquista un bene ipotecato a titolo originario per occupazione o usucapione; il nudo proprietario a cui si consolidi l'usufrutto e che pertanto rientri nella piena proprietà del bene quando l'usufrutto era ipotecato e l'ipoteca perduri nonostante il consolidamento; il terzo proprietario del fondo enfiteuta nel caso di riunione a suo favore del suo diritto e del diritto dell'enfiteuta quando il diritto dell'enfiteuta sia stato ipotecato; il coerede nel cui lotto, risultante da divisione ereditaria, sia compreso l'immobile gravato da ipoteca; il terzo acquirente di un bene immobile o mobile registrato compreso in un'eredità, quando il creditore del defunto o del legatario abbia proceduto a carico di tale bene alla separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede.

Sembra poi che la speciale disciplina di cui agli artt. 602 e seguenti c.p.c. debba applicarsi pure al caso in cui il bene sia gravato a garanzia del credito da privilegio speciale opponibile ai terzi proprietari.

Rientrano poi certamente nella prima delle categorie sopra elencate i casi di alienazione di un bene gravato da pegno o ipoteca che venga poi annullata, rescissa o risolta; l'alienazione di un bene che venga poi dichiarata simulata conservando efficacia i pegni, le ipoteche ed i privilegi costituiti a carico del titolare apparente a favore dei creditori in buona fede; lo stesso deve dirsi relativamente alle garanzie costituite su beni pervenuti in donazione o atto di liberalità successivamente revocato per ingratitudine o sopravvenienza dei figli.

Deve sicuramente ricondursi alla prima categoria di cui sopra il caso del terzo acquirente di un bene il cui atto di acquisto sia stato revocato per frode ai danni di un creditore. È il caso quindi dell'azione revocatoria ordinaria e di quella penale.

Vi rientra pure l'ipotesi della persona dichiarata proprietaria di un bene da una sentenza quando il creditore del suo avversario in giudizio abbia successivamente proposto opposizione di terzo ex art. 402, secondo comma, c.p.c. avverso la sentenza ritenuta affetta da dolo o collusione a suo danno e l'opposizione sia stata accolta. In questo caso il bene resterà, sì, della persona dichiarata proprietaria, ma il creditore potrà espropriarlo ai sensi dell'art. 602 c.p.c.

Non deve ricorrersi viceversa alle forme dell'espropriazione contro il terzo proprietario nel caso di utile esperimento dell'azione revocatoria fallimentare o di quella ordinaria da parte del curatore del fallito tenuto conto del fatto che il bene, il cui acquisto è stato revocato, potrà essere venduto nei modi previsti dalla legge fallimentare.

Va da sé, infine, che tale disciplina si applicherà pure al terzo titolare di diritti reali minori (ad eccezione del diritto d'uso e di abitazione così come del diritto di servitù) che vengono espropriati in relazione ad un debito altrui. Ciò in tutti quei casi in cui questi siano stati gravati da ipoteca ad opera del debitore e siano poi alienati oppure quando il titolare abbia concesso ipoteca sugli stessi a garanzia di un debito altrui, oppure, infine, quando l'atto costitutivo degli stessi sia stato revocato su istanza di un creditore.

3. Il soggetto passivo dell'espropriazione

A differenza del codice del 1865 che considerava soggetto passivo di questa forma speciale di espropriazione il debitore, dato che il terzo acquirente di un bene ipotecato non poteva diventarne proprietario ma solo possessore (l'ipoteca veniva intesa come un vincolo di inalienabilità del bene) e, come tale, era sempre passibile di azione di rivendicazione, il codice attuale, giustamente, considera soggetto passivo dell'espropriazione il terzo proprietario del bene sebbene quest'ultimo, come detto, non sia debitore del creditore.

Deve reputarsi parte passiva del processo, solo in una posizione secondaria ed accessoria, anche il debitore sia perché è lui il soggetto responsabile del debito, sia perché, indirettamente, finirà col subire gli effetti dell'espropriazione attraverso il successivo esperimento di un'eventuale azione di regresso da parte del creditore.

La ricostruzione del terzo come soggetto passivo dell'espropriazione è ricca di corollari, primo fra tutti quello per cui l'eventuale fallimento del debitore non impedirà di espropriare il bene del terzo con un'azione esterna alla procedura fallimentare consentendo così al creditore di soddisfare il suo credito al di fuori della procedura stessa.

4. La disciplina

Giusta quanto previsto dall'art. 602 c.p.c., si applicano all'espropriazione contro il terzo proprietario le disposizioni contenute nei capi precedenti, cioè quelle relative all'espropriazione diretta contro il debitore in quanto non siano modificate dalle disposizioni che seguono (artt. 602 e 603 c.p.c.) e con le integrazioni in esse norme contenute.

Più in particolare il titolo esecutivo ottenuto nei confronti del debitore ed il precetto contenente anch'esso l'ingiunzione al debitore devono essere notificati sia questo che al terzo. La legge infatti non richiede che il creditore si munisca di un titolo esecutivo anche nei confronti del terzo, ciò perché sulla base del titolo esecutivo acquisito contro il debitore egli può colpire tutti i beni che costituiscono la garanzia del credito accertato, siano essi del debitore o del terzo.

Né può essere considerato titolo nei confronti del terzo quel documento come l'atto pubblico o la scrittura privata costitutiva dell'ipoteca ovvero la sentenza che dichiara inefficace un atto ad esempio fatto in frode al creditore. In questi casi infatti sia il documento sia la sentenza costituiscono semplicemente la fattispecie concretante la responsabilità del terzo, ma non hanno mai la funzione e la qualità del titolo esecutivo tant'è che non se ne impone la notifica al terzo né si richiede la loro menzione nell'atto di precetto.

L'atto di precetto, come detto, deve essere notificato tanto al debitore che al terzo, tuttavia la sua intimazione dovrà essere rivolta esclusivamente al debitore. L'atto di precetto, inoltre, dovrà contenere l'avvertimento rivolto al terzo oltrechè al debitore che si intende espropriare un determinato bene di proprietà del terzo di cui l'atto di precetto dovrà fare espressa menzione. Tale ultimo requisito avvicina di molto l'atto di precetto, quanto alla forma, al c. d. precetto immobiliare previsto dal codice del 1865; diversi sono tuttavia gli effetti dato che, nell'espropriazione contro il terzo proprietario, il precetto deve essere seguito pur sempre dalla notifica del pignoramento contro il terzo.

Il successivo atto di pignoramento, che potrà assumere la forma dell'espropriazione mobiliare presso il debitore o presso terzi, dell'espropriazione immobiliare o dell'espropriazione dei beni indivisi, per ovvie ragioni, dovrà essere effettuato nei confronti del terzo e non del debitore.

Tenuto conto che l'atto di precetto dovrà essere notificato tanto al debitore quanto al terzo, si pone il problema di individuare il termine entro il quale deve essere iniziata l'espropriazione nonché il termine oltre il quale il precetto diviene inefficace. Poiché la notifica dell'atto di precetto al terzo ha la funzione di mera comunicazione, si può ragionevolmente ritenere che i termini vadano computati dalla notifica dell'atto di precetto al debitore fermo restando che l'atto di precetto dovrà essere notificato al terzo prima dell'atto di pignoramento.

Essendo infatti tutti gli atti di espropriazione rivolti verso il terzo stesso, egli assumerà in definitiva la stessa posizione che ha il debitore quando l'espropriazione si rivolge verso di lui trovando applicazione nei suoi confronti tutte le disposizioni relative al debitore ad eccezione dell'art. 579, 1° comma, c.p.c.

Da ciò deriva quindi che il terzo, nella sua qualità di soggetto passivo dell'espropriazione, dovrà essere sentito ogniqualvolta debba essere sentito il debitore, inoltre egli, a differenza del debitore che non potrà liberarsi del debito versando il prezzo di aggiudicazione del bene ma solo pagando l'intero debito, potrà invece concorrere liberamente nella vendita del bene.

5. I poteri del terzo con riferimento in particolare al regime delle opposizioni esecutive

Il terzo potrà ancora richiedere la conversione del pignoramento (Cass. 12 luglio 1979, n. 4059), potrà proporre opposizione agli atti esecutivi (Cass. 17 aprile 2000, n. 4923) nonché opposizione di terzo all'esecuzione quando è stato illegittimamente coinvolto nell'esecuzione. Più complesso è il discorso sul se il terzo possa proporre opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c.. Sicuramente sarà legittimato ogniqualvolta voglia far valere l'impignorabilità dei beni, così come quando debba rilevare la mancanza dei presupposti che legittimino il procedersi all'espropriazione contro il terzo proprietario e conseguentemente la fondatezza dell'azione esecutiva nei suoi confronti (Tribunale di Napoli, 2 febbraio 2002). In ogni caso nell'eventuale giudizio di opposizione all'esecuzione dovrà essere chiamato, in veste di legittimo e necessario contraddittore, il debitore essendo quest'ultimo il soggetto nei cui confronti l'accertamento della ricorrenza o meno dell'azione esecutiva contro il terzo è destinato a produrre effetti immediati e diretti (Cass. 29 settembre 2004, n. 19562).

Assai controverso è se il terzo possa contestare la fondatezza del titolo esecutivo ottenuto per giunta nei confronti del debitore. Se non ci sono dubbi dunque sul fatto che il terzo possa proporre tutte le difese ex causa propria (es. l'ipoteca non è stata rinnovata tempestivamente; è nullo l'atto di concessione) qualche incertezza sorge sulla portata delle difese ex causa debitoris che il terzo potrà proporre. Sembra infatti che se la domanda con la quale sia stata chiesta la condanna del debitore ed alla cui conclusione del giudizio si sia formato il titolo esecutivo sia anteriore all'acquisto del bene da parte del terzo, quest'ultimo, giusta quanto previsto dall'art. 2859 c. c. potrà opporre al creditore in sede di opposizione all'esecuzione solo le difese che ancora spettano al debitore dopo la condanna. Se viceversa la trascrizione dell'atto di acquisto da parte del terzo è anteriore alla proposizione della domanda di condanna, il terzo non è in alcun modo vincolato al contenuto della pronuncia che non forma neppure giudicato nei suoi confronti sicché può fondare l'opposizione all'esecuzione anche su difese che la sentenza preclude al debitore.

Il creditore, quindi, in questo caso potrà, sì, avvalersi della sentenza come titolo esecutivo nei confronti del terzo, ma il dictum in essa contenuto non sarà vincolante per il terzo con la conseguenza ulteriore che, in caso di opposizione da parte di quest'ultimo, il creditore dovrà dimostrare ex novo la sussistenza del credito garantito.

Il rischio di un'opposizione da parte del terzo potrà essere evitato dal creditore allargando la domanda di condanna del debitore anche al terzo nel giudizio di formazione del titolo esecutivo chiedendo cioè, semplicemente, l'accertamento della sua soggezione all'azione esecutiva. Infatti l'art. 2859 suddetto subordina la non efficacia preclusiva della sentenza di condanna verso il terzo proprietario al fatto che il terzo acquirente del bene non abbia preso parte al processo. In tal modo il creditore non si premunisce affatto di un titolo esecutivo nei confronti del terzo, ma ottiene solo un accertamento di natura processuale sull'esistenza di un suo potere espropriativo nei confronti del terzo e sulla conseguente assoggettabilità di quest'ultimo al potere espropriativo.

Le stesse considerazioni di cui sopra valgono ovviamente anche per il terzo datore di ipoteca il quale, al pari dell'acquirente che abbia trascritto il suo titolo prima della proposizione della domanda di condanna del debitore, non è mai vincolato dalla sentenza se non è stato chiamato a partecipare al processo di condanna del debitore.

Quando viceversa il titolo esecutivo posto a fondamento dell'espropriazione sarà di natura stragiudiziale, nel giudizio di opposizione all'esecuzione proposto dal terzo proprietario, questo avrà un'efficacia preclusiva sua propria secondo le regole di diritto sostanziale.

La speciale disciplina di cui agli artt. 602 e seguenti c.p.c. troverà applicazione poi, come detto, anche nel caso di fallimento del debitore appunto perché il bene che si espropria, non appartenendo al debitore, non verrà attratto nella massa dei beni fallimentari. L'unica peculiarità sarà data dal fatto che il titolo esecutivo ed il precetto andranno notificati, anziché al debitore, al curatore del debitore fallito (Tribunale di Lanciano, 2 settembre 2003).

6. La liberazione del bene ipotecato

Un breve cenno merita infine la disciplina dell'espropriazione contro il terzo acquirente del bene ipotecato, ciò perché lo svolgimento della relativa procedura potrà essere influenzato o dal rilascio del bene ai creditori con la conseguente nomina da parte del tribunale di un amministratore del bene ovvero mediante la liberazione dello stesso dalle ipoteche iscritte prima della trascrizione del suo acquisto notificando ai creditori ipotecari ed al precedente proprietario una richiesta di liberazione del bene ed offrendo di pagare i creditori ipotecari nei limiti del valore del bene rappresentato dal prezzo del bene convenuto in occasione del suo acquisto o, in mancanza di tale prezzo, dal valore da lui stesso dichiarato.

7. L'intervento dei creditori

Assai problematica è la disciplina dell'intervento dei creditori nelle ipotesi di espropriazione contro il terzo proprietario. Ciò perché, pur essendo l'espropriazione promossa da un creditore non del terzo ma del debitore in virtù di un rapporto particolare che lega il bene al terzo, soggetto passivo dell'espropriazione, è sempre il terzo come tale, sicché potranno intervenirvi anche i creditori personali del terzo con la peculiarità che questi ultimi finiranno per giovarsi di un'azione che, sì, ha colpito il terzo, ma nella qualità di responsabile senza debito e non in quella di debitore diretto.

Tuttavia i creditori personali del terzo che intervengano in una esecuzione promossa contro il loro debitore ma non fondata su di un titolo esecutivo contro di lui, non potranno proseguire nel processo surrogandosi al creditore procedente nel caso in cui quest'ultimo venga soddisfatto al di fuori del processo. In tal caso i creditori del terzo dovranno iniziare da capo la procedura esponendosi al rischio che il bene venga medio tempore e cioè in pendenza della prima esecuzione, venduto ad un terzo estraneo. Tanto vale allora per i creditori personali del terzo espropriare anch'essi, nelle forme del pignoramento successivo, il bene del terzo in modo da rendere inefficaci nei loro confronti gli atti di disposizione del loro debitore sul bene pignorato.

Non solo, ma potrà anche darsi il caso opposto in cui l'espropriazione venga promossa da un creditore personale del terzo e vi intervenga successivamente il creditore di un'altra persona legittimato a colpire il bene pignorato.

Nel primo caso la soluzione del problema del concorso dei creditori è abbastanza semplice. Infatti essendo stata promossa l'espropriazione da un creditore munito di pegno, ipoteca o privilegio speciale, che prevalgono per definizione sui creditori personali chirografari del terzo e su quelli preferenziali con grado successivo al suo, il concorso dovrà essere rivolto a favore del creditore procedente la cui posizione cederà il passo solo ad eventuali creditori preferenziali anteriori.

Nel secondo caso, viceversa, il creditore o i creditori pregiudicati da un atto del debitore i quali agiscono contro il terzo magari a seguito di una sentenza di revoca di un atto, prevalgono sul creditore o sui creditori personali del terzo. Se così non fosse, infatti, l'inefficacia dell'atto pregiudizievole nei confronti dei primi creditori resterebbe lettera morta.

Non è da escludersi neppure l'intervento dei creditori del debitore nel caso in cui gli stessi vantino, al pari del creditore principale, altre garanzie sul bene o nel caso in cui abbiano ottenuto anch'essi, al pari del primo, la revoca dell'atto di alienazione posto in essere in frode agli stessi, tenuto conto dell'efficacia relativa limitata cioè al singolo creditore della revoca dell'atto posto in essere in frode.

Atteso l'effetto purgativo dell'espropriazione, dovranno essere avvertiti del suo inizio tutti i creditori iscritti ai sensi dell'art. 498 c.p.c., siano essi creditori del debitore, siano essi creditori personali del terzo.

Appunto perché è il terzo ad essere soggetto passivo dell'espropriazione, va da sé che l'eventuale eccedenza del ricavo della vendita che residui a seguito del soddisfacimento dei creditori andrà a beneficio del terzo sia ovviamente nel caso in cui il bene espropriato sia gravato da una garanzia in favore del creditore, sia nel caso, più problematico in cui l'atto di acquisto del bene sia stato revocato. In entrambi i casi il terzo avrà diritto all'eccedenza in quanto effettivo proprietario del bene.

Autore: Avv. Alessandro Trinchi - tratto da: Il Quotidiano Giuridico